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Indennità risarcitoria: 24 mesi anche per fatti pregressi

La Cassazione chiarisce che il limite di 24 mensilità per l’indennità risarcitoria da licenziamento illegittimo (art. 63, d.lgs. 165/2001) si applica a tutti i licenziamenti intimati dopo l’entrata in vigore della riforma (d.lgs. 75/2017), anche se i fatti disciplinari sono anteriori. La Corte ha accolto il ricorso di un ente pubblico, riducendo l’indennità dovuta a una dipendente.

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Indennità Risarcitoria: Limite di 24 Mesi Anche per Illeciti Precedenti alla Riforma

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale riguardo l’indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo nel pubblico impiego. La questione centrale era se il limite massimo di 24 mensilità, introdotto dalla riforma del 2017, si applichi anche quando l’illecito disciplinare è stato commesso prima dell’entrata in vigore della nuova legge, ma il licenziamento è stato comunicato dopo. La risposta della Corte è stata affermativa, privilegiando il momento in cui l’atto di recesso si perfeziona.

I Fatti del Caso

Una dipendente di un ente pubblico veniva licenziata in data 17 aprile 2018. La lavoratrice impugnava il licenziamento e la Corte d’Appello ne dichiarava l’illegittimità per la violazione dei termini procedurali, condannando l’ente alla reintegra e al pagamento di un’indennità pari a tutte le retribuzioni perse dal giorno del licenziamento fino all’effettiva reintegra, oltre ai contributi. Poiché erano trascorsi 38 mesi, l’ente pubblico proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che l’indennità avrebbe dovuto essere contenuta nel limite massimo di 24 mensilità previsto dalla nuova normativa (d.lgs. n. 75/2017), vigente al momento del licenziamento.

Indennità Risarcitoria Licenziamento: La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ente pubblico. Ha chiarito che, per individuare la disciplina applicabile alle conseguenze sanzionatorie di un licenziamento, non si deve guardare alla data di commissione dell’illecito disciplinare, bensì alla data in cui il licenziamento viene irrogato.
Il licenziamento è considerato una “fattispecie negoziale” che si perfeziona e produce i suoi effetti nel momento in cui viene comunicato al lavoratore. Pertanto, la legge in vigore in quel preciso momento è quella che ne regola gli effetti, inclusa la misura dell’indennità risarcitoria. Poiché il licenziamento in esame era stato intimato dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 75/2017, la Corte ha stabilito che il limite di 24 mensilità doveva essere applicato.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un’analisi rigorosa del principio di successione delle leggi nel tempo. Ecco i punti salienti del ragionamento giuridico:
1. Principio ‘Tempus Regit Actum’: In assenza di una specifica norma transitoria che disponga diversamente, si applica il principio generale per cui l’atto giuridico (in questo caso, il licenziamento) è disciplinato dalla legge in vigore al momento del suo compimento.
2. Natura del Licenziamento: Il licenziamento, pur avendo natura sanzionatoria, non è equiparabile a una pena in senso penale. Di conseguenza, non è soggetto al principio costituzionale di irretroattività della legge più sfavorevole (art. 25 Cost.). La sua natura è quella di un atto negoziale di recesso dal rapporto di lavoro, i cui effetti sono regolati dalla normativa vigente al momento del suo perfezionamento.
3. Precedenti Giurisprudenziali: La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, formatasi in occasione di riforme precedenti come la Legge Fornero (L. n. 92/2012). Anche in quel contesto, si era stabilito che il nuovo regime sanzionatorio si applicava ai licenziamenti comunicati dopo l’entrata in vigore della riforma, indipendentemente dalla data dei fatti contestati.
4. Assenza di Disposizione Transitoria Specifica: Il d.lgs. 75/2017 contiene una norma transitoria (art. 22, comma 13) che limita l’applicazione retroattiva solo per le norme procedurali del procedimento disciplinare, ma non per quelle sostanziali come l’art. 63 del d.lgs. 165/2001, che definisce la misura dell’indennità.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza stabilisce un criterio chiaro e univoco: per determinare la misura dell’indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo, conta la data in cui il provvedimento espulsivo è stato adottato e comunicato. Questa interpretazione offre certezza giuridica ai datori di lavoro pubblici, consentendo loro di conoscere in anticipo le conseguenze economiche di un licenziamento che dovesse essere dichiarato illegittimo. Per i lavoratori, significa che le tutele applicabili sono quelle vigenti al momento del recesso, non quelle in vigore al tempo della condotta contestata.

Quale legge regola l’ammontare dell’indennità risarcitoria per un licenziamento illegittimo nel pubblico impiego?
Si applica la legge in vigore al momento in cui il licenziamento viene comunicato al dipendente, non quella vigente al momento in cui è stato commesso l’illecito disciplinare.

Il limite di 24 mensilità per l’indennità risarcitoria si applica se i fatti contestati sono avvenuti prima della riforma del 2017?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il limite di 24 mensilità si applica a tutti i licenziamenti irrogati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 75/2017, anche se la condotta del lavoratore è anteriore a tale data.

Perché il licenziamento disciplinare non è soggetto al principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole?
Perché, secondo la Corte, il licenziamento non è una pena in senso sostanziale, ma un atto negoziale di recesso dal rapporto di lavoro. Pertanto, non gode delle stesse garanzie previste per le sanzioni penali dall’art. 25 della Costituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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