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Indennità sostitutiva preavviso: contributi dovuti

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 2025, ha stabilito che la rinuncia del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso non ha effetto sul dovere del datore di lavoro di versare i relativi contributi previdenziali. L’obbligo contributivo ha natura pubblicistica e sorge per legge nel momento del licenziamento senza preavviso, indipendentemente dal fatto che la somma sia stata effettivamente pagata. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva escluso tale obbligo, riaffermando il principio del minimale contributivo, secondo cui i contributi si calcolano sulla retribuzione legalmente dovuta e non su quella corrisposta.

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Indennità Sostitutiva del Preavviso: Contributi Dovuti Anche in Caso di Rinuncia

L’accordo tra datore di lavoro e lavoratore può influenzare gli obblighi verso l’ente previdenziale? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la rinuncia del dipendente all’indennità sostitutiva del preavviso non cancella il dovere dell’azienda di versare i relativi contributi. Questa decisione riafferma la netta separazione tra il rapporto di lavoro privato e l’obbligazione contributiva di natura pubblica.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un’azienda in liquidazione contro una richiesta di pagamento di contributi da parte dell’ente previdenziale. L’azienda aveva licenziato tredici dipendenti, i quali avevano rinunciato a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso. Inizialmente, la Corte d’Appello aveva dato ragione alla società, sostenendo che, in assenza di un pagamento effettivo o di un ‘dovere’ di pagamento (data la rinuncia), non potesse sussistere l’obbligo contributivo.

L’ente previdenziale ha impugnato questa decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’obbligo di versare i contributi è inderogabile e non può essere influenzato da accordi privati, come la rinuncia del lavoratore.

La Decisione sull’indennità sostitutiva del preavviso

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente, ribaltando la sentenza d’appello. I giudici supremi hanno affermato un principio consolidato: l’obbligazione contributiva è un’obbligazione pubblicistica, che deriva direttamente dalla legge e non dalla volontà delle parti del contratto di lavoro.

Di conseguenza, qualsiasi accordo tra datore di lavoro e lavoratore, inclusa la rinuncia a un emolumento come l’indennità di mancato preavviso, è inopponibile all’ente previdenziale. L’obbligo di versare i contributi sorge nel momento stesso in cui si verifica il presupposto legale (in questo caso, il licenziamento senza preavviso), non quando la somma viene materialmente pagata.

Le Motivazioni

La Corte fonda la sua decisione su pilastri giuridici solidi. In primo luogo, viene richiamato il principio del cosiddetto ‘minimale contributivo’. Secondo tale principio, la base imponibile per il calcolo dei contributi non è la retribuzione di fatto corrisposta, ma quella che è dovuta al lavoratore secondo le norme di legge e i contratti collettivi. L’indennità sostitutiva del preavviso è una componente retributiva dovuta per legge (art. 2118 c.c.) in caso di recesso senza preavviso, e come tale rientra pienamente nella base di calcolo contributiva.

In secondo luogo, si sottolinea la natura dell’obbligazione contributiva. Essa non è una semplice appendice del rapporto di lavoro, ma un rapporto autonomo e distinto tra l’azienda e l’ente pubblico. Gli accordi transattivi o i negozi abdicativi (come la rinuncia) posti in essere dal lavoratore possono estinguere il suo diritto di credito verso il datore, ma non possono incidere sul diritto dell’ente previdenziale a percepire la contribuzione già maturata. Il diritto dell’ente sorge e si consolida nel momento in cui il licenziamento senza preavviso diventa efficace, rendendo irrilevante ogni evento successivo relativo al pagamento o alla rinuncia dell’indennità.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ha implicazioni pratiche significative per i datori di lavoro. Anche in presenza di accordi transattivi o di rinunce esplicite da parte dei lavoratori licenziati, l’azienda rimane obbligata a calcolare e versare i contributi sull’importo teorico dell’indennità sostitutiva del preavviso. Ignorare tale obbligo espone l’azienda a sanzioni e al recupero coattivo dei contributi non versati. La sentenza rafforza l’idea che la tutela previdenziale è un interesse pubblico inderogabile, che prevale sulla libera autonomia negoziale delle parti del contratto di lavoro.

Se un lavoratore rinuncia all’indennità sostitutiva del preavviso, il datore di lavoro deve comunque versare i contributi all’ente previdenziale su quella somma?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligazione contributiva è un’obbligazione pubblicistica, indipendente dagli accordi privati tra datore e lavoratore. Pertanto, la rinuncia del lavoratore non ha effetti nei confronti dell’ente previdenziale.

Quando sorge l’obbligo di versare i contributi sull’indennità di mancato preavviso?
L’obbligo contributivo sorge nel momento stesso in cui il licenziamento intimato senza il corrispondente periodo di preavviso acquista efficacia, a prescindere dal fatto che l’indennità venga effettivamente corrisposta o meno al lavoratore.

Come si applica il principio del ‘minimale contributivo’ in questo caso?
Il principio del ‘minimale contributivo’ impone che la base per il calcolo dei contributi sia la retribuzione dovuta per legge, non quella effettivamente pagata. Poiché l’indennità sostitutiva del preavviso è dovuta per legge in caso di recesso senza preavviso, essa rientra in questa base di calcolo, anche se il lavoratore vi ha rinunciato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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