Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22409 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22409 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2595-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5742/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/11/2019 R.G.N. 1570/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa :
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.2595/2020
Ud 02/07/2025 CC
Con ricorso innanzi al Tribunale di Napoli, sezione lavoro, NOME COGNOME, dirigente dell’INPS con incarico conferito presso la direzione regionale Campania, conveniva in giudizio l’Istituto per sentire accertare il proprio diritto alla percezione della indennità di prima sistemazione, indennità erogata dall’INPS a seguito del conferimento del nuovo incarico dirigenziale e poi revocata con trattenimento delle somme già corrisposte, nonché per sentire condannare l’INPS al pagamento degli importi corri spondenti. L’INPS si costituiva in giudizio contestando la domanda e chiedendone il rigetto. Il Tribunale di Napoli, sezione lavoro, con la sentenza n. 3469/2016 accoglieva il ricorso.
L’INPS proponeva appello. NOME COGNOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 5742/2019 depositata il 05/11/2019 la Corte di Appello di Napoli, sezione lavoro, rigettava l’impugnazione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS articolando tre motivi. NOME COGNOME si è costituto con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis . 1 c.p.c.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 2 luglio 2025.
Ragioni della decisione:
Con il primo motivo di ricorso si deduce «in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ovvero in particolare dell’art. 66 CCNL EPNE Area VI 1/8/2006 nonché della determinazione n. 611/2010 del contratto individuale 06/10/2010 con riferimento agli artt. 1362 c.c. e ss. in relazione alla violazione dei principi di cui all’art.
111 cost., e in particolare del comma 7, in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU». Si critica, in particolare, la sentenza impugnata perché, violando le norme invocate, non avrebbe ritenuto dirimente la circostanza che il contratto individuale di lavoro del dirigente non facesse riferimento e non prevedesse come dovuta l’indennità di prima sistemazione mentre prevedeva l’incentivo alla mobilità territoriale da ritenersi incompatibile con l’indennità richiesta.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce «ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ovvero, in particolare, dell’art. 19 d.lgs. 165/200 1 e dell’art. 20 CCNL EPNE Area VI 1/8/2006 con riferimento agli artt. 1362 e ss c.c. in relazione ai principi di cui all’art. 111 cost, e in particolare del comma 7, in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU». La sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere che il conferimento di un incarico dirigenziale, come quello all’origine della vicenda, potesse essere assimilato a un trasferimento di ufficio trattandosi piuttosto di una vicenda negoziale fondata su istanza e consenso del dirigente interessato.
I suddetti due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché entrambi riguardano i passaggi argomentativi della sentenza impugnata che valutano l’applicabilità alla fattispecie della indennità di prima sistemazione, la criticano sulla base di norme in larga parte sovrapponibili e sono infondati.
3.1. La sentenza impugnata ha fatto applicazione dell’orientamento affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte (si veda, innanzi tutto, Cass. 17/07/2023, n. 20664) che in relazione a controversie del tutto analoghe ha affermato:
«l’indennità di prima sistemazione è prevista dall’art. 66 del CCNL di comparto e che il contratto individuale deve intendersi integrato dal contenuto del contratto collettivo. Infatti, la pubblica amministrazione ha l’obbligo di applicare il CCNL a tutti i propri dipendenti, senza discriminazioni (art. 45, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001). Non ha pertanto alcuna rilevanza la mancata menzione dell’indennità di prima sistemazione nel contratto individuale, il quale non avrebbe comunque potuto validamente disporre un trattamento economico diverso (e deteriore) rispetto a quello previsto dal contratto collettivo (art. 2, comma 3, d.lgs. n. 165 del 2001). 2.1.1. Nel ricorso, il rilievo della mancata menzione dell’indennità nei contratti individuali viene valorizzato anche quale indice della comune valutazione delle parti che «il conferimento dell’incarico dirigenziale ha natura contrattuale e di certo non può essere qualificato come trasferimento d’ufficio in senso stretto». L’argomento è privo di pregio. Da un l ato, il fatto stesso che l’indennità di prima sistemazione venne dapprima erogata, salvo essere poi sospesa sul presupposto che fosse in contrasto con l’art. 4, comma 44, della legge n. 183 del 2011, dimostra, invece, che le parti erano pienamente consapev oli che si trattava di trasferimenti d’ufficio, soggetti alla disciplina dell’art. 66 del CCNL 1°.8.2006. Dall’altro lato, la natura del trasferimento non è materia di accordo tra le parti, ma dipende semplicemente dalla circostanza che si tratti di trasferimento su domanda del lavoratore oppure disposto dall’ente «per motivi organizzativi o di servizio». Il ricorrente non allega che si trattasse di trasferimento a domanda e non censura la chiara affermazione della corte territoriale che, nel caso di specie, «non vi è alcuna domanda di trasferimento ma unicamente una manifestazione di disponibilità che è cosa ben diversa». 2.2. Non sussiste la
pretesa impossibilità di cumulare l’indennità di prima sistemazione con l’incentivo alla mobilità, perché si tratta di due voci distinte, previste da due separate disposizioni del CCNL (art. 66 e art. 74), volte a remunerare due diversi disagi: l’una, la m obilità territoriale con cambio di residenza; l’altra, il mutamento dell’incarico dirigenziale. Del resto, l’art. 74 del CCNL demanda alla contrattazione integrativa la previsione di speciali incentivi alla mobilità territoriale, ma «fermi restando i trattamenti di trasferimento previsti dal presente CCNL». Pertanto, è da escludere che gli incentivi alla mobilità possano sostituire l’indennità di prima sistemazione di cui all’art. 66. 2.3. Infine, corretta è stata la decisione della corte d’appello anche la ddove ha statuito che l’art. 4, comma 44, della legge n. 183 del 2011 detta una normativa riferita soltanto ai dipendenti statali e non anche agli enti diversi dallo Stato, qual è l’INPS. 2.3.1. Per giungere a tale conclusione non è certo decisiva la circo stanza che l’art. 4 sia rubricato «Riduzioni delle spese non rimodulabili dei Ministeri». Pur non volendosi negare in assoluto il valore della rubrica nell’interpretazione dei testi di legge poco chiari (v. Cass. n. 2989/2022), in questo caso è certamente da escludere che il riferimento letterale ai soli «Ministeri» nella rubrica ponga un limite nell’interpretazione dell’intero art. 4. Infatti, tale articolo di legge, composto originariamente di più di cento commi, contiene disposizioni che espressamente si riferiscono ad enti diversi dallo stato, come il comma 66, che impone obiettivi di risparmio di spesa proprio agli enti previdenziali, tra i quali l’INPS. 2.3.2. Rileva, piuttosto, la ben diversa collocazione, nella topografia del vasto art. 4, della disposizione di cui il ricorrente ipotizza la violazione da parte della corte d’appello (comma 44) rispetto alla disposizione che pone una disciplina relativa alle spese degli enti previdenziali
(comma 66). Il comma 44 rientra nel gruppo delle disposizioni («commi da 28 a 51») che, ai sensi del precedente comma 27, «Concorrono al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze». Viceversa, il comma 66 contiene una disposizione che «Concorre al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali», come recita il precedente comma 65. Ebbene, il comma 66 non detta agli enti previdenziali specifici obblighi di riduzione delle spese di funzionamento, ma indica un obiettivo complessivo di risparmio («misura non inferiore all’importo complessivo, in termini di saldo netto, di 60 milioni di euro per l’anno 2012, 10 milioni di euro per l’anno 2013 e 16, 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014»), che l’INPS, l’INPDAP e l’INAIL dovevano raggiungere, «nell’ambito della propria autonomia», adottando «misure di razionalizzazione organizzativa». 2.3.3. Dunque, il microsistema dell’art. 4 della legge n. 183 del 2011 depone nel senso di una disciplina differenziata delle misure di riduzione di spesa per ciascun Ministero e, per quanto riguarda il Ministero del Lavoro, viene fissato un obiettivo di risparmio economico di carattere generale, facendo salva l’autonomia organizzativa degli enti previdenziali per la scelta degli strumenti con cui raggiungere quell’obiettivo. Il che porta ad escludere che valgano, per questi enti, le puntuali prescrizioni dettate nel comma 44 con riferimento alla legge n. 836 del 1973 e alla relativa disciplina del «Trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali». 2.3.4. Alle considerazioni che precedono occorre aggiungere che l’art. 21 della legge n. 836 del 1973 e le altre disposizioni della stessa legge delle quali il legislatore ha disposto l’abrogazione non sono mai stati direttamente applicabili al personale delle amministrazioni
pubbliche diverse da quella statale e detta inapplicabilità non è smentita, ma anzi trova conferma nell’art. 26 della stessa legge, con il quale il legislatore dell’epoca aveva stabilito che il trattamento riservato ai dipendenti statali dovesse essere apprezzato, quanto agli altri enti, solo come parametro esterno di commisurazione delle somme riconosciute ai dipendenti di altri enti per istituti analoghi. 2.3.5. È altresì opportuno evidenziare che con la contrattualizzazione dell’impiego pubblico, ai sens i dell’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 hanno cessato di produrre effetti le disposizioni speciali dettate per i dipendenti pubblici dalle norme previgenti, ove non espressamente richiamate dalla contrattazione collettiva, che, quanto alle indennità che vengono in rilievo in questa sede, solo per il personale, dirigenziale e non dirigenziale, dei comparti Ministeri e Presidenza del Consiglio dei Ministri ha espressamente richiamato la disciplina dettata dalla legge n. 836 del 1973, la quale, quindi, alla data di entrata in vigore della legge n. 183 del 2011 continuava a produrre effetti per il solo personale dello Stato, nei suoi diversi comparti. Plurime ragioni inducono, pertanto, a ritenere inapplicabile ai dipendenti dell’INPS la prima parte del comma 44. 2.3.6. Né può essere attribuito valore interpretativo in senso contrario alla seconda parte del comma 44, ove si legge: «Sono, inoltre, soppresse le analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro. La disposizione di cui al presente comma non si applica nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico». Infatti, se si afferma che la prima parte della disposizione riguarda solo i dipendenti dello Stato, se ne può dedurre, senza alcun rischio di incoerenza normativa, che anche il successivo richiamo alle «analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro»
va riferito ai contratti collettivi di quello che era, all’epoca, il comparto Ministeri. Del pari, con l’esclusione del «personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico» si individua un gruppo più ristretto di persone all’interno d ella categoria dei dipendenti statali, il che è del tutto irrilevante al fine di concludere che siano invece inclusi lavoratori che sono estranei a quella categoria».
3.2. Tali principi hanno trovato successiva conferma in analoghe decisioni della Corte secondo un orientamento al quale il Collegio intende dare continuità (Cass. 23079/2023; Cass. 23091/2023; Cass. 23094/2023; Cass. 23096/2023; Cass. 20311/2023; Cass. 23339/2023; Cass. 20344/2023; Cass. 33947/2023; Cass. 34006/2023; Cass. 34093/2023; Cass. 34094/2023; Cass. 34123/2023; Cass. 14469/2024).
3.3. Quanto alla natura dell’incarico dirigenziale, che secondo la parte ricorrente avrebbe carattere negoziale e non potrebbe essere assimilato al trasferimento di ufficio, va osservato, sempre sulla scorta di conformi pronunce di questa Corte (si veda, in particolare, Cass. 17/07/2023, n. 20668) che il fatto stesso che l’indennità di prima sistemazione venne dapprima erogata, salvo essere poi sospesa sul presupposto che fosse in contrasto con l’art. 4, comma 44, della legge n. 183 del 2011, dimostra, invece, che le parti erano pienamente consapevoli che si trattava di trasferimenti d’ufficio, soggetti alla disciplina dell’art. 66 del CCNL 1°.8.2006. Dall’altro lato, la natura del trasferimento non è materia di accordo tra le parti, ma dipende semplicemente dalla circostanza che si tratti di trasferimento su domanda del lavoratore oppure disposto dall’ente «per motivi organizzativi o di servizio». Nel caso di specie è fuori discussione che non si trattava di trasferimenti a domanda del dirigente.
Con il terzo motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. si deduce «violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ovvero, in particolare, dell’art. 66 CCNL EPNE Area VI 1/8/2006 con riferimento agli artt. 1362 e ss c.c. nonché dell’art. 2033 c.c. in relazione ai principi di cui all’art. 111 cost, e in particolare del comma sette, in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU». Si critica, in particolare, la sentenza nell a parte in cui afferma la compatibilità della indennità di prima sistemazione e dell’incentivo alla mobilità territoriale, trattandosi di istituti sovrapponibili e tali da recare una inammissibile duplicazione di emolumenti aventi la medesima finalità; in proposito si afferma che l’Istituto ha provveduto a riordinare la materia su sollecitazione della Ragioneria generale dello Stato e a seguito della entrata in vigore dell’art. 4, comma 44, della l. 183/2011.
4.1. Il motivo è infondato. Anche sul punto la sentenza impugnata si è adeguata al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale: non sussiste la pretesa impossibilità di cumulare l’indennità di prima sistemazione con l’incent ivo alla mobilità, perché si tratta di due voci distinte, previste da due separate disposizioni del CCNL (art. 66 e art. 74) e volte a remunerare due diversi disagi: l’una, la mobilità territoriale con cambio di residenza; l’altra, il mutamento dell’incarico dirigenziale. Del resto, l’art. 74 del CCNL demanda alla contrattazione integrativa la previsione di speciali incentivi alla mobilità territoriale, «fermi restando i trattamenti di trasferimento previsti dal presente CCNL». Pertanto, è da escludere che gli incentivi alla mobilità possano sostituire l’indennità di prima sistemazione di cui all’art. 66 (Cass. 17/07/2023, n. 20668).
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Si deve dare atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, perché l’esenzione prevista in via generale dal richiamato d.P.R. opera per le Amministrazioni dello Stato e non per gli enti pubblici autonomi.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila), oltre ad euro 200,00 per esborsi, al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% e accessori come per legge, spese da distrarsi in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione