Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21589 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21589 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 27/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4498/2025 R.G. proposto da :
ASL NAPOLI 1 CENTRO, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentata e difesa dal l’avvocato COGNOME domicilio PEC istituzionale del difensore
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 2552/2024 depositata il 28/08/2024, RG 1454/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Napoli ha accolto la domanda proposta da NOME COGNOME inquadrata dall’Azienda convenuta con la qualifica di infermiere (CPS cat. D6) di cui al CCNL Comparto sanità.
La lavoratrice, dopo aver premesso di svolgere una prestazione lavorativa h. 24 – turnista – articolata nella seguente fascia oraria: dalle 8:00 alle 8:00 del giorno seguente, godendo in ragione di ciò dell’indennità giornaliera prevista all’art. 86 del citato contratto collettivo, denominata indennità turno, nella misura di euro 4,49 per ciascuna giornata di lavoro e di aver goduto di n. 172 giorni di ferie, aveva eccepito che la retribuzione corrisposta dall’ Azienda per le giornate di ferie era stata inferiore a quanto dovuto, in ragione dell’esclusione dalla base di calcolo della stessa della predetta indennità giornaliera.
Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro ha accertato e dichiarato l’illegittimità della decurtazione di tale voce retributiva in quanto in contrasto con quanto previsto agli artt. 4 e 7 della direttiva 2003/88/CE e, in generale, con la cd. nozione europea di retribuzione, e ha condannato l’ASL al pagamento della complessiva somma di euro 772,28, a titolo di rideterminazione della retribuzione feriale, oltre interessi oltre spese di lite.
La Corte d’Appello ha rigettato l’appello della ASL.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’ASL prospettando un motivo di ricorso.
Resiste con controricorso la lavoratrice
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 7 della Direttiva 88/2003, dell’art. 10 del d.lgs. 8.4.2003 n. 66 e degli artt. 33, c. 1, e 86, c. 3, del CCNL per i dipendenti del Comparto sanità 20162018, dell’art. 106, c. 2, del CCNL comparto sanità 20192021, dell’art. 23, c.4, del CCNL per i dipendenti del Comparto sanità del 19.4.2004.
Prospetta la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe errato nel non considerare che l’erogazione della indennità di turno giornaliera è collegata alla presenza effettiva del dipendente in servizio e, pertanto, non è erogabile nel periodo di ferie e in cui il lavoratore non presta alcuna attività. Inoltre, la Corte d’appello non ha correttamente valutato il c.d. ‘effetto dissuasivo’ avendo ritenuto idoneo a integrarlo un’indennità con ‘incidenza sul trattamento economico giornaliero di circa il 6% ‘, misura che non poteva certo avere effetto deterrente al godimento delle ferie.
Il ricorso non è fondato alla luce dei principi espressi da questa Corte nelle recenti ordinanza n. 6282 del 2025 e n. 17495 del 2025, ai quali si intende dare continuità, e che si richiamano anche ai sensi dell’ art. 118 att. cod. proc. civ.
In linea con una serie di pronunce in materia (tra le altre, Cass. n. 14089 del 2024, Cass. n. 20216 del 2022), questa Corte ha ribadito che per la determinazione della nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie, assume rilievo l’interpretazione del diritto eurounitario data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha precisato come l’espressione «ferie annuali retribuite» contenuta nell’art. 7, n. 1, della Direttiva n. 88 del 2003 faccia riferimento al fatto che, per la durata delle ferie
annuali, deve essere mantenuta la retribuzione che il lavoratore percepisce in via ordinaria (cfr. la cit. Cass. n. 14089/2024 che richiama a sua volta Cass. n. 18160/2023 e successive conformi, con rinvio a CGUE 20.1.2009, C- 350/06 e C520/06, COGNOME, nonché, con riguardo al personale navigante dipendente di compagnia aerea, Cass. n. 20216/2022).
I principi informatori di tale indirizzo giurisprudenziale sono nel senso di assicurare, a livello retributivo, una situazione sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria del lavoratore nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. CGUE 15.9.2011, C-155/10, Williams; CGUE 3.12.2018, C385/17, Torsten Hein).
In questo senso, si è precisato nelle pronunce sopra richiamate che qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto a indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un ‘efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente CGUE 13.1.2022, C-514/20, DS c. Koch).
Conseguentemente, è stato ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (Cass. n. 13425/2019).
Atteso che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, le sentenze della Corte di Giustizia UE hanno efficacia vincolante e diretta nell’ordinamento nazionale, i giudici di merito non possono
prescindere dall’interpretazione data dalla Corte europea, che costituisce ulteriore fonte del diritto dell’Unione europea, non nel senso che esse creino ex novo norme UE, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (cfr. Cass. n. 13425/2019, n. 22577/2012).
Pertanto, a fronte della rivendicazione di voci non corrisposte nel periodo feriale, è necessario accertare il nesso intrinseco tra l’elemento retributivo e l’espletamento delle mansioni affidate e, quindi, se l’importo pecuniario si ponga in rapporto di c ollegamento funzionale con l’esecuzione delle mansioni e sia correlato allo status personale e professionale di quel lavoratore (cfr. Cass. n. 13425/2019 cit., così come, per il caso del mancato godimento delle ferie, Cass. n. 37589/2021).
Nella controversia in esame, come già nella ordinanza n. 17495 del 2025, sopra richiamata, viene in discussione la cd. indennità di turno o indennità giornaliera ex art. 86 co. 3 CCNL Comparto Sanità 2016-2018, corrisposta in busta paga nella misura di €. 4,49 per ciascuna giornata di lavoro effettivamente prestato.
Tale indennità, in quanto voce diretta a compensare – come si legge in sentenza – specifici disagi legati alle mansioni svolte ( si legge nella sentenza di appello: «l’esecuzione della prestazione in turni avvicendati e flessibili che costituisce, certamente, un incomodo intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore odierno è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite l’importo pecuniario dell’indennità in esame inclusa nel calcolo della retribuzione spettante per ogni giornata di effettiva presenza»), vale a integrare voce da includere nella retribuzione feriale.
Ciò è peraltro deducibile anche dalla rubrica dell’articolo 86 del c.c.n.l. sanità che reca ‘indennità per particolari condizioni di lavoro’ e che pertanto non consente l’adozione di un’interpretazione
restrittiva come propugnata dalla azienda ricorrente. Come già affermato da ultimo nell’ordinanza n. 17495 del 2025, n ell’interpretazione delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale è necessario tenere conto della finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso in misura tale che non possa costituire, per il lavoratore, un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale. Tale effetto deterrente può, infatti, realizzarsi qualora le componenti della retribuzione nei giorni di ferie siano limitate a determinate voci, escludendo alcune indennità di importo variabile (previste dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale) che sono comunque intrinsecamente collegate a compensare specifici disagi derivanti dalle mansioni normalmente esercitate. La giurisprudenza UE ha, invero, chiarito che il lavoratore, in occasione della fruizione delle ferie, deve trovarsi in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro; ciò in quanto il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale UE, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla stessa Direttiva. È stato affermato che ‘la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore’ (sent. CGUE Williams cit., § 21); che ‘l’ottenimento della retribuzione ordinaria durante il periodo di ferie annuali retribuite è volto a consentire al lavoratore di prende re effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto’, e che ‘quando la retribuzione versata a titolo del diritto alle ferie annuali retribuite previsto all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 (…) è inferiore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto
a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe, durante tali periodi, una diminuzione della sua retribuzione’ (sent. CGUE Torsten Hein cit., § 44); che il giudice nazionale è tenuto a interpretare la normativa nazionale in modo conforme all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, con la precisazione che ‘una siffatta interpretazione dovrebbe comportare che l’indennità per ferie retribuite versata ai lavoratori, a titolo delle ferie minime previste da tale disposizione, non sia inferiore alla media della retribuzione ordinaria percepita da questi ultimi durante i periodi di lavoro effettivo’ (sent. CGUE Torsten Hein cit., § 52); che ‘occorre dichiarare che, sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore di per sé ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli Stati membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore (…) di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all’esercizio del suo lavoro’ (sent. CGUE Williams cit., § 23), sicché ‘qualsiasi prassi o omissione da parte del datore di lavoro che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali da parte di un Lavoratore è incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite’ (sent. CGUE Koch cit., § 41). In tale prospettiva, può quindi ben ritenersi che l’incidenza dell’effetto dissuasivo possa essere apprezzata anche nella specie con riferimento alla percentuale del 6% sul trattamento economico giornaliero, come qui accertata dal giudice d’appello, dal momento che, per il lavoratore dipendente, la possibile induzione economica alla rinuncia al proprio diritto alle ferie potrebbe bensì derivare dal ridimensionamento in tale misura (non irrisoria) della retribuzione che ogni mese, e quindi anche in quello di ferie, egli può impegnare per garantire a sé o alla sua famiglia le ordinarie condizioni economiche di vita.
Pertanto, i n concordanza all’interpretazione conforme alla citata giurisprudenza dell’Unione europea e di legittimità delle norme collettive che regolano l’istituto di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi anticipatario.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ASL ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida euro 1.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi anticipatario.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma-1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione