Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31959 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31959 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME volta ad ottenere il pagamento delle differenze retributive maturate nel periodo dal 5.3.2002 al 31.12.2010 in relazione allo svolgimento di mansioni di dirigente di I livello, nonché di dirigente medico di II livello per il periodo successivo.
La Corte di Appello di Napoli ha parzialmente riformato tale sentenza, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della Regione Campania, con compensazione delle spese del grado tra NOME COGNOME e la Regione medesima, e rigettando nel resto il gravame proposto da NOME COGNOME.
La Corte territoriale ha ritenuto l’inapplicabilità dell’art. 2103 cod. civ. e dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001 alla dirigenza sanitaria, inserita in un unico ruolo , distinto per profili professionali, ed ha osservato che l’art. 24 del d.lgs. n. 165/2001 remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal medesimo decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio, o comunque assegnato d all’Amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa.
Ha inoltre osservato che ai sensi dell’art. 18, comma 7, del CCNL 8.6.2000, le sostituzioni non si configurano come mansioni superiori, sicché non trova applicazione l’art. 2103 cod. civ. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito, ma solo la prevista indennità sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di 6 mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante.
Ha escluso la violazione dell’art. 36 Cost., atteso che il ricorrente aveva percepito l’indennità di sostituzione ex art. 18 del CCNL 1998/2001, nonché una
retribuzione di posizione per sua natura commisurata all’incarico espletato (essendo tali circostanze incontestate e risultanti dalle buste paga), e dunque un trattamento economico superiore a quello che avrebbe ricevuto ove fosse stato tempestivamente selezionato il titolare ovvero fosse stata adottata una rotazione nell’incarico .
Il giudice di appello ha altresì rilevato che al COGNOME non era stato attribuito alcun incarico di direzione di struttura, né era stato stipulato alcun contratto individuale, ed ha pertanto ritenuto che la preposizione di fatto senza il rispetto delle procedure di legge e senza previa fissazione degli obiettivi fosse ostativa alla configurazione dell’esercizio delle suddette funzioni.
Ha considerato irrilevante la protrazione dell’incarico oltre il termine di sostituzione previsto dal CCNL; ha inoltre evidenziato che in tal modo il ricorrente aveva maturato un’esperienza professionale direttiva specifica utilmente spendibile per il formale conferimento dell’incarico rispetto ad altri (come presumibilmente avvenuto per il conferimento dell’incarico dirigenziale da ultimo ricevuto).
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria.
La ASP Napoli 1 Centro ha resistito con controricorso.
DIRITTO
1.Con l’unico motivo, formulato ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., il ricorso denuncia omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalla mancata corresponsione dell’indennità di sostituzione .
Si duole dell’omesso esame del fatto relativo alla mancata corresponsione dell’indennità di sostituzione dal 2008 al 18.8.2013.
Richiama la delibera n. 520 del 4.10.2017, da cui risulta che solo nel 2017 era stato deliberato di attribuire al COGNOME l’indennità di sostituzione.
Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte ha infatti chiarito che nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 -ter, comma 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione per evitare
l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774/2016; Cass. n. 20994/2019).
Nella specie il ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce.
A tali assorbenti ragioni si deve aggiungere che la censura esula dai limiti del riformulato art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., in quanto la corresponsione dell’indennità di sostituzione è stata esaminata dalla sentenza impugnata, che ha ritenuto la circostanza non contestata e risultante dalle buste paga in atti.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per i l ricorrente , di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 4.000,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% ed accessori di legge;
ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1- quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte