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Indennità di trasferta: conta la sede contrattuale

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un’azienda al pagamento dell’indennità di trasferta a un dipendente. Sebbene il lavoratore operasse abitualmente a Milano, il suo contratto indicava come sede di lavoro una località del Sud Italia. I giudici hanno stabilito che le indicazioni formali e documentali (contratto, modelli UNI LAV, cedolini paga) prevalgono sulla prassi lavorativa e sulla successiva affermazione dell’azienda che si trattasse di un mero errore. Il ricorso dell’azienda è stato rigettato.

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Pubblicato il 6 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di trasferta: Quando la Sede di Lavoro Contrattuale Vince sulla Prassi

L’indennità di trasferta rappresenta un elemento cruciale nel rapporto di lavoro, destinato a compensare il dipendente per l’attività svolta fuori dalla sede contrattuale. Ma cosa succede se la sede indicata nel contratto è puramente formale e distante centinaia di chilometri dal luogo in cui il lavoratore ha sempre operato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara, sottolineando la prevalenza degli accordi scritti e della documentazione ufficiale rispetto alla mera prassi aziendale.

I Fatti del Caso: La Discrepanza tra Sede Formale e Luogo di Lavoro Effettivo

Il caso ha visto protagonista un lavoratore, residente vicino a Milano e impiegato stabilmente in cantieri situati nella stessa area metropolitana, contrapposto alla sua azienda datrice di lavoro. Il nocciolo della questione risiedeva in una clausola del contratto di assunzione e nelle comunicazioni ufficiali (modelli UNI LAV), che indicavano come sede di lavoro una cittadina in Campania, Somma Vesuviana.

Di conseguenza, il lavoratore ha richiesto il pagamento dell’indennità di trasferta per tutto il periodo in cui ha lavorato a Milano. L’azienda si è difesa sostenendo che l’indicazione della sede campana fosse un semplice errore materiale del proprio consulente, dato che il lavoratore non aveva mai prestato servizio in quel luogo.

La Decisione dei Giudici di Merito e il Diritto all’Indennità di Trasferta

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Milano hanno dato ragione al lavoratore. I giudici hanno basato la loro decisione su una serie di prove documentali inconfutabili:
Il contratto di assunzione: indicava chiaramente la sede di lavoro in Campania.
I modelli UNI LAV: fino a una rettifica tardiva, confermavano la medesima sede.
I cedolini paga: riportavano la voce “Trasferta Italia”, implicando il riconoscimento di un’attività fuori sede.
Una lettera della stessa società: in risposta a una messa in mora, l’azienda aveva ammesso di aver sempre retribuito correttamente il lavoratore anche per l’indennità di trasferta.

Di fronte a tali elementi, l’argomentazione dell'”errore del consulente” è stata ritenuta infondata, e il diritto del dipendente all’indennità è stato pienamente riconosciuto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La società ha tentato l’ultima carta presentando ricorso in Cassazione, basandolo principalmente su due motivi: la violazione di legge nell’interpretazione del contratto e l’omesso esame di un fatto decisivo. Entrambi i motivi sono stati respinti dalla Suprema Corte.

Il Principio della Prevalenza Documentale

La Corte ha chiarito che quello della società non era un attacco a un’errata interpretazione della legge, ma un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. I giudici di merito avevano correttamente basato la loro decisione sulle prove documentali, le quali indicavano in modo univoco che la sede di lavoro formale era quella campana. Di conseguenza, l’attività svolta a Milano configurava a tutti gli effetti una trasferta, giustificando il diritto all’indennità.

L’Applicazione della Regola della “Doppia Conforme”

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo a un presunto pagamento per lo straordinario non considerato dalla Corte d’Appello, la Cassazione ha applicato il principio della “doppia conforme”. Poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello erano giunti alla stessa conclusione, rigettando le tesi dell’azienda sulla base di motivazioni fattuali simili, il ricorso su questo punto è stato dichiarato inammissibile. La società non è riuscita a dimostrare che le ragioni di fatto alla base delle due decisioni fossero diverse tra loro.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro: la forma e la documentazione contrattuale hanno un peso determinante. Un datore di lavoro non può semplicemente invocare un errore per sottrarsi agli obblighi derivanti da un contratto regolarmente sottoscritto e da comunicazioni ufficiali inviate agli enti preposti. La chiarezza e la correttezza nella stesura dei contratti di lavoro sono essenziali per prevenire contenziosi e garantire la tutela dei diritti di entrambe le parti. Per i lavoratori, questa decisione rafforza la certezza che gli accordi scritti costituiscono la principale fonte di regolamentazione del rapporto di lavoro.

A cosa ha diritto il lavoratore se la sede di lavoro indicata sul contratto è diversa da quella in cui presta effettivamente servizio?
Secondo la decisione in esame, il lavoratore ha diritto a percepire l’indennità di trasferta, in quanto l’attività svolta nel luogo abituale ma diverso dalla sede contrattuale viene qualificata come una trasferta.

La semplice affermazione del datore di lavoro che si è trattato di un errore nella stesura del contratto è sufficiente per negare l’indennità di trasferta?
No, non è sufficiente. La Corte ha stabilito che le prove documentali come il contratto stesso, i modelli UNI LAV, i cedolini paga e persino precedenti ammissioni scritte dell’azienda prevalgono sulla mera affermazione di un errore materiale.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti fatta dai giudici di primo e secondo grado se le loro sentenze sono conformi?
Generalmente no. In base al principio della “doppia conforme”, se il Tribunale e la Corte d’Appello giungono alla medesima conclusione basandosi su una ricostruzione dei fatti analoga, la possibilità di contestare tale ricostruzione in Cassazione è fortemente limitata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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