Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23114 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23114 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/08/2025
Oggetto: indennità di funzione -presidente di circoscrizione
Dott. NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13191/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni agli indirizzi pec dei Registri di Giustizia ;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI PRATO, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli
avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec del terzo, come risultante dai Registri di Giustizia ;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2055/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/11/2020 R.G.N. 269/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Prato, in accoglimento dell’opposizione proposta da NOME COGNOME COGNOME revocava l’ingiunzione del Comune di Prato avente ad oggetto la restituzione della somma di euro 44.965,08 illegittimamente percepita dalla COGNOME a titolo di compenso per le funzioni di Presidente della Circoscrizione SUD.
La Corte d’appello di Firenze riformava tale decisione e, accertata l’indebita percezione, condannava l’appellato a restituire al Comune di Prato le somme percepite dal 6 dicembre 2011 al novembre 2013 a titolo di compenso per le funzioni di Presidente della Circoscrizione del predetto Comune, al netto dalle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali, oltre interessi al tasso di legge dalla domanda al saldo.
Riteneva di non potere condividere l’assunto del giudice di prime cure secondo il quale la norma finanziaria di cui all’art. 23, comma 22, del D.L. 201/2011, che ha introdotto il principio generale di gratuità di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva degli enti territoriali non previsti dalla Costituzione, non riguarderebbe le circoscrizioni di decentramento comunale, configurandosi queste alla stregua di organismi del comune di appartenenza, quest’ultimo senza dubbio ricompreso fra gli enti locali annoverati espressamente dalla Costituzione (art. 114 Cost.).
Ciò, alla luce del tenore della legge n. 214/2011 che, in sede di conversione del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, ha introdotto un’ulteriore espressione testuale all’art. 23 comma 22, aggiungendo, in ordine al principio generale del titolo onorifico della carica elettiva, la locuzione ‘con esclusione dei comuni di cui all’art. 2 comma 186, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n.191’.
Evidenziava che l’art. 2 comma 186, lettera b), inserito in una disposizione recante la disciplina di coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica (legge 23 dicembre 2009, n. 191), prescrive la soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale indicate nel T.U.E.L., tranne che per i comuni con popolazione superiore ai 250.000 abitanti.
Riteneva, in conseguenza, che l’art. 23, comma 22, D.L. 201/2011, nell’escludere espressamente dalla propria portata applicativa i comuni di cui all’articolo 2, comma 186, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n.191 e successive modificazioni, ha inteso stabilire, con specifico riferimento, per l’appunto, alle circoscrizioni di decentramento comunale, quali sono gli organi esclusi dal principio di gratuità (vertici degli organi circoscrizionali nei Comuni con popolazione superiore ai 250.000 abitanti) e quali invece vi ricadono (vertici degli organi circoscrizionali nei Comuni, come quello di Prato, con popolazione inferiore ai 250.000 abitanti).
In altri termini, diversamente da quanto argomentato dal primo giudice, il dato testuale della norma -che utilizzando il criterio demografico seleziona tra organi circoscrizionali dei comuni con più o meno di 250.000 abitanti -indicava che il legislatore avesse inteso chiaramente includere nel suo alveo applicativo anche le circoscrizioni di decentramento comunale.
Né poteva ritenersi esclusa dal generale principio di gratuità la figura del Presidente di Circoscrizione avendo la disposizione in parola
fatto espresso riferimento a ‘qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva’.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha prop osto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
Il Comune di Prato ha resistito con controricorso.
6 . La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art.23, comma 22 DL 6.12.2011, n. 201, convertito con legge 214/2011, in combinato disposto con gli artt. 1, 2 e 82 del Tuel.
Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice d’appello, l’art. 23, comma 22, della sopra citata disposizione normativa, che prevede la natura onorifica di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva di enti territoriali non previsti dalla costituzione, non contiene, invero, alcun riferimento ai Presidenti dei Consigli di Circoscrizione.
Le Circoscrizioni di decentramento, infatti, ad avviso della ricorrente, non sono annoverabili tra gli enti territoriali, richiamati da tale disposizione, in quanto organismi di partecipazione del comune di appartenenza, privi di autonomia, di propri poteri e funzioni.
Il regime indennitario dei loro Presidenti è quindi ancora regolato dall’art. 82 del Tuel, che riconosce loro, appunto, una indennità di funzione.
Con il secondo motivo la ricorrente ribadisce che, costituendo le circoscrizioni forme di decentramento amministrativo per l’esercizio delle funzioni comunali, prive quindi di autonomia e di personalità giuridica, le stesse non sono annoverabili tra gli enti territoriali non previsti dalla Costituzione, per le cui cariche, uffici o organi di natura elettiva è stato introdotto, dall’ art. 23, comma 22, della legge in commento, il principio generale di gratuità.
Con il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la disposizione normativa in esame debba essere applicata dal momento della sua entrata in vigore.
Assume che, diversamente, è corretto differirne la sua efficacia al momento della naturale scadenza del mandato elettivo dei presidenti dei consigli di circoscrizione, così come disposto dal legislatore per altri organi ed Autorità.
Con il quarto motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata là dove non ha considerato l’affidamento che la stessa aveva riposto nella possibilità di espletare per intero il mandato di cui si tratta, confidando quindi sulla regolare percezione delle relative indennità.
Chiede, pertanto, a questa Corte di dichiarare la non ripetibilità delle somme percepite in buona fede in ragione della funzione dalla medesima ricoperta fin dal 2009 alle condizioni allora previste dalla legge.
Con il quinto motivo la ricorrente sostiene che, a fronte della statuizione della Corte di Appello, con cui è stato disposto che il recupero delle somme indebitamente pagate dall’ente alla Sig.ra COGNOME debba avvenire al netto, e non al lordo, delle ritenute fiscali, previdenziali ed assistenziali, il credito dell’ente, azionato invece al lordo delle stesse con lo strumento dell’art. 2 del RD 639/1910, avrebbe perso la caratteristica della certezza e della liquidità.
Assume che il Giudice d’appello avrebbe dovuto revocare l’ingiunzione opposta, in quanto rimasta priva, a fronte di tale statuizione, dei presupposti per la sua stessa emissione.
I motivi sono infondati per le ragioni di seguito illustrate.
La questione centrale ruota intorno alla interpretazione del comma 22 dell’art. 23 del D.L. n. 201/2011 (c.d. ‘salva Italia’) il quale stabilisce che: « La titolarità di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva di un ente territoriale non previsto dalla Costituzione è a
titolo esclusivamente onorifico e non può essere fonte di alcuna forma di remunerazione, indennità o gettone di presenza» .
Tale disposizione va letta alla luce dell’intervento additivo operato in sede di conversione di tale D.L. da parte della legge n. 214/2011 che ha introdotto un’ulteriore espressione testuale all’art. 23, comma 22, aggiungendo, in ordine al principio generale del titolo onorifico della carica elettiva, la locuzione ‘ con esclusione dei comuni di cui all’art. 2 comma 186, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n.191 ‘.
Il punto è se tale esclusione comporti che nel caso di tali comuni (piccoli) non è prevista la gratuità delle cariche.
Occorre partire dall’esame dell’ art. 82 del Tuel il quale, con le modifiche apportate dall’art. 5, comma 6, lettera a), del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122 e, da ultimo, dall’art. 2, comma 9quater , del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio 2011, n. 10, stabilisce: « 2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali ad eccezione dei consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane per i quali l’ammontare del gettone di presenza non può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità previs ta per il rispettivo presidente. In nessun caso gli oneri a carico dei predetti enti per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici possono mensilmente superare, per ciascun consigliere circoscrizionale, l’importo pari ad un quarto dell’indennità prevista per il rispettivo presidente. (…) 11. La corresponsione dei gettoni di presenza è
comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità ».
Già questa norma limita le indennità prevedendole solo per i consiglieri delle Città metropolitane.
Queste ultime, come è noto, sono enti locali previsti per la prima volta dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 (artt. 17-21) sulla riforma dell’ordinamento degli enti locali. All’interno di questa norma, si individuavano nove aree metropolitane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli), ove avrebbero dovuto essere istituiti due livelli di amministrazione locale: la città metropolitana e i comuni. Venivano anche indicati come organi della città metropolitana il consiglio, la giunta e il sindaco metropolitano. Si stabiliva, infine, che le nuove delimitazioni amministrative delle città metropolitane sarebbero state individuate entro un anno dall’approvazione della legge.
Tale scadenza fu posticipata più volte e in quest’ottica intervenne anche la legge n. 463 del 1993, che introdusse inoltre un carattere facoltativo alla riforma istituzionale modificando l’espressione originale ‘procede’ con la dicitura ‘può procedere’. Con la legge n. 265 del 1999, accolta successivamente nel Testo Unico degli Enti Locali, si tentò di accelerare il processo di costituzione delle città metropolitane. Nel 2001, con la riforma del titolo V della Costituzione (legge costituzionale nº 3/2001), la riforma metropolitana acquisì dignità costituzionale a seguito della modifica dell’art. 114, che include le città metropolitane tra gli enti territoriali che costituiscono la Repubblica Italiana.
Nel 2007 il governo Prodi II approvò un disegno di legge-delega (per la redazione della Carta delle autonomie locali), che avrebbe dovuto abrogare il d.lgs. n. 267/2000, recante il Testo unico sull’Ordinamento degli Enti locali, il quale a sua volta raccoglieva in un unico testo la fondamentale legge n. 142/1990, la prima che aveva
previsto, tra le varie disposizioni, l’istituzione delle città metropolitane. Secondo il predetto ddl, avrebbero potuto farne parte le circoscrizioni del comune capoluogo, trasformate – ed eventualmente accorpate – in municipi, nonché i comuni contermini strettamente integrati al capoluogo. L’iniziativa della costituzione della città metropolitana spettava al comune capoluogo o al 30% dei comuni della provincia o delle province interessate, che rappresentassero il 60% della relativa popolazione, oppure a una o più province insieme con il 30% dei comuni della provincia/e proponenti. Sulla proposta la regione doveva esprimere un parere e successivamente sarebbero stati chiamati a esprimersi anche i cittadini con un referendum, che non avrebbe avuto un quorum se il parere della regione fosse stato favorevole, o del 30% in caso contrario.
Il 5 maggio 2009 la legge-delega sul federalismo fiscale introdusse una normativa transitoria per la prima istituzione delle città metropolitane, delegando il governo ad adottare entro 36 mesi, ossia entro il maggio 2012, un decreto legislativo per l’istituzione delle città metropolitane.
Con la legge
n Italia, attualmente le città metropolitane sono 14 (quelle
e con esse, come detto, si indicano aree territoriali, talvolta molto vaste, che comprendono sia il comune capoluogo sia i comuni confinanti di I e II
livello; tanto si evince dalla l. n. 56/2014 (art. 2: « Le città metropolitane sono enti territoriali di area vasta con le funzioni di cui ai commi da 44 a 46 e con le seguenti finalità istituzionali generali: cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana; cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee »; art. 5 « 5. In attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione, le città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono disciplinate dalla presente legge, ai sensi e nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e ferma restando la competenza regionale ai sensi del predetto articolo 117. I principi della presente legge valgono come principi di grande riforma economica e sociale per la disciplina di città e aree metropolitane da adottare dalla regione Sardegna, dalla Regione siciliana e dalla regione Friuli-Venezia Giulia, in conformità ai rispettivi statuti »).
10. In questo quadro complessivo di definizione delle aree territoriali dei capoluoghi si inserisce l’art. 2, comma 186, della legge del 23 dicembre 2009 n. 191 che ha previsto la « soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale di cui all’articolo 17 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, tranne che per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti, che hanno facoltà di articolare il loro territorio in circoscrizioni, la cui popolazione media non può essere inferiore a 30.000 abitanti; è fatto salvo il comma 5, dell’articolo 17, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ».
La suddetta disposizione, che in luogo del concetto di città metropolitana, ha utilizzato come discrimine il concetto di comune con popolazione superiore a 250.000 abitanti, è stata, come detto, richiamata dall’intervento additivo di cui alla legge n. 214/2011 che ha introdotto un’ulteriore espressione testuale all’art. 23, comma 22, aggiungendo, in ordine al principio generale del titolo onorifico della carica elettiva, la locuzione « con esclusione dei comuni di cui all’art. 2 comma 186, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n. 191» .
Il legislatore, dunque, con la previsione di cui all’art. 82 del Tuel (« Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali ad eccezione dei consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane per i quali l’ammontare del gettone di presenza non può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità prevista per il rispettivo presidente») ha chiaramente delineato quali sono gli organi esclusi dal principio di gratuità (vertici degli organi circoscrizionali nei Comuni con popolazione superiore ai 250.000 abitanti) e quali invece vi ricadono, e ciò con specifico riferimento, appunto, alle circoscrizioni di decentramento comunale.
Va, pertanto, ritenuto che l’intervento additivo operato in sede di conversione del D.L. n. 201 /2011 da parte della legge n. 214/2011, là dove esclude dalla propria portata applicativa i comuni di cui all’articolo 2, comma 186, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n.191 e successive modificazioni, facendo dunque espresso riferimento alla disposizione che ha prescritto la soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale tranne che per i Comuni con popolazione superiore ai 250.000 abitanti, ha chiaramente stabilito, con specifico riferimento, appunto, alle circoscrizioni di decentramento comunale, quali sono gli organi esclusi dal principio di gratuità (vertici degli organi circoscrizionali nei Comuni con popolazione superiore ai 250.000 abitanti) e quali invece (vertici degli organi circoscrizionali nei Comuni, come quello di Prato, con popolazione inferiore ai 250.000 abitanti).
Il decreto c.d. ‘salva Italia’, del resto, si inserisce nel solco della legislazione dell’emergenza finanziaria varata per porre un argine alla crisi economica e al disequilibrio finanziario dei conti pubblici ed ha introdotto norme di drastico e urgente ridimensionamento dei costi degli apparati pubblici, al fine di evitare il possibile default dello Stato.
Tale ratio non può che essere la guida interpretativa per una lettura della disposizione che qui rileva.
Come affermato dalla Corte costituzionale 14 giugno 2012, n. 151, con riguardo proprio alle modifiche apportate dal D.L. n. 78/2010 convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010 all’art. 82 del Tuel, la disposizione «persegue l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica corrente per il funzionamento di tali organismi attraverso una disciplina uniforme, che coordina la legislazione del settore» ma che «la normativa oggetto di censura enuncia il principio di gratuità dell’amministrazione delle suddette forme associate di gestione di servizi e funzioni pubbliche da parte degli enti locali», da intendere non come «normativa di dettaglio», ma come «principio fondamentale che … caratterizza ed orienta la disciplina del rapporto tra le indicate forme associative (comprese le comunità montane) ed i loro amministratori, con l’indicato obiettivo di ridurre gli oneri della finanza pubblica».
Il richiamo incondizionato ad un principio di ‘gratuità’ per fini di risparmio della spesa non lascia adito a dubbi (si veda anche Cass. 3 aprile 2024, n. 8754).
Ne consegue che, rispondendo la rimodulazione del regime dei tagli a cogenti esigenze di risparmio pubblico immediato, al fine di coordinare la finanza pubblica locale e di contenere la spesa, deve ritenersi che il legislatore del 2011 abbia esercitato una legittima prerogativa in una materia riservata alla competenza legislativa statale, mantenendo, attraverso il criterio demografico quale strumento per ridurre i costi degli apparati amministrativi, il regime restrittivo previsto per le circoscrizioni di decentramento comunale dei comuni inferiori ai
250.000 abitanti (la cui soppressione è, come detto, da tempo prevista per legge) e, nel contempo, escludendo dal principio di gratuità della carica elettiva, i vertici degli organi circoscrizionali che persistono nei comuni superiori ai 250.000 abitanti.
Correttamente, pertanto, è stata ritenuta la natura onorifica delle funzioni di Presidente di Circoscrizione nel comune di Prato, la cui popolazione è inferiore ai 250.000 abitanti.
Quanto, poi, alla questione della applicazione della disposizione normativa in esame dal momento della sua entrata in vigore, effettivamente, non avrebbe avuto senso per il legislatore disciplinare, per il futuro, ovvero per il periodo successivo alla naturale scadenza del mandato elettivo dei Presidenti di Circoscrizione per i comuni inferiori ai 250.000 abitanti, la corresponsione dell’indennità di funzione, considerato che si tratta di un organo destinato comunque, a tale data, ad essere soppresso (si veda sul punto Corte dei Conti per la Lombardia, parere n. 33/2012; nel medesimo senso anche Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per le Marche, n. 13/2012/PAR; Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, Deliberazione n. 435/2012/PAR).
Né fondatamente la ricorrente invoca il criterio della buona fede per sostenere l’irripetibilità delle somme.
Costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello per cui la ripetibilità di somme indebitamente corrisposte da un’amministrazione a titolo di emolumento, qualora risulti accertato che l’erogazione è avvenuta sine titulo , non può essere esclusa ex art. 2033 cod. civ. per la buona fede dell’ accipiens , in quanto questa norma riguarda, sotto il profilo soggettivo, soltanto la restituzione dei frutti e degli interessi.
In conformità all’interpretazione già resa da questa Corte, nel caso di corresponsione di somme sine titulo , la pubblica amministrazione ha il diritto di ripetere gli importi già erogati, aventi carattere di indebito, dovendosi escludere l’illegittimità costituzionale dell’art. 2033 cod. civ.,
riletto alla luce della giurisprudenza della CEDU, posto che, come chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 8 del 2023, l’ordinamento nazionale delinea un quadro di tutele dell’affidamento legittimo sulla spettanza di una prestazione indebita, il cui fondamento va rinvenuto nella clausola generale di cui all’art. 1175 cod. civ., che, vincolando il creditore a esercitare la sua pretesa tenendo in debita considerazione la sfera di interessi del debitore, può determinare, in relazione alle caratteristiche del caso concreto, la temporanea inesigibilità del credito, totale o parziale, con conseguente dovere del creditore di accordare una rateizzazione del pagamento in restituzione (Cass. 18 agosto 2023, n. 24807).
D’altra parte, il recupero di somme indebitamente erogate dalla Pubblica Amministrazione ha il carattere della doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate (cfr. ex plurimis , Cass. 18 luglio 2023, n. 21008; Cass. 5 gennaio 2022, n. 182; Cass. 13 ottobre 2020, n. 22081; Cons. St. sez. IV, 19 luglio 2019, n. 5093; Cons. St., sez. III, 20 marzo 2019, n. 1852; Cons. St., sez. III, 9 giugno 2014, n. 2903).
Ciò che rileva ai fini della ripetizione delle somme indebitamente corrisposte non è l’errore, più o meno scusabile in cui sia incorso il solvens , essendo sufficiente l’accertamento dell’assenza di giustificazione dello spostamento patrimoniale eseguito.
È infine priva di interesse la doglianza secondo la quale, avendo la Corte territoriale statuito che ‘il datore di lavoro, salvi i rapporti col fisco, può ripetere l’indebito nei confronti del lavoratore nei limiti di quanto effettivamente percepito da quest’ultimo, restando esclusa la possibilità di ripetere importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente’ (cfr. Cass. 2 febbraio 2012, n. 1464;
nello stesso senso, Cass. 25 luglio 2018, n. 19735; Cass. 20 maggio 2019, n. 13530), la medesima avrebbe dovuto revocare l’ordinanza -ingiunzione.
Ed infatti la statuizione di condanna della Corte d’appello, resa in parziale riforma della decisione del Tribunale, ha implicitamente superato e sostituito l’ordinanza -ingiunzione e condannato la RAGIONE_SOCIALE a restituire al Comune di Prato le somme dalla medesima ‘percepite’ dal 6 dicembre 2011 al novembre 2013 a titolo di compenso per le funzioni di Presidente della circoscrizione Sud, ‘al netto della ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali, oltre interessi al tasso di legge dalla domanda al saldo’.
Da tanto consegue che il ricorso deve essere respinto.
La novità delle questioni trattate costituisce motivo per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un, 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.
Ai sensi del d.P .R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2025.