Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14743 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14743 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25486/2021 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 1800/2021 depositata il 28/06/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nocent NOME conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Padova COGNOME Silvio esponendo: – di aver acquistato con atti del 22-9-1990 e 4-2-1991 da NOME COGNOME i fondi, confinanti con la proprietà del convenuto, catastalmente censiti al NCEU, Comune di San Giorgio in Bosco (PD), fg. 20, mapp. 172 e mapp. 393; che COGNOME io aveva esercitato l’azione di riscatto agrario, rigettata in primo grado con sentenza n. 483/2003 del Tribunale di Padova ed accolta in grado d’appello con sentenza n. 1956/2010 della Corte d’Appello di Venezia, che aveva dichiarato il COGNOME sostituit o al Nocent nell’acquisto dei beni di cui alle due compravendite e proprietario degli stessi con obbligo di corresponsione del prezzo di € 38.734,27 pagato per l’acquisto, condannando altresì il Nocent al rilascio del fondo nella piena e libera disponibilità del COGNOME una volta assolta la corresponsione del prezzo dovuto, al passaggio in giudicato della sentenza; che l’attore aveva proposto ricorso per cassazione; che, dopo l’acquisto, l’attore aveva realizzato nei fondi la propria abitazione, costituita da un edificio di pregio di circa 450 mq con annessi fabbricato accessorio e piscina, di valore attuale pari ad € 1.500.000,00; che il costo di costruzione si assestava in € 840.000,00. Sulla base di tali fatti l’attore chiedeva che, in via condizionata alla propria soccombenza nel giudizio di cassazione, fosse accertato il proprio diritto a percepire le indennità per le
costruzioni ed i miglioramenti realizzati sul fondo oggetto della domanda di riscatto agrario, anche a titolo di arricchimento senza causa, quantificati nell’importo di € 1.500.000,00 o comunque in un importo non inferiore ad € 840.000,00; che il sig. NOME COGNOME fosse condannato al pagamento dell’importo di € 1.500.000,00 o di un importo comunque non inferiore ad € 840.000,00; che fosse accertato e dichiarato il diritto dell’attore alla ritenzione dei beni oggetto dei miglioramenti fino alla corresponsione da parte del convenuto delle indennità dovute.
NOME COGNOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree.
Il Tribunale accertava il diritto dell’attore NOME COGNOME a conseguire, per le costruzioni ed i miglioramenti realizzati sui fondi acquistati con gli atti del 22 -9 – 1990 e 4 -2 -1991 da NOME COGNOME, oggetto della vittoriosa azione di riscatto agrario esperita da NOME COGNOME , un’indennità ex art. 1150, comma 2, c.c. nella minor somma tra l’importo della spesa e l’aumento di valore arrecato al fondo; condannava a tale titolo il convenuto NOME COGNOME al pagamento in favore dell’attore dell’importo di € 587.430,00, condizionandolo al rilascio dei fondi da parte di NOME COGNOME oltre rivalutazione ed interessi legali da tale data al saldo effettivo; rigettava la domanda dell’attore di accertare il suo diritto alla ritenzione dei beni immobili sino al momento della corresponsione a suo favore, da parte del convenuto, dell’indenn ità spettantegli.
Gli eredi di NOME COGNOMEdeceduto in data 19.02.2018) COGNOME NOME e COGNOME NOME, proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME interpo neva anch’egli tempestiva impugnazione avverso la medesima sentenza.
I due giudizi venivano riuniti.
La Corte d’Appello di Venezia accoglieva il gravame proposto dagli eredi di NOME COGNOME e in riforma della sentenza del Tribunale di Padova respingeva le domande tutte svolte da NOME COGNOME. Secondo il giudice del gravame il diritto del COGNOME non era condizionato soltanto al passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento del riscatto, ma anche all’effettiva restituzione del bene, secondo la previsione dell’articolo 1150 c.c. comma 2 secondo cui i i miglioramenti arrecati alla cosa dovevano esistere al tempo della restituzione.
Nella specie era riconosciuto da entrambe le parti che la restituzione ancora non era avvenuta, essendo tutt’ora pendente il giudizio di convalida dell’offerta reale e permanendo l’appellato nel godimento dell’immobile.
Dalla definizione di tale giudizio, peraltro, il debitore adempiente non poteva prescindere, pena la mancata liberazione dall’obbligazione di pagamento (e, nel caso specifico del riscatto agrario, il mancato trasferimento della proprietà come stabilito dall’art. 1210 c.c.)
In altri termini l a verifica della regolarità o meno dell’offerta e del deposito finiva con il coinvolgere il tema della proprietà: infatti coglieva nel segno l’osservazione secondo cui alla pronuncia di irregolarità dell’offerta o del deposito po teva seguire la pronuncia di decadenza dal diritto di riscatto e, dunque, il diritto di conseguire, con l’acquisto della proprietà, il rilascio del bene riscattato. Il Nocent, pertanto, non aveva un effettivo interesse attuale da far
valere in giudizio, ma solo un potenziale interesse futuro, condizionato alla effettiva restituzione degli immobili.
La determinazione del quantum debeatur non poteva avvenire ad una data antecedente anche di molti anni il tempo della restituzione al momento della sentenza dunque indeterminabile. La soluzione accolta dal primo giudice dava luogo ad una situazione di diacronia temporale per la quale il riscattante poteva essere condannato a pagare, per i miglioramenti realizzati dal possessore, un importo superiore al loro reale valore nel momento in cui ne conseguiva la restituzione, potendo addirittura ipotizzarsi un azzeramento del valore al momento del concreto rilascio del bene.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di sei motivi di ricorso
COGNOME NOME e COGNOME NOME quali eredi di NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 1150 c.c., con riferimento al diritto del possessore all’indennità per i miglioramenti e ai presupposti dell’insorgere di detto diritto; errata applicazione dell’art. 100 c.p.c .
Secondo i ricorrenti la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto che il diritto all’indennità ex art. 1150 sorge al momento della restituzione. Il diritto sorge prima, e precisamente -non diversamente da quanto accade nella fattispecie disciplinata dall’art. 936 c.c. dal momento dell’incorporazione che fa accedere i miglioramenti al bene originario
Si tratta, quindi, di un diritto che non è affatto condizionato ‘all’effettiva restituzione del bene’: se così fosse, il tenore dell’art. 1150, comma secondo, c.c. risulterebbe del tutto inconciliabile con l’art. 1152 c.c.. Il Legislatore ha invece delineato una fattispecie normativa a mente del quale è ben possibile che: – il possessore che non ha restituito il bene chieda in giudizio (nella causa di rivendica zione) l’indennità, segno che tale diritto esiste già e che, di conseguenza, l’interesse a farlo v alere è attuale
Se i miglioramenti sussistono, il diritto del possessore parimenti sussiste, e ciò anche prima della restituzione, il che basta a configurare, in capo al possessore stesso, l’interesse ad agire di cui l’art. 100 c.p.c..
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c.; erronea sovrapposizione tra valutazione delle condizioni dell’azione (interesse ad agire) e valutazione del merito della causa.
L a Corte d’Appello avrebbe erroneamente fatto assurgere ad elemento caratterizzante del diritto all’indennità previsto dall’art. 1150 c.c. la locuzione ‘ purché sussistano al tempo della restituzione’ con cui il secondo comma di tale norma si chiude. Ma l’accertamento di questa circostanza sarebbe un accertamento di fatto, che si risolve in nient’altro che in un problema di prova da valutare secondo le regole di cui gli art.li 2697 e segg. c.c., che si pone, pertanto, a valle della delibazione circa l’interesse ad agire e che non può quindi, costituire elemento rilevante ai fini della verifica circa la sussistenza della condizione dell’azione di cui l’art. 100 c.p.c..
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. anche in relazione agli art t. 12101213 c.c. nonché all’art. 8 Legge 590/196 5.
La proprietà del terreno era già in capo alla controparte anche in pendenza del giudizio sul pignoramento presso terzi dell’offerta reale in epoca successiva e per crediti diversi da quello relativo al prezzo.
COGNOME, nel pignorare la somma oggetto dell’offerta reale e del deposito posto in essere dal Sig. COGNOME non ha pignorato beni del COGNOME, bensì beni propri, in quanto quei denari sarebbero stati in sua titolarità fin dall’offerta, stante l’efficacia ex tunc della sentenza di convalida della stessa. D all’altra parte, ove ci si concentri sul trasferimento della proprietà, non può che emergere la situazione speculare e identica a quella sopra vista, ossia che il Sig. COGNOME è titolare del diritto di proprietà del bene oggetto del riscatto sin dall’esercizio del suo diritto potestativo, ex tunc
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. in relazione ai caratteri di concretezza ed attualità dell’interesse ad agire ed all’ammissibilità di sentenze di condanna condizionate ad un evento futuro in base al quale sono ‘ammissibili nel nostro ordinamento le sentenze di condanna condizionate quanto alla loro efficacia al verificarsi di un determinato evento futuro ed incerto’, principio già affermato da codesta RAGIONE_SOCIALE
Secondo parte ricorrente, anche volendo ammettere la possibilità di ‘condizionare’ l’esistenza del diritto all’indennità per i miglioramenti alla restituzione del fondo, giammai si può giungere ad una pronuncia di insussistenza dell’interesse ad agire, essendo
del tutto legittima la pronuncia di una sentenza la cui efficacia dipende da un evento futuro ed incerto.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione ed omessa applicazione dell’art. 295 c.p.c. in relazione alla sussistenza – in ipotesi di ritenuta dipendenza della decisione del giudizio dall’esito del diverso giudizio di convalida dell’offerta e del deposito reale -dei presupposti per la sospensione necessaria del processo, anche con riferimento al generale principio di economia processuale, e conseguente nullità del giudizio e della sentenza impugnata; violazione dell’art. 100 c.p.c. anche so tto tale profilo e violazione dell’art. 111 Cost .
Il ragionamento della Corte d’Appello, infatti, è giunto a ritenere che il Sig. COGNOME avesse un interesse soltanto potenziale e futuro, assumendo che dalla definizione del giudizio sulla convalida dell’offerta reale -ragionamento esplicitato nella sentenza qui impugnata22 – dipendesse la soluzione del tema della proprietà, a sua volta condizionante il diritto all’indennizzo invocato dal Sig. COGNOMENOME
I cinque motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Al fine di comprendere la vicenda oggetto del presente giudizio che ha dato luogo a tre distinti processi, due dei quali già terminati con sentenza passata in giudicato è opportuno operare una breve ricostruzione dei fatti.
In primo luogo, deve osservarsi che è passata in giudicato la sentenza di accoglimento della domanda di riscatto agrario proposta da COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME, resosi
acquirente di fondi siti nel Comune di S. Giorgio di Bosco, atteso il rigetto da parte di questa Corte con la sentenza n. 5202/2015 del ricorso proposto dal medesimo RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza d’appello che aveva accolto la suddetta domanda di riscatto.
Il COGNOME a seguito dell’accoglimento della sua domanda ha proceduto ad offerta reale della somma dovuta quale prezzo.
L’ offerta reale non è stata accettata dalla controparte, sicché egli ha provveduto a formare il processo verbale di deposito delle somme con accensione di deposito infruttifero presso un istituto di credito e a seguito della mancata accettazione.
Quindi COGNOME NOMECOGNOME con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., ha agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Padova al fine di far dichiarare valido il pagamento del prezzo del terreno oggetto del riscatto agrario. La sua domanda è stata accolta dal Tribunale e la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato il gravame del Nocent.
In parallelo, si è svolto il presente giudizio avente ad oggetto la domanda del Nocent di accertamento del proprio diritto a percepire le indennità per le costruzioni ed i miglioramenti realizzati sul fondo oggetto della domanda di riscatto agrario.
Il Tribunale ha accolto la suddetta domanda mentre la Corte d’Appello l’ha rigettata ritenendo non attuale l’interesse del Nocent a domandare l’indennità di cui all’art. 1150 c.c. non risultando ancora restituito il terreno e non essendo ancora la controparte COGNOME definitivamente proprietaria del terreno, essendo ancora sub iudice il giudizio relativo alla validità del procedimento di convalida dell’offerta reale e del successivo deposito liberatorio.
La decisione della Corte d’appello è giuridicamente erronea.
Un primo errore della Corte d’Appello è stato quello di non aver tenuto conto che in virtù del principio di economia dei giudizi sono ammesse nel nostro ordinamento le sentenze nelle quali l’efficacia della condanna è subordinata al determinarsi di un determinato evento futuro ed incerto o al sopravvenire di un termine o all’adempimento di una controprestazione, in quanto con esse non si pronuncia una condanna da valere per il futuro se e in quanto sia giudizialmente accertato il verificarsi di un evento, ma si accerta l’esistenza attuale dell’obbligo di eseguire una determinata prestazione ed il condizionamento pure attuale di tale obbligo al verificarsi di una circostanza ulteriore il cui avveramento si presenta differito ed incerto.
Nella specie, peraltro, tale incertezza non sussisteva al momento della sentenza in quanto la pronuncia di accoglimento del riscatto era passata in giudicato e il giudizio relativo alla convalida dell’offerta reale si era concluso favorevolmente al COGNOME in primo e secondo grado.
Infatti, ai sensi dell’art. 1150 cod. civ., il possessore ha diritto all’indennità per i miglioramenti, purché l’incremento di valore sussista al tempo della restituzione della cosa, in quanto il diritto medesimo prescinde dall’esistenza di un rapporto contrattuale fra le parti e si correla al dato obiettivo dell’incremento di valore secondo criteri di effettività e attualità, traendo il proprietario vantaggio dalla miglioria solo dal momento della reintegrazione nel godimento del bene (Sez. 2, Sentenza n. 8156 del 23/05/2012).
Dunque , la Corte d’Appello avrebbe dovuto tener conto dell’esito d el giudizio sul riscatto e del conseguente
obbligo/condanna del ricorrente al rilascio e dell’esito del giudizio relativo alla validità dell’offerta reale .
In secondo luogo, non essendo quest’ultima decisione passata in giudicato, qualora la Corte d’Appello avesse avuto validi motivi per disattenderne l’esito , avrebbe dovuto sospendere il giudizio in attesa del passaggio in giudicato a seguito del giudizio di cassazione.
Si impone pertanto, in accoglimento dei motivi di ricorso unitariamente considerati la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione