Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16819 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16819 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
grado era stata eseguita nei suoi riguardi presso la Cancelleria del giudice adito, nonostante fossero noti i recapiti del domiciliatario e del difensore;
in fatto è accaduto che, emessa la sentenza di primo grado e notificata la stessa dal lavoratore all’Università in data 15 luglio 2015, l’Università abbia depositato appello -che lo stesso ricorrente riconosce essere stato in sé tempestivo – che veniva
notificato al Migale, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, in Cancelleria;
il Migale non si costituiva e la Corte d’Appello, rilevando che la notifica non era valida, ne disponeva la rinnovazione presso la pec del difensore dell’appellato;
in esito a tale rinnovazione il Migale si costituiva eccependo in via preliminare l’improcedibilità dell’appello per inesistenza dell’originaria notificazione;
la Corte d’Appello dava tuttavia dato corso ad istruttoria, giungendo poi alla decisione nel merito della causa senza prendere espressa posizione sull’eccezione processuale.
1.1
il motivo è inammissibile ancor prima che infondato;
l’infondatezza deriva dai principi stabiliti da Cass. S.U. 20 luglio 2016, n. 14916, secondo cui « l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e
semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa »; in tale logica, il luogo di esecuzione della consegna – qui, la Cancelleria -non esclude che la stessa sia avvenuta e che quindi la notifica sia esistente, seppure nulla;
in presenza di nullità, la rinnovazione sana tuttavia ogni vizio;
1.2
l’inammissibilità deriva dal consolidato principio per cui il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (Cass. 16 ottobre 2024, n. 26913; Cass. 11 ottobre 2018, n. 25154; Cass. 14 marzo 2018, n. 6174);
2.
il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 n. 3 c.p.c.) in relazione all’art. 28 del CCNL 2005 del Comparto Sanità ed assume che la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere che l’indennità c.d. COGNOME NOME sia venuta a cessare nel dicembre 2004, per effetto del CCNL Sanità del 27.1.2005, mentre essa continuava come ‘indennità perequativa’ ai sensi dell’art. 28 di tale CCNL;
il motivo è fondato, nei termini che si vanno a dire;
come ritenuto da Cass. 19 marzo 2018, n. 6794, i cui principi sono qui condivisi, « il richiamato art. 28, dopo avere previsto una nuova tabella delle corrispondenze fra il personale dipendente dalle Università e quello in servizio presso le Aziende sanitarie, stabilisce, al comma 6, che «sono fatte salve…, le posizioni giuridiche ed economiche, comunque conseguite, del personale già in servizio nelle A.O.U. alla data di entrata in vigore del presente CCNL» ed al comma 7 aggiunge che « i benefici economici derivanti dall’applicazione dell’art. 51, comma 4, ultimo capoverso del CCNL 9.8.2000 e art. 5, comma 3, del CCNL 13.5.2003, sono conservati ad personam, salvo eventuale successivo riassorbimento »;
l’equiparazione, infatti, « non è stata posta nel nulla dall’adozione delle nuove corrispondenze …, perché la disposizione contrattuale è chiara nel prevedere la conservazione dei diritti già acquisiti e nello stabilire che le posizioni economiche maturate, se più favorevoli rispetto a quelle previste dalla nuova tabella, vengono garantite attraverso l’erogazione di un assegno ad personam riassorbibile nei futuri miglioramenti contrattuali »;
analogo principio è stato sancito da Cass. 10 luglio 2024, n. 18962, secondo cui « in tema di equiparazione tra le qualifiche del personale universitario non medico e quelle dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, le nuove tabelle di corrispondenza previste dall’art. 28 del c.c.n.l. del comparto universitario relativo al quadriennio 2002-2005 non si applicano, per effetto della clausola di salvaguardia di cui al comma 6 della medesima disposizione contrattuale, al personale già in servizio alla data di entrata in vigore del predetto c.c.n.l., con conseguente diritto alla conservazione delle posizioni giuridiche ed economiche secondo le perequazioni in essere, ivi compresa l’indennità perequativa (“Indennità De Maria”) ex art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 »;
in ragione di ciò, è erroneo il diniego già in astratto del diritto all’emolumento perequativo rivendicato, atteso che alla data di entrata in vigore del CCNL 27.1.2005 il rapporto di impiego con il ricorrente era da tempo costituito e quindi quel diritto, al contrario, astrattamente spettava, salvo riassorbimento e salva quindi ogni concreta verifica in proposito;
3.
in definitiva, va accolto il secondo motivo di ricorso, mentre il primo è inammissibile;
la sentenza va quindi cassata con rinvio alla medesima Corte d’Appello che deciderà sulla domanda facendo applicazione dei principi quali sopra delineati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro