Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20619 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20619 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27233/2024 R.G. proposto da :
ASL NAPOLI 1 CENTRO, rappresentata e difesa dall’Avv. COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2506/2024 depositata il 13.6.2024, NRG 1195/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/6/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha agito nei confronti della ASL Napoli 1 Centro (di seguito, ASL), di cui era dipendente come infermiere, esponendo di svolgere il lavoro come turnista in servizio h 24,00 e di godere pertanto dell’indennità di turno di cui all’art. 86, co. 3, del CCNL di comparto del 2016-2018;
tuttavia, il valore di tale indennità di turno non veniva computato dalla ASL nella retribuzione per i periodi di ferie ed egli, quindi, ha agito per sentire accertare il suo diritto a che ciò avvenisse;
la domanda è stata accolta dal Tribunale di Napoli, con sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello della stessa città;
quest’ultima argomentava richiamando pronunce della S.C. nonché la nozione eurounitaria di retribuzione durante le ferie, quale chiarita anche dalla Corte di Giustizia, nel senso che, anche al fine di non scoraggiare il godimento del riposo, i corrispondenti emolumenti devono comprendere tutte le voci intrinsecamente collegati all’ordinaria esecuzione delle mansioni, restando esclusi soltanto elementi retributivi occasionali o correlati ad eventi accidentali del rapporto;
nel caso di specie, aggiungeva la Corte di merito, l’incidenza dell’indennità di turno sul trattamento economico giornaliero era tutt’altro che residuale ed ammontava all’incirca al 6% di esso, sicché sulla base dei principi sopra espressi, la pretesa del ricorrente era da ritenere fondata;
2.
la ASL ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, resistito da controricorso del lavoratore; sono in atti memorie di ambo le parti;
CONSIDERATO CHE
con l’unico motivo di ricorso la ASL denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 7 della Direttiva n. 88/2003, dell’art. 10 del d. lgs. n. 66 del 2003 e degli artt. 33, co. 1, 86, co. 3 del CCNL per i dipendenti del comparto sanità 20162018, oltre che dell’art. 23, co. 4, dell’analogo CCNL del 19.4.2004; il motivo, dopo avere riportato il testo della normativa eurounitaria nel senso che il diritto interno deve prevedere le « misure necessarie » per il godimento delle ferie da parte dei lavoratori, richiama l’art . 86, co. 3, del CCNL 2016-2018, secondo il quale l’indennità di turno spetta in ragione dell’« effettiva rotazione del personale » e non è mai dovuta in caso di « assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuato » e gli artt. 33 del medesimo CCNL e 19 del CCNL 1.9.1995, come modificato dall’art. 23, co. 4, del CCNL 19.4.2004, secondo i quali durante il periodo di ferie « non sono corrisposte … le particolari indennità di turno o per lavoro notturno per l’erogazione delle quali le norme di riferimento richiedono l’effettiva prestazione del relativo servizio non espletabile nel periodo feriale »;
nella censura si sostiene poi che il 6% di incidenza dell’indennità sulla retribuzione giornaliera sarebbe « entità minima » che non potrebbe di certo avere effetto dissuasivo o deterrente del godimento delle ferie, concludendo nel senso che il lavoratore ha diritto a condizioni economiche « paragonabili, cioè non identiche » rispetto a quelle godute ordinariamente a fronte della effettiva prestazione del servizio;
2.
il motivo è infondato;
3.
questa S.C. -in ambito di lavoro privato -ha reiteratamente precisato che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE per come interpretato dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi
importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento con l’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore, in modo da evitare che il prestatore sia indotto a rinunziare al riposo annuale allo scopo di non subire decurtazioni nel trattamento retributivo (Cass. 27 settembre 2024, n. 25480; Cass. 20 maggio 2024, n. 13932; Cass. 23 giugno 2022, n. 20216; poi anche Cass. 9 marzo 2025, n. 6282);
ciò sul presupposto, anch’esso già chiarito, che in tema di retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, sussiste una nozione europea di “retribuzione” che comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale e professionale del lavoratore (Cass. 17 maggio 2019, n. 13425);
tutto muove in effetti sulla linea interpretativa dell’art. 7, par. 1 della Direttiva 88/2003 tracciata nel tempo dalla Corte di Giustizia, la quale ha in origine affermato che nel periodo delle ferie « deve essere mantenuta » la retribuzione (Corte di Giustizia 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, COGNOME , punto 50; Corte di Giustizia 20 gennaio 2009 in C-350/06 e C- 520/06, COGNOME-Hof ), per poi precisare ulteriormente che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore e che una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (Corte di Giustizia 15 settembre 2011, causa C-155/10, Williams e altri , punto 21), in tal modo giungendo a riconoscere ad es. ai piloti di una Compagnia aerea gli importi supplementari corrisposti ai in ragione delle ore di volo e/o del tempo trascorso fuori dalla base (sentenza Williams e a . cit C-155/10) ovvero del compenso variabile rappresentato da
provvigioni sul fatturato realizzato (Corte di Giustizia 22 maggio 2014, RAGIONE_SOCIALE ) e così via;
4.
la valutazione da svolgere è stata efficacemente riepilogata nella sentenza della Corte di Appello di Napoli e può essere sintetizzata nell’apprezzamento combinato: a) dell’esistenza di voci retributive ordinariamente attribuite al lavoratore nel corso, con esclusione di voci correlate ad eventi accidentali e del tutto transitori della prestazione lavorativa; b) dell’incidenza di tali voci rispetto a quanto ordinariamente percepito che, al fine di non dissuadere dal godimento del riposo per non perdere i benefici retributivi, può non essere dal diritto interno non attribuita solo se essa risulti del tutto marginale;
5.
è ben vero -come rileva anche il ricorso per cassazione -che il diritto interno, specie sul piano della contrattazione collettiva, porterebbe ad escludere l’indennità di turno dalla retribuzione dovuta durante le ferie, per il fatto che si tratta di modalità di prestazione non ‘effettiva’ (v. supra il riepilogo di tale normativa operato nel riferire il contenuto del motivo di ricorso al punto 1 che precede);
il contrasto resta tuttavia regolato, come questa S.C. ha sempre ritenuto (v. Cass. 23 novembre 2016, n.23868; Cass. 28 novembre 2019, n. 31149; Cass. 7 febbraio 2020, n. 2924; v. anche Corte Costituzionale 11 luglio 1989, n. 389) attraverso il regime della c.d. disapplicazione della norma interna, nella parte di essa che risulti in contrasto con quella eurounitaria e con applicazione diretta di quest’ultima, in quanto giuridicamente prevalente;
5.1 ciò è quanto ha in sostanza fatto la Corte territoriale dando prevalenza al diritto alle ferie annuali ‘retribuite’ (art. 36, co. 3 della Costituzione) in una con le nozioni di maggiore dettaglio che
derivano dalla disciplina eurounitaria, come interpretata dalla Corte di Giustizia, al fine di rendere effettiva la tutela;
5.2 il giudice d’appello ha operato in tal senso dando applicazione ai criteri combinati di cui al punto 4, da esso stesso delineati, qui solo ulteriormente osservandosi che la valutazione di non marginalità dell’incidenza del 6% sulla retribuzione ordinariamente percepita è profilo che attiene al merito e non può esser sindacato per violazione di legge, tenuto conto anche della intrinseca razionalità della valutazione, in sede di giudizio di cassazione; 6.
il ricorso va dunque rigettato e le spese restano regolate secondo soccombenza;
il collegio ritiene peraltro che non possa incidere sulla misura delle spese il deposito di una memoria -da parte del controricorrente -estremamente sintetica, volta soltanto a segnalare una recente pronuncia confermativa di indirizzo già precedentemente consolidatosi in ambito di lavoro privato, come si è sopra evidenziato;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 1.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’Avv. NOME COGNOME.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro