Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18672 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18672 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25724/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 1263/2015 depositata il 08/02/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/05/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza depositata in data 8.2.2019, la Corte d’Appello di Ancona, nel giudizio ex art. 702 bis c.p.c. instaurato da RAGIONE_SOCIALE nell’ambito del procedimento di espropriazione per pubblica utilità dell’area di proprietà di NOME COGNOME COGNOME finalizzato alla realizzazione dei lavori di ampliamento della terza corsia dell’Autostrada A 14 – per opporsi alla stima dell’indennità di espropriazione effettuata dal RAGIONE_SOCIALE dei tecnici ex art. 21 DPR n. 327/2001, ha determinato l’indennità di esproprio in € 604.379 oltre ad € 58.520 a titolo di indennità aggiuntiva, in relazione alla qualità di imprenditore agricolo professionale del proprietario della stessa area.
Per quanto ancora rileva, la Corte d’Appello ha determinato l’indennità per il deprezzamento di valore dell’area residua in € 29.484,00 ed ha determinato l’indennità di occupazione d’urgenza in € 121.715,32, moltiplicando per 29 l’indennità mensile di occupazione d’urgenza, quantificata in € 4.197,08.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a tre motivi.
NOME COGNOME COGNOME ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis. 1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 T.U.
Lamenta la ricorrente che la Corte d’Appello ha omesso di accertare i presupposti richiesti per l’applicazione dell’art. 33 T.U. espropriazioni, ovvero l’esistenza dell’unità economica e funzionale tra la superficie espropriata e quella rimasta in proprietà del soggetto espropriato. Tale unitarietà era stata apoditticamente enunciata dalla CTU in sede di chiarimenti senza che fosse possibile rilevare nell’elaborato richiamato dalla Corte d’Appello per giustificare la propria decisione – alcun argomento a sostegno di tale tesi.
In conclusione, la Corte territoriale ha liquidato l’indennizzo ex art. 33 T.U. senza provvedere a verificare la sussistenza del requisito dell’unità economico – funzionale.
2. Il motivo è infondato.
Va osservato che, come ha dato atto la stessa ricorrente, la Corte d’Appello ha liquidato l’indennità ex art. 33 T.U. richiamando l’elaborato del CTU in particolare, i chiarimenti -nel quale era, incontestabilmente, contenuta la valutazione dell’esistenza dell’unità economica e funzionale tra la superficie espropriata e quella rimasta in proprietà del soggetto espropriato, seppur -come evidenziato dalla stessa ricorrente -solo apoditticamente enunciata.
Dunque, non può essere accolta la prospettazione della ricorrente secondo cui la Corte d’Appello, in violazione dell’art. 33 T.U., non avrebbe accertato l’unità economica e funzionale tra la superficie espropriata e quella rimasta in proprietà del soggetto espropriato. Tale accertamento, per stessa ammissione della ricorrente, è stato effettuato. La criticità riguarda come tale accertamento sia stato motivato, non contenendo, secondo la prospettazione della ricorrente, l’elaborato peritale, richiamato dalla Corte d’Appello, alcun argomento a sostegno dell’unità economico -funzionale.
Tuttavia, va evidenziato che nel primo motivo di ricorso la società RAGIONE_SOCIALE non ha eccepito il vizio di motivazione, ma la violazione dell’art. 33 T.U. per l’omesso accertamento dei requisiti per la sua applicazione. Solo nella memoria ex art. 380 bis c.p.c. (vedi pag. 2) la ricorrente, pur continuando nella rubrica ad invocare la violazione dell’art. 33 T.U., si è espressa nei termini secondo cui ‘… non vi è traccia, nella motivazione della sentenza impugnata, dell’accertamento dei presupposti richiesti per l’applicazione dell’art. 33 T.U …’ ‘.. Né tale lacuna argomentativa appare colmata dalla CTU a cui il provvedimento impugnato si richiama per giustificare la propria decisione (v. pag. 45 ordinanza)’.
Se, da un lato, indubbiamente, tale espressione è idonea a censurare implicitamente, nella sostanza, un vizio motivazionale in cui è incorsa la Corte d’Appello, dall’altro, tale contestazione, in quanto svolta solo nella memoria ex art. 380 bis.1. c.p.c., è, comunque, palesemente tardiva, avendo tale memoria solo funzione illustrativa delle precedenti difese, non potendosi ampliare il contenuto del ricorso per cassazione.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 22 bis 5° comma T.U..
Deduce la ricorrente che l’indennità di occupazione d’urgenza ha ragione d’essere per tutto il periodo in cui l’espropriando rimanga proprietario mentre non avrà più fondamento quando, a seguito all’emissione del decreto ablativo e della sua notifica, la proprietà sia stata trasferita al beneficiario dell’espropriazione, non potendosi prospettare l’occupazione di un bene altrui.
Pertanto, ad avviso della ricorrente, la portata letterale dell’art. 22 bis 5° comma T.U. Espropriazioni trova applicazione solo se l’indennità di esproprio è corrisposta prima della notifica del decreto di esproprio. Diversamente, ove l’indennità venga corrisposta dopo il decreto di esproprio -come, secondo la
ricorrente, avrebbe presupposto l’ordinanza impugnata il dies ad quem dell’indennità di occupazione d’urgenza coincide con la notifica del decreto di esproprio.
Con il terzo motivo è stato dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
Ad avviso della ricorrente, l’ordinanza impugnata presuppone come dato di fatto che l’indennità di espropriazione non fosse stata ancora interamente versata al momento dell’emissione del decreto di esproprio. Al contrario, tale indennità era stata depositata presso la Cassa Deposito e Prestiti in data 25.10.2011 -e in misura superiore rispetto a quella accertata – circostanza il cui esame era stato omesso dalla Corte d’Appello. Pertanto, la corretta applicazione dell’art. 22 bis legge cit. avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a ritenere l’indennità dovuta sino al 25 ottobre 2011.
Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono inammissibili, per non avere la ricorrente colto la ratio decidendi .
Va premesso che non vi è contestazione tra le parti (vedi pag. 15 del ricorso e pagg. 6 punto 2.2. e 8 punto 3.2. del controricorso) che l’immissione in possesso della società RAGIONE_SOCIALE sia avvenuta in data 8.6.2009 e che il deposito della somma di € 669.912,22, a titolo di indennità di espropriazione, sia avvenuto in data 25 ottobre 2011, mentre il decreto di esproprio è di gran lunga successivo, essendo stato emesso in data 9.9.2015 (vedi pag. 2 ordinanza impugnata, pag. 15 del ricorso). Orbene, a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, l’ordinanza impugnata non ha affatto presupposto, come dato di fatto, che l’indennità di espropriazione non fosse stata ancora interamente versata al momento dell’emissione del decreto di esproprio, tanto è vero che
la Corte d’Appello, nei propri conteggi (vedi pag. 9 ordinanza impugnata), dopo aver calcolato l’indennità di occupazione d’urgenza mensile (€ 4.197,08), l’ha moltiplicata per 29 (per un totale di € 121.715,32), cifra che corrisponde esattamente al numero di mesi tra l’immissione in possesso dell’8.6.2009 ed il deposito dell’indennità di espropriazione del 25.10.2011.
La Corte d’Appello ha quindi pienamente considerato il fatto storico del deposito dell’indennità di espropriazione in data 25.10.2011, e quindi precedente al decreto di esproprio del 9.9.2015, avendo calcolato l’indennità mensile d’occupazione d’urgenza per soli 29 mesi e non per oltre sei anni, come, incomprensibilmente, e contra se , la ricorrente sembra aver richiesto a pag. 15 del ricorso con la seguente espressione: ‘… L’indennità di occupazione avrebbe, quindi dovuto essere computata per il periodo intercorrente tra la data di immissione in possesso (26 maggio 2009: v. doc. 2) e la data di notifica del decreto di esproprio (9 settembre 2015: v. doc. 10)..’.
In verità, la ricorrente nel sostenere la propria tesi giuridica secondo cui il dies ad quem fino al quale è dovuta l’indennità di occupazione d’urgenza coincide con la notifica del decreto di esproprio, ove il deposito di tale indennità sia successivo al decreto ablativo, non si è avveduto che, nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente calcolato l’indennità di occupazione d’urgenza, partendo proprio dal presupposto non colto dalla ricorrente – che tale deposito era avvenuto in precedenza rispetto al decreto di esproprio. Ne consegue, altresì, la totale inconferenza della questione giuridica sollevata dalla ricorrente, per la quale aveva anche richiesto la rimessione alle Sezioni Unite (istanza rigettata dal Primo Presidente con decreto del 14.9.2023).
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 8.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Roma, così deciso il 30.5.2024