Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 384 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 384 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20990-2022 proposto da:
COGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
Oggetto
R.G.N. 20990/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 109/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/03/2022 R.G.N. 1159/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 3.3.12 la corte d’appello di Milano, in riforma di sentenza del 2021 del tribunale di Busto Arsizio, ha rigettato la domanda del lavoratore in epigrafe volto a far dichiarare parzialmente irripetibile l’indennità di mobilità e l’indennità integrativa FSTA, corrisposte a seguito di licenziamento collettivo (poi annullato con condanna del datore alla reintegrazione ed al pagamento dell’indennità risarcitoria ex articolo 18 comma 4 statuto lavoratori).
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che, ricostituito il rapporto lavorativo ex tunc, erano venuti meno i presupposti delle due indennità, restando del tutto irrilevante la limitazione della misura dell’indennità risarcitoria (proprio per la sua natura puramente risarcitoria e la sua estraneità alla fattispecie previdenziale) e la sua corresponsione per un periodo inferiore rispetto a quello delle indennità di mobilità, tanto più che ricostituito il rapporto de jure vi è la piena
copertura previdenziale contributiva.
Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per due motivi, cui resiste l’Inps con controricorso, illustrato da memoria. Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato del il termine di giorni sessanta per il deposito provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 7 legge 223/91, 52 legge 88/89 come interpretato dall’articolo 13 legge 412/91, 18 comma 4 Statuto dei lavoratori come modificato dall’articolo 1 comma 42 legge 92/12, per avere la corte territoriale trascurato che il lavoratore si era trovato in stato di disoccupazione involontaria per periodo solo in parte coperto dall’indennità ex articolo 18 comma 4, e che la ricostituzione de iure del rapporto non aveva eliminato la situazione di fatto di bisogno alla base della disciplina della irripetibilità delle somme.
Il secondo motivo deduce nullità della sentenza (art. 360 co. 1 n. 3 e 4 c.p.c.) per violazione dell’articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia su domanda formulata con appello incidentale relativamente al mancato decurtamento delle somme ripetibili con quelle relative al periodo in cui il lavoratore non aveva lavorato né percepito il preavviso nonché, per altro verso, per violazione dell’articolo 10 comma 2bis del testo unico delle imposte sui redditi come modificato dall’articolo 150
decreto legge 34/20, per aver omesso pronuncia sull’eccezione di restituzione delle somme al netto delle ritenute fiscali.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Occorre premettere che l’oggetto del giudizio è la ripetizione dell ‘indennità di mobilità; ciò posto, la prestazione è ripetibile in quanto con la reintegrazione è venuto meno il presupposto in relazione al quale era stata avviata la mobilità; in tale contesto, è irrilevante che lo stato di disoccupazione involontaria di fatto sia stato solo coperto in parte dall’indennità risarcitoria, posto che, a seguito della reintegrazione sono pienamente dovuti i contributi previdenziali per il periodo ricostituito di lavoro.
Quanto poi all’eliminazione solo parziale dello stato di bisogno sul piano fattuale, va detto che l’indennità di mobilità -in quanto indebita- è ripetibile ex articolo 2033 c.c., senza che rilevi quale ostacolo alla ripetizione lo stato di bisogno dell’interessato.
La pronuncia impugnata è dunque rispettosa di quanto affermato già da questa Corte, che ha già precisato in proposito (Sez. L – , Ordinanza n. 24645 del 16/08/2023, Rv. 668618 – 01) che, nell’ipotesi di declaratoria di nullità dell’apposizione di un termine al rapporto di lavoro e conseguente ricostituzione “ex tunc” del rapporto subordinato a tempo indeterminato, viene a cessare la condizione di disoccupazione, con la conseguenza che l’indennità di mobilità corrisposta nel periodo temporale
coperto dalla sentenza (e dall’indennità risarcitoria ex art. 32 della l. n. 183 del 2010) configura un indebito previdenziale, ripetibile – ai sensi dell’art. 2033 c.c. – entro il limite temporale della prescrizione.
Il Collegio ritiene il secondo motivo inammissibile in ragione della sua formulazione, per difetto di specificità. Lamentando, invero, l’omessa pronuncia sulle due questioni sopra indicate, la parte non riporta l’appello incidentale proposto e la pronuncia della corte territoriale nella parte rilevante, non consentendo a questa Corte di verificare l’effettività del vizio denunciato.
Questa Corte ha infatti già chiarito (tra le tante, Sez. 2 – , Ordinanza n. 28072 del 14/10/2021, Rv. 662554 – 01) che nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di
cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi.
Quanto ora detto vale per i due profili sollevati, sia quello relativo alla mancata considerazione del periodo di preavviso sia quello relativo alla mancata considerazione delle ritenute fiscali operate ai fini della restituzione delle somme, peraltro affatto quantificate dal motivo, tanto più che dalla lettura della sentenza impugnata risulta la pronuncia sui detti aspetti, sia pure per mero assorbimento.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 4000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso oggi in Roma, nella camera di consiglio del 15