Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25698 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 25698 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21248/2022 R.G. proposto da
Azienda Ospedaliera Universitaria dell’Università degli Studi della Campania ‘Luigi COGNOME‘, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’A vv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente-
Oggetto: Indennità NOME – Indennità dovute a dirigente non medico – Limiti
contro
Università degli Studi della Campania Luigi COGNOME;
-intimata-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Napoli, n. 1 749/2022, pubblicata il 20 aprile 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
lette e udite le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME parte ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, e l’Avv. NOME COGNOME per il controricorrente, che ne ha chiesto il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha proposto ricorso presso il Tribunale di Napoli deducendo che era dipendente dell’Università degli Studi della Campania Luigi COGNOME, categoria D1, e prestava servizio presso il dipartimento di Immunopatologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria dell’Università degli Studi della Campania Luigi COGNOME.
Il ricorrente ha rivendicato l’indennità di cui all’art. 31 d.P.R. n. 761 del 1969, rapportata alla retribuzione di dirigente di I livello (ex IX livello collaboratore biologo) del CCNL dirigenza sanitaria amministrativa tecnica e professionale, con condanna al pagamento in suo favore della differenza tra la retribuzione spettante ai Dirigenti del CCNL Sanità, ai quali era stato in principio equiparato, rispetto a quella a lui effettivamente corrisposta in misura inferiore e propria della categoria DS, alla quale era stato poi equiparato in rettifica.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 586/2016, ha accolto il ricorso, condannando le Amministrazioni a pagare la somma di € 29 .513,66, a titolo di differenze retributive, per il periodo dal 1° gennaio 2013 al 28 febbraio 2014.
L’Azienda Ospedaliera Universitaria ha proposto appello .
Si è costituito il solo NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 1749/2022, ha rigettato l’appello, sul presupposto dell’avvenuto passaggio in giudicato delle sue sentenze n. 3043/2021 e n. 12/2020, con il conseguente consolidamento della sentenza del Tribunale di Napoli n. 8108/2016 del 9 gennaio 2017, che aveva deciso identico giudizio relativo a un periodo antecedente, ossia a quello dal 1° agosto 2009 al 31 dicembre 2012.
L’Azienda Ospedaliera ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
Il solo NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Con ordinanza interlocutoria n. 2473/2025, emessa all’esito dell’adunanza camerale del 23 gennaio 2015, il Collegio ha rinviato a nuovo ruolo la causa per la trattazione in pubblica udienza.
Le parti hanno presentato ulteriori memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo parte ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 334 c.p.c., l’erroneità e illogicità della sentenza nella parte in cui sarebbe stata dichiarata l’efficacia di giudicato esterno della sentenza del Tribunale di Napoli n. 8108/2016 del 9 gennaio 2017, senza avvedersi che una controversia cronologicamente antecedente fra le parti sarebbe stata pendente dinnanzi alla S.C. Essa deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione
degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., avendo il giudice fornito una motivazione illogica ed erronea.
Sostiene che il giudice di appello non avrebbe considerato che era ancora sub iudice la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1057/2018 che, a sua volta, avrebbe riformato la sentenza di primo grado n. 32448/2011.
Tale contenzioso sarebbe stato quello originario, dal quale sarebbero dipese tutte le successive decisioni della Corte d’appello di Napoli passate in giudicato. Il ricorso merita accoglimento.
Con ordinanza n. 5142 del 27 febbraio 2024 questa Sezione della Suprema Corte di Cassazione, nel decidere in ordine all’impugnazione, proposta da NOME COGNOME contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1057/2018, pur accogliendo in parte il ricorso del lavoratore, ha, però, affermato i seguenti principi di diritto:
‹‹ La c.d. indennità COGNOME NOME è dovuta ai collaboratori o funzionari tecnici che, a parità di funzioni, mansioni e anzianità e a prescindere dall’elemento formale del titolo di studio posseduto, sono equiparati alle figure dirigenziali dei ruoli sanitari ordinari sulla base delle tabelle allegate al decreto interministeriale del 9 novembre 1982, non rilevando, finché detto decreto è rimasto in vigore, previsioni difformi contenute negli accordi di contrattazione integrativa ››;
‹‹L’indennità c.d. De Maria ex art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 è volta all’equiparazione del personale universitario a quello del servizio sanitario nazionale e non va corrisposta in via automatica, ma solo a parità di mansioni, funzioni ed anzianità. Ne consegue che, nel computo della stessa, non vanno calcolate le retribuzioni di risultato, di esclusività e di posizione, nella componente sia fissa sia variabile, spettanti per gli incarichi dirigenziali, salvo che per il periodo di effettivo conferiment o degli stessi›› .
Inoltre, nell’ordinanza citata questa Sezione ha esplicitamente affermato che , per il periodo del quale si era trattato (quindi, fino al 31 dicembre 2010) vi era stato, da parte della corte territoriale, un ‘accertamento in concreto del difetto dell’allegazione e della prova del conferimento dell’incarico di dirigente in capo al ricorrente e dello svolgimento, ad opera del medesimo, delle reclamate
mansioni dirigenziali e una verifica, negativa per NOME COGNOME, della mancanza di corrispondenza fra le prestazioni da lui svolte e quelle dirigenziali’.
Infatti, era stato escluso, con un giudizio di merito non più sindacabile nella sede di legittimità, che al ricorrente fosse stato conferito un incarico dirigenziale o che questo fosse stato in concreto esercitato.
Ne deriva che, con riferimento a detto periodo, essendo stata confermata dalla Suprema Corte la valutazione del giudice del merito, non era più contestabile l’assenza dei presupposti dei diritti vantati dal COGNOME.
Inoltre, sempre l’ordinanza n. 5142 del 27 febbraio 2024 di questa S.C. ha affrontato la questione dell’avvenuto deposito, in corso di causa, di sentenze passate in giudicato successivamente all’introduzione del giudizio.
Si trattava della sentenza n. 8108 del 2016 del Tribunale di Napoli (oltre alle decisioni di appello che, nel complesso, l’avevano confermata) e della sentenza n. 1755 del 2022 della Corte d’appello di Napoli.
La sentenza n. 8108 del 2016 è proprio quella valutata dal giudice di appello di questa lite.
La Suprema Corte ha escluso che questi provvedimenti fossero in toto vincolanti , facendo nella sostanza uso del principio per il quale l’ interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendo farsi riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all’esito dell’esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un’obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione (Cass., Sez. L, n. 21165 del 7 agosto 2019).
Pur riconoscendo la rilevanza dei precedenti citati nella parte ove riconoscevano il diritto del ricorrente a ricevere l’indennità di equiparazione ex art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 rapportata alla retribuzione del dirigente di 1° livello del CCNL Dirigenza sanitaria amministrativa, la S.C. ha evidenziato che si trattava di decisioni che attenevano a periodi di tempo successivi a quello oggetto della lite in esame.
Pertanto, non poteva trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale per il quale, in ordine ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituivano il contenuto, sui quali il giudice pronunciava con accertamento su una fattispecie attuale, ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorità del giudicato impediva il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale esplicava la sua efficacia pure nel tempo successivo alla sua emanazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che mutasse il contenuto materiale del rapporto o ne modificasse il regolamento (Cass., Sez. L, n. 20765 del 17 agosto 2018).
Al contrario, doveva essere seguito il principio per il quale, nei rapporti di durata, il vincolo del giudicato formatosi in relazione a periodi temporali diversi opera solo a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso ed in relazione ai soli aspetti permanenti del rapporto, con esclusione di quelli variabili (Cass., Sez. 1, n. 10430 del 19 aprile 2023).
In quest’ottica, la Suprema Corte ha evidenziato che nessuna delle decisioni richiamate conteneva, diversamente da quanto avvenuto nel procedimento definito da questa Suprema Corte n. 5142 del 27 febbraio 2024, un accertamento in concreto del, già menzionato, ‘difetto dell’allegazione e della prova del conferimento dell’incarico di dirigente in capo al ricorrente e dello svolgimento, ad opera del medesimo, delle reclamate mansioni dirigenziali e una verifica, negativa per NOME COGNOME della mancanza di corrispondenza fra le prestazioni da lui svolte e quelle dirigenziali ‘ .
Si trattava e si tratta, palesemente, di un elemento non permanente, ma suscettibile di cambiamento che, come detto, per il periodo di tempo interessato, non sussisteva.
Inoltre, la Suprema Corte ha osservato che, nelle sentenze allegate e passate in giudicato, ‘non vi era cenno alla problematica degli emolumenti che presuppongono o sono collegati all’effettivo conferimento di un incarico direttivo, affrontata dalla citata sentenza delle Sezioni Unite n. 9279 del 9 maggio 2016, la quale ha precisato che, nell’ambito della indennità di perequazione in esame, questi non possono essere inclusi automaticamente’.
Soprattutto, non vi era menzione dell’indennità di posizione, di quella di risultato e di quella di esclusività e, quindi, con riferimento ad esse, non poteva ritenersi formato un giudicato esterno.
Ad analoghe conclusioni deve giungersi nella fattispecie.
Infatti, la sentenza qui impugnata, innanzitutto, concerneva annualità differenti rispetto a quelle oggetto della sentenza del Tribunale di Napoli n. 8108 del 2016.
Inoltre, e questo dato è fondamentale, non vi è stato l’accertamento (e, dagli atti di causa, non risulta vi siano state neppure l’allegazione e la prova) che, contemporaneamente, un incarico dirigenziale fosse stato conferito al lavoratore e da quest’ulti mo effettivamente esercitato.
Infine, non vi è stata una verifica specifica in ordine alla debenza delle indennità di posizione, risultato ed esclusività.
Ne consegue l’irrilevanza dei precedenti citati dalla corte territoriale e l’inesistenza di un giudicato, ricavabile dagli stessi e in grado di condurre a una decisione favorevole al dipendente, per ciò che concerne i profili sopra esposti.
Piuttosto, dovevano trovare applicazione i principi sopra esposti, che imponevano ai giudici di appello di accertare se il lavoratore avesse allegato, nel richiedere espressamente le indennità di posizione, risultato ed esclusività, di essere stato formalmente nominato dirigente per il periodo in questione e di avere svolto le relative funzioni in concreto.
Il controricorrente ha dedotto nelle sue memorie l’esistenza di un ulteriore precedente del Tribunale di Napoli, la sentenza n. 1857 del 12 marzo 2024, che gli avrebbe, a suo avviso, dato ancora ragione.
In realtà, deve rilevarsi, in primo luogo, che la decisione appena richiamata esclude espressamente, e correttamente, in applicazione dell’ordinanza n. 5142 del 27 febbraio 2024, l’indennità di posizione domandata dal ricorrente.
Ciò rende del tutto non prospettabile l’esistenza di un giudicato vincolante nella specie.
Si deve ritenere, poi, che la pronuncia in esame abbia dato rilievo in termini di giudicato (con una terminologia utilizzata impropriamente) alla sentenza n.
8108/2016 del Tribunale di Napoli solo per quel che concerne l’accertamento delle mansioni originarie del lavoratore, come si evince dal fatto che, per quel che riguarda la quantificazione degli importi, il giudice non si è ritenuto vincolato.
Peraltro, si osserva la singolarità della decisione del Tribunale di Napoli n. 1857 del 12 marzo 2024 di merito che, nel prendere atto (si ribadisce, esattamente) dell’avvenuta pronuncia dell’ordinanza n. 5142 del 27 febbraio 2024, non l’ha seguita (erroneamente) con riferimento al riconoscimento al ricorrente, che ha agito nella qualità di ex IX livello collaboratore biologo, dell’indennità di esclusività che, come chiarito, spetta, in ordine alla posizione di dirigente medico, solo in presenza dell’attrib uzione formale del relativo incarico e dell’effettivo esercizio delle relative mansioni (cfr. anche Cass., SU, n. 9279 del 9 maggio 2016; Cass., Sez. L, n. 5706 del 9 marzo 2018).
Questo Collegio, comunque, siccome continuano a svolgersi controversie relativamente al rapporto in esame, ritiene di dovere chiarire espressamente, quanto a detto rapporto, che nessuna delle decisioni divenute definitive con riguardo alla spettanza di somme al lavoratore, ma prive di uno specifico accertamento dell’allegazione e della dimostrazione del formale conferimento di un incarico dirigenziale e del contestuale effettivo esercizio delle relative funzioni da parte del dipendente, è idonea a spiegare efficacia di cosa giudicata in giudizi differenti per quel che interessa il diritto del ricorrente a percepire le indennità di posizione, di esclusività e di risultato dovute a dirigenti medici.
In particolare, non svolgono alcuna efficacia preclusiva su eventuali procedimenti futuri e su quelli in corso e non ancora definiti con sentenze passate in giudicato le decisioni già rese e divenute inoppugnabili che non siano conformi ai principi di diritto enunciati dall’ordinanza di questa S.C. n. 5142 del 27 febbraio 2024 e che non contengano le verifiche ivi menzionate, quali, in particolare, la sentenza n. 8108 del 2016 del Tribunale di Napoli, le decisioni di appello che, nel complesso, l’hanno conf ermata, la sentenza n. 1755 del 2022 della Corte d’appello di Napoli e la sentenza n. 1857 del 2024 del Tribunale di Napoli (quest’ultima, limitatamente all’indennità di esclusività) .
2) Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito e in ordine alle spese di legittimità. Nel fare ciò, la corte territoriale calcolerà l’indennità di perequazione dovuta al dipendente , accertando, quanto all’indennità di posizione, a quella di esclusività e a quella di risultato dei dirigenti medici, se siano state ritualmente allegate e dimostrate le circostanze che ne giustificherebbero la spettanza.
Nello specifico, applicherà i seguenti principi di diritto:
‘L’ interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendo farsi riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all’esito dell’esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un’obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione’;
‘ La c.d. indennità COGNOME NOME è dovuta ai collaboratori o funzionari tecnici che, a parità di funzioni, mansioni e anzianità e a prescindere dall’elemento formale del titolo di studio posseduto, sono equiparati alle figure dirigenziali dei ruoli sanitari ordinari sulla base delle tabelle allegate al decreto interministeriale del 9 novembre 1982, non rilevando, finché detto decreto è rimasto in vigore, previsioni difformi contenute negli accordi di contrattazione integrativa ‘;
‘L’indennità c.d. De Maria ex art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 è volta all’equiparazione del personale universitario a quello del servizio sanitario nazionale e non va corrisposta in via automatica, ma solo a parità di mansioni, funzioni ed anzianità. Ne consegue che, nel computo della stessa, non vanno calcolate le retribuzioni di risultato, di esclusività e di posizione, nella componente sia fissa sia variabile, spettanti per gli incarichi dirigenziali, salvo che per il periodo di effettivo conferimento degli stessi’ .
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione, e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 3 luglio 2025.
L’estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME