Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2080 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 2080 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26600/2018 R.G. proposto da
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE ,
domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso il proprio Ufficio RAGIONE_SOCIALE legali e Contenzioso, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 269/2018 de lla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 14.3.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7.11.2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Le ricorrenti, dipendent i dell’RAGIONE_SOCIALE assegnate al l’ RAGIONE_SOCIALE, si rivolsero al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in funzione di giudice del lavoro, per chiedere l’accertamento del proprio diritto al pagamento dell’indennità connessa alla posizione organizzativa di Coordinatore del personale infermieristico ed ausiliario di dipartimento.
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale accolse le domande delle lavoratrici nei confronti dell’ RAGIONE_SOCIALE, dichiarando il difetto di legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE si rivolse quindi alla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE , la quale, in accoglimento dell’impugnazione , riformò la sentenza di primo grado rigettando le domande delle appellate.
Contro la sentenza della Corte territoriale le lavoratrici hanno proposto -nei confronti della sola RAGIONE_SOCIALE, essendo passata in giudicato la sentenza di primo grado nella parte in cui venne dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE ricorso per cassazione articolato in cinque motivi. L’ RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso. Le ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti denunciano «violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., inammissibilità dell’atto
d’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Il secondo motivo censura la «violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2697, 1362 e 1363 c.c.; RAGIONE_SOCIALE artt. 115 e 116 c.p.c.; RAGIONE_SOCIALE artt. 20 e 21 del CCNL RAGIONE_SOCIALE Sanità, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Il terzo motivo censura la «violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 1218, 1223 e 1998 c.c., nonché RAGIONE_SOCIALE artt. 115 e 116 c.p.c.; RAGIONE_SOCIALE artt. 20 e 21 del CCNL RAGIONE_SOCIALE Sanità, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
La censura mossa con il quarto motivo è la «violazione e/o falsa applicazione de ll’ art. 31 del d.P.R. 761/79 e dell’art. 32 del CCNL RAGIONE_SOCIALE Sanità, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Il quinto e ultimo motivo è rubricato «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.».
Il primo motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., perché le ricorrenti non descrivono il contenuto dell’atto d’appello in modo sufficientemente preciso per permettere di apprezzare l’asserita mancanza di specificità della critica ivi mossa contro la sentenza di primo grado.
L’atto d’appello non risulta neanche tra i documenti prodotti dalle ricorrenti ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., il che rappresenta di per sé motivo di improcedibilità del ricorso per cassazione in parte qua .
La Corte territoriale ha comunque affrontato l’eccezione di inammissibilità sollevata dalle appellate, ritenendola « destituita di fondamento, perché l’atto introduttivo del grado , in coerenza con la previsione dell’art. 434 c.p.c., devolve con chiarezza al tema impugnatorio le statuizioni del Tribunale concernenti il diritto delle stesse all’emolumento rivendicato ed espone, ad una lettura complessiva, i vizi che secondo l’appellante infirmerebbero il ragionamento logico-giuridico seguito dal Tribunale per giungervi ».
I rimanenti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione, sono infondati, dovendosi qui dare continuità all’orientamento già espresso da questa Corte sulle medesime questioni, pronunciandosi in controversie del tutto analoghe alla presente, alle cui motivazioni si rinvia, ad integrazione di quanto di seguito esposto, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. (Cass. nn. 33351/2022, 33350/2022, 28085/2017).
7.1. La Corte territoriale ha correttamente interpretato gli artt. 20 e 21 del CCNL RAGIONE_SOCIALE Sanità 1998-2001, affermando che è rimessa alla discrezionalità della pubblica amministrazione l ‘ istituzione di posizioni organizzative. Inoltre, l ‘ attribuzione formale di tale incarico «con provvedimento scritto e motivato» è presupposto indefettibile per il riconoscimento della relativa indennità. Coerentemente, il giudice del merito ha definito la fonte del diritto all’indennità di posizione come una « una fattispecie a formazione progressiva », che si articola in diverse fasi e si perfeziona solo con « il conferimento di detto incarico a ciascun lavoratore con atto scritto e motivato ».
Alla corretta premessa in diritto, è seguito l’accertamento in fatto -di per sé insindacabile in sede di legittimità -che l ‘ RAGIONE_SOCIALE pose in essere « meri atti preparatori endoprocedimentali, ma non dei formali atti costitutivi » delle posizioni organizzative per il personale universitario.
Ciò detto della corretta interpretazione delle norme del contratto collettivo, nemmeno sussiste la violazione delle disposizioni del codice civile indicate nella rubrica del motivo di ricorso. L’art. 2697 c.c. è invocato a sproposito, perché alla Corte d’Appello si imputa di avere errato, non nella ripartizione RAGIONE_SOCIALE oneri probatori, bensì nell’accertamento negativo dei fatti allegati dalle ricorrenti a sostegno della loro domanda principale. Quanto agli artt. 1362 e 1363 c.c., per ipotizzarne la violazione, le ricorrenti pretendono di desumere la volontà dell’RAGIONE_SOCIALE di istituire le posizioni organizzative e di assegnarle in loro favore da atti e comportamenti che, invece, sono stati valutati dalla Corte d’Appello come atti meramente preparatori e comportamenti coerenti con la volontà di rinviare ogni decisione in merito all’esito di una « consultazione con i sindacati, che, come si evince dagli atti, si erano opposti all’istituzione delle posizioni organizzative stesse ». Giustamente la Corte territoriale ha anche osservato che non rileva il fatto che tale consultazione sindacale non era necessaria secondo la normativa contrattuale, ma soltanto il fatto che l’RAGIONE_SOCIALE ha manifestato la volontà di non istituire le posizioni organizzative per il personale universitario se non dopo un’apposita consultazione sindacale.
Il secondo motivo di ricorso è pertanto infondato.
7.2. Per quanto riguarda il terzo motivo, si deve ribadire che , come esattamente rilevato dal giudice d’appello, l a contrattazione collettiva non pone un obbligo a carico dell ‘ RAGIONE_SOCIALE di istituire le posizioni organizzative, dal cui inadempimento possa conseguire un danno risarcibile.
Nemmeno è « configurabile, prima dell’istituzione delle posizioni organizzative, un danno da perdita di chance per il dipendente che assuma l’elevata probabilità di esserne destinatario » (v. Cass. n. 28085/2017 e, conforme, Cass. n. 8297/2012; la perdita di chance sarebbe stata, invece, configurabile laddove l’RAGIONE_SOCIALE a vesse istituito le posizioni organizzative e le avesse poi assegnate ad altri dipendenti senza una valutazione comparativa tra i dipendenti idonei ed aspiranti a quelle posizioni).
Nella memoria illustrativa le ricorrenti insistono in particolare per l’accoglimento di questo terzo motivo , invocando, come precedente favorevole alla propria tesi, una ordinanza pronunciata da questa Corte in altra controversia intentata contro l’ RAGIONE_SOCIALE (Cass. n. 25727/2018). Sennonché, si tratta di una richiamo non pertinente al caso qui in esame, non solo perché si trattava di mancato riconoscimento del presupposto (svolgimento di mansioni corrispondenti a categoria superiore rispetto a quella formalmente assegnata) per la partecipazione alle selezioni per il conferimento di posizioni organizzative effettivamente istituite, ma anche perché -stando a quanto risulta dalla motivazione e dalla stessa memoria illustrativa -la domanda di risarcimento del danno per perdita di chance era stata svolta da una dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE e non da una dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE .
In definitiva, dalla mancata istituzione delle posizioni organizzative per il personale dipendente dell’U niversità deriva l ‘ infondatezza, non solo del secondo, ma anche del terzo motivo, volto a supportare la domanda subordinata di condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno per non avere istituito e assegnato le posizioni organizzative.
7.3. Ma lo stesso vale anche per il quarto motivo, con cui le ricorrenti invocano l’indennità di equiparazione spettante al personale universitario assegnato alle RAGIONE_SOCIALE, secondo la previsione de ll’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979.
Infatti, « la natura e la finalità dell ‘ indennità di funzione per posizione organizzativa di cui agli artt. 20 e 21 del CCNL del RAGIONE_SOCIALE sanità, nonché le caratteristiche di attribuzione della stessa, ne escludono, come affermato dalla Corte d ‘ Appello, l ‘ attribuzione, in via di equiparazione, ai sensi dell ‘ art. 31 del d.P.R. 761 del 1979, atteso in particolare che il conferimento della posizione organizzativa presuppone che le Amministrazioni abbiano attuato i principi di razionalizzazione previsti dal d.lgs. n. 165 del 2001, e abbiano ridefinito le strutture organizzative e le dotazioni organiche » (Cass. n. 28085/2017, cit.).
Né a diversa soluzione si può pervenire in forza dell’art. 32 del CCNL di RAGIONE_SOCIALE, che inserisce l’«indennità di funzione» nella «struttura della retribuzione dei dipendenti delle aziende ed enti», ma aggiunge, al comma 2, la clausola «ove spettanti». Con il che si ricade nuovamente sul l’insussistenza del medesimo presupposto dell’istituzione e dell’assegnazione delle posizioni organizzative.
7.4. Infine, appare inammissibile per genericità il quinto motivo, non specificando le ricorrenti a quali altri dipendenti la censura faccia riferimento per l’ipotizzata disparità di trattamento, né sulla base di quali atti e in relazione a quali posizioni lavorative i dipendenti cui ci si intendeva riferire avrebbero beneficiato dell’indennità.
Rigettato il ricorso, le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che , in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna le ricorrenti al pagamento in solido, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 4.000 per compensi, oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali al 15% dei compensi e agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, il 7.11.2023.