Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23363 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23363 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
sul ricorso 21586/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso l’ordinanza della CORTE DI APPELLO di MILANO n. 1091/2023 depositata il 31/03/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano, con l’ordinanza che si riporta in epigrafe, ha proceduto a rideterminare, su istanza di RAGIONE_SOCIALE, le indennità alla medesima dovute da Autostrade per l’Italia a seguito dell’espropriazione di alcune aree di sua proprietà destinate a lavori di ampliamento autostradale nei territorio dei Comuni di Baranzate, Bollate e Novate Milanese, escludendo, per quel che qui ancora rileva, qualsiasi indennizzo per i reliquati rimasti in proprietà dell’ablata, «non essendovi evidenza che le parti residue dl bene espropriato abbiano subito un deprezzamento causalmente collegato alla vicenda ablativa», e calcolando l’indennità di occupazione «sino alla data dell’effettivo deposito dell’indennità di esproprio».
Avverso detta decisione ricorre, in via principale, la COGNOME con due motivi, seguiti da memoria, ai quali resiste con controricorso, associato a ricorso incidentale tardivo, e memoria l’intimata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il primo motivo di ricorso -che lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, consistente nell’essere i reliquati interclusi perché integralmente circondati da terreni espropriati, la violazione dell’art. 33 TUE, posto che alla luce della riferita circostanza si sarebbe dovuta accordare in base alla norma richiamata l’indennità da deprezzamento, e la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per non aver la Corte adita corrisposto alla domanda in tal senso formulata dall’istante -è inammissibile sotto più profili.
Inizialmente si impone di osservare che il motivo urta contro il divieto di mescolanza.
Come è noto la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non è tollerata nel giudizio di cassazione, non essendo consentita la prospettazione di una
medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 23/10/2018, n. 26874).
Qui si riscontra una cumulativa ed indistinta rappresentazione di rilievi eterogenei non singolarmente scrutinabili, che osta pregiudizialmente alla loro trattazione.
Più in dettaglio, è poi difficilmente eludibile -insieme alla considerazione che non si sarebbe comunque in presenza di un fatto come preteso dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., ed ancora alla constatazione che non sarebbe in ogni caso riscontrabile la pretesa violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, dato che la Corte di appello ha pronunciato sulla domanda, quantunque per negarne il fondamento -che anche laddove la doglianza, nel profilo superstite, si rendesse sindacabile -ovvero nella pretesa violazione dell’art. 33 TUE -essa, da un lato, contravviene manifestamente al principio di specificità, giacché la relativa contestazione è sviluppata in modo del tutto generico e rivalutativo, dall’altro impinge in una revisione del giudizio di fatto, nell’uno e nell’altro caso non sottraendosi perciò al predetto rilievo preclusivo.
3. Il secondo motivo del ricorso principale -che lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 22bis TUE, nonché dell’art. 12 disp. prel. cod. civ. per aver la Corte territoriale liquidato l’indennità di occupazione sino al deposito dell’indennità di esproprio, quando a mente della prima delle norme richiamate, l’indennità avrebbe dovuto essere riconosciuta sino alla data di corresponsione dell’indennità di espropriazione -è inammissibile ai sensi dell’art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ., giacché la sua illustrazione non offre spunti argomentativi che consentano di mettere in discussione lo stabile indirizzo enunciato sul punto dalla giurisprudenza di questa Corte.
E’ principio infatti pacifico che «in materia di espropriazione per pubblica utilità, l’indennità di occupazione d’urgenza, essendo volta a compensare il proprietario per la mancata disponibilità del bene, in relazione a quanto avrebbe percepito periodicamente da esso, va calcolata sino alla data dell’effettivo deposito dell’indennità di esproprio, momento che conclude la fattispecie complessa da cui deriva l’effetto dell’acquisizione della proprietà del bene anzidetto da parte della Pubblica Amministrazione o dei soggetti ad essa equiparati» ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 11/12/2019. n. 32415). Ed è proprio il rilievo che si accorda al deposito dell’indennità che segna l’esaurimento del procedimento espropriativo, in quanto con il passaggio del bene in proprietà dell’ente espropriante, ne cessa anche l’occupazione e di conseguenza viene meno il diritto alla percezione della relativa indennità, l’eventuale ritardo nella sua materiale apprensione da parte dell’avente diritto costituendo solo la fonte della diversa obbligazione per gli interessi.
L’inammissibilità del ricorso principale determina ex art. 334, comma 2, cod. proc. civ. l’inefficacia del ricorso incidentale, risultando esso tardivo, in quanto, depositata l’ordinanza il 31.3.2023, il termine lungo per la sua impugnazione era venuto a scadere il 31.10.2023, con la conseguenza che il ricorso incidentale, notificato il 6.12.2023, deve reputarsi tardivo.
Le spese possono essere compensate in ragione della soccombenza del ricorrente principale e della tardività del ricorso incidentale.
Ove dovuto, sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente principale del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace il ricorso incidentale, e compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione ci-