Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19264 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 19264 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
1.La Corte d’Appello di Caltanissetta ha riformato la sentenza del Tribunale di Enna, che aveva accertato il diritto di NOME COGNOME (dipendente del Comune di Centuripe con il profilo professionale di istruttore direttivo area economico finanziaria cat. D4, responsabile del settore ragioneria e servizi finanziari, e con funzioni dirigenziali dal 3.12.1999) a percepire l’indennità di posizione per gli anni dal 2003 al 2006 nella misura massima stabilita dal CCNL applicabile, nonché a percepire l’indennità di risultato nella misura del 25% dell’indennità di posizione erogata dal 2001 al 2006 ed aveva condannato il Comune al pagamento delle somme al medesimo dovute a tale titolo.
La Corte territoriale ha ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello ed ha richiamato la giurisprudenza di legittimità che ha riconosciuto la discrezionalità dell’ente nel graduare la retribuzione di posizione in rapporto alle singole posizioni organizzative individuate, ai sensi dell’art. 2 del CCNL Regioni e Autonomie Locali del 31.3.1999H.
Considerato che il Comune di Centuripe con la delibera n. 84 del 13.6.2000 aveva stabilito i criteri di pesatura di ciascuna posizione organizzativa, ha osservato che il sindacato del giudice potrebbe intervenire solo a fronte dell’individuazione di criteri di palese irrazionalità o dell’applicazione arbitraria ed incoerente dei medesimi, mentre nel caso di specie le contenute differenze segnalate dal COGNOME non avevano palesato caratteri di irragionevolezza o contraddittorietà e dovevano pertanto ritenersi legittime.
Il giudice di appello ha rilevato che l’Area Finanziaria deve gestire i flussi finanziari all’interno dell’ente ed effettuare per suo conto i pagamenti costituenti adempimento di obblighi normativi e contrattuali ed ha condiviso le affermazioni del Comune, secondo cui l’ampiezza delle risorse finanziarie gestite dal COGNOME è fisiologica.
In ordine al criterio della specializzazione, ha escluso che debba aversi riguardo all’abilitazione professionale ed il titolo di studio del ‘dirigente’, essendo dirimente il livello di specializzazione tecnica dei compiti che il titolare di posizione organizzativa di ciascuna area deve svolgere, a prescindere dalla persona fisica che assuma quella titolarità e dal suo livello soggettivo di preparazione professionale.
Quanto alla retribuzione di risultato, ha evidenziato che nel ricorso non erano stati indicati gli obiettivi fissati, né era stato allegato il loro raggiungimento.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il Comune di Centuripe ha resistito con controricorso.
DIRITTO
1.Con il primo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello.
Addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente individuato nell’entità di budget l’unico elemento che ha determinato la decisione del primo giudice, secondo cui la graduazione era stata determinata anche dalla valutazione del grado di specializzazione richiesto per lo svolgimento delle funzioni, dalla mancata valorizzazione delle eccezioni di merito riguardanti il carico di lavoro e dalla complessità organizzativa.
Lamenta la violazione dell’art. 434 cod. proc. civ., in quanto il Comune di Centuripe non aveva criticato il ragionamento del Tribunale nelle parti in cui aveva escluso che al fine di una valutazione del budget come teorizzato dal Comune potessero essere presi in considerazione altri parametri (il carico di lavoro e la complessità organizzativa del settore), aveva valorizzato il motivo di ricorso relativo alla professionalità posseduta dal COGNOME in confronto a quella del responsabile dell’Area tecnica ed aveva statuito sull’indennità di risultato.
Con il secondo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e di contratti collettivi nazionali di lavoro, con riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
Lamenta la violazione del dato normativo-regolamentare rappresentato dalla dell’art. 10 comma 2 del CCNL Enti Locali del 31.3.1999 e della delibera n. 84/2000 da parte del Comune di Centuripe, che ha effettuato una pesatura dissonante rispetto ai criteri indicati nella suddetta delibera, in relazione a due dei quattro parametri ivi indicati (entità del budget assegnato e grado di professionalità), avendo effettuato una valutazione deteriore del budget per l’Area economico finanziaria rispetto all’Area tecnica.
Sostiene che la professionalità da valutare ai fini di una retribuzione aggiuntiva non può che essere quella effettivamente maturata dai soggetti individuati per l’esercizio delle funzioni dirigenziali.
Con il terzo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.
Addebita alla sentenza impugnata di essersi pronunciata sulla retribuzione di risultato, in assenza di una censura alla sentenza di primo grado.
I primi due motivi, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica e giuridica, sono inammissibili.
Al di là del rilievo che la prima censura deduce una violazione di legge ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. senza denunciare la nullità della sentenza impugnata, il motivo non coglie il decisum .
La Corte territoriale non ha infatti individuato nell’entità di budget l’unico elemento della graduazione che ha determinato la decisione del primo giudice, ma ha dato atto della disamina, da parte del Tribunale, del criterio relativo alla specializzazione, riportando le argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado.
La seconda censura lamenta la violazione di una delibera della Giunta Municipale, che non rientra nel paradigma dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.; il motivo sollecita dunque un giudizio di merito richiamando la griglia di valutazione ivi contenuta.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
Ciò premesso, deve rammentarsi che la retribuzione di posizione costituisce una componente del trattamento economico accessorio dei dirigenti ‘ composta di una parte fissa e di una parte variabile, la cui somma complessiva corrisponde al valore economico degli incarichi attribuiti in base alla suddetta graduazione delle funzioni. La corresponsione della parte variabile della retribuzione di posizione richiede la «pesatura» delle singole attività dirigenziali, da cui deriva la determinazione della quota di pertinenza del singolo medico, che, altrimenti, deve essere corrisposta, nella sola quota minima ed «invariabile» prevista dalla contrattazione collettiva’ (cfr., fra tante, Cass. n. 10613/2023).
Si è inoltre chiarito che la violazione dell’obbligo di attivare e completare il procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi non legittima il dirigente a chiedere l’adempimento di tale obb ligo, ma a domandare giudizialmente il risarcimento del danno da perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione, allegando la fonte legale o convenzionale del proprio diritto e l’inadempimento del datore di lavoro, sul quale grava l’onere di provare i fatti estintivi o impeditivi della pretesa oppure la non imputabilità dell’inadempimento (Cass. n. 7110/2023).
Anche il terzo motivo è inammissibile.
Infatti, in caso di denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il vizio di pretesa violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. da parte del giudice di merito, per avere pronunciato su una domanda non proposta, il giudice di legittimità è investito del potere di esaminare direttamente il ricorso introduttivo del giudizio, purché ritualmente indicato ed allegato nel rispetto
delle disposizioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., al fine di verificare il contenuto e i limiti della domanda azionata (Cass. n. 8008/2014).
Il ricorso difetta di autosufficienza, in quanto non trascrive integralmente il ricorso di primo grado, la sentenza di primo grado, né l’atto di appello.
La sentenza impugnata è peraltro conforme all’orientamento espresso da questa Corte, secondo cui la retribuzione di risultato non è correlata al solo svolgimento della funzione dirigenziale ma presuppone l’instaurazione di una procedura che richiede la previa fissazione di specifici obiettivi e la successiva verifica del relativo grado di realizzazione, essendo finalizzata a remunerare la qualità delle prestazioni e gli obiettivi conseguiti, riguardando l’apporto del dirigente in termini di produttività o redditività della sua prestazione (v . Cass. n. 14638/2016).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
7 . Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la parte ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte