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Indennità risarcitoria: limiti e tutele adeguate

Un lavoratore, licenziato per un fatto poi risultato non provato, ha ottenuto la reintegrazione e un’indennità risarcitoria di 12 mensilità. Ritenendo la somma insufficiente, ha sollevato una questione di costituzionalità. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il sistema di tutele contro i licenziamenti illegittimi, pur con dei limiti sull’indennità risarcitoria, è nel suo complesso adeguato e sufficientemente dissuasivo, rientrando nelle scelte discrezionali del legislatore.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità Risarcitoria: la Cassazione sui limiti in caso di licenziamento

L’ordinanza in commento affronta un tema centrale nel diritto del lavoro: l’adeguatezza della tutela offerta al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo. In particolare, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità costituzionale del limite massimo di 12 mensilità per l’indennità risarcitoria prevista in caso di licenziamento per fatto insussistente, confermando la validità dell’attuale impianto normativo.

I Fatti del Caso: dal Licenziamento al Ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine dal licenziamento disciplinare di un dipendente, responsabile di una sala giochi, accusato di aver consumato bevande alcoliche durante l’orario di lavoro in violazione del regolamento aziendale e senza pagare il corrispettivo. Il Tribunale, in primo grado, ha dichiarato il licenziamento illegittimo. Poiché l’azienda non si era costituita in giudizio (rimanendo contumace), non aveva fornito alcuna prova dei fatti contestati. Di conseguenza, il giudice ha ordinato la reintegrazione del lavoratore e ha condannato la società al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità, come previsto dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. 23/2015.

Il lavoratore ha impugnato la decisione davanti alla Corte d’Appello, non per contestare l’illegittimità del licenziamento, ma per criticare l’entità del risarcimento, ritenuto non sufficientemente dissuasivo. La Corte d’Appello ha respinto il gravame, confermando la sentenza di primo grado. Il lavoratore ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Questione sulla Legittimità dell’Indennità Risarcitoria

Il motivo principale del ricorso si fondava sulla presunta incostituzionalità della norma che limita a 12 mensilità l’indennità risarcitoria. Il ricorrente sosteneva che tale limite fosse inadeguato a compensare il danno subito, specialmente quando il lavoratore rimane disoccupato per un periodo superiore a un anno. A suo avviso, questa disciplina violerebbe principi costituzionali e sovranazionali, non garantendo una tutela efficace e dissuasiva contro i licenziamenti illegittimi.

L’analisi delle spese legali e l’omessa pronuncia

Un secondo motivo di ricorso riguardava la gestione delle spese legali. Il lavoratore lamentava che la Corte d’Appello non si fosse pronunciata sulla sua critica alla parziale compensazione delle spese di primo grado. Inoltre, contestava la mancanza di motivazione sulla condanna alle spese del giudizio di appello.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso. Riguardo alla questione di costituzionalità, ha ribadito un principio consolidato della giurisprudenza della Corte Costituzionale: la reintegrazione nel posto di lavoro non è l’unico rimedio possibile contro un licenziamento illegittimo. Il legislatore, nella sua discrezionalità, può prevedere un sistema di tutele diversificato, purché questo risulti, nel suo complesso, adeguato e sufficientemente dissuasivo.

La Corte ha evidenziato come il d.lgs. 23/2015 (il cosiddetto Jobs Act) preveda un apparato di sanzioni graduato in base alla gravità del vizio del licenziamento:

* Tutela reintegratoria piena per licenziamenti nulli o discriminatori.
* Tutela reintegratoria attenuata (con indennità limitata a 12 mesi) per licenziamenti basati su un “fatto insussistente”, come nel caso di specie.
* Tutela indennitaria crescente (fino a 36 mensilità) per altre ipotesi di illegittimità.

Questo sistema, secondo i giudici, pur avendo ridotto l’area della reintegrazione rispetto al passato, non ha superato la soglia della manifesta irragionevolezza e garantisce ancora un grado di protezione sufficiente. La scelta di limitare l’indennità risarcitoria a 12 mesi per il fatto insussistente è una scelta di politica legislativa che non viola la Costituzione.

Quanto al secondo motivo, la Corte ha riconosciuto l’omessa pronuncia del giudice d’appello sulle spese, ma ha deciso la questione nel merito per ragioni di economia processuale. Ha ritenuto corretta la compensazione parziale delle spese di primo grado, in quanto il lavoratore era risultato vincitore sulla questione del licenziamento ma perdente su altre domande (come il risarcimento per demansionamento). Si configurava quindi una “soccombenza reciproca” che giustificava tale decisione.

Le Conclusioni: la Tutela Complessiva è Adeguata

L’ordinanza conferma la stabilità dell’impianto sanzionatorio previsto dal Jobs Act per i licenziamenti illegittimi. La Corte di Cassazione, allineandosi alla Corte Costituzionale, sottolinea che la valutazione sull’adeguatezza della tutela non deve essere fatta su un singolo rimedio, ma sull’intero sistema normativo. L’indennità risarcitoria limitata, affiancata alla reintegrazione, rappresenta un punto di equilibrio che il legislatore ha ritenuto opportuno e che, ad oggi, supera il vaglio di legittimità costituzionale. La decisione ribadisce quindi che il bilanciamento tra la tutela del lavoratore e le esigenze organizzative dell’impresa rientra nella discrezionalità del legislatore, purché non vengano lesi in modo irragionevole i diritti fondamentali.

Un’indennità risarcitoria di 12 mesi in caso di licenziamento per fatto insussistente è sempre una tutela adeguata?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, che richiama la giurisprudenza della Corte Costituzionale, la tutela prevista dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. 23/2015 (reintegra e indennità di 12 mensilità) si inserisce in un sistema complessivo di tutele che, nel suo insieme, è considerato adeguato e sufficientemente dissuasivo.

La reintegrazione nel posto di lavoro è l’unico rimedio possibile per un licenziamento illegittimo?
No. La Corte Costituzionale ha più volte affermato che la reintegrazione non è l’unico modello di tutela possibile. Il legislatore può scegliere tra diversi rimedi, purché garantiscano una compensazione adeguata al lavoratore, come un’indennità risarcitoria, e siano sufficientemente dissuasivi per il datore di lavoro.

Se un giudice d’appello omette di pronunciarsi su un motivo relativo alle spese legali, la sentenza va sempre annullata con rinvio?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione, in base ai principi di economia processuale e ragionevole durata del processo, può decidere la questione nel merito se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto. Nel caso di specie, ha ritenuto giustificata la compensazione delle spese per via della soccombenza reciproca delle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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