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Indennità supplementare: dovere di buona fede del datore

Un dirigente si è visto negare l’indennità supplementare perché l’azienda non ha collaborato alla firma del verbale di conciliazione. La Corte di Cassazione ha dato ragione al lavoratore, stabilendo che il comportamento ostruzionistico del datore di lavoro fa scattare la “finzione di avveramento”: la condizione si considera realizzata e l’indennità è dovuta. La Corte ha anche confermato che i benefit percepiti all’estero, come alloggio e auto, rientrano nel calcolo del TFR.

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Indennità supplementare: l’azienda non può ostacolare la conciliazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro: il datore di lavoro non può, con un comportamento ostruzionistico, impedire al dirigente licenziato di ottenere l’indennità supplementare prevista dal contratto collettivo. Se l’azienda non collabora per la firma del necessario verbale di conciliazione, la legge presume che la condizione si sia avverata, obbligando l’azienda al pagamento.

I Fatti del Caso: un Dirigente contro l’Azienda

Il caso riguarda un dirigente con una lunga carriera in una grande azienda automobilistica, di cui ben 17 anni trascorsi in distacco all’estero (Portogallo, Cina e Turchia). Al termine del rapporto di lavoro, è sorta una controversia legale. Il dirigente ha richiesto il pagamento di diverse somme, tra cui l’incidenza sul TFR di vari trattamenti e benefit percepiti all’estero e, soprattutto, un’indennità supplementare prevista dal contratto collettivo applicabile. Quest’ultima era subordinata alla firma di un verbale di conciliazione in sede sindacale, con cui il dirigente avrebbe rinunciato a impugnare il licenziamento. Tuttavia, l’azienda non ha mai dato seguito alle richieste del lavoratore di fissare un incontro per la firma, lasciando scadere i termini.

La Decisione della Corte: l’Indennità Supplementare è Comunque Dovuta

Sia la Corte d’Appello che la Corte di Cassazione hanno dato ragione al dirigente. I giudici hanno stabilito che l’atteggiamento passivo e non collaborativo dell’azienda integrava una violazione del dovere di buona fede. Di conseguenza, hanno applicato l’articolo 1359 del Codice Civile, noto come “finzione di avveramento della condizione”. In pratica, la condizione della firma del verbale è stata considerata come avverata a causa del comportamento scorretto dell’azienda, che aveva interesse a non farla avverare per non pagare l’indennità.

Le Motivazioni: la Finzione di Avveramento per Comportamento Ostruzionistico

La motivazione centrale della decisione risiede nell’interpretazione dei doveri di correttezza e buona fede che devono governare ogni rapporto contrattuale, inclusi quelli di lavoro.

Il Dovere di Cooperazione e la Buona Fede

Il contratto collettivo prevedeva un percorso procedurale per arrivare alla firma del verbale, un percorso che richiede la cooperazione di entrambe le parti. L’azienda, ignorando i solleciti del dirigente a fissare data e luogo per la conciliazione, ha impedito attivamente il completamento di tale percorso. La Corte ha sottolineato che un comportamento del genere è contrario ai principi di buona fede (art. 1175 e 1375 c.c.). L’azienda non può pretendere che il lavoratore rinunci a tutte le sue pretese, ma deve collaborare lealmente per formalizzare l’accordo previsto dal contratto collettivo.

La Base di Calcolo del TFR: il Principio di Onnicomprensività

Oltre alla questione dell’indennità supplementare, la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello anche riguardo alla base di calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR). I giudici hanno ribadito il principio di onnicomprensività della retribuzione sancito dall’art. 2120 c.c. Questo significa che tutti gli emolumenti con natura retributiva, corrisposti in modo continuativo, devono essere inclusi nel calcolo del TFR. Nel caso specifico, sono stati correttamente inclusi il trattamento estero, i benefit per l’alloggio, l’auto aziendale e la retribuzione variabile, in quanto il contratto collettivo non prevedeva una deroga esplicita, chiara e univoca a tale principio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Datori di Lavoro e Dirigenti

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche:
1. Per i datori di lavoro: non è possibile utilizzare tattiche dilatorie o ostruzionistiche per eludere gli obblighi derivanti dai contratti collettivi. Il dovere di agire secondo buona fede impone una collaborazione attiva per adempiere alle procedure concordate, come la stipula di un verbale di conciliazione. Un comportamento contrario può portare il giudice a considerare adempiute le condizioni che l’azienda stessa ha impedito, con conseguente obbligo di pagamento.
2. Per i dirigenti e i lavoratori: viene riaffermata la tutela contro comportamenti scorretti del datore di lavoro. Inoltre, la sentenza consolida l’orientamento secondo cui la base di calcolo del TFR è ampia e include tutti gli elementi retributivi non occasionali, a meno di una deroga contrattuale esplicita e inequivocabile.

Quando è dovuta l’indennità supplementare anche se non si è firmato il verbale di conciliazione?
L’indennità supplementare è dovuta quando la mancata firma del verbale di conciliazione è imputabile a un comportamento contrario a buona fede del datore di lavoro. Se l’azienda ostacola o ignora le richieste del lavoratore di procedere alla firma, il giudice può considerare la condizione come avverata (finzione di avveramento, art. 1359 c.c.).

Quali elementi rientrano nel calcolo del TFR per un dirigente distaccato all’estero?
Secondo la sentenza, rientrano nel calcolo del TFR tutti gli emolumenti di natura retributiva corrisposti in modo non occasionale, come il trattamento estero, i benefit per l’alloggio, l’auto aziendale e la retribuzione variabile, in applicazione del principio di onnicomprensività, a meno che il contratto collettivo non lo escluda in modo esplicito.

Cosa significa “finzione di avveramento” della condizione?
È un principio giuridico stabilito dall’art. 1359 del Codice Civile. Se il verificarsi di una condizione contrattuale è impedito dalla parte che aveva un interesse contrario al suo avveramento, la legge considera tale condizione come se si fosse verificata, per tutelare la parte che ha agito in buona fede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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