Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18968 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18968 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 35550/2019 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO e domiciliato ope legis in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv ocatura generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente e ricorrente incidentale condizionato-
nonché
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, è elettivamente domiciliata;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, n. 2426/2019, pubblicata il 16 maggio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 821/2016, ha accolto la domanda di NOME COGNOME, ricercatore confermato a tempo pieno, con funzioni di dirigente medico – rapporto esclusivo, condannando l’ RAGIONE_SOCIALE e l’ RAGIONE_SOCIALE a pagare la somma di € 24.863,04 a titolo di indennità di perequazione ex art. 31 d.P.R. n. 761 del 1979 dal 2007 al 2010.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello.
RAGIONE_SOCIALE si è costituita, presentando appello incidentale.
NOME COGNOME si è costituito.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 2426/2019, ha accolto l’appello principale.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
L’ RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso e ha proposto ricorso incidentale condizionato sulla base di un motivo.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la corte territoriale non avrebbe dichiarato l’inammissibilità dell ‘impugnazione di controparte sia per mancanza dei requisiti minimi dell’atto di appello sia per l’introduzione di domande nuove con tale atto.
La doglianza è inammissibile.
Innanzitutto, il ricorrente non ha riportato nel suo ricorso il contenuto della comparsa di costituzione dell’RAGIONE_SOCIALE e le sue conclusioni in primo grado.
Inoltre, si osserva che la corte territoriale ha semplicemente fatto applicazione del principio per il quale il giudice è tenuto ad accertare, anche di ufficio e indipendentemente dall ‘attività processuale della parte convenuta, il fondamento giuridico della domanda, sulla base di fatti costitutivi o impeditivi della pretesa dedotta in giudizio, i cui effetti si siano già verificati fuori del processo, tranne che si tratti di eccezioni in senso stretto, che devono essere proposte in giudizio soltanto dalla parte interessata ( Cass., Sez. 2, n. 723 del 31 marzo 1967).
Infatti, tutte le ragioni che possono condurre al rigetto della domanda per difetto delle sue condizioni di fondatezza, o per la successiva caducazione del diritto con essa fatto valere, possono essere rilevate anche d ‘ ufficio, in base alle risultanze rite et recte acquisite al processo, nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole processuali, con l ‘ effetto che la verifica attribuita al giudice in ordine alla sussistenza del titolo deve essere compiuta, di norma, ex officio , in ogni stato e grado del processo, nell’ambito proprio di ognuna delle sue fasi (Cass., Sez. 1, n. 21482 del 19 settembre 2013).
Nella specie, il giudice di appello ha correttamente verificato se il ricorrente originario avesse dimostrato l’esistenza del credito vantato, in presenza, comunque, di una contestazione in ordine alla sua debenza ad opera delle controparti.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che, per avere diritto all’indennità in questione, fosse necessario provare lo svolgimento delle medesime mansioni e funzioni e il possesso della stessa anzianità del c.d. pari grado ospedaliero.
Contesta, altresì, il contrasto con precedenti giurisprudenziali e il difetto di motivazione per contraddittorietà e illogicità.
La doglianza è infondata.
Le recenti pronunce di questa Corte di cassazione n. 12952 e n. 12954 del 2022, riprese da Cass., n. 25333, n. 25334 e n. 25379 del 2022, all ‘ esito della ricostruzione del quadro normativo e contrattuale, alla quale si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., in continuità con il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con riferimento al personale universitario non docente, hanno affermato che:
1) l ‘ art. 6 del d.lgs. n. 517 del 1999, che ha disciplinato la materia prevedendo che l ‘ indennità di perequazione debba consistere in a) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico; b) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell ‘ attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all ‘ efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca, lì dove prevede che «il trattamento economico di equiparazione in godimento all ‘ atto dell ‘ entrata in vigore del presente decreto è conservato fino all ‘ applicazione delle disposizioni di cui al comma 1», attraverso l ‘ utilizzo improprio dell’espressione «in godimento» ha inteso assicurare, nelle more dell ‘ attuazione del nuovo regime, l ‘ equiparazione fino a quel momento garantita dalla normativa previgente che, seppure pensata in relazione ad un diverso sistema di inquadramento, poteva essere attuata tenendo conto, da un lato, dell ‘ evoluzione della disciplina legale e contrattuale, dall’altro, del criterio di carattere generale, della necessaria parificazione a fronte di pari funzioni, mansioni ed anzianità;
2) l ‘ art. 102 del d.P.R. n. 382 del 1980, che disciplina l ‘ indennità di perequazione spettante ai docenti universitari ed ai ricercatori impegnati nell ‘ attività assistenziale, al comma 4 stabilisce che «il professore ordinario e straordinario è equiparato al medico appartenente alla posizione apicale; il professore associato è equiparato al medico appartenente alla posizione intermedia; l ‘ assistente ordinario del ruolo ad esaurimento ed i ricercatori sono equiparati al medico appartenente alla posizione iniziale» e prevede, quindi, corrispondenze pensate alla luce dei sistemi di classificazione all ‘ epoca vigenti,
che, quanto alla professione medica, evocano la distinzione fra le posizioni di primario, aiuto e assistente indicate dall ‘ art. 63 e dalla tabella allegata al d.P.R. n. 761/1979, poi ripresa dal d.P.R. n. 384/1990, che inserisce le medesime posizioni nelle qualifiche funzionali comprese dalla nona all ‘ undicesima (assistente IX qualifica, aiuto X qualifica, primario XI qualifica);
3) questo quadro è mutato a seguito del riordino della disciplina in materia sanitaria perché con l ‘ art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992, più volte modificato, il legislatore inizialmente ha previsto l ‘ inquadramento dei dirigenti medici in soli due livelli (e non tre come in passato) e poi, a partire dall ‘ entrata in vigore del d.lgs. n. 229 del 1999, ha inserito la dirigenza medica in un ruolo unico, differenziando gli incarichi in relazione all ‘ anzianità posseduta ed alla natura, semplice o complessa, della struttura diretta (art. 15, commi da 4 e 6, del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs. n. 229 del 1999);
4) l ‘ evoluzione normativa è stata seguita di pari passo dalla contrattazione collettiva che, dapprima, ha modulato il trattamento economico del dirigente medico sulla base dell ‘ inquadramento in due livelli e in funzione della graduazione delle strutture secondo i parametri indicati dall ‘ art. 51 del CCNL 5 dicembre 1996; successivamente, a partire dal CCNL 8 giugno 2000, ha previsto, all ‘ art. 27, quattro diverse tipologie di incarico conferibile al dirigente medico; ha indicato le caratteristiche proprie delle strutture semplici e complesse; ha commisurato il trattamento economico spettante al dirigente medico alle maggiori o minori responsabilità connesse alla natura dell’incarico ricoperto;
5) le Sezioni Unite, nell ‘ affrontare la questione analoga ma non coincidente, dell ‘ applicazione delle tabelle di equiparazione previste per il personale universitario non docente dall ‘ art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, hanno riconosciuto carattere dinamico, non statico, delle corrispondenze, dal quale è stata tratta la conseguenza che queste ultime dovessero essere applicate tenendo conto, da un lato, dei mutamenti intervenuti per effetto dell ‘ adozione di un nuovo sistema di classificazione, dall ‘ altro, però, della necessità di perequare il trattamento retributivo senza mai tralasciare la parità di funzioni, mansioni e anzianità (Cass., SU, n. 9276 del 2016 e Cass., SU, n. 8521 del 2012);
sulla base del medesimo principio, il criterio di corrispondenza indicato dal richiamato art. 102 va applicato, innanzitutto, tenendo conto della disciplina transitoria dettata per la dirigenza medica dal CCNL 5 dicembre 1996, quanto al passaggio dalle qualifiche funzionali alla dirigenza di primo e secondo livello (art. 1 che ha inserito nel primo livello la IX e la X qualifica, nel secondo livello l ‘ XI), e dal CCNL 8 giugno 2000 quanto alle conseguenze dell ‘ inquadramento nel ruolo unico ed alla commisurazione del trattamento economico alla natura, semplice o complessa, della struttura diretta;
l ‘ ammontare dell ‘ assegno perequativo deve essere quantificato tenendo conto del trattamento fondamentale ed accessorio spettante, sulla base della disciplina contrattuale, al dirigente medico del RAGIONE_SOCIALE a parità di incarico e di anzianità.
Sulla base dei richiamati principi, qui ribaditi perché condivisi dal Collegio, il ricorso deve essere rigettato perché la corte territoriale ha respinto la domanda rilevando che il dipendente non aveva svolto attività di dirigente di struttura semplice.
Il ricorso, nella parte in cui contesta la valutazione espressa sulla natura dell ‘ incarico conferito e sulla sua dimostrazione, è, poi, inammissibile perché finisce per censurare l ‘ accertamento di fatto compiuto dalla corte territoriale e sollecita un giudizio di merito non consentito in sede di legittimità.
Infatti, l ‘esame delle prove agli atti è attività riservata alla corte d’appello e non più sindacabile nella presente sede.
Il ricorso incidentale condizionato dell’RAGIONE_SOCIALE non deve essere esaminato, alla luce del rigetto di quello principale.
Il ricorso principale è rigettato, assorbito quello incidentale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, ai fini e per gli effetti precisati da
Si deve dare atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui all ‘ Cass., SU, n. 4315 del 2020.
La Corte,
rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato;
condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida, in favore di ogni controricorrente, in complessivi € 2.800,00 per compenso, oltre a € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15% per l’RAGIONE_SOCIALE, e spese prenotate a debito con riferimento all’RAGIONE_SOCIALE ;
dà atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui all ‘ art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, ai fini e per gli effetti precisati da Cass., SU, n. 4315 del 2020.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 10