Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31233 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31233 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12291/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona dell’amministratore delegato e rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura in calce al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME , NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME ; rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL) e NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL, in virtù di procura rilasciata su foglio separato, posto in calce al controricorso;
-controricorrenti-
N. R.G. 12291/2022 Pres. INDIRIZZO. Spaziani
nonché di
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in concordato preventivo , in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura su foglio separato;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 877/2022 della CORTE d ‘ APPELLO di ROMA, depositata il giorno 8 febbraio 2022;
udìta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’11 luglio 2024, nonché, in sede di riconvocazione, del 15 novembre 2024, ore 12.00, dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE, situato a Roma, INDIRIZZO era nella comproprietà indivisa di NOME COGNOME (la cui quota sarebbe stata poi acquisita per successione ereditaria da NOME COGNOME e da NOME. COGNOME) e della società RAGIONE_SOCIALE
Nel 1975, l’immobile fu dato in locazione alla società RAGIONE_SOCIALE con contratto avente scadenza il 31 marzo 1990.
Nel corso del rapporto di locazione, a seguito di vicende societarie, le società RAGIONE_SOCIALE (già proprietaria per il 50% dell’immobile e locatrice) e RAGIONE_SOCIALE Induno (conduttrice) confluirono in un unico soggetto, la RAGIONE_SOCIALE, la quale venne a rivestire la duplice qualità di conduttrice e di comproprietaria del cineteatro; precisamente, le qualità di locatore e conduttore si confusero in ordine alla quota indivisa del 50%, già spettante a RAGIONE_SOCIALE, mentre restarono distinte rispetto alla residua quota indivisa del 50%, spettante alle eredi di NOME COGNOME.
Dopo la scadenza del contratto di locazione (31 marzo 1990), NOME COGNOME e NOME ved. NOME intimarono alla società RAGIONE_SOCIALE sfratto per finita locazione e la convennero in
N. R.G. 12291/2022
Pres. Frasca Est. Spaziani
giudizio dinanzi al Tribunale di Roma, chiedendone la condanna alla restituzione dell’immobile.
Con sentenza n.11631/1994 il Tribunale di Roma rigettò la domanda, sul duplice rilievo che il contratto di locazione si era parzialmente estinto per confusione e che nella fattispecie si verteva in una controversia tra comproprietari sull’utilizzazione del la cosa comune, soggetta alla disciplina dell’art. 1105 cod. civ..
Nel 1994, RAGIONE_SOCIALE -che già nel 1991 aveva affittato il ramo d’azienda per la gestione del RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE -vendette la quota indivisa di comproprietà a RAGIONE_SOCIALE e cedette il ramo d’azienda avente ad oggetto la gestione delle sale cinematografiche -tra cui il RAGIONE_SOCIALE -a RAGIONE_SOCIALE
Il 27 novembre 1996, RAGIONE_SOCIALE fu incorporata da RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 3524/1997, passata in giudicato, la Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame proposto da NOME COGNOME avverso la decisione n.11631/1994 del Tribunale di Roma, pur dichiarando inammissibile la domanda di rilascio proposta dall’attrice -appellante (in quanto essa, stante la communio pro indiviso sul bene, avrebbe potuto acquisire la porzione di sua spettanza solo previa introduzione di un giudizio divisorio), tuttavia emise nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, quale successore di RAGIONE_SOCIALE, sentenza di condanna generica al pagamento dell’indennità ex art. 1591 cod. civ. -da liquidarsi in separato giudizio -per la mancata restituzione dell’immobile dopo il 31 marzo 1990, data di scadenza della locazione.
Nel novembre 2002, NOME COGNOME convenne dunque nuovamente RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Tribunale di Roma, al fine di ottenere la quantificazione dell’indennità ex art. 1591 cod. civ., con riguardo al periodo 1° aprile 1990 -20 settembre 2002.
N. R.G. 12291/2022
Pres. Frasca
NOME COGNOME
Con sentenza n.22438/2007 il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda, condannò RAGIONE_SOCIALE a pagare all’attrice, a titolo di risarcimento del danno per l’ occupazione dell’immobile nel detto periodo, la somma di Euro 640.197,07, oltre interessi.
La declaratoria di improcedibilità dell’appello contro questa decisi one, emessa dalla Corte d’ appello di Roma con sentenza del n.4614/2010, fu cassata da questa Corte con la sentenza n. 3013/2016, che rinviò alla stessa Corte territoriale, in diversa composizione.
La successiva declaratoria di estinzione del giudizio è stata nuovamente impugnata in sede di legittimità.
Nel frattempo, a seguito di articolate vicende societarie svoltesi tra il 2009 e il 2015, la comproprietà del RAGIONE_SOCIALE e del relativo complesso aziendale fu trasferita alla società RAGIONE_SOCIALE
Nel dicembre 2013, NOME COGNOME introdusse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE un ulteriore giudizio, sempre dinanzi al Tribunale di Roma, chiedendone la condanna al pagamento dell’inden nità di mancata restituzione per il periodo 20 settembre 2002 – 10 febbraio 2014.
La convenuta, costituitasi in giudizio, chiamò in causa le società a cui sarebbe stata trasferita la comproprietà e la gestione del cineteatro, successivamente fuse per incorporazione nella società RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n.23368/2015, il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda, condannò RAGIONE_SOCIALE a pagare all’attrice, a titolo di risarcimento del danno per l’occupazione dell’immobile nel detto periodo, la somma di Euro 600.824,15, oltre interessi.
L’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso questa decisione è stato solo marginalmente accolto dalla Corte d’appello di Roma che,
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con sentenza 8 febbraio 2022, n. 877, ha ridotto la condanna ad Euro 596.736,50, oltre interessi.
La Corte d’appello ha confermato la statuizione di condanna specifica di RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME la Rosa, dell’indennità ex art.1591 cod. civ. per il periodo 2002 -2014 (pur riducendola marginalmente nel quantum ), sulla base dei seguenti rilievi:
Icon la sentenza n. 3524/1997, la Corte d’appello di Roma aveva dichiarato cessato alla scadenza del 31 marzo 1990 il contratto di locazione e aveva accertato l’obbligo della conduttrice (RAGIONE_SOCIALE, cui era poi succeduta RAGIONE_SOCIALE di pagare l’indennità ex art. 1591 cod. civ. per l’occupazione dell’immobile oltre la suddetta data.
IIpoiché, in seguito a questa sentenza, sull’accertamento della cessazione del contratto di locazione e su quello dell’insorgenza dell’obbligo risarcitorio della convenuta, per mancata restituzione dell’immobile alla scadenza (oltre che sulla estraneità alla vicenda della comproprietaria RAGIONE_SOCIALE) , era sceso il giudicato, l’unico profilo fattuale da considerare, ai fini della permanenza del detto obbligo per tutto il periodo dedotto dall’attrice, era « quello afferente all’effettivo mantenimen to o meno della disponibilità del bene in capo all’originaria conduttrice » (p.6 della sentenza impugnata); al riguardo, RAGIONE_SOCIALE, aveva assunto di non avere avuto più la detenzione dell’immobile per averne trasferito ad altri soggetti societari sia il godimento che la quota di proprietà, ma non aveva provato tale allegata circostanza;
IIIper un verso, infatti, le produzioni documentali (effettuate in parte nel giudizio di primo grado in parte in quello d’appello), oltre ad essere tardive « per la presente fase », erano inidonee a dimostrare la disponibilità dell’immobile in capo a RAGIONE_SOCIALE, non essendo
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sufficiente, a tal fine, « una ricostruzione basata su fatti asseritamente notori o su relazioni societarie, occorrendo, piuttosto, una prova rigorosa di atti negoziali e dispositivi » (p.7 della sentenza impugnata);
IVper altro verso, la circostanza del mantenimento della disponibilità del bene in capo alla RAGIONE_SOCIALE trovava definitiva conferma dimostrativa ne ll’intimazione ex art. 1216 cod. civ. del 28 gennaio 2016, con la quale la stessa società aveva dichiarato che essa, pur dissentendo dalla statuizione del Tribunale di Roma, intendeva tuttavia consegnare il cinema Empire alla sig.ra NOME COGNOME invitandola a prenderne possesso e comunicandole che il rilascio dell’immobile, mediante consegna delle relative chiavi, sarebbe stato effettuato il giorno 4 febbraio 2016;
-alla luce di tali risultanze, « non vi è dubbio che la RAGIONE_SOCIALE -ten uta al versamento dell’indennità ex art. 1591 cod. civ. in forza del giudicato formatosi dalle parti -non dimostrato di avere restituito il bene all’avente diritto, così da liberarsi dal relativo onere nel periodo in contestazione, che va dal 20 settembre 2002 al 10 febbraio 2014 ».
Per la cassazione della sentenza della Corte romana ricorre RAGIONE_SOCIALE sulla base di undici motivi.
Rispondono con controricorso NOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME nel frattempo deceduta.
Risponde altresì, con distinto controricorso, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in concordato preventivo.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
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Pres. Frasca
NOME COGNOME
Sia la ricorrente che i controricorrenti hanno depositato distinte memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va, in primo luogo, delibata l’eccezione di inammissibilità del controricorso proposto da NOME ed NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME; eccezione sollevata da RAGIONE_SOCIALE s.p.a. nella memoria depositata il 1° luglio 2024.
Premette, al riguardo, l’eccipiente che NOME COGNOME era deceduta (in data 3 aprile 2022) in pendenza del termine per l’impugnazione della sentenza d’appello (depositata il giorno 8 febbraio 2022) e che, essendovi incertezza su chi fossero i suoi eredi, il ricorso per cassazione era stato notificato collettivamente ed impersonalmente all’ultimo domicilio della defunta, nonché, per scrupolo, presso i procuratori costituiti in grado d’appello.
Ciò premesso, RAGIONE_SOCIALE sostiene, dunque, che NOME e NOME COGNOME nel depositare il proprio controricorso come eredi di NOME COGNOME avrebbero dovuto dare la dimostrazione di questa qualità, mediante produzione di apposita documentazione.
Poiché tale dimostrazione non era stata data, il controricorso da loro depositato sarebbe, pertanto, inammissibile.
1.1. L’eccezione è fondata.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, incombe sulla parte che ricorre per cassazione (nonché sulla parte che resiste con controricorso), nella qualità di erede della persona che fece parte del giudizio di merito, l ‘ onere di dimostrare, per mezzo delle produzioni documentali consentite dall ‘ art. 372 cod. proc. civ., oltre al decesso della parte originaria (circostanza, nella fattispecie, non controversa), la propria qualità di erede; in difetto, il ricorso (o il controricorso) deve essere dichiarato inammissibile , anche d’ufficio, per mancanza di prova della legittimazione ad impugnare o a resistere all’impugnazione ( ex
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aliis , Cass. 27/01/2011, n. 1943; Cass. 26/09/2019, n. 24050; Cass. 12/02/2024, n. 3793).
Nel caso in esame, nessun documento è stato tempestivamente prodotto circa la legittimazione di NOME e NOME COGNOME a resistere al l’impugnazione spiegata contro gli eredi di NOME COGNOME; pertanto, il controricorso da loro proposto va dichiarato inammissibile.
Passando ai motivi del ricorso, con il primo viene denunciato vizio di motivazione (ex art.360 n.4 cod. proc. civ.) o, in subordine, vizio di omesso esame (ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) « per aver ritenuto coperta dal giudicato formatosi sulla domanda di condanna generica la responsabilità risarcitoria di Bastogi per il periodo 20022014 senza prendere in considerazione i decisivi rilievi svolti da Bastogi ».
Con il secondo motivo, « anche in subordine rispetto al primo motivo », viene denunciata (ex art. 360 n.3 cod. proc. civ. o, in ulteriore subordine, ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ.) la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ., 324 e 278 cod. proc. civ., « per aver ritenuto coperta dal giudicato formatosi sulla domanda di condanna generica la responsabilità risarcitoria di Bastogi per il periodo 2002-2014 ».
3.1. I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione.
La società ricorrente ricorda il duplice principio per cui, da un lato, l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato è limitato al periodo di tempo oggetto dello specifico giudizio cui si riferisce (nel caso di specie, da circoscriversi entro il 23 aprile 1990, data dell’introduzione del giudizio sull’ an debeatur , o, al più, entro l’11 luglio 1997, data dell’ ultima udienza collegiale di discussione nel grado d ‘ appello del detto giudizio) e non si estende ad altri accertamenti della stessa natura riguardanti diversi periodi di tempo; dall’altro lato, il
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NOME COGNOME
giudicato formatosi in sede di condanna generica integra un accertamento limitato alla sola potenzialità dannosa dell’illecito, lasciando impregiudicata la questione della sussistenza concreta del danno e del nesso causale, che va accertata nel successivo giudizio sul quantum .
Ricordati questi principi, la società ricorrente osserva che essi, posti a fondamento dei rilievi già formulati con l’atto d’appello, sarebbero stati del tutto trascurati dalla Corte territoriale, la quale, senza motivare sulle ragioni della loro disapplicazione, avrebbe indebitamente ritenuto coperta dal giudicato la sua responsabilità ex art. 1591 cod. civ., per il periodo 2002-2014.
Soggiunge che, se avesse invece tenuto conto dei predetti rilievi, la Corte d’ appello avrebbe correttamente escluso che il giudicato sull’ an debeatur si estendesse sino all’ accertamento della responsabilità relativa al suddetto periodo ed avrebbe preso atto che NOME COGNOME non aveva dato la prova dei requisiti costitutivi della stessa, in particolare della persistente detenzione del bene da parte della società convenuta.
3.2. I motivi appena illustrati sono manifestamente infondati.
Come si è sopra veduto, la Corte territoriale non ha affatto ritenuto che il giudicato formatosi sulla domanda di condanna generica si estendesse sino all’accertamento della responsabilità risarcitoria di RAGIONE_SOCIALE per il periodo 2002-2014, ma, ben al contrario, ha reputato che la circostanza relativa « all’effettivo mantenimento o meno della disponibilità del bene in capo all’originaria conduttrice », restava fuori dall’ambito dell’ accertamento contenuto nella sentenza emessa all’esito del giudizio sull’ an debeatur (passata in giudicato), il quale concerneva, invece, la cessazione del contratto di locazione e l’insorgenza dell’obbligo risarcitorio in capo a RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE per mancata restituzione dell’immobile alla scadenza .
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Secondo la Corte d’ appello, precisamente, accertate queste ultime circostanze, l’ ulteriore fatto della persistente occupazione dell’immobile da parte della società convenuta-appellante era emerso proprio nel giudizio di merito sul quantum debeatur , nell’ambito del quale quest’ultima aveva bensì allegato, ma non aveva anche provato, di non avere più la disponibilità del bene e di averlo restituito all’ avente diritto, stanti, da un lato, l’ inidoneità a tal uopo delle produzioni documentali (in parte persino tardive) e, dall’altro, il contegno da essa serbato in occasione dell’ offerta di restituzione effettuata il 28 gennaio 2016, che costituiva piuttosto una « definitiva conferma » (pag. 7 della sentenza) del mantenimento della disponibilità del locale in capo a RAGIONE_SOCIALE
La sentenza impugnata non incorre pertanto in alcuno dei vizi imputatile con i primi due motivi di ricorso, in quanto non ha violato né il principio per cui l ‘ efficacia preclusiva del giudicato, operando nei limiti dell’accertamento che ha formato oggetto dello specifico giudizio a cui si riferisce, non si estende ad altri accertamenti della stessa natura riguardanti diversi periodi di tempo, né il principio per cui la condanna generica contiene un accertamento limitato alla sola potenzialità dannosa dell’illecito , lasciando impregiudicato quello delle concrete conseguenze dannose e del nesso causale.
I primi due motivi vanno, pertanto, rigettati.
Con il terzo motivo viene denunciata (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. « per aver i) ritenuto COGNOME gravata dall’onere di provare di non aver avuto la disponibilità del cineteatro Empire per il periodo 2002-2014; e ii) esonerato la Sig.ra COGNOME Rosa dall’onere di provare gli elementi costitutivi della propria pretesa ».
La società ricorrente sostiene che, stanti i ricordati limiti del giudicato formatosi sull’ an debeatur , graverebbe sull’attore che agisce per la liquidazione del danno l’« onere di provare la permanenza dei
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fatti costitutivi della propria pretesa, così come l’esistenza in concreto del danno e del nesso eziologico » (pag. 21 del ricorso).
Pertanto, la sentenza impugnata sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 2697 cod. civ., per avere « esonerato la Sig.ra COGNOME dal fornire la dimostrazione degli elementi costitutivi delle proprie domande, ossia la permanenza di Bastogi nella detenzione del cineteatro Empire anche per tutto il periodo 2002-2014 e il danno asseritamente derivante da tale detenzione (circostanze che la Sig.ra COGNOME non ha mai minimamente provato), addossando sull’o dierna ricorrente l’onere di dimostrare il contrario ».
4.1. Anche questo motivo è manifestamente infondato.
L’obbligazione risarcitoria di cui la sentenza n. 3524/1997 della Corte d’appello di Roma (passata in giudicato) aveva accertato l’insorgenza non era un’obbligazione extracontrattuale ma un’ obbligazione contrattuale; non si trattava, infatti, dell’occupazione sine titulo posta in essere da un terzo in violazione del principio del neminem laedere tradottasi nella lesione del diritto di proprietà di NOME COGNOME ma si trattava della violazione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, nella sua qualità di conduttrice del locale cadente nella comproprietà indivisa con NOME a NOME, dell’obblig azione di restituire l’immobile all’avvenuta scadenza del contratto di locazione; violazione che comportava, ex art.1591 cod. civ., l’obbligo di pagamento dell’indennità commisurata al corrispettivo convenuto sino alla riconsegna.
In funzione dell’ ottenimento di questa indennità, la locatricecreditrice aveva dunque unicamente l’onere di dimostrare la fonte (nella specie contrattuale) del suo diritto di credito, spettando alla debitrice-conduttrice il contrario onere di provare il, pur ritardato, adempimento, mediante la dimostrazione dell’ avvenuta riconsegna del bene.
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Poiché la sussistenza del diritto all’ indennità di mancata restituzione, quale diritto di credito della locatrice (e, correlativamente, obbligazione della conduttrice) derivante direttamente dal contratto e dalla omessa immediata riconsegna del bene alla scadenza di esso (circostanze accertate con la sentenza n.3524 del 1997) era già emersa all’esito del giudizio sull’ an debeatur , nessun ulteriore onere poteva reputarsi sussistente a carico della Sig.ra COGNOME salvo che essa avesse formulato altresì la pretesa di avere il risarcimento del maggior danno, per l’ottenimento del quale sarebbe occorsa una specifica prova (Cass. 22/11/2016, n.23704; Cass. 07/10/2021, n. 27287).
Spettava i nvece a RAGIONE_SOCIALE l’ onere di provare di avere debitamente provveduto alla riconsegna del bene o comunque dell’impossibilità di provvedere in tal senso derivante da causa non imputabile (per avere perduto senza sua colpa la disponibilità del l’immobile ).
La sentenza impugnata non è incorsa pertanto nella denunciata violazione dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui, i nvece, del tutto correttamente ha attribuito alla convenuta-appellante l’onere ( poi reputato non assolto, con motivata statuizione di merito: v. infra ) di fornire la prov a dell’avvenuta restituzione del bene all’avente diritto, al fine di liberarsi dell’obbligo di pagamento dell’ indennità di mancata restituzione per il periodo dal 20 settembre 2002 al 10 febbraio 2014.
Anche il terzo motivo, pertanto, deve essere rigettato
Con il quarto motivo viene denunciato, ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., omesso esame e/o omessa valutazione di mezzi di prova relativi a fatti decisivi per il giudizio, « per aver ritenuto che Bastogi non abbia provato la mancata detenzione del cineteatro Empire per il periodo 2002-2014 e che, viceversa, vi sia agli atti prova del contrario ».
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Con il quinto motivo viene denunciata, ex art.360 n. 4 cod. proc. civ., anche in via subordinata rispetto al motivo precedente, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., « per aver ritenuto che Bastogi non abbia provato la mancata detenzione del cineteatro Empire per il periodo 2002-2014 e che, viceversa, vi sia agli atti prova del contrario ».
Con il sesto motivo viene denunciata, ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. (o, in subordine, ex art.360 n. 3 cod. proc. civ.), la violazione dell’art. 437 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello « ritenuto inammissibili in quanto tardivi i documenti prodotti da COGNOME ».
Questi motivi vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione.
Con essi la società ricorrente, anzitutto, lamenta il giudizio di tardività (e quindi di inammissibilità) espresso dalla Corte territoriale con riguardo alle produzioni documentali da essa effettuate nel giudizio di secondo grado. Osserva che nel rito lavoristico e locatizio sarebbe ammessa la produzione documentale anche in grado d’ appello ove i documenti siano ritenuti indispensabili ai fini della decisione o si siano formati o siano giunti nella disponibilità della parte successivamente alla scadenza dei termini preclusivi.
In secondo luogo, RAGIONE_SOCIALE si duole del mancato o incompleto esame sia delle circostanze da essa allegate in relazione alla vicenda culminata nell’ offerta di restituzione dell’immobile, effettuata nelle forme dell’art. 1216 cod. civ. in data 28 gennaio 2016, sia dell e articolate vicende societarie aventi ad oggetto il trasferimento della comproprietà e del godimento dello stesso: sotto il primo profilo, osserva , tra l’altro, che il giudice del merito non avrebbe tenuto conto della circostanza che, per poter procedere all’offerta di restituzione, essa aveva dovuto prima provvedere alla sostituzione della serratura di una delle porte del cineteatro, avvalendosi dell’opera di un fabbro,
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Pres. Frasca
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giacché non aveva mai avuto la disponibilità dell’ immobile e il possesso delle chiavi; inoltre, neppure era stato considerato che, anche in occasione di precedenti accessi, RAGIONE_SOCIALE aveva dovuto richiedere le chiavi alle società terze che avevano l’attuale detenzione del locale e che lo stesso difensore della creditrice NOME COGNOME, nelle comunicazioni successive all’intimazione di riconsegna dell’immobile, aveva riconosciuto che il cineteatro era da oltre venti anni nel godimento di terzi soggetti societari, appartenenti a gruppi del tutto estranei a RAGIONE_SOCIALE; sotto il secondo profilo, sostiene che la Corte d’ appello avrebbe indebitamente sminuito la rilevanza probatoria delle vicende societarie da essa allegate sin dal primo grado di giudizio, che dimostravano, invece, il risalente trasferimento della detenzione del bene.
7.1. I motivi in esame sono in parte infondati e in parte inammissibili.
7.1.a. Sono infondati nella parte in cui criticano il giudizio di inammissibilità per tardività delle produzioni documentali in grado d’appello. Invero, la tesi tradizionale che interpretava il divieto di cui all’art. 437 cod. proc. civ. come riferito alle sole prove costituende (così riconoscendo la possibilità che nelle controversie soggette al rito del lavoro fossero ammissibilmente prodotti documenti anche in grado d’appello se indicati nel ricorso o nella memoria difensiva e depositati unitamente a tali atti: cfr., ad es., Cass.10/06/2000, n.7948) è stata superata in seguito al nuovo orientamento affermatosi a far tempo da Cass., Sez. Un., 20/04/2005, n. 8202, per il quale anche le prove precostituite, come le prove costituende, devono essere necessariamente indicate, a pena di decadenza, negli atti introduttivi di primo grado e i documenti vanno depositati contestualmente a tali atti, salvo che si siano formati successivamente alla costituzione in giudizio o la loro produzione sia giustificata dall’evoluzione della
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vicenda processuale (cfr., ad es., Cass. 18/05/2015, n. 10102; Cass. 15/07/2015, n.14820). Peraltro, il giudizio con cui il giudice ammette la produzione documentale ai sensi dell’art.437 cod. proc civ., integra una valutazione discrezionale diretta a ritenere il mezzo di prova indispensabile ai fini del decidere, in quanto di per sé idoneo ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado (cfr., da ultimo, Cass. 12/06/2024, n. 16358).
Il carattere discrezionale della valutazione di merito compiuta ai sensi dell’art. 437 cod. proc. civ., la rende insindacabile in sede di legittimità, specie nell’ipotesi (corrisponde nte a quella integratasi nella fattispecie in esame) in cui il giudice abbia dato conto espressamente del difetto del detto carattere di indispensabilità del mezzo di prova per essere esso stato motivatamente ritenuto non solo inidoneo ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione dei fatti dedotti in giudizio, ma persino privo di qualsiasi inferenza probatoria.
7.1.b. I motivi in esame sono invece inammissibili nella parte in cui criticano, appunto, oltre alla ricostruzione dei fatti, proprio il giudizio di inferenza probatoria espresso dal giudice del merito in sede di valutazione delle prove, con particolare riguardo alla ritenuta irrilevanza delle documentate « relazioni societarie » ai fini della dimostrazione dell’adempimento dell’obbligo r estitutorio gravante sulla conduttrice e al rilievo invece attribuito alla circostanza dell’intimazione a prendere possesso dell ‘immobile rivolta da RAGIONE_SOCIALE ad NOME COGNOME in data 28 gennaio 2016, quale circostanza da cui è stata
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motivatamente desunta la « definitiva conferma » del mantenimento della disponibilità del locale in capo alla società convenuta-appellante.
In proposito, va infatti rammentato che l’accertamento dei fatti e l’ apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie sono attività riservate al giudice del merito cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Con il settimo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art.360 n.4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sulla domanda di manleva proposta in via subordinata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Con l’ ottavo motivo, subordinato al precedente, viene denunciata omessa motivazione o, in ulteriore subordine, omesso esame (rispettivamente, ai sensi del n .4 e del n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ.), per non avere statuito in ordine alla predetta domanda.
9.1. Entrambi i motivi sono manifestamente infondati, dal momento che la Corte di merito ha motivatamente rigettato la predetta domanda sul presupposto che il giudicato formatosi nel precedente giudizio sull’ an debeaur , avendo ad oggetto l’ accertamento della scadenza del contratto di locazione e l’insorgenza dell’ obbligo risarcitorio di RAGIONE_SOCIALE per mancata restituzione del bene alla predetta scadenza, dava conto altresì della « estraneità della comproprietaria alla vicenda ( se non nei limiti dell’eventuale avvio del processo divisionale del cespite) » (pag. 6 della sentenza impugnata).
Pertanto, sebbene la statuizione di rigetto della domanda di manleva non sia stata esplicitata nel dispositivo della sentenza e sebbene essa si fondi su una motivazione sintetica, non sussiste,
N. R.G. 12291/2022
Pres. Frasca
NOME COGNOME
rispetto alla predetta domanda , né l’ omessa pronuncia né il vizio motivazionale costituzionalmente rilevante.
Con il nono e il decimo motivo viene denunciata rispettivamente, ai sensi degli artt. 360 n. 4, e 132 n.4 cod. proc. civ., nonché 111, sesto comma, Cost., e ai sensi dell’ art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’omessa o apparente motivazione sulla statuizione diretta a commisurare l ‘ indennità ex art. 1591 cod. civ. « all’ultimo canone pattuito, senza avere riguardo alle condizioni dell’immobile e a quelle di mercato ».
La ricorrente sostiene che la Corte d’ appello avrebbe dovuto quantificare la somma spettante alla locatrice, ai sensi dell’art . 1591 cod. civ., rivalutando il canone contrattualmente pattuito, non già sulla base dell’ indice ISTAT di svalutazione, bensì avendo riguardo « alla generale situazione del mercato delle sale cinematografiche a Roma (e nelle vicinanze del Cinema Empire) e allo stato dell’immobile » (pag.32 del ricorso), in conformità alle osservazioni effettuate dal proprio consulente tecnico di parte.
10.1. I motivi in esame sono inammissibili.
Poiché la ricorrente non ha denunciato la violazione dell’art. 1591 cod. civ., deve ritenersi incontroversa la corretta applicazione di questa regola nella parte in cui preve de che l’ indennità di mancata restituzione deve essere commisurata al ‘ corrispettivo convenuto ‘.
Ciò posto, la statuizione sul quantum , emessa nel rispetto del parametro normativo, non è sindacabile in sede di legittimità in quanto oggetto di un giudizio di merito, peraltro espresso sulla base della motivata adesione alle valutazioni effettuate dal consulente tecnico d’ ufficio.
Con l’undicesimo motivo vi ene censurata la statuizione sulle spese contenuta nella sentenza impugnata.
N. R.G. 12291/2022
Pres. Frasca
NOME COGNOME
La ricorrente osserva che, per effetto della cassazione della sentenza pronunciata in accoglimento dei primi dieci motivi di ricorso, dovrebbe essere caducata anche la sua condanna al pagamento delle spese dei gradi di merito e domanda, al riguardo, la condanna delle controricorrenti alla restituzione dei relativi importi.
11.1. La censura è inammissibile, configurandosi come ‘non motivo’, dal momento che la rinnovazione del regolamento delle spese dei gradi di merito, in senso favorevole alla società ricorrente , avrebbe postulato l’accoglimento de gli altri motivi del ricorso, il quale deve essere invece complessivamente rigettato, per le ragioni che si sono andate esponendo.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità relative al rapporto processuale intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e NOME ed NOME COGNOME stante la dichiarata inammissibilità del controricorso di questi ultimi.
Quelle del rapporto processuale intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in concordato preventivo seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, con distrazione a favore dei difensori dichiaratisi antistatari.
Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, nonché dei controricorrenti NOME e NOME COGNOME di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE e dichiara inammissibile il controricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME
N. R.G. 12291/2022 Pres. INDIRIZZO. Spaziani
Condanna la società ricorrente a rimborsare alla controricorrente RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in concordato preventivo le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 14.000 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, alle spese forfetarie e agli accessori di legge, con distrazione a favore dei difensori dichiaratisi antistatari.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, nonché dei controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione