Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21664 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21664 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4431/2019 R.G. proposto da
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, alla INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO COGNOME.
-RICORRENTE –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Alghero, INDIRIZZO.
-CONTRORICORRENTE –
e
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME.
-INTIMATI- avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, sezione di Sassari, n. 282/2018, pubblicata in data 25.6.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.6.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Oggetto: successioni
Con sentenza n. 282/2018, la Corte d’appello di Cagliari, sezione di Sassari, in riforma della pronuncia di primo grado, ha disposto lo scioglimento delle due comunioni ereditarie di NOME COGNOME e NOME COGNOME, procedendo all’assegnazione delle quote e condannando NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento di un’indennità in favore di NOME COGNOME per i frutti non goduti, sul rilievo che i convenuti avevano utilizzato in via esclusiva un immobile comune.
Per quanto ancora si discute in questa sede, il giudice distrettuale ha evidenziato che dagli atti del sequestro giudiziario disposto in corso di causa, risultava che NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano occupato l’ appartamento ubicato in INDIRIZZO, facente parte dell’asse da dividere, senza nulla versare al custode e che invece NOME COGNOME, aveva corrisposto un’indennità per l’utilizzo del terreno sito in località NOME.
Ha quantificato in €. 2841 , 16 l’ammontare dei frutti civili dovuti alla ricorrente dal 1989 al 1996 sulla base del valore locativo mensile individuato dal c.t.u., ritenendo che nulla competesse per il periodo successivo.
La cassazione della sentenza è chiesta da NOME COGNOME con ricorso in due motivi. Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Le altre parti non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, per aver la Corte di merito disposto il pagamento dei frutti per il godimento esclusivo dell’appartamento in Alghero dal 1989 al 1996, mentre dagli atti di causa, dai provvedimenti adottati e da quanto dichiarato in giudizio dai resistenti era emerso che tale godimento si era protratto fino al 2014 e che per il terreno in
NOME, l’occupante non aveva versato per intero l’indennità richiesta dal custode.
Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha individuato il periodo di occupazione esclusiva dell’appartamento in Alghero da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME, ritenendo prevalenti, e munite di maggior valore probatorio, le risultanze dei resoconti del custode giudiziario, negando che vi fosse una prova sufficiente del perdurare dell’occupazione dal 1996 al 2014.
Il fatto storico della durata dell’uso esclusivo è stato dunque specificamente valutato: occorre perciò considerare che l ‘art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c. contempla un’autonoma violazione, diversa dal vizio di motivazione, che è effetto dell’omessa considerazione di una data circostanza oggettiva risultante dagli atti o dalla sentenza ed avente carattere decisivo. Detta violazione non sussiste se la circostanza rilevante in causa sia stata valutata, non dovendo la sentenza dar conto, per smentirle, di tutte le risultanze processuali (Cass. s.u. 8053/2014).
Resta precluso un nuovo esame degli atti processuali, come in effetti si sollecita in ricorso, spettando al giudice di merito il compito di esaminare le prove, di controllarne attendibilità e concludenza e di scegliere quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 10927/2024; Cass. 32505/2023).
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la sentenza riconosciuto l’importo di €. 2841,16, oltre interessi legali dalla domanda, senza pronuncia sulla richiesta di rivalutazione monetaria del credito.
Il motivo è infondato.
Come dedotto dalla stessa ricorrente (cfr. ricorso pag. 24), la richiesta di rivalutazione era stata formulata nelle comparse
conclusionali ed era, quindi, tardiva per cui il giudice non era tenuto a pronunciare ai sensi dell’art. 112 c.p.c. (Cass. 22784/2018; Cass. 20363/2021).
Peraltro, mentre ha carattere di debito di valore l’obbligo del rendiconto relativo ai frutti naturali della cosa, integra “ab origine” un debito di valuta -soggetto, come tale, al principio nominalistico – l’obbligo del rendiconto dei frutti civili costituenti il corrispettivo del godimento della cosa, sicché quest’ultimo, ancorché difetti di liquidità, non è suscettibile di rivalutazione automatica, mentre il fenomeno inflattivo può integrare solo una responsabilità risarcitoria per maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c., sempre che ne ricorrano i presupposti (Cass. 21906/2021; Cass. 17876/2019; Cass. 848/2020).
La domanda di maggior danno non coincide con quella diretta ad ottenere la rivalutazione del credito, non essendo quest’ultima una conseguenza automatica del ritardato pagamento delle obbligazioni di valuta.
Le due pretese sono concettualmente diverse poiché hanno presupposti e contenuto non assimilabili, sicché la proposizione dell’una non può equivalere a quella dell’altra (Cass. 6756/2001; Cass. s.u. 5743/2015; Cass. Cass. 16565/2018; Cass. 5965/2022). Il ricorso è -perciò – respinto, con addebito delle spese di legittimità.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 2500,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda