Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22364 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 8244/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso giusta procura a margine del ricorso dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
CONTRO
Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME
-intimati – avverso la sentenza della Corte di appello di Bari depositata il 25/7/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/3/ 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con atto di citazione del 17/6/1997 NOME COGNOME conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari sia il Comune di Bari sia la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il risarcimento del danno subito per effetto della pretesa «occupazione acquisitiva». Chiedeva, altresì, per quel che ancora qui rileva, il «risarcimento del danno rinveniente dalla mancata corresponsione ‘di qualsiasi somma per l’occupazione legittima’, da quantificarsi ‘nella misura degli interessi legali sul valore venale del bene’ al 31/7/1992».
Il Tribunale di Bari, con sentenza del 10/12/2004, dichiarava la propria incompetenza in favore della Corte d’appello, «a decidere sulla domanda di pagamento delle indennità di occupazione gittima».
Il Tribunale condannava invece il Comune di Bari e la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore dell’attrice della somma di euro 62.868,00 «a titolo di risarcimento danni oltre interessi».
L’attrice, dunque, con atto di citazione notificato il 30/3/2005, a seguito della declinata competenza del Tribunale di Bari, che aveva statuito sulla domanda di indennità «di occupazione legittima», adiva la Corte d’appello di Bari per conseguire il pagamento, sia da parte del Comune di Bari che da parte della RAGIONE_SOCIALE, in proprio favore, dell’indennità per il periodo dal 23/4/1990 al 31/12/1994, della somma da valutarsi nella misura degli interessi legali sul valore venale del fondo espropriato al momento della scadenza del periodo (31/12/1994).
3.1. La Corte d’appello di Bari, con ordinanza del 17/4/2007, sospendeva il giudizio ex art. 295 c.p.c., in attesa della definizione dell’impugnazione della sentenza del Tribunale n. 2446/2004.
Successivamente, la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 1376 del 28/12/2007, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, escludeva la titolarità passiva di RAGIONE_SOCIALE
Rigettava, quindi, le domande dell’attrice nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Bari, condannava quest’ultimo al pagamento in favore dell’attrice della somma di euro 56.000,00 oltre interessi legali e svalutazione monetaria.
Tale sentenza veniva impugnata dinanzi alla Corte di cassazione dal Comune di Bari con ricorso del 6/2/2009, come pure dall’NOME con ricorso del 9/2/2009.
5.1. Questa Corte, con la sentenza n. 11902/2014, accoglieva il terzo ed il quarto motivo di ricorso principale del Comune, reputando sussistere la titolarità passiva da parte di RAGIONE_SOCIALE
Il Comune riassumeva la controversia dinanzi alla Corte d’appello di Bari che, con sentenza del 15/7/2016, n. 715, reputava sussistere la titolarità passiva di RAGIONE_SOCIALE
L’attrice riassumeva con ricorso dell’8/2/2017 ex art. 297 c.p.c. il giudizio relativo alla opposizione alla stima.
Con sentenza n. 1674 del 25/7/2019 la Corte territoriale evidenziava che a seguito della pronuncia di questa Corte n. 11902 del 2014 «la titolarità passiva del debito in capo a entrambi i resistenti non può più essere revocata in dubbio, atteso il giudicato formatosi sul punto nella causa di risarcimento danni da occupazione appropriativa».
Richiamava la giurisprudenza di legittimità per cui l’opposizione alla stima dell’indennità di occupazione e quelle all’indennità di espropriazione contengono domande distinte ed autonome, avuto riguardo alla diversità delle relative causae petendi , costituite l’una dalla privazione del godimento del bene occupato, e l’altra dall’abla-
zione di quello espropriato; sicché poteva assumere efficacia di cosa giudicata esclusivamente la qualificazione giuridica del terreno, quale antecedente logico-giuridico della statuizione sull’indennità di occupazione legittima, ma non l’accertamento del suo valore di mercato (si citava Cass. n. 19758/2018).
La controversia in oggetto, però, ad avviso della Corte d’appello, si distingueva da quella trattata dalla giurisprudenza di legittimità, in quanto si era stabilito, in via diretta, il valore di mercato ai fini di risarcimento danni da occupazione appropriativa, mentre ora si doveva «fissare il valore ai fini dell’indennità di occupazione legittima», sicché «sul punto appare ineludibile il vincolo del giudicato».
Aggiungeva la Corte d’appello che «ad ogni modo, il valore di mercato stabilito nel giudizio concluso con sentenza n. 714/16 di questa Corte non fu a suo tempo contestato da Ambruoso». Non vi era dunque ragione per discostarsi dal valore di mercato di lire 1.260.000 (pari a euro 650,74) per la parte non edificabile, di euro 2857,00 per i manufatti perduti e di lire 253.000 al metro quadrato per la parte edificabile di mq 738 (per un totale di lire 184.500.000, pari a euro 95.286,39)».
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE
Sono rimasti intimati sia NOME COGNOME che il Comune di Bari.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto: art. 2909 c.c.; art. 834 c.c., art. 81 c.p.c. ex art. 360, primo comma, numeri 3 E 5, c.p.c., per avere la Corte di appello di Bari ritenuto che esplichi efficacia in giudicato la sentenza n. 714/2016 pronunciata tra le stesse parti nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del
danno da occupazione appropriativa, nel presente giudizio avente ad oggetto l’indennità di occupazione».
Per la ricorrente la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto con la sentenza impugnata che la condanna della RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno da occupazione appropriativa, in base alla sentenza n. 714 del 7/4/2016, passata in giudicato, esplicasse i suoi effetti anche nel giudizio avente ad oggetto l’indennità di occupazione legittima.
In realtà, per la ricorrente il risarcimento del danno da occupazione appropriativa «e quello di indennità da occupazione costituiscono domande del tutto autonome, distinte e indipendenti l’una dall’altra, avuto riguardo alla diversità del petitum e della causa petendi su cui si fondano».
Il risarcimento del danno da occupazione appropriativa consiste nel ristoro per l’acquisizione di un bene privato al patrimonio della Pubblica Amministrazione; diversamente, l’indennità da occupazione è fonte di una obbligazione indennitaria volta compensare medio tempore per tutta la durata della indisponibilità del bene, il detrimento dato dal suo mancato godimento.
Per tale ragione, nel giudizio avente ad oggetto la richiesta di indennità di occupazione legittima nessun giudicato può essere invocato sensi dell’art. 2909 c.c., in merito agli accertamenti compiuti nell’altra controversia, «identica esclusivamente per i soggetti, ma assolutamente diversa quanto a causa petendi e petitum , trattandosi di domande dirette al conseguimento di beni giuridici distinti e che si fondano su fatti costitutivi autonomi perfino temporalmente».
2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «violazione e falsa applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362 seguenti c.c., dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c., per avere
la Corte di appello di Bari ritenuto sussistente la legittimazione passiva e la conseguente responsabilità concorrente dell’RAGIONE_SOCIALE».
Sarebbe stata superata la giurisprudenza di legittimità che, in tema di occupazione legittima, «esclude ogni coinvolgimento della concessionaria», nella specie RAGIONE_SOCIALE
La società, infatti, era stata mera esecutrice dei lavori, solo quale concessionaria del Comune di Bari, «unico beneficiario dell’opera pubblica realizzata».
L’unica ipotesi di legittimazione passiva del concessionario si rinviene nel caso in cui quest’ultimo «sia stato destinatario di trasferimento o delega di poteri pubblicistici», circostanza nella specie non verificatasi.
Del resto, anche nell’ipotesi in cui tra il Comune e il concessionario si convenga che quest’ultimo debba provvedere direttamente all’acquisizione dell’area, «i relativi atti risultano pur sempre compiuti in nome e per conto del Comune ‘con la conseguenza che legittimato passivo nel giudizio di opposizione alla stima promosso dall’espropriato è il Comune in via esclusiva».
Tra l’altro, il Comune di Bari si sarebbe adeguato alla giurisprudenza di legittimità, con la delibera della Giunta comunale n. 408 del 23/6/2016, in base alla quale «proprio nell’ambito della procedura espropriativa dell’asse nord-sud 1 lotto funzionale, costante giurisprudenza della Suprema Corte e della Corte d’appello di Bari stabilisce che la corresponsione dell’indennità di occupazione legittima agli espropriati spetta solamente al Comune di Bari».
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.
3.1. L’attrice, infatti, ha avanzato due pretese.
La prima pretesa è stata formulata a titolo di risarcimento del danno per occupazione appropriativa, ed accolta dal Tribunale di
Bari, con sentenza confermata dalla Corte d’appello, che ha però escluso la legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE ed infine accolta dalla Corte territoriale in sede di rinvio (dopo che la Corte di cassazione ha ritenuto sussistente la legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE, con riconoscimento della legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE a seguito del giudicato interno formatosi.
La seconda richiesta dell’attrice COGNOME ha riguardato, invece, la richiesta di indennizzo per l’occupazione legittima del proprio terreno. La domanda è stata accolta dalla Corte d’appello, che, reputando sussistente un giudicato in ordine alla titolarità passiva del rapporto, derivante dal giudizio relativo al risarcimento dei danni da occupazione appropriativa, ha ritenuto sussistente la legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE
Il riconoscimento della titolarità passiva del rapporto in capo RAGIONE_SOCIALE è derivato esclusivamente dalla pretesa sussistenza di tale giudicato, avendo la Corte territoriale ha affermato che «la titolarità passiva del debito in capo a entrambi i resistenti non può più essere revocata in dubbio, atteso il giudicato formatosi sul punto nella causa di risarcimento danni da occupazione appropriativa».
Tale affermazione non è corretta, dovendosi tenere conto della profonda differenza intercorrente tra la domanda di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva e la richiesta di indennizzo da atto lecito per l’occupazione legittima.
4.1. È noto, infatti, che il giudicato può formarsi esclusivamente ex art. 2909 c.c., per le pronunce rese tra le stesse parti, i loro eredi o aventi causa, ove coincidano causa petendi e petitum, oltre al profilo soggettivo.
La differenza, però, tra il giudizio di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva e quello di indennizzo da atto lecito per oc-
cupazione legittima risulta evidente nella giurisprudenza di questa Corte.
Si è affermato, infatti, che la radicale diversità strutturale e funzionale dell’obbligazione relativa all’indennità di esproprio e di quella risarcitoria da occupazione appropriativa giustifica la diversa portata decisoria delle sentenze non definitive nei due campi. Nel primo caso non è concepibile la formazione di un giudicato autonomo in ordine all’individuazione del criterio legale di stima, né è concepibile l’acquiescenza al criterio stesso, posto che il bene della vita alla cui attribuzione tende l’opponente alla stima è l’indennità, liquidata nella misura di legge, non l’indicato criterio legale, con la conseguenza che in sede di pronuncia definitiva debbono essere applicati i criteri di liquidazione previsti dalla legge in quel momento. Di contro, in tema di risarcimento del danno da occupazione appropriativa, può formarsi il giudicato sulla sentenza non definitiva di condanna generica la quale, oltre che sull'”an debeatur”, si sia in concreto pronunciata anche sul pregiudizio sofferto dal proprietario dell’immobile in conseguenza della condotta illecita dell’amministrazione espropriante, commisurandolo alla diminuzione patrimoniale corrispondente al valore, ad una certa data, del bene sottrattogli (Cass., sez. 1, 10/10/ 2007, n. 21143).
5.1. Tra le due domande, tuttavia, può formarsi giudicato esclusivamente in ordine alla natura del suolo espropriato, ma non in ordine al suo valore.
Si è affermato, infatti, che, in tema di espropriazione per pubblica utilità, il giudicato formatosi sulla qualificazione del terreno, quale antecedente logico-giuridico della statuizione sulla indennità di occupazione legittima, calcolata secondo il criterio degli interessi legali sul valore del suolo, preclude ogni diversa qualificazione e valutazione del terreno medesimo nel giudizio risarcitorio per occupa-
zione appropriativa o accessione invertita, costituendo l’accertamento in fatto del valore del bene il comune punto di partenza per la stima sia dell’indennità di occupazione sia del danno risarcibile (Cass., sez. 1, 7/10/2016, n. 20234; più recentemente Cass., sez. 1, 6/4/2021, n. 9264; le medesime considerazioni valgono anche con riferimento alla natura giuridica del terreno, nel rapporto tra le controversie attinenti alle opposizione alla stima dell’indennità di occupazione e quelle relative all’indennità di espropriazione: Cass., sez. 1, 25/7/2018, n. 19758). Pertanto, sul presupposto della formazione di un giudicato interno circa la natura edificatoria del terreno, è stata riformata la sentenza di merito che aveva invece ritenuto che il terreno dovesse considerarsi come agricolo, avendo tale natura al momento della sua irreversibile trasformazione (Cass. n. 20234 del 2016).
Si è peraltro chiarito che non sussiste identità fra la domanda indennitaria introdotta per mezzo dell’opposizione alla stima e la domanda risarcitoria da occupazione acquisitiva, stante la diversità di ” petitum ” e ” causa petendi “; ne consegue che va escluso che si possano configurare ipotesi di litispendenza o di continenza fra le due suddette diverse cause – indennitaria e risarcitoria – eventualmente pendenti contemporaneamente fra le stesse parti (Cass., sez. 1, 26/5/2011, n. 11636).
Nella decisione di questa Corte da ultimo richiamata (Cass., n. 11636 del 2011) si faceva riferimento proprio ad una pronuncia della Corte d’appello del 2005, che aveva premesso nella sua decisione che «per la domanda di determinazione dell’indennità di espropriazione la causa era stata sospesa, in attesa della definizione del giudizio pendente davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, di accertamento dell’occupazione espropriativa del medesimo terreno»,
mentre la decisione della Corte territoriale doveva attenere «alla sola domanda di determinazione dell’indennità di occupazione legittima».
La sentenza del Tribunale era stata poi prodotta in sede di ricorso per cassazione ex art. 378 c.p.c., ma tale produzione era stata ritenuta inammissibile.
Questa Corte (Cass. n. 11636/2011), dunque, ha rigettato la doglianza del Comune in ordine alla violazione degli artt. 38 e 39 c.p.c., anche in riferimento all’art. 112 c.p.c., con cui si censurava la decisione della Corte d’appello che non aveva dichiarato la litispendenza o la continenza delle cause pendenti davanti a giudici diversi, rilevabile d’ufficio in ogni stato e del giudizio.
La Corte di cassazione, a prescindere dalla circostanza che in materia processuale non era invocabile l’omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., perché l’omessa pronuncia del giudice di merito aveva valore di rigetto, escludeva la sussistenza dell’identità tra la causa di opposizione alla stima dell’indennità di occupazione di un terreno e altra causa di condanna al risarcimento del danno da occupazione acquisitiva dello stesso terreno.
Trattavasi di cause diverse sia per petitum che per causa petendi , con esclusione dunque di un’ipotesi di litispendenza e di continenza (Cass. n. 11636/2011).
Si è del resto ritenuto che la domanda di determinazione dell’indennità di esproprio non può convertirsi in domanda risarcitoria da occupazione acquisitiva (cosiddetta “accessione invertita”), stante la diversità di ” petitum ” e di ” causa petendi “, posto che il fatto costitutivo della domanda indennitaria è rappresentato dalla tempestiva emissione di un provvedimento ablatorio e la stessa ha ad oggetto il giusto indennizzo a norma dell’art. 42 della Costituzione, mentre la seconda è volta ad ottenere il risarcimento del danno conseguente alla perdita della proprietà del bene ed è fondata sulla illecita occu-
pazione appropriativa da parte della Pubblica Amministrazione (Cass., sez.1, 9/6/2004, n. 10889).
E dunque erronea l’affermazione della Corte d’appello che ha reputato sussistente la legittimazione passiva da parte di RAGIONE_SOCIALE, nella controversia relativa alla richiesta di indennizzo per l’occupazione legittima del terreno, esclusivamente attraverso il richiamo ad un giudicato formatosi nel diverso giudizio di risarcimento del danno per occupazione appropriativa.
Il secondo motivo è assorbito, in ragione dell’accoglimento del primo motivo.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2025