Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24442 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24442 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21617-2020 proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 3642 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 12 dicembre 2019 (R.G.N. 995/2017).
R.G.N. 21617/2020
COGNOME
Rep.
C.C. 28/5/2025
giurisdizione Determinazione della pensione. Indennità sostitutiva del preavviso. Riscatto della laurea.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 3642 del 2019, depositata il 12 dicembre 2019, la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame del dottor NOME COGNOME e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva rigettato la domanda dell’appellante, volta a ottenere l’accertamento di quarant’anni di anzianità contributiva, in séguito al riscatto degli anni di laurea, l’inclusi one dell’indennità sostitutiva del preavviso nella base di calcolo della pensione di anzianità e il risarcimento dei danni alla professionalità, arrecati dal comportamento illegittimo dell’Istituto .
A fondamento del rigetto dell’appello, la Corte territoriale ha evidenziato, quanto al riscatto degli anni di laurea, che l’appellante non ha offerto alcuna prova della presentazione della domanda di riscatto, elemento imprescindibile ai fini della prova dei fatti costitutivi della pretesa. Da tali considerazioni deriva anche il rigetto della domanda risarcitoria concernente «il mancato godimento dei cinque anni di regime fiscale dei minimi» (pagine 3 e 4 della sentenza d’appello).
Per quel che riguarda l’esclusione dell’indennità sostitutiva del preavviso dalla base di calcolo della pensione, i giudici d’appello hanno rilevato che il periodo di preavviso, al quale si correla l’indennità sostitutiva come retribuzione pensionabile, si colloca in un periodo successivo alla decorrenza della pensione.
L’ indennità, pertanto, può essere valorizzata nell’àmbito dei supplementi di pensione (art. 7 della legge 23 aprile 1981, n. 155), decorsi due anni dalla data di decorrenza della pensione medesima. I supplementi, tuttavia, presuppongono una preventiva domanda, che nel caso di specie non è stata presentata.
-Il dottor NOME COGNOME ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, formulando un unico, complesso, motivo di censura, illustrato da memoria in prossimità della trattazione camerale.
-L’INPS replica con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorrente deduce «violazione dell’art. 360 c.p.c. n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti» e «violazione dell’art. 360 c.p.c. n. 4 per falsa applicazione di norme di diritto» (pagina 17 del ricorso per cassazione).
Quanto all’indennità sostitutiva del preavviso, il ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia errato nel richiamare la disciplina dei supplementi di pensione, «incompatibile con la chiusura del rapporto di lavoro» e comunque priva di ogni attinenza al caso di specie, riguardante «la riliquidazione della pensione per motivi contributivi» (la già richiamata pagina 17).
Quanto al riscatto degli anni di laurea, la decisione d’appello meriterebbe censura per non aver considerato che la domanda di riscatto, «risalente al 1988, anche se priva della ricevuta di ritorno, non reperita a causa del decorso di circa trenta anni» fosse comunque «pervenuta all’INPS» (pagina 18 del ricorso per cassazione).
-In linea preliminare, occorre disattendere l’eccezione d’inammissibilità, sollevata nel controricorso sul presupposto che il difensore non abbia sottoscritto la copia del ricorso notificata all’Istituto.
2.1. -Come ha evidenziato il ricorrente nella memoria illustrativa, la mancanza della sottoscrizione del difensore nella copia notificata non
inficia la validità del ricorso, ove l’originale del ricorso rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione, ad opera del medesimo difensore, della sottoscrizione della parte che gli ha conferito la procura (Cass., sez. lav., 5 giugno 2020, n. 10775, punto 2 del Considerato ).
2.2. -Né l’Istituto ha allegato elementi risolutivi, che inducano a dubitare della provenienza del ricorso, così come risultante dall’originale, dal difensore munito di procura speciale.
A tale riguardo, non si può reputare dirimente la specificazione che figura a pagina 19: «Il dr. NOME COGNOME con la sottoscrizione del presente atto si assume la piena ed esclusiva responsabilità delle affermazioni contenute nel presente atto, che ritiene pienamente supportate dalla documentazione in atti».
Tale sottoscrizione avvalora ad abundantiam la condivisione della strategia difensiva, senza confutare la riconducibilità del ricorso al difensore munito di procura speciale.
-Coglie nel segno, invece, l’ulteriore eccezione d’inammissibilità formulata nel controricorso con riferimento all’articolazione delle censure, inidonee a enucleare «con sufficiente chiarezza i limiti della materia del contendere e lo sviluppo della vicenda processuale» (pagina 3).
4. -Il motivo è rubricato, anzitutto, come ‘omesso esame di fatto decisivo’.
4.1. -Il ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto poste a fondamento della decisione di primo grado e quelle che sorreggono la pronuncia d’appello e non ha dimostrato che tali ragioni s ono diverse.
Solo tale diversità, solo la difformità del percorso logico rispetto ai fatti principali di causa renderebbero ammissibile la censura proposta in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (fra le molte, Cass., sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26774; nel medesimo senso, Cass., sez. VI-II, 9 marzo 2022, n. 7724) e consentirebbero così di
superare la preclusione sancita dapprima dall’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ. e quindi ribadita dall’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ.
4.2. -Peraltro, la censura proposta, quand’anche fosse deducibile in questa sede, non consentirebbe di criticare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (Cass., sez. II, 19 luglio 2021, n. 20553).
Con riferimento alla domanda di riscatto degli anni di laurea, il Tribunale ha posto in risalto la mancata prova della presentazione di tale domanda (pagina 2 della sentenza d’appello), con valutazione condivisa dai giudici del gravame (pagina 3 della sent enza d’appello) sulla base del rilievo che l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di prime cure non sia stato efficacemente scalfito e che non siano persuasivi gli argomenti enunciati a supporto delle doglianze.
Nell’odierno giudizio, mediante la deduzione dell’omesso esame di un fatto decisivo, il ricorrente si prefigge irritualmente di sovvertire una ‘doppia conforme’, sollecitando a questa Corte, in modo egualmente irrituale, un riesame degli elementi di fatto acquisiti al processo, senza neppure cimentarsi con le puntuali argomentazioni addotte ai fini del rigetto del gravame.
-Quanto alla censura, peraltro rubricata in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., di ‘falsa applicazione di norme di diritto’ (pagina 17 del ricorso), essa non soddisfa i canoni di specificità prescritti dal codice di rito.
5.1. -Questa Corte è costante nell’affermare che l ‘ onere di specificità dei motivi, sancito dall ‘ art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., a pena d ‘ inammissibilità della
censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo (Cass., S.U., 28 ottobre 2020, n. 23745).
Il ricorso non deve indicare soltanto le norme che si assumono violate, ma deve anche svolgere specifiche argomentazioni, intelligibili ed esaurienti, volte a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l ‘ interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. I, 5 agosto 2020, n. 16700).
Occorre, dunque, prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, in quanto non può essere demandato a questa Corte il compito d ‘ individuare, con una ricerca esplorativa ufficiosa che trascende le sue funzioni, la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., sez. III, 26 luglio 2024, n. 20870).
5.2. -Nel caso di specie, l a sentenza d’appello, dopo aver dato conto della natura retributiva dell’indennità sostitutiva del preavviso, ha diffusamente esposto le ragioni che corroborano l’applicabilità della disciplina dei supplementi di pensione e ha delineato i tratti salienti della normativa rilevante.
Secondo tale ricostruzione, che non s’incardina sul richiamo alle circolari dell’Istituto, stigmatizzato nel ricorso e nella memoria illustrativa, riveste rilievo essenziale la circostanza che il preavviso si collochi in un periodo successivo alla decorrenza della pensione e che i contributi siano accreditati in un periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro (pagina 5 della pronuncia d’appello).
Poste tali premesse, la Corte di merito giunge alla conclusione che al caso di specie si attagli la normativa dettata dall’art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488.
5.3. -Il ricorso non solo non indica e non illustra in modo particolareggiato le norme che si assumono violate, ma non oppone argomenti esaustivi agli elementi di fatto e di diritto che la Corte d’appello ha indicato a sostegno della decisione adottata e della conferma della pronuncia del Tribunale.
Il ricorso, in particolare, pone l’accento sulla «frode posta in essere dall’Inps» e sulla «manomissione dei documenti presentati dal ricorrente» (pagina 7), profili che non gettano luce sul vizio di falsa applicazione di norme di diritto, devoluto all’esame di questa Corte.
L’esposizione delle censure non si attarda sull’inquadramento della normativa applicabile e non dimostra per quali ragioni, accreditate dall’interpretazione oramai consolidata, la disciplina in esame non sia pertinente e non siano conferenti le circostanze di fatto vagliate dalla Corte d’appello (la riferibilità dei contributi a un periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro).
Né si offrono elementi risolutivi per suffragare in iure la ricostruzione alternativa propugnata nel ricorso, così da consentire a questa Corte, senza addentrarsi in compiti esplorativi estranei alle sue funzioni istituzionali, il raffronto tra la soluzione censurata e quella che si adombra come conforme a diritto.
A tale scopo, non sono sufficienti i richiami, sprovvisti di un più solido corre do argomentativo, all’asserito superamento di quella giurisprudenza, che le Circolari dell’INPS, neppure rilevanti nell’ iter logico della pronuncia d’appello, avrebbero originariamente avallato.
6. -In virtù delle considerazioni esposte, il ricorso dev’essere dichiarato, nel suo complesso, inammissibile.
7. -Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, alla stregua del valore della controversia e dell’attività processuale svolta.
8. -L a declaratoria d’inammissibilità del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione