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Indennità di perequazione: no alla retribuzione di posizione

Un dipendente universitario ha richiesto il pagamento di un’indennità di perequazione calcolata includendo la retribuzione di posizione del personale sanitario. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’indennità di perequazione copre il trattamento economico fondamentale, ma non gli emolumenti, come la retribuzione di posizione, che sono legati all’effettivo conferimento di un incarico dirigenziale. La Corte ha chiarito che spetta al lavoratore provare di avere i requisiti per tali voci accessorie.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di Perequazione: La Cassazione Nega l’Inclusione della Retribuzione di Posizione

Con l’ordinanza n. 5137/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per il personale universitario che presta servizio presso le strutture sanitarie: i limiti e i criteri di calcolo della cosiddetta indennità di perequazione. La decisione ribadisce un principio consolidato: l’equiparazione economica con il personale ospedaliero non si estende automaticamente a tutte le voci retributive, in particolare a quelle legate a specifici incarichi dirigenziali, come la retribuzione di posizione.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta Iniziale al Ricorso in Cassazione

Un dipendente universitario, con qualifica di funzionario tecnico, otteneva un decreto ingiuntivo contro un’Azienda Ospedaliera Universitaria per il pagamento di una cospicua somma a titolo di indennità di perequazione (nota anche come “indennità De Maria”). La sua richiesta si basava su una precedente sentenza che gli aveva riconosciuto il diritto a un trattamento economico equiparato a quello del personale ospedaliero di livello superiore.

Sia l’Azienda Ospedaliera che l’Università si opponevano. Il Tribunale, in primo grado, condannava le due amministrazioni al pagamento di una somma ridotta. La Corte d’Appello, accogliendo parzialmente il gravame dell’Azienda, riduceva ulteriormente l’importo, escludendo dal calcolo la retribuzione di posizione, in quanto il dipendente non aveva fornito la prova di aver svolto un incarico dirigenziale che la giustificasse.

Il lavoratore proponeva quindi ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, che la questione della mancanza dell’incarico dirigenziale fosse un’eccezione nuova e inammissibile in appello e che, nel merito, la retribuzione di posizione dovesse essere comunque inclusa nel calcolo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso del dipendente, confermando la sentenza della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito la distinzione tra mere difese ed eccezioni nuove, e soprattutto hanno ribadito i confini dell’obbligo di equiparazione economica sancito dall’art. 31 del d.P.R. n. 761/1979.

Le Motivazioni: L’Indennità di Perequazione e i Suoi Limiti

La Corte ha fondato la sua decisione su diversi pilastri argomentativi, sia di natura processuale che sostanziale.

La Distinzione tra Difesa ed Eccezione Nuova

In primo luogo, la Cassazione ha respinto la tesi del ricorrente secondo cui la contestazione sulla mancanza di un incarico dirigenziale fosse un’eccezione inammissibile in appello. La Corte ha precisato che costituisce una mera difesa, e non un’eccezione nuova, la contestazione dei fatti posti a fondamento della domanda. Poiché il diritto a percepire la retribuzione di posizione presuppone l’effettivo conferimento di un incarico, era onere del lavoratore provare tale circostanza. Di conseguenza, la controparte era pienamente legittimata a contestare tale prova in appello, senza che ciò costituisse un’eccezione tardiva.

Il Principio di Autosufficienza e il Giudicato

Il ricorrente sosteneva che una precedente sentenza di Cassazione avesse già stabilito le modalità di calcolo, formando un giudicato. Tuttavia, la Corte ha dichiarato il motivo inammissibile per violazione del principio di autosufficienza. Il lavoratore, infatti, non aveva riportato nel suo ricorso il testo completo e rilevante della presunta sentenza passata in giudicato, impedendo alla Corte di valutarne la portata. Un semplice estratto non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un comando giudiziale specifico sulle singole voci retributive.

La Natura dell’Indennità di Posizione e i Limiti dell’Indennità di Perequazione

Questo è il cuore della decisione. La Cassazione ha richiamato la sua giurisprudenza più consolidata, incluse le sentenze delle Sezioni Unite, per affermare che l’indennità di perequazione ha lo scopo di allineare il trattamento economico complessivo e fondamentale, ma non può includere automaticamente emolumenti che sono strettamente correlati all’effettivo conferimento di incarichi specifici.

La retribuzione di posizione, sia nella sua parte fissa che variabile, è una componente del trattamento economico accessorio, erogata in funzione di un incarico dirigenziale. Non è una voce retributiva spettante per la sola qualifica posseduta. L’equiparazione prevista dalla legge è “dinamica” ma trova un limite logico e giuridico in quelle componenti che non dipendono dall’inquadramento contrattuale, ma da una specifica assegnazione di responsabilità. Pertanto, in assenza della prova di aver ricevuto un tale incarico, il dipendente universitario non ha diritto a vedere inclusa la relativa indennità nel calcolo della perequazione.

Le Conclusioni: Implicazioni per il Personale Universitario

L’ordinanza n. 5137/2024 consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. Per il personale universitario che opera in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, il diritto all’equiparazione economica è un principio saldo, ma non assoluto. La sentenza chiarisce che il trattamento economico da equiparare è quello legato alla qualifica e all’anzianità, non quello connesso a funzioni e responsabilità dirigenziali che non sono state effettivamente conferite. Spetta sempre al lavoratore che avanza una pretesa economica l’onere di dimostrare l’esistenza di tutti i presupposti di fatto e di diritto che la fondano.

L’indennità di perequazione per il personale universitario include automaticamente la retribuzione di posizione del personale sanitario?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che nell’indennità di perequazione non possono essere inclusi automaticamente gli emolumenti che, come la retribuzione di posizione, presuppongono o sono collegati all’effettivo conferimento di un incarico direttivo.

Contestare in appello la mancanza di prova di un elemento del diritto altrui costituisce un’eccezione nuova e inammissibile?
No. Secondo la Corte, non è un’eccezione nuova (vietata in appello) ma una mera difesa la contestazione dei fatti posti a fondamento del diritto vantato dalla controparte. Poiché l’onere della prova grava su chi chiede il pagamento, la controparte può sempre contestare l’assenza di tale prova anche in appello.

Per quale motivo la Corte ha stabilito che l’indennità di posizione non rientra nel calcolo dell’equiparazione?
La Corte ha specificato che l’intento perequativo della legge trova un limite logico e giuridico in quelle componenti del trattamento economico che non dipendono direttamente dall’inquadramento contrattuale, ma sono erogate in correlazione al conferimento di incarichi specifici, come quello dirigenziale, che il ricorrente non ha dimostrato di aver ricoperto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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