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Indennità di sostituzione: spetta anche oltre 12 mesi

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un dirigente medico a percepire l’indennità di sostituzione per l’intero periodo in cui ha svolto mansioni superiori, anche oltre i limiti temporali previsti dal contratto collettivo. La Corte ha stabilito che il giudice può riconoscere tale indennità anche se il lavoratore aveva richiesto il trattamento retributivo pieno per la qualifica superiore, in applicazione del principio ‘iura novit curia’. La richiesta di differenze retributive è sufficiente a interrompere la prescrizione per tutte le somme dovute, inclusa l’indennità specifica.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di sostituzione: spetta per tutto il periodo di svolgimento delle mansioni superiori

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del diritto all’indennità di sostituzione per un dirigente medico che aveva svolto per anni le funzioni di responsabile di una struttura complessa. La pronuncia chiarisce importanti principi sulla durata del diritto, sui poteri del giudice e sulla irrilevanza della mancanza di requisiti formali.

Il caso: la richiesta di differenze retributive

Un dirigente medico, a seguito delle dimissioni del precedente responsabile, aveva assunto di fatto la guida di una struttura complessa di radioterapia per un periodo di oltre cinque anni. Durante questo lungo lasso di tempo, l’Azienda Sanitaria non aveva espletato le procedure per la nomina di un nuovo titolare. Il medico ha quindi agito in giudizio per ottenere il riconoscimento delle differenze retributive, chiedendo l’intero trattamento economico spettante a un dirigente titolare di struttura complessa.

La Corte d’Appello, pur riconoscendo lo svolgimento delle mansioni superiori, ha condannato l’Azienda Sanitaria al pagamento della sola indennità di sostituzione, prevista dall’art. 18 del CCNL di settore, e non dell’intera retribuzione richiesta. L’Azienda Sanitaria ha impugnato tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, tra le altre cose, che il giudice avesse concesso un beneficio (l’indennità) mai richiesto dal lavoratore.

Il principio Iura Novit Curia e l’indennità di sostituzione

Il primo motivo di ricorso dell’Azienda Sanitaria si basava sulla presunta violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.). Secondo l’Azienda, il giudice d’appello sarebbe incorso in un vizio di ‘ultra petita’ accordando l’indennità di sostituzione a fronte di una domanda volta a ottenere l’intera retribuzione superiore.

La Cassazione ha respinto questa tesi, ribadendo un principio fondamentale del processo del lavoro: il potere-dovere del giudice di inquadrare correttamente i fatti allegati dalle parti nella giusta disciplina giuridica e contrattuale. In virtù del principio iura novit curia (‘il giudice conosce la legge’), il magistrato può applicare una norma diversa da quella invocata, purché non alteri i fatti costitutivi della domanda (causa petendi) e l’obiettivo richiesto (petitum).

Nel caso specifico, la richiesta di una retribuzione piena e superiore contiene implicitamente la richiesta di un importo minore, come l’indennità di sostituzione. Riconoscere quest’ultima significa accogliere parzialmente la domanda, non pronunciarsi su qualcosa di diverso. Pertanto, nessun vizio di ‘ultra petita’ è stato commesso.

La durata del diritto all’indennità di sostituzione

Un altro punto cruciale contestato dall’Azienda Sanitaria era la durata del diritto. Secondo la tesi difensiva, l’indennità sarebbe dovuta solo per il periodo massimo di 12 mesi previsto dal contratto collettivo per l’espletamento della procedura di copertura del posto. Oltre tale termine, nulla sarebbe dovuto.

La Cassazione ha smentito categoricamente questa interpretazione. Citando un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha affermato che i limiti temporali (6 o 12 mesi) previsti dal CCNL sono posti a carico dell’amministrazione, che ha l’obbligo di attivarsi per coprire il posto vacante. La prosecuzione dell’incarico di sostituzione oltre tali termini, a causa dell’inerzia dell’ente, non può andare a detrimento del lavoratore. Di conseguenza, l’indennità di sostituzione è dovuta per tutta la durata effettiva dello svolgimento delle mansioni superiori, anche se si protrae per anni.

Le motivazioni

La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso presentati dall’Azienda Sanitaria. Oltre a quanto già esposto, ha chiarito che:

1. Interruzione della prescrizione: Una richiesta di pagamento per lo svolgimento di mansioni superiori è idonea a interrompere la prescrizione per qualsiasi credito retributivo connesso, inclusa l’indennità di sostituzione, anche se non esplicitamente menzionata nella lettera di messa in mora.
2. Irrilevanza dei requisiti formali: Ai fini del diritto alla retribuzione per il lavoro svolto, è irrilevante che il lavoratore non possedesse tutti i titoli o i requisiti formali (come l’anzianità di servizio) per la nomina ufficiale a sostituto. Ciò che conta è l’effettivo svolgimento delle mansioni, come accertato dal giudice di merito.

La Suprema Corte ha quindi riaffermato che, nel pubblico impiego contrattualizzato, le differenze retributive sono dovute in ragione dell’effettività della prestazione, salvo il limite dell’illiceità dell’oggetto o della causa dell’obbligazione, qui non rilevante.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida importanti tutele per i lavoratori del pubblico impiego che si trovano a svolgere mansioni superiori in regime di sostituzione. Viene confermato che il diritto a una giusta retribuzione prevale su formalismi e sull’inerzia della pubblica amministrazione. Il lavoratore ha diritto all’indennità di sostituzione per tutto il periodo in cui assume le maggiori responsabilità, senza limiti di tempo e anche in assenza dei requisiti per una nomina formale. Inoltre, la decisione rafforza i poteri del giudice nel qualificare correttamente la domanda del lavoratore, garantendo una tutela sostanziale del diritto.

Se chiedo il pagamento di una retribuzione superiore piena, il giudice può riconoscermi una somma inferiore come l’indennità di sostituzione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice ha il potere di inquadrare correttamente i fatti e applicare la norma contrattuale appropriata. Riconoscere un importo minore (l’indennità) contenuto nella richiesta maggiore (la retribuzione piena) non costituisce un vizio della sentenza, ma un accoglimento parziale della domanda.

L’indennità di sostituzione è dovuta solo per il periodo massimo previsto dal contratto collettivo (es. 12 mesi)?
No. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato secondo cui i limiti temporali previsti dal contratto collettivo sono un obbligo per l’amministrazione di coprire il posto vacante. Se l’amministrazione è inadempiente, l’indennità è comunque dovuta al lavoratore per tutta l’effettiva durata dello svolgimento delle mansioni superiori, anche se si protrae per anni.

Per avere diritto all’indennità di sostituzione è necessario possedere tutti i requisiti formali (es. anzianità) per la nomina a quel ruolo?
No. Ai fini del riconoscimento delle differenze retributive, ciò che conta è l’effettivo svolgimento delle mansioni di dirigente di struttura complessa in sostituzione. La mancanza di alcuni requisiti formali per il conferimento legittimo dell’incarico è irrilevante per il diritto a percepire l’indennità corrispondente al lavoro effettivamente prestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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