Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24849 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24849 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
Oggetto
Rapporto di lavoro
dirigenziale- indennità
supplementare –
calcolo TFR –
CCL dirigenti di
aziende FCA
e
CNH de1
2.3.2016
R.G.N.7548/2021
COGNOME
Rep.
Ud 21/05/2025
CC
sul ricorso 7548-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 341/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 30/09/2020 R.G.N. 764/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME.
RILEVATO CHE
1. NOME COGNOME, dipendente IVECO dal 1984 al 2016, con qualifica di dirigente dal 1999, distaccato all’estero per complessivi 17 anni (in Portogallo, Cina, Turchia), con ricorso al Tribunale di Torino chiedeva la condanna della società exdatrice di lavoro al pagamento delle seguenti somme lorde, oltre accessori: I) € 187.292,65 a titolo di incidenza sul TFR del cd. trattamento estero e dei benefits alloggio, auto, tasse e scuola, nonché della retribuzione variabile goduti all’estero; II) € 35.296,77 a titolo di risarcimento del danno conseguente alla mancata fissazione degli obiettivi ed alla mancata erogazione della retribuzione variabile nell’anno 2013; III) € 186.286,34 (sulla base dell’ultima retribuzione percepita in Turchia) o, in subordine, euro 22.137,97 (sulla base dell’ultima retribuzione italiana) a titolo di differenza sull’indennità sostitutiva del preavviso e relativa incidenza sul TFR; IV) € 574.389,14 (sulla base dell’ultima retribuzione percepita in Turchia) o, in subordine, € 208.733,54 (sulla base dell’ultima retribuzione italiana) a titolo di indennità supplementare ai sensi dell’art. 25 del CCL per i dirigenti di aziende FCA e RAGIONE_SOCIALE
2. in contraddittorio con la società resistente, il Tribunale, svolta CTU contabile, condannava IVECO a pagare al ricorrente la somma di € 88.587,05, accogliendo la domanda attorea limitatamente all’incidenza sulla base di calcolo del TFR dell’indennità estera fino al 31.12.2011, del contributo alloggio e del benefit auto goduti dal ricorrente durante la permanenza in Turchia, secondo il quantum determinato dal CTU sulla base dei dati contabili concordati tra le parti;
3. l a Corte d’Appello di Torino, pronunciandosi sull’appello del dott. COGNOME assunte prove testimoniali (sulle circostanze
di fatto relative al benefit tasse fruito dall’appellante in Cina e in Turchia), e disposta CTU contabile (allo scopo di determinare le eventuali ulteriori spettanze dell’appellante a titolo di differenze sull’indennità sostitutiva del preavviso e relativa incidenza sul TFR derivanti dall’inserimento nella base di calcolo del valore medio della retribuzione variabile lorda percepita in relazione agli anni 2014-2015, nonché a titolo di incidenza sul TFR dell’intero benefit tasse finito durante i periodi di lavoro in Cina e in Turchia), in parziale accoglimento dell’appello, condannava la società appellata a pagare all’appellante le seguenti somme: € 268.733,54 a titolo di indennità supplementare, € 39.592,43 a titolo di incidenza del trattamento estero sul TFR, € 26.845,49 a titolo di incidenza del benefit alloggio sul TFR, € 34.368,55 a titolo di incidenza del benefit tasse sul TFR, € 8.823,57 a titolo di incidenza del benefit auto sul TFR, € 9.596,81 per incidenza della retribuzione variabile pagata negli anni 2012-2016 sul TFR, oltre rivalutazione e interessi dalla cessazione del rapporto al saldo;
4. per la cassazione della sentenza d’appello la società propone ricorso con nove motivi, cui resiste controparte con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
la società ricorrente con il primo motivo censura la sentenza impugnata, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 1359 c.c. relativamente all’art. 25 del CCL per i Dirigenti del gruppo FIAT , per avere la
Corte territoriale erroneamente applicato la finzione di avveramento nell’ipotesi di condizione potestativa;
2. con il secondo motivo deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1359 c.c. e dell’art. 25 CCL per i Dirigenti del gruppo FIAT , per avere la Corte territoriale applicato l’art. 1359 c.c. a condizione cd. bilaterale, sostenendo che nella fattispecie delineata dall’art. 25 CCL, ciascuna delle parti, datore di lavoro e lavoratore, ha un proprio interesse (seppur diverso) alla sottoscrizione del verbale e, quindi, all’avveramento della condizione;
3. con il terzo motivo di ricorso la società deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c., per erronea interpretazione della lettera di licenziamento e della lettera di impugnazione del recesso, per non avere la Corte territoriale imputato al solo dirigente la responsabilità per la mancata sottoscrizione del verbale;
4. con il quarto motivo deduce, in via subordinata, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1358 e 1359 c.c., per avere la Corte territoriale imputato la responsabilità per la mancata sottoscrizione dell’accordo sindacale alla società, in via esclusiva;
5. con il quinto motivo di ricorso la società censura la sentenza impugnata, in via subordinata, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto non contestati i conteggi di controparte sulla quantificazione dell’indennità supplementare;
6. con il sesto motivo deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 25 CCL per i Dirigenti del gruppo FIAT, e dell’art. 1 degli Accordi FIPSAF e FISDAF, allegati al CCL, e violazione e falsa applicazione dell’art.
2120 c.c.; la sentenza impugnata viene censurata nella parte in cui ha ritenuto che la disposizione di cui al CCL per i dirigenti del Gruppo Fiat (entrato in vigore l’1.1.2012) non escluda il cd. trattamento estero della base di calcolo del TFR;
con il settimo motivo deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto di includere il rimborso delle spese di alloggio relative ai periodi di assegnazione in Cina e in Portogallo nella retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR, sulla considerazione che tali benefit avessero natura esclusivamente retributiva (e non risarcitoria o di rimborso spese);
con l’ottavo motivo deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nella parte in cui la sentenza gravata ha riconosciuto il diritto del dirigente a ottenere un incremento del TFR in misura pari a € 8.823,57 lordi in conseguenza dell’i nclusione nella base di calcolo del valore economico dell’attribuzione di un’autovettura aziendale durante il suo periodo di permanenza in Portogallo ed in Turchia;
con il nono motivo deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 25 CCL in relazione all’art. 2120 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha inserito nella base di calcolo del TFR anche la retribuzione variabile dal dirigente negli anni 2011, 2012, 2013, 2015 e 2016;
i primi quattro motivi, da trattare congiuntamente per connessione, non sono fondati;
va premesso che (come osservato da parte controricorrente) l’interpretazione degli atti negoziali è riservata al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove
rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi; la censura di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, al pari di quella per vizio di motivazione, non può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, posto che, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – censurare in sede di legittimità il fatto che sia stata privilegiata l’altra; per il principio di autonomia del ricorso per cassazione ed il carattere limitato di tale mezzo di impugnazio ne, si deve escludere l’ammissibilità di una sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si chiede a tale stregua un riesame, inammissibile in sede di legittimità (v. Cass. n. 33425/2022, n. 27702/2020, n. 16368/2014, n. 24539/2009, n. 10131/2006);
12. in questo senso, l’interpretazione della lettera di licenziamento (come conforme all’art. 25 CCL applicato al rapporto) e della sua impugnativa stragiudiziale da parte del dirigente (come determinata dalla mancanza di comunicazione dell’azienda circa il luogo e la data fissati per la sottoscrizione del verbale di conciliazione sindacale, approssimandosi la scadenza del termine di 60 giorni di legge, con contestuale disponibilità a sottoscrivere il verbale all’esito del corretto ricalcolo dell’importo della retribuzione a base del TFR), nel quadro di vicenda ritenuta caratterizzata da comportamento ostruzionistico del datore di lavoro, è del tutto plausibile, alla luce del testo delle rispettive comunicazioni e delle circostanze di fatto nello sviluppo degli eventi relativi;
13. passando quindi alla sussunzione di tale vicenda, in tali termini ricostruita, nell’ambito dell’esegesi dell’art. 25 CCL dirigenti di aziende FCA e CNH de1 2.3.2016, la Corte di merito ha rilevato che tale norma del prevede quanto segue: ‘ 1. Nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro a iniziativa dell’azienda -con esclusione dei licenziamenti r iconducibili alla giusta causa ex art 2119 c.c. o di quelli disposti nel corso del periodo di prova – la stessa, ferma restando la preventiva sottoscrizione dello specifico verbale di conciliazione di cui al successivo comma 8, riconoscerà al dirigente un’indennità supplementare al preavviso correlata all’età del dirigente (…). 8. Gli importi di cui al presente articolo saranno riconosciuti previa sottoscrizione di un apposito verbale di conciliazione in sede sindacale ai sensi dell’art. 411, comma 3, c.p.c. che attesti la rinuncia all’impugnazione della risoluzione del rapporto di lavoro a fronte del riconoscimento delle suddette spettanze ‘ ;
14. la Corte di Torino ha osservato che, a differenza degli altri CCNL per i Dirigenti di Aziende Industriali, del Commercio, del Credito (che prevedono l’obbligo di motivazione del licenziamento e la necessaria giustificatezza del recesso, in mancanza della quale il dirigente ha diritto a un’indennità supplementare al preavviso) il CCL per i dirigenti dì aziende FCA e RAGIONE_SOCIALE ripristina, con questa norma, il licenziamento ad nutum, prevedendo che le società del Gruppo FCA possano recedere liberamente dai rapporti di lavoro dirigenziali, senza alcun obbligo di motivazione e senza alcun requisito di giustificatezza del recesso; e che il dirigente, licenziato senza poter conoscere le ragioni del recesso, può ottenere l’indennità supplementare soltanto a condizione che egli rinunci all’impugnazione del licenziamento, sottoscrivendo il verbale di conciliazione sindacale di cui al comma 8;
15. ne ha desunto che è evidente che, per giungere alla sottoscrizione del verbale di conciliazione, è indispensabile la cooperazione di entrambe le parti, il cui comportamento deve essere improntato ai princìpi di correttezza e buona fede sanciti dagli artt. 1175 e1375 c.c.., espressioni del più generale dovere di solidarietà previsto dall’art. 2 Cost.;
16. quindi, esclusa, perché arbitraria, la possibilità per l’azienda di pretendere che la rinuncia all’impugnazione del licenziamento alla quale l’art 25 CCL condiziona l’erogazione dell’indennità supplementare diventi la rinuncia a tutte le possibili pretese del dirigente nei confronti del datore di lavoro, ha ricostruito la procedura di cui alla norma contrattuale collettiva quale negozio giuridico sottoposto a condizione sospensiva ex art. 1353 c.c., in forza del quale le aziende del gruppo FCA si impegnano a riconoscere al dirigente licenziato il diritto all’indennità supplementare, a condizione che egli rinunci all’impugnazione del licenziamento mediante la sottoscrizione di un verbale di conciliazione in sede sindacale;
17. ha ricordato che l’azienda in pendenza della condizione deve comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte, ai sensi dell’art. 1358 c.c., nello specifico fornendo indicazioni circa il luogo e la data in cui, nei ristretti termini di legge, le parti potranno incontrarsi per sottoscrivere il verbale in sede sindacale; e ha riconosciuto il diritto del dirigente a ottenere il pagamento dell’indennità supplementare, nonostante la mancata sottoscrizione del verbale di conciliazione, discendente direttamente, in base alla ricostruzione dei fatti, dalla finzione di avveramento di cui all’art. 1359 c.c., valutando la mancata stipulazione del verbale di conciliazione in sede sindacale dipeso unicamente dal comportamento contrario a buona fede di IVECO;
18. in tale contesto fattuale, non è utilmente richiamata dalla società ricorrente la giurisprudenza secondo cui la finzione di avveramento non si applica alle condizioni alle condizioni potestative semplici o alle condizioni bilaterali;
19. la finzione di avveramento di cui all’art. 1359 c.c. individua un rimedio risarcitorio in forma specifica, diretto a riparare le conseguenze dannose del comportamento scorretto di uno dei contraenti, e trova applicazione quando l’evento dedotto in condizione non si verifichi per causa imputabile alla parte avente interes se contrario all’avveramento;
20. essa postula che la parte che ha interesse a che la condizione non si verifichi si sia attivata per consentire o agevolare la non verificazione; la parte avente interesse contrario all’avveramento della condizione deve essere individuata avuto riguardo alla natura del negozio condizionato e alla posizione in esso assunta dalle parti; l’esistenza di un interesse contrario all’avveramento della condi zione non va valutata in termini astratti, ma valorizzando l’effettivo interesse delle parti all’epoca in cui si è verificato il fatto o il comportamento che ha reso impossibile l’avverarsi della condizione; affinché la finzione di avveramento possa operare è necessario che il contegno della parte avente un interesse contrario all’avveramento della condizione abbia determinati requisiti oggettivi e soggettivi; precisamente, sul piano oggettivo deve trattarsi di comportamento in nesso di causalità con il mancato avveramento della condizione, e, sul piano soggettivo, di comportamento caratterizzato quanto meno da colpa della parte che ha interesse contrario all’avveramento della condizione (cfr., di recente, Cass. n. 2450/2024 e giurisprudenza ivi richiamata);
21. dunque, in base alla ricostruzione in fatto operata, la condizione sospensiva in esame è stata correttamente interpretata come riconducibile al comportamento complessivo delle parti nella procedimentalizzazione portante alla sottoscrizione del verbale di conciliazione, e non alla pura e semplice libertà di azione di una delle parti di condizionare l’efficacia del contratto all’assunzione di una propria condotta impegnativa (condizione potestativa semplice), ed è stato ritenuto che la società non avesse interesse al verificarsi della condizione, tenuto conto della situazione al momento del recesso;
22. è stato chiarito (Cass. n. 31728/2021) che, affinché possa operare la finzione di cui all’art. 1359 c.c., l’esistenza di un interesse contrario all’avveramento della condizione non va valutata in termini astratti, ma valorizzando l’effettivo interesse delle parti all’epoca in cui si è verificato il fatto o il comportamento che ha reso impossibile l’avverarsi della condizione; ne consegue che spetta alla parte interessata la prova che l’altra parte abbia impedito il verificarsi della condizione, in quanto, qualora l’acquisto di un diritto dipenda da un evento futuro e incerto rimesso al comportamento volontario di una delle parti, il suo adempimento è elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto;
23. in questo senso, valutando il comportamento complessivo delle parti, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrato il comportamento contrario a buona fede della società nel non riscontrare i solleciti del dirigente licenziato e nel non indicare tempo e luogo per la sottoscrizione della conciliazione ai fini dell’applicazione della finzione di avveramento della condizione sospensiva;
24. il quinto motivo è inammissibile;
25. l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione rientra nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte ed è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. 27490/2019), motivazione nella specie sussistente e rispondente al canone del cd. minimo costituzionale;
26. sono egualmente inammissibili il sesto e nono motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente perché attinenti, entrambi, all’interpretazione dell’art. 25 CCL in materia di base di calcolo per il computo del TFR (tanto con riguardo a trattamento estero e benefit nei periodi all’estero, quanto per la retribuzione variabile percepita);
27. la Corte di merito, in proposito, ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte (in particolare Cass. n. 8086/2016 e giurisprudenza ivi richiamata), secondo cui l’art. 2120 c.c. è ispirato al principio della onnicomprensività della retribuzione da prendere a base del TFR, principio che può essere derogato solo dai contratti collettivi stipulati successivamente alla entrata in vigore della normativa e a condizione che gli stessi prevedano in modo esplicito la deroga;
28. ha precisato che l’individuazione degli emolumenti da considerare utili e la determinazione del loro valore sono due operazioni concettualmente, e anche temporalmente, distinte e non sovrapponibili: prima si individuano gli emolumenti di natura retributiva da inserire nella base di calcolo del TFR, sulla base dell’art. 2120, comma 2, c.c., sul punto non derogato dall’art. 25 del CCL (retribuzione fissa e variabile, provvigioni, trattamento estero, benefìt alloggio, auto, ecc.), e solo dopo si determina il loro valore economico, riferendosi le modalità
descritte dall’art. 25, comma 3, CCL unicamente a questa seconda operazione;
29. la Corte territoriale, nell’analizzare l’art. 25 del CCL (secondo parte ricorrente derogatorio rispetto alla regola generale prevista dalla legge) ha affermato, con motivazione congrua e logica, che la clausola di cui al comma 3 di tale norma contrattuale collettiva non introduce una deroga espressa all’art. 2120, in mancanza dei caratteri di chiarezza, univocità e specificità richiesti dalla giurisprudenza consolidata in materia;
30. il settimo motivo non è meritevole di accoglimento;
31. sul punto, la Corte di Torino ha riconosciuto la natura retributiva del benefit alloggio nei periodi di assegnazione in Cina e in Portogallo, perché consistito in un emolumento erogato in via continuativa, fissa e periodica, in assenza di giustificativi di spesa, quale versamento sinallagmaticamente collegato con la prestazione lavorativa svolta all’estero, con la funzione di salvaguardare il livello retributivo del dipendente, e destinato a soddisfare esigenze abitative personali e familiari del lavoratore, e non esigenze di servizio o di rappresentanza de1 datore di lavoro;
32. si tratta, pertanto, di questione giuridica implicante un accertamento di fatto, che il motivo, sebbene qualificato in termini di violazione di legge, intende inammissibilmente rivalutare in sede in legittimità, non condividendo la valutazione delle risultanze istruttorie di merito, che non possono, invece, essere ridiscusse in questa sede;
33. ad analoghe conclusioni si deve pervenire con riguardo all’ottavo motivo, con il quale la società finisce per richiedere una rivalutazione nel merito e una diversa interpretazione dei fatti di causa, preclusa in questa sede;
34. invero, la Corte di merito ha fatto uso, conforme a legge, del criterio del cd. notorio ristretto circa la concessione dell’autovettura per uso personale e gratuito ai dipendenti delle società del gruppo FIAT assegnati all’estero, con conseguente riconoscimento della natura retributiva del correlativo benefit ; si tratta di dati che, ai fini probatori, costituiscono patrimonio comune di conoscenza, cioè un fatto notorio, rientrante nelle circostanze conosciute e comunemente note nel luogo in cui abitano il giudice e le parti in causa (cfr. Cass. n. 16165/2001, n. 219/1979); tale notorio ben può essere inteso quale fatto generalmente conosciuto, almeno in una determinata zona (cd. notorietà locale) o in un particolare settore di attività o di affari da una collettività di persone di media cultura (cfr. Cass. n. 4051/2007);
35. il ricorso deve conclusivamente essere respinto nel suo complesso;
36. le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
37. al rigetto del ricorso segue altresì il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 15.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso nella Adunanza camerale del 21 maggio 2025.