Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3255 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 3255  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/02/2025
1.Con  ricorso  iscritto  al  R.G.  n.  3026/2012  al  Tribunale  di  Agrigento, NOME  COGNOME,  inquadrato  come  dirigente,  ha  chiesto  che  il  RAGIONE_SOCIALE  venisse  condannato  al  pagamento  in  suo  favore  delle retribuzioni e delle ferie non godute dal mese di maggio 2012 al 22 settembre 2012, nonché al pagamento dell’indennità di preavviso e del trattamento di fine rapporto, previa disapplicazione del provvedimento prot. n. 6908/2012 di evoca dell’incarico dirigenziale .
Nel diverso procedimento RG n. 854/2012 (opposizione al decreto n. 268/2012 con cui il Tribunale di Agrigento NOME ingiunto al RAGIONE_SOCIALE il pagamento della retribuzione per la mensilità di maggio 2012 nei confronti del NOME, l’ente NOME eccepito la nullità del contratto di lavoro del 19.1.2012, in quanto NOME previsto il termine di scadenza in data successiva alla fine del mandato elettorale del Sindaco in carica al momento della stipula, intervenuta in data 9 maggio 2012.
Con ricorso iscritto al R.G. n. 3443/2013, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha chiesto accertarsi la nullità dei contratti di lavoro intercorsi con il NOME nelle date del 13.2.2009 e del 19.1.2009, nonché la condanna del NOME alla restituzione di quanto percepito.
Il Tribunale di Agrigento, decidendo su tali ricorsi riuniti, ha revocato il decreto  ingiuntivo  n.  268/2012  ed  ha  rigettato  sia  le  domande  proposte  dal RAGIONE_SOCIALE nel ricorso iscritto al RG n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO che le domande formulate dal NOME nel ricorso iscritto al RG n. 3026/2012.
La  Corte  d’appello  di  Palermo,  in  parziale  riforma di  tale  sentenza,  ha condannato  il  RAGIONE_SOCIALE  al  pagamento,  in  favore  di
NOME  COGNOME,  della  retribuzione  sino  al  luglio  2012  e  dell’indennità  di mancato preavviso, pari a 15 giorni di retribuzione.
La Corte territoriale ha osservato che l’incarico dirigenziale conferito in sede di contratto individuale al NOME NOMEingegnere con incarico di ‘Dirigente dei servizi tecnici e responsabile del servizio personale’ ) era di natura tecnicoprofessionale, e non di collaborazione alla definizione dell’indirizzo politico ; ha pertanto escluso l’applicabilità delle disposizioni sullo spoil system ed ha invece ritenuto applicabili le ordinarie regole che disciplinano il contratto a tempo determinato dei dir igenti esterni dell’Amministrazione , ossia l’ art. 19 d.lgs. n. 165/2001 e l’ art. 110 TUEL.
Considerato che per effetto della deliberazione n. 112 del 16.12.2011 il contratto di conferimento dell’incarico dirigenziale era stato prorogato fino alla determina del Sindaco che sarebbe stato eletto alle elezioni del 15 maggio 2012 (ma non oltre il 31.12.2012) e che tale determina era stata adottata in data 9.6.2012, ha ricondotto l’efficacia del recesso al 3.7.2012, data di ricezione della suddetta determina da parte del NOME, al quale ha altresì riconosciuto il termine di preavviso di 15 giorni ai sensi dell’art. 3 del contratto individuale.
6 . In assenza di deduzione e di prova, da parte del NOME, dell’espletamento di  attività  lavorativa  in  eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale, ha rigettato la sua domanda di pagamento dell’indennità sostitutiva del le ferie.
Ha infine rigettato la domanda del NOME NOME NOME ottenere il pagamento del trattamento di fine rapporto maturato dal 2009 al 2012, in quanto il NOME NOME NOME impugnato l’omessa pronuncia del Tribunale su tale domanda, ma si era limitato a riprop orla nelle conclusioni dell’atto di appello.
 Avverso  tale  sentenza  ha  proposto  ricorso  per  cassazione  NOME COGNOME sulla base di due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, oltre a resistere con controricorso, ha proposto ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.
DIRITTO
1.Con il primo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2109 cod. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ., dell’art. 36 Cost., dell’art. 7, paragrafi 1 e 2, della Direttiva 2003/88, in relazione all’art. 360 primo comma n.  3  cod.  proc.  civ.;  omesso  esame  circa  un  fatto  decisivo  per  il  giudizio  in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
Richiama la nota n. 4140 del 6.4.2012 con cui il NOME NOME chiesto la concessione di 99 giorni di ferie maturati dal 13.2.2009, la nota del 10.5.2012 con cui il Segretario RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE confermava che al NOME spettavano 99 giorni di congedo ordinario, nonché la nota n. 4805 del 23.4.2012 di  altro  ufficio  dell’ente  locale,  secondo  cui  le  ferie  residue  di  cui  il  NOME doveva fruire ammontavano a 44 giorni.
Addebita alla Corte territoriale di non avere valutato la motivazione di tale ultimo  provvedimento, secondo cui non risultava documentazione relativa ad alcuna proroga a firma del Segretario RAGIONE_SOCIALE da cui risultasse che le ferie di ogni anno erano sta te rinviate all’anno successivo.
Evidenzia  che  tale  nota  non  NOME  messo  in  dubbio  che  il  NOME  NOME lavorato  per  l’intero  periodo  acquisendo  99  giorni  di  ferie  dal  2009  al  2012; critica la sentenza impugnata per non avere posto a fondamento della decisione tale incontestata circostanza.
Precisa che a fronte dell’autorizzazione delle ferie fino al 22.9.2012, il rapporto di lavoro del NOME era stato risolto anticipatamente dal Sindaco con comunicazione pervenuta in data 3.7.2012 e che il datore di lavoro è tenuto a pagare le ferie non godute entro la cessazione del rapporto, qualora non provi di avere posto il lavoratore nella condizione di fruire delle giornate a cui NOME diritto, avvisandolo che le avrebbe perdute in caso di mancato sfruttamento entro lo scadere del periodo di riferimento.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia la violazione degli artt. 2 e 4 del D.M. n. 55/2014 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
Lamenta l’omessa pronuncia e l’omessa motivazione sulle censure proposte nel giudizio di appello in ordine all’erronea quantificazione delle spese relative al giudizio di primo grado e alla restituzione da parte del NOME della complessiva somma di € 3240,38 bonificata in data 29.3.2013 a titolo di spese processuali relative alla fase cautelare.
Addebita  alla  Corte  territoriale  di  avere  omesso  di  esaminare  il  grado  di complessità del procedimento e della fase istruttoria, e di non avere tenuto conto del numero dei procedimenti riuniti, articolati in diverse fasi.
Con l’unico motivo, il ricorso incidentale denuncia nullità della sentenza o del procedimento per violazione del giudicato interno e per motivazione del tutto illogica, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ.
Deduce che il Tribunale NOME rigettato la domanda del NOME NOME ad ottenere  il  pagamento  delle  retribuzioni  maturate  in  epoca  successiva  alla comunicazione delle dimissioni del dipendente, in quanto dopo tale comunicazione  non  NOME  più  prestato  attività  lavorativa  per  il  RAGIONE_SOCIALE; evidenzia che il NOME non ha impugnato tale statuizione.
Precisa  che  il  COGNOME  NOME  censurato  la  sentenza  di  primo  grado addebitando al primo giudice di non avere considerato che dal 10.4.2012 era ancora in servizio non per avere effettivamente prestato attività lavorativa, ma in  ragione  della  fruizione  di  un  periodo  di  ferie  asseritamente  dovute  fino  al 22.9.2012.
Critica la sentenza impugnata per avere erroneamente riconosciuto il diritto del NOME al pagamento delle retribuzioni da maggio al 3.7.2012 nonostante fosse stato accertato che non NOME prestato attività lavorativa e che non NOME provato il proprio diritto al godimento delle ferie.
Lamenta il carattere perplesso e incomprensibile della motivazione, che in difetto  di  impugnazione  del  capo  della  sentenza  di  primo  grado  che  NOME respinto la domanda di pagamento della retribuzione di maggio 2012 proposta dal NOME in quanto non NOME prestato attività lavorativa, NOME respinto per difetto di prova la domanda relativa al riconoscimento delle ferie a far data dal 10.4.2012  e  NOME  accolto  in  modo  apodittico,  illogico  e  contraddittorio,  la
domanda  di  pagamento  della  retribuzione  per  quel  medesimo  periodo  non lavorato.
Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile in quanto non coglie il decisum .
La  Corte territoriale ha infatti  evidenziato che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE NOME contestato la correttezza del provvedimento di autorizzazione del Segretario Generale prot. n. 2854/2012, da cui risultava la concessione di 99 giorni  di  ferie,    sulla  base  della  nota  n.  4805  del  23.4.2012  a  firma  del responsabile dell’Ufficio del personale, da cui risultava che i giorni di ferie residui spettanti al NOME fossero 44 ed  erano stati goduti dal 10 aprile al 22 maggio 2012.
La  censura  sollecita  la  rilettura  della  suddetta  nota,  facendo  leva  sulla motivazione della medesima, che non risulta dalla sentenza impugnata, e sul principio di non contestazione.
Come ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 19874/2018, nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo e alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi argomenti di fatto dedotti (hanno sul punto richiamato Cass. n. 2190/2014; Cass. n. 4787/2012; Cass. n. 8993/2003; Cass. n. 3881/2000; Cass. n. 5845/2000; Cass. n. 12020/1995).
Pertanto, nel caso in cui il ricorrente per cassazione proponga una determinata questione giuridica che implichi un accertamento in fatto e non risulti in alcun modo trattata nella sentenza impugnata, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura deve denunciarne l’omessa pronuncia indicando, in conformità con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in quale atto del giudizio di merito abbia già dedotto tale questione, per dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità e la ritualità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la relativa censura (hanno
richiamato Cass. n.1273/2003; Cass. n. 6542/2004; Cass. n. 3664/2006; Cass. n. 20518/2008; Cass. n. 2190/2014; Cass. n. 18719/2016).
Deve  inoltre  rammentarsi  che  spetta  al  giudice  del  merito  apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte» (Cass. n. 3680/2019 e negli stessi termini Cass. n. 27490/2019).
Anche il secondo motivo del ricorso principale, che nella sostanza denuncia l’omessa pronuncia e l’omessa motivazione, è inammissibile in quanto non coglie il decisum .
Infatti  la  Corte  territoriale ha parzialmente riformato la  sentenza di primo grado condannando il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del NOME della retribuzione maturata fino al 3 luglio 2012 e dell’indennità di mancato  preavviso);  la  sentenza  impugnata  ha  dunque  travolto  anche  il regolamento delle spese contenuto nella sentenza di primo grado ed ha regolato ex novo le spese di lite relative ai gradi di merito.
 Il ricorso incidentale è infondato.
Questa Corte ha infatti chiarito (Cass. n. 24358/2018) che il giudicato interno si forma solo su capi autonomi della sentenza, che risolvano questioni aventi una propria  individualità  e  autonomia,  tali  da  integrare  una  decisione  del  tutto indipendente (Cass. n. 17935 del 2007; Cass. n. 23747 del 2008), non anche su quelli  relativi  ad  affermazioni  che  costituiscano  mera  premessa  logica  della statuizione in concreto adottata (Cass. n. 22863 del 2008).
Costituisce capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato anche interno, quello che risolve una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; la suddetta autonomia non solo manca nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verte in tema di valutazione di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad altri, concorre a formare un capo unico della decisione (Cass. n. 23747 del 2008; Cass. n. 22863 del 2007; Cass. n. 27196 del 2006).
La  locuzione  giurisprudenziale  “minima  unità  suscettibile  di  acquisire  la stabilità del giudicato interno” individua la sequenza logica costituita dal fatto,
dalla norma e dall’effetto giuridico, con la conseguenza che la censura motivata anche  in  ordine  ad  uno  solo  di  tali  elementi  riapre  la  cognizione  sull’intera statuizione, perché, impedendo la formazione del giudicato interno, impone al giudice di verificare la norma applicabile e la sua corretta interpretazione» (Cass. n.  16853/2018  e  negli  stessi  termini  Cass.  n.  24783/2018  e  Cass.  n. 12202/2017).
Sulla  scorta  di  tali  principi,  nel  caso  di  specie  non  sussiste  la  denunciata violazione del giudicato.
Dalla sentenza impugnata risulta che il Tribunale di Agrigento ha revocato il decreto ingiuntivo n. 268/2012 ed ha rigettato sia le domande con cui il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE NOME chiesto l’accertamento della nullità dei contratti di lavoro intercorsi tra le parti nelle date del 13.2.2009 e del 19.1.2009 e la condanna del NOME alla restituzione di quanto percepito, sia le domande con cui il NOME NOME chiesto che il RAGIONE_SOCIALE venisse condannato al pagamento in suo favore delle retribuzioni e delle ferie non godute dal mese di maggio 2012 al 22 settembre 2012, nonché al pagamento dell’indennità di preavviso e del trattamento di fine rapporto.
Dalla sentenza impugnata risulta inoltre che il NOME ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, lamentando che il primo giudice NOME erroneamente ritenuto interotto ope legis il rapporto lavorativo con l’insediamento del nuovo Sindaco (avvenuto in data 9.5.2012) ed ha chiesto la riforma di tale sentenza, con condanna del RAGIONE_SOCIALE appellato al pagamento delle differenze retributive da maggio a settembre 2012, anche a titolo di ferie non godute, nonché al pagamento dell’indennità di preavviso e del TFR, oltre accessori.
La proposizione di tale doglianza, NOME ad accertare che il rapporto di lavoro del NOME si era interrotto in data 22.9.2012 e ad ottenere il pagamento delle retribuzioni maturate da maggio a settembre 2012, di per sé esclude che sullo svolgimento di attività lavorativa da parte del NOME dopo il 10.4.2012 si sia formato il giudicato.
Ne consegue l’infondatezza della censura relativa al carattere perplesso e incomprensibile della motivazione, in quanto ha quale presupposto il giudicato
sul  mancato  svolgimento  di  attività  lavorativa  da  parte  del  NOME  dopo  il 10.4.2012.
Sulla scorta delle considerazioni svolte, il ricorso principale va dichiarato inammissibile ed il ricorso incidentale va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in ragione dell’esito del giudizio.
Sussistono  le  condizioni  per  dare  atto,  ai  sensi  dell’art.13,  comma  1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per il ricorrente principale e per il  ricorrente  incidentale ,  di  versare  l’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La  Corte  dichiara  inammissibile  il  ricorso  principale  e  rigetta  il  ricorso incidentale;
compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità;
dà  atto  della  sussistenza  dell’obbligo  per il  ricorrente  principale  e  per  il ricorrente incidentale , ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Sezione  Lavoro  della Corte Suprema di Cassazione, in data 9.1.2025.
Il Presidente
NOME COGNOME