Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16833 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16833 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10598-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 695/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/10/2019 R.G.N. 869/2018;
Oggetto
Rapporto lavoro privato
R.G.N. 10598/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 19/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Corte d’appello di Firenze ha accolto in parte l’appello di NOME COGNOME e, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il diritto del predetto all’indennità di macellaio specializzato, livello III, prevista dall’accordo integrativo aziendale del 1998, pari ad euro 35,64 mensili, ed ha condannato Unicoop Firenze RAGIONE_SOCIALE al relativo pagamento a decorrere dal 2.5.2012, anche in relazione agli istituti contrattuali indiretti e con accessori di legge.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi, illustrati da memoria. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c. per avere la sentenza ritenuto ammissibile l’appello promosso da NOME COGNOME pur in assenza dell’indicazione delle parti del provvedimento che l’appellante intendeva impugnare e delle modifiche richieste alla ricostruzione in fatto nonché dell’indicazione delle circostanze in fatto d a cui deriverebbe la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti di imprese della distribuzione cooperativa (nel testo in vigore dal 1° gennaio
2011) nella parte relativa all’inquadramento dei lavoratori (parte terza, disciplina del rapporto di lavoro, terzo livello), là dove ha ritenuto che l’indennità di specializzazione richiesta dal ricorrente spettasse a tutti i macellai inquadrati nel terzo livello e non soltanto a coloro che avessero effettivamente svolto le mansioni di ‘macellaio specializzato provetto’, sull’erroneo presupposto della piena coincidenza delle figure di macellaio inserito nel terzo livello e macellaio specializzato provetto.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto, diversamente dal giudice di primo grado, che non gravasse sul ricorrente, assunto quale ‘macellaio’ e convenzionalmente inquadrato nel terzo livello del c.c.n.l. per i dipendenti di imprese della distribuzione cooperativa, l’onere di dimostrare l’effettivo svolgimento delle superiori mansioni di ‘macellaio specializzato provetto’ al fine di ottenere la relativa indennità di specializzazione.
Con il quarto motivo si deduce, in via subordinata e in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per non avere la Corte d’appello ammesso i mezzi istruttori di parte appellata volti a dimostrare la mer a convenzionalità dell’inquadramento del ricorrente nel terzo livello e lo svolgimento effettivo di mansioni riconducibili a ‘addetto banco carni’ di cui quarto livello contrattuale.
Con il quinto motivo si denuncia, in subordine e in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. per non avere i giudici di appello dichiarato l’intervenuta prescrizione del diritto al riconoscimento della qualifica di ‘macellaio specializzato provetto livello III’ del Chirici essendo decorsi, al momento della proposizione del ricorso giudiziale, più di dieci anni dalla sua assunzione.
6. Il primo motivo di ricorso è infondato. L’avvenuto accoglimento dell’appello costituisce indizio sufficiente della idoneità del relativo ricorso a prospettare i profili di censura della decisione di primo grado e le ragioni fondanti tali censure, senza che occorresse, come chiarito da questa S.C. (Cass., S.U., n. 27199 del 2017), l’utilizzo di particolari formule o la redazione di un progetto alternativo di decisione atteso che il giudizio di appello conserva tuttora la natura di ‘ revisio prioris instant iae’ e l’obiettivo prevalente di condurre verso la decisione nel merito delle questioni poste.
7. Il secondo motivo è parimenti infondato.
Va premesso che, come precisato da questa Corte, la denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., come modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, è parificata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, sicché anch’essa comporta, in sede di legittimità, l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. c.c.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass. n. 6335 del 2014; n. 13860 del 2019). Con riguardo alla interpretazione dei contratti collettivi aziendali si è affermato che essa è riservata al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sempre
che nella motivazione non siano riscontrabili anomalie oggi denunciabili ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. (v. Cass. n. 10203 del 2008; n. 21888 del 2016; n. 701 del 2021).
Nel caso in esame, è pacifico che il lavoratore sia stato assunto nel 2006 e inquadrato nel terzo livello del c.c.n.l., che comprende unicamente il profilo di macellaio specializzato provetto.
L’accordo integrativo del 2013 (trascritto a p. 15 del ricorso per cassazione e riassunto a p. 3 della sentenza d’appello), ha stabilito: ‘… in ragione delle radicali modifiche produttive ed organizzative intervenute nei reparti carni come sopra descritte, i lavoratori attualmente in forza con mansione di macellaio specializzato provetto 3° livello, par. 167, ai fini di consentire la prosecuzione del loro rapporto di lavoro, continueranno ad essere impiegati presso i nuovi reparti macelleria in mansioni analoghe sebbene non più comportanti l’interezza delle operazioni previste dalla declaratoria del III livello, par. 167. In considerazione con quanto precede, si conviene inoltre che i suddetti lavoratori, quale condizione di miglior favore, manterranno l’inquadramento corrispondente al livello III, par. 167, ove già conseguito alla data di sottoscrizione del presente accordo, e l’indennità di specializzazione sarà ugualmente mantenuta quale ad personam. Suddetti trattamenti di miglior favore saranno riassorbiti in virtù di passaggi di livello o in caso di attribuzione di nuove indennità’.
La società censura l’interpretazione data dalla Corte di merito assumendo che la stessa non tiene conto del tenore letterale della disposizione, del contesto storico -evolutivo e della ratio sottesa al riconoscimento dell’indennità di specializzazione.
Contrariamente all’assunto della società, la lettura data dai giudici di appello appare coerente al dato letterale ed anche alla ratio della previsione in esame. Questa prende atto della circostanza che i lavoratori inquadrati come operaio specializzato pr ovetto svolgono mansioni ‘non più comportanti l’interezza delle operazioni previste dalla declaratoria del III livello, par. 167’ e, tuttavia, ribadisce espressamente per essi il mantenimento (‘manterranno’) sia dell’inquadramento nel terzo livello e sia d ell’indennità di specializzazione quale compenso ad personam. La pretesa della società di limitare tale mantenimento ai soli lavoratori che in concreto svolgevano mansioni di operaio specializzato provetto non trova riscontro in alcuna delle espressioni letterali adoperate dal contratto integrativo, che considera i lavoratori inquadrati nel III livello come categoria unitaria, senza porre alcuna distinzione in base al concreto svolgimento di mansioni proprie di quel profilo. Anzi, la disposizione analizzata parte propria dalla premessa fattuale secondo cui, a causa delle modifiche produttive e organizzative nei reparti carni, nessuno dei lavoratori ad essi addetti svolge più ‘l’interezza delle operazioni previste dalla declaratoria del III livello’ ma, ciò nonostante, prevede il mantenimento ‘quale condizione di miglior favore’ dell’inquadramento posseduto e della connessa indennità.
Il rigetto del secondo motivo di ricorso porta a ritenere assorbiti il terzo e il quarto motivo.
Il quinto motivo di ricorso è inammissibile per più profili. Anzitutto, esso presuppone la proposizione di una domanda di riconoscimento della qualifica di operario specializzato provetto di terzo livello che non risulta proposta dal lavoratore, comunque inquadrato in quel livello e con quelle mansioni dal momento dell’assunzione. La questione di intervenuta
prescrizione è inoltre nuova. La società ricorrente non indica e non documenta in che termini e in quali atti processuali tale questione sia stata posta nei precedenti gradi di merito, atteso che della stessa non si fa cenno nella sentenza impugnata. Anzi, dalla memoria di costituzione in appello, trascritta per estratto dalla società alle p. 6 e 7 del ricorso per cassazione, non risulta in alcun modo sollevato il tema della prescrizione del diritto alla superiore qualifica.
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 19 marzo 2025