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Indennità di trasferta TFR: quando va calcolata?

Una società ha contestato l’inclusione di un’indennità di trasferta, corrisposta con regolarità a un dipendente, nella base di calcolo del suo TFR. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. L’elemento chiave è la natura non occasionale ma strutturale dell’emolumento, che lo rende parte integrante della retribuzione utile al calcolo dell’indennità di trasferta TFR. Sono state respinte anche le eccezioni procedurali sulla validità dell’atto di precetto.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di Trasferta nel TFR: La Cassazione Stabilisce i Criteri

L’inclusione dell’indennità di trasferta TFR nella base di calcolo della liquidazione è un tema ricorrente nel diritto del lavoro. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti, respingendo il ricorso di un’azienda e confermando che le somme corrisposte con regolarità e continuità, anche se denominate ‘indennità di trasferta’, devono essere considerate parte della retribuzione utile ai fini del TFR. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti di Causa: Dalla Diffida al Ricorso

La vicenda trae origine dall’opposizione di una società a un atto di precetto, notificato da un ex dipendente. Tale precetto si basava su una diffida accertativa emessa dalla Direzione Territoriale del Lavoro, la quale aveva rilevato la mancata inclusione delle somme erogate a titolo di ‘indennità di trasferta’ nel calcolo del TFR spettante al lavoratore, per un importo di oltre 7.000 euro.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto l’opposizione della società, ritenendo corretto includere tali somme nel calcolo della liquidazione. La Corte territoriale, in particolare, aveva sottolineato che l’indennità veniva corrisposta regolarmente ogni mese in misura pressoché identica e che gli spostamenti del lavoratore costituivano un elemento strutturale e non occasionale della prestazione lavorativa. Di conseguenza, tali importi non potevano essere considerati ‘sporadici ed occasionali’ ai sensi dell’art. 2120 del Codice Civile e dovevano rientrare nel TFR. La società ha quindi proposto ricorso per cassazione.

L’Analisi della Corte: L’indennità di trasferta TFR e i motivi del ricorso

La società ricorrente ha basato il proprio ricorso su tre motivi principali, tutti respinti dalla Suprema Corte per ragioni sia procedurali che di merito.

Il Primo Motivo: La Presunta Nullità del Precetto

L’azienda lamentava la nullità dell’atto di precetto per la mancata o incompleta trascrizione del titolo esecutivo (la diffida accertativa). La Cassazione ha ritenuto il motivo infondato, ribadendo un principio consolidato: la nullità del precetto non si verifica se l’esigenza di individuazione del titolo è comunque soddisfatta da altri elementi contenuti nell’atto stesso. Nel caso specifico, l’indicazione della diffida accertativa, già notificata e conosciuta dalla società, era sufficiente a mettere il debitore in condizione di comprendere la natura e la fonte del credito. Lo scopo dell’atto era stato raggiunto, rendendo irrilevante l’omissione formale.

Il Secondo e Terzo Motivo: Inammissibilità per Vizi Procedurali

Il secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 2120 c.c. sul calcolo del TFR, e il terzo, riguardante l’applicazione di norme fiscali, sono stati dichiarati inammissibili. La Corte ha rilevato che la società non aveva rispettato i rigidi requisiti formali del ricorso per cassazione. In particolare, per il secondo motivo, non era stato individuato un ‘fatto storico decisivo’ trascurato dalla Corte d’Appello, come richiesto dalla legge. Per entrambi i motivi, inoltre, la società non ha dimostrato di aver sollevato le medesime questioni nei precedenti gradi di giudizio, violando il principio di autosufficienza del ricorso e introducendo censure nuove, non ammesse in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su due pilastri: uno procedurale e uno sostanziale. Dal punto di vista procedurale, la Corte ha riaffermato il rigore necessario nella formulazione dei ricorsi per cassazione. Non è sufficiente lamentare un errore di diritto, ma occorre rispettare precise regole formali, come il divieto di introdurre questioni nuove e l’onere di specificare dove e come le questioni siano state trattate in appello. La mancanza di tali specificazioni ha portato all’inammissibilità del secondo e terzo motivo.

Dal punto di vista sostanziale, pur non entrando nel merito a causa dell’inammissibilità, la Cassazione ha implicitamente avallato il ragionamento della Corte d’Appello. Il principio chiave è che, ai sensi dell’art. 2120 c.c., sono esclusi dal calcolo del TFR solo i compensi ‘sporadici ed occasionali’. Quando un’indennità, a prescindere dal nome (‘nomen iuris’), viene corrisposta in modo continuativo e regolare, essa perde la sua natura occasionale e diventa un elemento strutturale e non accessorio della retribuzione. Di conseguenza, deve essere inclusa nella base di calcolo della liquidazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni. La prima è di carattere sostanziale: i datori di lavoro devono prestare attenzione alla natura effettiva degli emolumenti corrisposti. Un’indennità di trasferta erogata con costanza e regolarità a fronte di una modalità lavorativa che prevede spostamenti continui rischia di essere considerata a tutti gli effetti parte della retribuzione ai fini del calcolo del TFR. La seconda è di natura processuale: l’accesso alla Corte di Cassazione è soggetto a regole severe. Le censure devono essere state sollevate nei gradi di merito e il ricorso deve essere redatto in modo autosufficiente, pena una declaratoria di inammissibilità che impedisce l’esame nel merito della questione.

Un’indennità di trasferta pagata ogni mese va inclusa nel calcolo del TFR?
Sì. Secondo la sentenza di merito, confermata in sede di legittimità, se l’indennità è corrisposta regolarmente, in misura pressoché identica, e gli spostamenti costituiscono un elemento strutturale della prestazione lavorativa, essa perde il carattere di occasionalità e deve essere inclusa nel calcolo del TFR ai sensi dell’art. 2120 c.c.

Un atto di precetto è nullo se non riporta tutti i dettagli del titolo esecutivo?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’omissione di alcuni elementi formali non comporta la nullità del precetto se il suo scopo è comunque raggiunto. Se il debitore è messo in condizione di conoscere con esattezza chi sia il creditore, quale sia il credito richiesto e quale sia il titolo che lo sorregge, l’atto è valido.

È possibile sollevare per la prima volta una questione in Corte di Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i motivi del ricorso che introducevano questioni non trattate nella sentenza impugnata. Vige il principio secondo cui non possono essere presentate censure nuove in sede di legittimità; il ricorrente ha l’onere di dimostrare di aver già sollevato tali questioni nei precedenti gradi di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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