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Indennità di rischio: la prova è essenziale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17504/2025, ha respinto il ricorso di alcuni dipendenti del Ministero della Cultura che chiedevano un’indennità di rischio per lo svolgimento di mansioni connesse alla pubblica sicurezza. La Corte ha stabilito che, per ottenere tale indennità, non è sufficiente la mera qualifica formale di agente di pubblica sicurezza, ma è necessario fornire una prova specifica e dettagliata delle singole attività svolte che comportino un effettivo disagio o pericolo, onere che i ricorrenti non hanno soddisfatto.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di Rischio: La Prova Specifica è Cruciale, non Basta la Qualifica

L’attribuzione di un’indennità di rischio nel pubblico impiego è un tema delicato, che spesso genera contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, sottolineando come la semplice qualifica formale non sia sufficiente per ottenere tale compenso. È indispensabile, invece, dimostrare in modo specifico e dettagliato lo svolgimento effettivo di mansioni pericolose o disagiate. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: La Richiesta dei Lavoratori

Un gruppo di dipendenti del Ministero della Cultura, impiegati come Assistenti alla fruizione, assistenza e vigilanza, ha avviato una causa contro la propria amministrazione. I lavoratori sostenevano di svolgere mansioni ulteriori e più gravose rispetto al loro inquadramento, assimilabili a quelle di un Agente di Pubblica Sicurezza. Tali compiti, a loro dire, li esponevano a continui rischi legati alla salvaguardia del patrimonio culturale, come rapine, furti, atti di vandalismo e terrorismo.

Per questo motivo, hanno richiesto il pagamento di un’indennità prevista dall’art. 77 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) Funzioni Centrali, quantificata in circa 72 euro mensili per un periodo di cinque anni.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Cassazione

In primo grado, il Tribunale del Lavoro ha accolto la domanda dei lavoratori. Tuttavia, la Corte d’Appello, su ricorso del Ministero, ha ribaltato completamente la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, i lavoratori non avevano fornito allegazioni e prove sufficientemente specifiche per dimostrare lo svolgimento di attività che giustificassero l’indennità. La questione è quindi giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte: La Centralità della Prova sull’indennità di rischio

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei lavoratori, confermando la sentenza d’appello. La decisione si basa su un principio cardine del diritto processuale: l’onere della prova. Vediamo i punti salienti della motivazione.

Onere della Prova e Genericità delle Allegazioni

Il fulcro della decisione (ratio decidendi) risiede nel fatto che i ricorrenti non hanno adempiuto al loro onere probatorio. La Corte ha evidenziato come le loro richieste di prova testimoniale fossero generiche e cumulative. I lavoratori non avevano specificato:

* Quali singole mansioni pericolose o disagiate fossero state svolte.
* Chi, tra i numerosi ricorrenti, le avesse effettivamente svolte.
* In quali circostanze di tempo e di luogo tali attività si fossero verificate.

Descrivere mansioni che rientrano già nell’inquadramento ordinario o indicare in modo generico un gruppo di lavoratori non è sufficiente a fondare il diritto all’indennità. Era necessario dimostrare prestazioni particolari, diverse da quelle svolte dai colleghi privi della qualifica di agente di P.S., tali da esporli a un concreto pericolo.

La Distinzione tra Qualifica Formale e Mansioni Effettive per l’indennità di rischio

La Cassazione ha chiarito che il possesso della qualifica di Agente di Pubblica Sicurezza e del relativo tesserino non è, di per sé, sufficiente a garantire il diritto all’indennità di rischio. La normativa contrattuale (l’art. 77 CCNL) rimette l’individuazione delle attività meritevoli dell’indennità alla contrattazione integrativa e, in ogni caso, richiede la dimostrazione di un compimento effettivo di attività particolarmente disagiate, pericolose o dannose per la salute.

In altre parole, il diritto non sorge automaticamente dalla qualifica, ma dalle concrete condizioni di lavoro, che devono essere provate in giudizio con allegazioni specifiche e prove adeguate.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Lavoratori

Questa ordinanza offre un’importante lezione per tutti i lavoratori, soprattutto nel settore pubblico, che intendono richiedere indennità legate a particolari condizioni di lavoro. La decisione della Cassazione ribadisce che:

1. La qualifica non è tutto: Avere un titolo o una qualifica formale non garantisce automaticamente diritti economici accessori. Conta ciò che si fa effettivamente.
2. La prova è fondamentale: Chi agisce in giudizio deve preparare una strategia difensiva solida, basata su prove specifiche, dettagliate e non generiche. È essenziale essere in grado di descrivere con precisione le mansioni svolte, le circostanze e i soggetti coinvolti.
3. Le richieste cumulative sono rischiose: Presentare ricorsi con allegazioni cumulative per un gran numero di lavoratori, senza distinguere le singole posizioni, espone al rischio di rigetto per genericità.

In conclusione, per ottenere un’indennità di rischio, è necessario superare la soglia della mera affermazione e fornire al giudice un quadro probatorio chiaro, specifico e inconfutabile delle reali condizioni di disagio o pericolo affrontate sul posto di lavoro.

È sufficiente possedere la qualifica di ‘agente di pubblica sicurezza’ per ottenere un’indennità di rischio?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola qualifica formale non è sufficiente. È necessario dimostrare l’effettivo svolgimento di mansioni che comportino un concreto e specifico disagio, pericolo o danno alla salute, al di là dei compiti ordinari.

Cosa deve dimostrare un lavoratore per ottenere il pagamento di un’indennità di rischio?
Il lavoratore deve fornire allegazioni e prove specifiche e dettagliate. Deve indicare con precisione quali particolari attività rischiose o disagiate ha svolto, in quali circostanze di tempo e luogo, e in che modo queste si differenziano dalle mansioni ordinarie del suo profilo professionale.

Perché la richiesta di prova testimoniale dei lavoratori è stata respinta?
La richiesta è stata respinta perché ritenuta generica. Non specificava quali singoli lavoratori avessero svolto determinate mansioni né le circostanze precise. Una prova, per essere ammissibile, deve vertere su fatti specifici e non su affermazioni generali o cumulative riferite a un intero gruppo di persone.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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