Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26043 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26043 Anno 2024
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20092/2020 R.G. proposto da:
proposto da
COGNOME NOME , nata a L’Aquila il DATA_NASCITA, cod. fisc. CODICE_FISCALE, difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL) e NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE; EMAIL) presso lo studio dei quali è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO in forza della procura RAGIONE_SOCIALE a margine del ricorso (difensori muniti di telefax NUMERO_TELEFONO).
Ricorrente
contro
Comune Di L’Aquila (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Sindaco, rappresentato e difeso, in virtù di procura apposta su foglio separato ai sensi dell’art. 83 c.p.c., dall’ AVV_NOTAIO (cf. CODICE_FISCALE) e dall’ AVV_NOTAIO (cf.
CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato presso i medesimi in INDIRIZZO (posta certificata EMAIL )
EMAIL, telefax NUMERO_TELEFONO). Ai fini delle notificazioni e comunicazioni in corso di giudizio i difensori indicano quali domicili digitali ai sensi dell’art. 16 sexies del D.L. 90/2014 i suddetti indirizzi p.e.c.
Controricorrente
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE per la RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE espropri . Intimato
avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n° 1910 depositata il 19 novembre 2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 .- Con la sentenza (non notificata) indicata in intestazione la Corte d’appello di L’Aquila rigettava l’opposizione alla stima proposta da NOME COGNOME, proprietaria di alcuni fondi di quella città, località Sant’Elia, censiti al Nct foglio 92, particelle 1649, 236, 880 e 463, espropriatile in base a quattro decreti emessi sulla base del DL n° 39/2009 (‘ Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile ‘) e con i quali le veniva liquidata un’indennità complessiva di euro 140.183,75, comprensiva dell’indennità di occupazione.
2 .- Per quello che qui ancora rileva, osservava la Corte che l’indennità doveva essere calcolata sulla base dell’art. 2, sesto comma, del DL n° 39/2009, ossia ‘ tenendo conto delle destinazioni urbanistiche antecedenti la data del 6 aprile 2009 ‘ (data del sisma che colpì l’Abruzzo) e che contrariamente a quanto assumeva l’opponente tale indennità, avuto riguardo alla legislazione
emergenziale emessa a seguito del sisma, non era palesemente incongrua, nonostante la destinazione edificatoria dei fondi.
Spese di lite secondo soccombenza, poste a favore non solo del Comune di L’Aquila, ma anche dell’RAGIONE_SOCIALE, che si era costituito eccependo, correttamente, la propria carenza di legittimazione passiva.
3 .- Ricorre per cassazione la COGNOME, affidando il gravame a tre mezzi.
Resiste il Comune, che conclude per la reiezione dell’impugnazione, mentre l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato, nonostante la regolare notificazione dell’atto introduttivo.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. .
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., nella quale solleva eccezione di nullità del controricorso del Comune in ragione della mancanza di delibera della Giunta municipale di autorizzazione alla costituzione in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Preliminarmente la Corte osserva che l’eccezione di nullità del controricorso (come già detto, sollevata dalla ricorrente nella memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.) appare infondata.
Infatti, contrariamente a quanto allegato nella memoria predetta, la procura al difensore cita espressamente la delibera della Giunta comunale n° 430/2020 , sicché l’eccezione appare infondata già nella sua enunciazione.
In secondo luogo, è vero, che l’art. 6, del d.lgs. n° 267/2000 (Tuel) demanda allo Statuto comunale ‘ i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio ‘.
Tuttavia, tale norma va coordinata con l’art. 50 dello stesso Tuel, il quale prevede che la rappresentanza del Comune spetti ex lege al Sindaco.
Sicché, ove non risulti che lo Statuto comunale preveda particolari formalità per la costituzione in giudizio dell’Ente, la sola procura rilasciata dal Sindaco al difensore è sufficiente per una valida costituzione in giudizio del Comune, mentre la delibera della Giunta costituisce un mero atto gestionale e tecnico, privo di rilievo esterno (da ultimo: Cass. 1571/2024).
La ricorrente indica il precedente di Cass. 20428/2016 (pronunciata tra una parte privata ed il Comune di L’Aquila), col quale è stato deciso che nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all’azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale di prevedere l’autorizzazione della giunta.
Il precedente citato non è invocabile nel presente caso, sol che si consideri che in quella vicenda la parte privata aveva documentato l’eccezione allegando copia aggiornata dello Statuto comunale, mentre nella presente controversia la trascrizione dello Statuto riportata alle pagine 1-2 della memoria della COGNOME è manifestamente insufficiente per far comprendere se, oltre al rilascio della procura, occorresse -in base allo Statuto comunale -anche la delibera della Giunta municipale (che, peraltro, come si è già detto, è citata nella procura stessa del controricorrente), né è possibile presumere che il testo dello Statuto comunale sia rimasto invariato rispetto a quello allora vigente nel caso di Cass. 20428/2016.
Si passa, pertanto, all’esame dei motivi di ricorso.
5 .- Col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del Dpr n° 327/2001 e dell’art. 2, sesto comma, del DL n° 39/2009, in relazione all’art. 360 n° 3 del cod. proc. civ..
Deduce che l’ultimo inciso dell’art. 2, sesto comma, del DL n° 39/2009 -‘ tenuto conto delle destinazioni urbanistiche antecedenti la data del 6 aprile 2009 ‘ -era stato introdotto dalla legge di conversione del decreto n° 77 del 24 giugno 2009 (entrata in vigore il 28 giugno 2009).
Ne deriverebbe che, mancando una dichiarazione di retroattività, il riferimento al 6 aprile 2009 sarebbe un criterio temporale adottabile solo per le occupazioni ed espropriazioni attuate dopo il 24 ( recte 28) giugno 2009.
E poiché era stato attribuito ai terreni di essa ricorrente natura edificatoria dal decreto commissariale n° 6 dell’11 maggio 2009, col quale era stata disposta l’immissione in possesso in data 15 maggio 2009, le indennità spettanti dovevano essere liquidate non in base al valore anteriore al 6 aprile 2009, come disposto dalla Corte d’appello sulla scorta della c .t.u., ma considerando il valore di mercato alla data dell’11 o del 15 maggio di quell’anno.
6 .- Il mezzo è infondato.
Questa Corte ha già stabilito (Cass. n° 20655/2023) che la disposizione dell’art. 2, sesto comma, del DL n° 39/2009 è inequivocabile nel suo tenore testuale ed è coerente sia con la normativa generale in tema di espropriazione per pubblica utilità (art. 32 del d.P.R. n° 327/2001), sia con le normative speciali che si sono succedute nel tempo in occasione di eventi sismici, quali l’art. 13 del DL n° 79/1968 (recante ‘ Ulteriori interventi e provvidenze per la RAGIONE_SOCIALE e per la ripresa economica dei comuni della Sicilia colpiti dai terremoti del gennaio 1968 ‘) e l’art. 10, quarto comma, del DL n° 83/2012 (‘ Misure urgenti per la crescita del paese ‘), le quali tutte hanno preso come punto di riferimento per la determinazione delle indennità la data di accadimento dell’evento sismico, onde evitare ingiustificate locupletazioni derivanti dalla modificazione della destinazione dei
suoli apportate dai provvedimenti degli organi deputati alla RAGIONE_SOCIALE.
Col motivo in esame la COGNOME, tuttavia, fa anche questione di successione di norme nel senso sopra indicato, ma la prospettazione non può essere condivisa.
Invero, premesso che è la stessa legge n° 77/2009 (di conversione del DL n° 39/2009) ad aver stabilito che per la liquidazione dell’indennità si fa riferimento alla data del sisma (o, più correttamente, allo stato degli immobili anteriori a tale evento), è palese che nella specie non v’ è questione di successione di leggi nel tempo, ma si tratta di semplice fissazione di un riferimento cronologico al quale agganciare il valore venale da considerare per la liquidazione dell’indennità.
In conclusione, il motivo va respinto.
7 .- Col secondo motivo la COGNOME lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 50 d.P.R. n° 327/2001, in relazione all’art. 360 n° 3 cod. proc. civ..
La Corte di merito, recependo la c.t.u., le aveva riconosciuto un’indennità per l’occupazione legittima di 41 mesi, mentre l’occupazione era stata pari a 71 mesi, con la conseguenza che il relativo indennizzo, euro 757,75 su base mensile, sarebbe pari ad euro 54.558,00, con una differenza a suo favore di euro 23.490,25.
8 .- Questo motivo è fondato.
Preliminarmente ritiene il Collegio che il mezzo vada riqualificato e ricondotto al caso previsto dall’art. 360, primo comma, n° 5, cod. proc. civ.: operazione possibile, in quanto ai fini della ammissibilità del ricorso per cassazione, non è necessaria l’esatta indicazione delle norme di legge delle quali si lamenta l’inosservanza, né la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, essendo necessario, invece, che si faccia valere un vizio astrattamente idoneo ad inficiare la pronuncia.
In tale prospettiva, l’erronea indicazione della norma violata nella rubrica del motivo non determina ex se l’inammissibilità del mezzo se la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura stessa ( ex multis : Cass. 12690/2018).
Ebbene, nel presente caso la ricorrente si duole, nella sostanza, dell’omesso esame di un fatto decisivo prospettato dalle parti e non preso in esame dal giudice, consistente nella durata dell’occupazione dei fondi che la Corte ha assunto essere pari a 41 mesi, invero presumibilmente fuorviata dal dato di calcolo indicato dal c.t.u..
Nondimeno, l’incoerenza di tale calcolo emerge dalla stessa sentenza impugnata, nella quale, infatti, si legge che l’occupazione iniziò il 14 maggio 2009 ed ebbe termine con i decreti di esproprio datati 5 maggio 2015: lasso temporale che non corrisponde ai 41 mesi indicati dal c.t.u. e di seguito dalla Corte territoriale.
Ricorre, dunque, l’ omesso esame di un fatto storico, la cui esistenza risulta dal testo della sentenza, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti, tanto da necessitare di accertamento peritale, ed ha carattere decisivo, sicché, anche alla stregua di quanto chiarito da Cass. S.U. 5792/2024, è sussumibile nel vizio di cui al l’art. 360, primo comma, n° 5, cod. proc. civ. .
Tale vizio assume carattere di decisività, nella specie, in quanto ha determinato la violazione de ll’art. 50 del d.P.R. n° 327/2001, il quale prevede la liquidazione di ‘ una indennità per ogni anno pari ad un dodicesimo di quanto sarebbe dovuto nel caso di esproprio dell’area’ : periodo temporale che ovviamente inizia con
l’immissione in possesso nel fondo e termina col decreto di espropriazione (momento che segna il passaggio del bene alla mano pubblica).
9 .- Col terzo motivo, proposto in subordine al rigetto dei primi due, lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n° 3 dello stesso codice. Secondo la ricorrente, l’RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato non un convenuto sostanziale in giudizio, ma un mero destinatario della notifica del ricorso, tanto che essa espropriata aveva chiesto la condanna del solo Comune dell’Aquila, mente l’RAGIONE_SOCIALE si era costituito solo al fine di eccepire la propria carenza di legittimazione passiva.
10 .- Il motivo è assorbito, essendo stato subordinato al rigetto degli altri mezzi.
11 .- In conclusione, va rigettato il primo motivo di ricorso, va accolto il secondo, dichiarato assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata nei limiti del motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di L’Aquila , alla quale è rimesso anche di provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
p.q.m.
la Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024, nella camera di