Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33853 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33853 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
28977/2022 r.g., proposto
da
Ospedale “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE – Opera da Padre Pio da Pietrelcina di San Giovanni Rotondo , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, presso avv. NOME COGNOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
ricorrente
contro
COGNOME NOME Libera , elett. dom.ta in INDIRIZZO Roma, presso avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 1679/2022 pubblicata in data 03/11/2022, n.r.g. 215/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 16/10/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
OGGETTO:
t.f.r. -base di calcolo -indennità di mensa -regime – lavoro plus orario – giudicato previdenziale effetti – esclusione
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME era dipendente dell’Ospedale ‘Casa Sollievo della Sofferenza’ dal 16/05/1986 con mansioni di collaboratore sanitario infermiere professionale, livello BS-5.
Deduceva che, come risultava dall’ultima busta paga (considerato che il ricorso giudiziario era depositato in data 30/05/2017), il datore di lavoro aveva accantonato l’importo di euro 39.997,34 a titolo di t.f.r., in violazione dei criteri imposti dall’art. 2120 c.c. In particolare precisava che per il periodo 16/05/1986 -31/12/2001 non erano stati computati tutti gli emolumenti fissi e continuativi percepiti, laddove nel periodo successivo al 31/12/2001 e sino al 31/10/2015 l’ospedale aveva tenuto conto della limitazione degli istituti da prendere in considerazione prevista dall’art. 46 CCNL integrativo di quello del comparto sanità pubblica del 07/04/1999.
Adìva il Tribunale di Foggia per ottenere l’accertamento del suo diritto al t.f.r. maturato pari ad euro 45.459,42 o a quello diverso che sarebbe risultato in corso di causa.
2.Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale, espletata consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile, in accoglimento della domanda, dichiarava il diritto della ricorrente all’acc antonamento del t.f.r. fino al 31/10/2015 nella misura di euro 47.104,02, in quanto ricomprese nella sua base di computo anche le somme erogate a titolo di lavoro straordinario, indennità di mensa e indennità di ‘compartecipazione e/o incentivazione’, indennità di turno, premio di produttività, in quanto erogate a titolo non occasionale, con la consequenziale differenza di euro 7.106,68 a credito della lavoratrice.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva parzialmente il gravame interposto dall’ospedale e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rideterminava il credito della lavoratrice a titolo di differenza di t.f.r. nella minor somma di euro 3.188,66, per la quale pronunziava condanna dell’ospedale al relativo pagamento.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
ai sensi della legge n. 297/1982, nella base di computo del t.f.r. vanno incluse tutte le voci corrisposte in modo non occasionale, ma tenendo altresì conto dell’art. 46 CCNL comparto sanità pubblica integrativo del CCNL 07/04/1999, pacificamente applicabile alla fattispecie in esame (considerato peraltro che l’ordinamento dei rapporti di lavoro dei dipendenti degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, esercenti attività ospedaliera e classificati ai fini del loro inserimento nel servizio sanitario pubblico -come l’ospedale appellante -è adeguato a quello del personale delle unità sanitarie locali ai sensi del d.P.R. n. 761/1979);
il predetto art. 46 CCNL cit. specifica le voci da includere nella base di computo del t.f.r., ma stabilisce altresì, al co. 2, la sua data di entrata in vigore al 31/12/2001;
fra le voci indicate dall’art. 46 cit. non compaiono gli emolumenti a titolo di ‘incentivazione e/o compartecipazione’, indennità di mensa, compenso per lavoro straordinario, indennità di turno, premio di produttività, retribuzione per le festività, sicché sono da escludersi dalla base di computo del t.f.r.;
la decisione del Tribunale è errata, perché non ha fatto applicazione dell’art. 46 CCNL cit. ed ha altresì riconosciuto indennità non richieste dalla ricorrente;
il Tribunale ha infatti accolto il secondo conteggio del nominato c.t.u., nel quale sono state calcolate nella base di computo del t.f.r. anche indennità di mensa, indennità di ‘compartecipazione e/o incentivazione’, compenso per lavoro straordinario, indennità di turno e premio di produttività in relazione all’intero periodo di lavoro ossia anche per il periodo dall’01/01/2002 in poi;
ne consegue la violazione dell’art. 46 CCNL cit.;
la stessa appellata riconosce l’erroneità del conteggio del c.t.u. e in sede di note di trattazione scritta ha rielaborato i conteggi, sicché non è necessario disporre una nuova consulenza tecnica d’ufficio, sicché una volta sottratta alla somma riconosciuta dal Tribunale (euro 7.106,68) quella risultata non dovuta di euro 3.918,02, residua a credito della lavoratrice la somma di euro 3.188,66;
ovviamente con riguardo all’indennità di ‘incentivazione e/o compartecipazione’, la sua esclusione dalla base di computo del t.f.r. opera soltanto dall’01/01/2002, mentre nel periodo precedente tale voce va inclusa nella predetta base di computo;
nel senso della esclusione della predetta voce anche per il periodo precedente non vale invocare la sentenza del Tribunale di Foggia n. 1361 del 13/09/1997, che aveva qualificato tale voce come compenso per una prestazione lavorativa avente natura autonoma e non subordinata, poiché quel giudicato non ha effetti nei confronti dell’odierna lavoratrice appellata, che non partecipò a quel giudizio; inoltre quel giudicato ha posto soltanto un principio (relativo ai compensi percepiti a titolo di ‘fondo incentivazione’ dai lavoratori per l’attività svolta in plus orario, ossia oltre l’orario di lavoro per le prestazioni ambulatoriali rese in favore di pazienti non ricoverati), che tuttavia dovrebbe trovare una verifica fattuale in concreto caso per caso, che invece nella specie è mancata;
quanto all’indennità di mensa, essa va inclusa nella base di computo del t.f.r. fino al 31/12/2001; né vale invocare in senso contrario l’art. 3, co. 3, d.l. n. 333/1992, conv. in L. n. 359/1992, inapplicabile perché norma che si riferisce soltanto all’ipotesi in cui il servizio mensa sia stato attivato presso l’azienda, sicché l’esclusione dell’indennità di mensa dal novero delle voci di natura retributiva vale solo per l’indennità sostitutiva del servizio che sia stato in concreto istituito, mentre nel caso di specie è pacifico che il servizio non sia stato istituito ed è pacifico che l’indennità di mensa sia stata erogata con continuità e non sia un rimborso spese;
il criterio utilizzato dal c.t.u. di primo grado in relazione a periodi non coperti dalle buste paga in quanto mancanti -per periodi davvero modesti -è congruo e fortemente presuntivo, in quanto l’ausiliario ha correttamente utilizzato lo stipendio tabellare e la media aritmetica semplice di tutte le altre voci retributive fisse e variabili.
4.- Avverso tale sentenza Ospedale “RAGIONE_SOCIALE” I.R.C.C.S. – Opera da Padre Pio da Pietrelcina di San Giovanni Rotondo ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
5.- COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
6.L’ospedale ricorrente ha depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per vizio di ultra e/o extrapetizione per avere la Corte d’appello pronunziato condanna sebbene la lavoratrice non avesse mai chiesto una sentenza di condanna, ma solo una pronunzia di accertamento dell’esatto importo spettante a titolo di accantonamento del t.f.r.
Il motivo è fondato, come riconosce la stessa controricorrente.
Tuttavia la nullità affligge solo la pronunzia ultrapetita , ossia quella di condanna al pagamento, dalla quale è ben possibile enucleare e conservare la parte di accertamento del credito , sia pure all’esito della sua rideterminazione in conseguenza dell’accoglimento per quanto di ragione del quinto motivo (v. infra ).
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 2697 e 2727 c.c. a causa dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, per avere la Corte territoriale omesso di esaminare fatti e documenti prodotti e omesso di applicare il principio di non contestazione circa la prova che il giudicato rappresentato dalla sentenza del Tribunale di Foggia n. 1361/2017 del 13/09/1997 avesse riguardato anche la lavoratrice COGNOME.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché 2727 c.c. per avere la Corte d’appello escluso che gli elementi di prova fossero idonei a dimostrare che il giudicato di cui alla sentenza n. 1361/2017 del Tribunale di Foggia riguardasse anche la posizione della COGNOME.
I due motivi -da esaminare congiuntamente per la loro connessione -sono in parte inammissibili, in parte infondati.
Il secondo motivo è inammissibile per la confusa esposizione della censura, in cui vi è il riferimento ad una pluralità di fatti e documenti non esattamente indicati e che comunque per la loro pluralità mai potrebbero
essere ciascuno ‘decisivo’ nel senso voluto dall’art. 360, co. 1, n. 5) c.p.c.
Il motivo è poi infondato, poiché -come ammette lo stesso ricorrente -l’invocato giudicato del Tribunale di Foggia ha riguardato unicamente una controversia fra l’INPS e l’ospedale, alla quale dunque non hanno partecipato i lavoratori. Quindi giammai quella pronunzia -come ha esattamente affermato la Corte di merito -può produrre efficacia di giudicato nei confronti della COGNOME, mancando il presupposto dell’identità delle parti (art. 2909 c.c.). Ne consegue la necessità di un accertamento in concreto delle modalità con cui sono state rese dalla Scarabino le prestazioni lavorative cc.dd. in plus orario, accertamento che invece -come esattamente rilevato dalla Corte di merito -nel giudizio di merito è mancato perché non è stato chiesto dall’ospedale.
Per le medesime considerazioni si rivela infondato anche il terzo motivo.
3.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2909 c.c. per avere la Corte d’appello omesso di applicare il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile e quindi omesso di considerare ormai non più discutibile l’affermazione contenuta nel giudicato di cui alla sentenza n. 1361/2017 del Tribunale di Foggia, secondo cui i compensi percepiti per le attività rese in plus orario non sono retribuzione, ma compensi di un’attività di lavoro autonomo.
Il motivo è infondato in conseguenza dell’impossibilità di applicare l’art. 2909 c.c., atteso che la norma fra riferimento all’efficacia preclusiva del giudicato nei confronti soltanto delle parti, dei loro eredi e degli aventi causa. Dunque questa medesima efficacia è esclusa nei confronti dei terzi, rimasti estranei al giudizio all’esito del quale quel giudicato si è formato.
4.Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 6, co. 3, d.l. n. 333/1922, conv. in L. n. 359/1992 per avere la Corte territoriale incluso l’indennità di mensa nella base di computo del t.f.r. fino a tutto il 31/12/2001, omettendo di considerare che la citata norma primaria ne ha escluso la natura retributiva.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
In relazione allo stesso ospedale e alla stessa questione questa Corte ha
già affermato: «Il servizio mensa ha natura non retributiva come espressamente previsto dall’art. 6, co. 3, d.l. n. 333/1992 (per il quale C. Cost. con le sentenze nn. 164/1994 e 402/1993 ha rigettato le questioni di legittimità costituzionale), con norma che ha avuto carattere innovativo rispetto all’interpretazione giurisprudenziale immediatamente precedente affermatasi nel periodo 19891992 (su cui v. l’accurata ricostruzione operata da Cass. sez. un. 01/04/1993, n. 3888). Tuttavia, come affermato da questa Corte in funzione nomofilattica (Cass. sez. un. n. 3888 cit.), la norma ha avuto carattere confermativo dell’orientamento giurisprudenziale più risalente: ‘ Il servizio mensa – il quale (sia nel regime anteriore all’entrata in vigore dell’art. 6 del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359, che in quello da tale norma espresso, che assume, pertanto, il valore di disposizione “confermativa”, senza porsi in contrasto con gli artt. 3, 24, 36, 39, 101, 102 e 104 Cost.) ancorché obbligatoriamente apprestato dal datore di lavoro, in adempimento di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, non ha natura di retribuzione in natura, difettando del requisito della corrispettività, in quanto la sua fruizione non è causalmente correlata al solo fatto della prestazione lavorativa, ma presuppone un ulteriore atto volontario del lavoratore ‘.
Nondimeno, sempre nell’esercizio della nomofilachia si è precisato che tale voce può assumere natura retributiva ‘allorché le clausole di previsione stabiliscano altresì l’erogazione di una indennità sostitutiva (rispetto alla quale si configura una obbligazione facoltativa del datore di lavoro, con scelta della prestazione rimessa al creditore) a quanti non fruiscano del servizio stesso, ma tale assunzione non può che avvenire nei limiti risultanti dalle dette clausole e perciò con riguardo al solo valore convenzionale dell’indennità e non anche al valore reale, con la conseguenza che, ai fini del computo del relativo emolumento in istituti retributivi indiretti o differiti, deve farsi riferimento esclusivamente al detto valore convenzionale, venendo in rilievo, per la differenza rispetto al valore reale, la natura “ontologicamente” non retributiva del servizio e, quindi, la non computabilità a tali fini ‘ (Cass. sez. un. n. 3888 cit.).
Negli stessi termini si è poi assestata la successiva giurisprudenza di questa Corte ( ex multis Cass. n. 581/1994; Cass. n. 4839/1998; Cass. n.
14198/2001).
Quindi al cospetto di un rapporto di lavoro risalente come quello oggetto della presente controversia, il giudice deve considerare l’assetto della contrattazione collettiva anche anteriore al decreto legge n. 333/1992, proprio perché espressamente fatto salvo dall’art. 6 cit., senza dubbio applicabile ad ogni rapporto di lavoro subordinato. Qualora la contrattazione collettiva avesse istituito un’indennità di mensa, questa voce avrebbe assunto natura retributiva e, come tale, da computare nella base di calcolo dell’indennità di anzianità e poi del t.f.r. (salva diversa previsione del contratto collettivo).
La Corte territoriale non ha compiuto questo accertamento, invece doveroso.
Al riguardo, considerata la fonte regolatrice del rapporto di lavoro in esame -pacifica fra le parti -ossia il contratto collettivo del comparto sanità, va evidenziato che prima della c.d. contrattualizzazione introdotta dal d.lgs. n. 29/1993 vigeva il sistema del recepimento degli accordi sindacali in apposito d.P.R. ai sensi dell’art. 6 della c.d. legge quadro sul pubblico impiego n. 93/1983 e il d.P.R. aveva natura regolamentare (ossia fonte normativa sia pure di rango secondario), tanto da poter essere direttamente interpretato da questa Corte di legittimità e denunziata la sua violazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. ( ex multis Cass. n. 6152/1993).
Orbene, l’indennità di mensa era prevista dall’art. 33 d.P.R. n. 270/1987 (poi in parte modificato dall’art. 68, co. 2, d.P.R. n. 384/1990), ossia da accordi sindacali recepiti in regolamenti governativi, espressamente fatti salvi dall’art. 6 d.l. n. 333/1992.
Quindi anche su questo punto si impone la cassazione con rinvio per un nuovo calcolo del t.f.r. che in ipotesi includa l’indennità di mensa nella base di computo, previo accertamento non soltanto della sua fissità e continuatività della sua erogazione dal 1985 in poi, ma anche e soprattutto della sua previsione da parte del contratto collettivo o degli accordi sindacali ratione temporis vigenti, condizione indefettibile per riconoscere a tale indennità natura retributiva (Cass. sez. un. n. 3888 cit.), nei limiti del valore convenzionale attribuito dalle parti sociali al servizio mensa … » (Cass. ord.
n. 7742/2024 p. 5 ss.).
Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio per il nuovo accertamento contabile imposto dai principi di diritto sopra esposti, nonché per la regolazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo, accoglie per quanto di ragione il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, per il nuovo accertamento relativo al motivo accolto, nonché per la regolazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in