Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18679 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18679 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9934/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2588/2018 depositata il 18/09/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/05/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Venezia, quale giudice del rinvio dopo la sentenza di questa Corte n. 3607/2017, che aveva annullato la precedente sentenza della predetta Corte d’Appello, con sentenza n. 2588 depositata il 18.9.2018, ha, in relazione all’espropriazione dell’area di proprietà della RAGIONE_SOCIALE , interessata dalla realizzazione dell” ‘Incrocio a livelli separati tra la SS INDIRIZZO e la Ex INDIRIZZO (INDIRIZZO) e collegamento tra INDIRIZZO presso la Censer, la SS INDIRIZZO e la SS 443 a est di Rovigo’, la somma di € 317.366,54 a titolo di indennità di espropriazione, € 142.721,00 a titolo di indennità corrispondente al deprezzamento subito dall’area residua, € 74.933,00 a titolo di indennità di occupazione.
Il giudice d’appello ha fatto proprie le conclusioni del CTU, che aveva valutato le possibilità edificatorie ‘intermedie’ di cui al principio enunciato da questa Corte nella citata sentenza n. 3607/2017, triplicando il valore agricolo medio (VAM) di € 5,50/mq (per un totale di € 16,49/mq), ed aveva calcolato nel 15% la percentuale di deprezzamento dell’area residua, applicando i criteri previsti dallo ‘Accordo sulle procedure e metodologie da adottare per la determinazione RAGIONE_SOCIALE indennità di espropriazione per la realizzazione della RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Veneta ‘ .
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dello ‘art. 360 comma 1 n. 3 c.p. Violazione dell’art. 32 DPR n. 327/2001 e degli artt. 112 e 384 c.p.c. in relazione al principio diritto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 360/2017- Determinazione dell’indennità di espropriazione per la parte di fondo espropriata’.
Lamenta la ricorrente che la Corte d’Appello, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE conclusioni del CTU, ha omesso la valutazione del valore venale del terreno espropriato al tempo dell’adozione del provvedimento ablativo (art. 29.1.2009) richiamando un valore precedente di circa sei anni.
Inoltre, nonostante la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 3607/2017, richiedesse di determinare l’indennità di espropriazione e occupazione considerando ‘le possibilità di utilizzazione intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti)’, tale valutazione non era stata compiuta dalla Corte d’appello.
2. Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha osservato che, nella quantificazione dell’indennità di esproprio, il proprio tecnico aveva preso come punto di riferimento il prezzo della compravendita del terreno in questione, effettuata con rogito di data 30.9.2003, antecedente di soli 48 giorni rispetto all’apposizione del vincolo di esproprio, ritenendo che rispetto a quell’epoca non fossero intervenute variazioni nel valore del terreno. Trattasi di una valutazione di fatto che non censurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, nei ristretti limiti di cui all’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c., come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053/2014 (vizio neppure dedotto). Ne consegue l’inammissibilità della censura con cui la ricorrente ha denunciato
che nella determinazione del valore venale del terreno espropriato fosse stato richiamato un valore precedente di circa sei anni. La valutazione in fatto compiuta dal tecnico, e recepita dalla Corte d’Appello, in ordine alla non variazione del valore venale del terreno in questione rispetto all’epoca della compravendita e di apposizione del vincolo di esproprio sull’area , non è, infatti, censurabile in sede innanzi a questa Corte.
Inoltre, la censura secondo cui la Corte d’Appello, nel determinare l’indennità di espropriazione, non avrebbe considerato ‘le possibilità di utilizzazione intermedie tra l’agricola e l’edificatoria’, è parimenti inammissibile: la Corte territoriale ha precisato che, essendo il valore agricolo medio pari ad € 5,50/mq , <>. La sentenza impugnata ha, altresì, evidenziato che le possibilità edificatorie intermedie non potevano prescindere dalle vigenti norme tecniche attuative del piano regolatore vigente, secondo cui, come previsto dall’art. 66, la zona era destinata alla creazione di aree verdi piantumate ed opportunamente attrezzate per il gioco dei bambini con insediamento di attrezzature ricreative, culturali e di ristoro. Alla luce di tale considerazione, la Corte d’Appello ha condiviso la valutazione del CTU secondo cui ‘ si tratta di edificabilità molto specifica, limitata e particolare, non certo raffrontabile con la edificabilità usuale dei terreni ove i privati possono realizzare opere di edilizia abitativa o commerciale o direzionale e secondo indici ben superiori. Né può tenersi conto della successiva adozione del PAT, dovendosi fare riferimento alla destinazione prevista dallo strumento urbanistico vigente al momento dell’emissione del decreto di esproprio ..’.
Con tali precise argomentazioni la ricorrente non si è minimamente confrontata, limitandosi a dedurre genericamente la mancata
considerazione da parte della Corte di merito RAGIONE_SOCIALE possibilità edificatorie intermedie.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dello ‘art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c . Violazione degli artt. 32, comma 1, 33, comma 1, 50, comma 1, DPR n. 327/2001 e degli artt. 112 e 384 c.p.c. in relazione al principio diritto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 360/2017Determinazione dell’indennità di espropriazione per la parte di fondo residua’.
Lamenta la ricorrente che la Corte d’Appello, nel quantificare l’indennità per deprezzamento del fondo residuo, ha, in modo erroneo posto dichiaratamente a fondamento della propria valutazione i criteri previsti dallo ‘Accordo sulle procedure e metodologie da adottare per la determinazione RAGIONE_SOCIALE indennità di espropriazione per la realizzazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Veneta ‘ concluso tra la Regione RAGIONE_SOCIALE e le RAGIONE_SOCIALE, ritenendo comparabile al caso specifico in oggetto.
Tuttavia, ad avviso della ricorrente, tale accordo è applicabile, a differenza che nel caso di specie, solo agli espropri dei terreni aventi una destinazione agricola.
4. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente contesta la valutazione di fatto con cui la Corte d’Appello ha ritenuto che l’espropriazione di parte del terreno non ha inciso particolarmente sulle ipotetiche potenzialità edificatorie dell’area residua (la percentuale di deprezzamento è stata individuata nel 15%), trattandosi di area destinata a verde pubblico. La Corte ha ritenuto, altresì, applicabile l’art. 5 dell’Accordo concluso in occasione della realizzazione della RAGIONE_SOCIALE, pervenendosi al medesimo risultato facendo la
differenza tra il valore dell’area residua ante intervenuto ed il valore dell’area residua post intervento.
Il motivo è inammissibile in quanto sollecita una diversa ed alternativa valutazione di fatto rispetto a quella operata dalla Corte territoriale, né ha comunque censurato la seconda ratio decidendi della Corte, secondo cui si perveniva allo stesso risultato facendo la differenza tra il valore dell’area residua ante intervento ed il valore della stessa area post intervento.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dello ‘art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c -violazione degli artt. 1224, 1282, 1283 e 1499 codice civile -quantificazione e decorrenza degli interessi dovuti in relazione all’indennità di occupazione’.
La ricorrente contesta, in primo luogo, il dies ad quem del computo degli interessi legali, il quale è stato fatto coincidere dalla sentenza impugnata con la data di emissione del decreto di esproprio, anziché dal deposito della relativa somma presso la Cassa Depositi e Prestiti, nonché il dies a quo di tale diritto che non coincide con la data di immissione nel possesso.
6. Il motivo è fondato.
In ordine al dies a quo degli interessi dell’indennità di occupazione, questa Corte (vedi Cass. n. 09329/2016; conf. 9410/2006) ha già affermato che gli interessi sull’indennità di occupazione decorrono dalla scadenza di ciascuna annualità, a partire dal giorno in cui è emesso il decreto di occupazione, e non dall’immissione nel possesso . Ciò sul rilievo che detti interessi sono dovuti «in quanto diretti a compensare il proprietario della mancata disponibilità dei frutti che avrebbe percepito periodicamente, che segna l’immediata ed automatica compressione del diritto dominicale, quale momento di maturazione del relativo diritto, restando irrilevante l’eventuale posteriorità della materiale apprensione del bene».
Con riferimento al dies ad quem, va osservato che questa Corte (Cass. 32415/2019; vedi recentemente Cass. n. 21476/2022; Cass. 15353/2023) ha affermato che, in materia di espropriazione per pubblica utilità, l’indennità di occupazione d’urgenza, essendo volta a compensare il proprietario per la mancata disponibilità del bene, in relazione a quanto avrebbe percepito periodicamente da esso, va calcolata sino alla data dell’effettivo deposito dell’indennità di esproprio presso la Cassa Depositi e Prestiti, momento che conclude la fattispecie complessa da cui deriva l’effetto dell’acquisizione della proprietà del bene anzidetto da parte della Pubblica Amministrazione o dei soggetti ad essa equiparati. Ne consegue che gli interessi vanno corrisposti sino a tale deposito, e non fino alla data del decreto di esproprio, come indicato dalla Corte d’Appello.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata limitatamente alla statuizione relativa alla decorrenza degli interessi sull’indennità di occupazione, e, decidendo nel merito, a norma dell’art. 384 ult. comma c.p.c., tali interessi devono farsi decorrere dal giorno in cui è stato emesso il decreto di occupazione e sino alla data dell’effettivo deposito dell’indennità di esproprio presso la Cassa Depositi e Prestiti.
In relazione al parziale accoglimento del ricorso solo su una questione residuale, a fronte della soccombenza della ricorrente sui primi due motivi, sussistono giusti motivi per la compensazione integrale RAGIONE_SOCIALE spese di lite di questo grado del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso limitatamente al terzo motivo, inammissibili i primi due, cassa senza rinvio la statuizione relativa alla decorrenza degli interessi sull’indennità di occupazione e, decidendo nel merito, dispone che tali interessi decorrano dal giorno in cui è stato emesso il decreto di occupazione e sino alla data dell’effettivo
deposito dell’indennità di esproprio presso la Cassa Depositi e Prestiti.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Così deciso il 30.5.2024