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Indennità di funzione: la legge abrogata non si applica

Un ex dirigente pubblico ha richiesto una maggiore indennità di funzione basandosi su una legge regionale del 1992. I tribunali di merito gli hanno dato ragione, ma la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. La Suprema Corte ha stabilito che la pretesa era infondata, poiché la legge invocata era stata abrogata da una normativa successiva del 1997, prima ancora che l’incarico dirigenziale fosse conferito. Pertanto, il calcolo dell’indennità doveva seguire le nuove disposizioni.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di funzione: non si può chiedere sulla base di una legge abrogata

L’indennità di funzione per i dirigenti pubblici è un tema complesso, regolato da un intreccio di leggi nazionali e regionali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un principio fondamentale: una pretesa economica non può fondarsi su una legge che, al momento del conferimento dell’incarico, era già stata abrogata. Vediamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Un ex dirigente di un ente regionale si era rivolto al Giudice del Lavoro per ottenere il pagamento di una maggiore indennità di funzione relativa a un incarico svolto tra il 2001 e il 2005. La sua richiesta si basava sull’applicazione di un coefficiente di calcolo più favorevole (0,9 anziché 0,7), previsto da una legge regionale del 1992. Secondo il dirigente, l’ente aveva errato nell’applicare un coefficiente inferiore.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al dirigente. In particolare, la Corte d’Appello aveva ritenuto che la delibera della Giunta regionale, che aveva stabilito il coefficiente più basso, fosse un mero atto ricognitivo, privo di discrezionalità e in contrasto con la legge regionale del 1992. Di conseguenza, i giudici avevano confermato il diritto del lavoratore a ricevere le differenze retributive.

Il Ricorso per Cassazione e la controversa indennità di funzione

L’ente regionale, non condividendo la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione di diverse norme di legge. L’ente sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel disapplicare l’atto amministrativo che fissava l’indennità di funzione, senza considerare la natura discrezionale di tale provvedimento e, soprattutto, l’evoluzione normativa in materia.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ribaltando completamente l’esito del giudizio. La motivazione della Corte si fonda su un rilievo decisivo, sollevato d’ufficio: la legge regionale del 1992, sulla quale si basava l’intera pretesa del dirigente, era stata abrogata da una legge successiva del 1997.

Questa nuova legge aveva recepito i principi della contrattualizzazione del pubblico impiego, stabilendo che la retribuzione dei dirigenti, inclusa la componente accessoria, dovesse essere determinata dai contratti collettivi e da specifici provvedimenti della Giunta. Poiché l’incarico dirigenziale in questione era stato conferito nel 2001, quando la vecchia legge non era più in vigore, il dirigente non poteva invocarla per rivendicare un trattamento economico più favorevole. La sua retribuzione doveva essere regolata unicamente dalle nuove disposizioni legali e contrattuali.

In aggiunta, la Corte ha criticato l’operato dei giudici d’appello, specificando che la delibera regionale non era un semplice atto ricognitivo, ma il risultato di un’attività amministrativa discrezionale, come dimostrato dalla procedura di consultazione sindacale prevista dalla stessa legge. I giudici di merito avevano quindi errato nel disapplicarla negando l’esercizio di un potere discrezionale.

Conclusioni

La decisione della Cassazione stabilisce un principio di diritto di grande rilevanza pratica: è impossibile fondare una richiesta economica su una norma abrogata. I diritti e gli obblighi derivanti da un rapporto di lavoro pubblico devono essere valutati sulla base del quadro normativo vigente al momento in cui il rapporto si costituisce e si svolge. Questa ordinanza serve da monito sulla necessità di una verifica attenta della legislazione applicabile, specialmente in settori, come il pubblico impiego, caratterizzati da continue riforme.

Un dirigente pubblico può chiedere un’indennità basandosi su una legge non più in vigore?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che se una legge è stata abrogata prima del conferimento dell’incarico, non può essere utilizzata come base per alcuna pretesa economica. Il rapporto di lavoro è disciplinato esclusivamente dalle norme vigenti in quel momento.

Perché l’atto della Giunta regionale che fissava l’indennità non era puramente ricognitivo?
Non era un atto ricognitivo perché la sua adozione richiedeva una procedura complessa, inclusa la valutazione di un’apposita commissione e la partecipazione di rappresentanti sindacali. Ciò dimostra che l’amministrazione esercitava un potere discrezionale e non si limitava a certificare una situazione già esistente.

Qual è stata la conseguenza finale della decisione della Cassazione?
La Cassazione ha annullato la sentenza d’appello e, decidendo direttamente la causa nel merito, ha respinto in via definitiva la domanda originaria del dirigente. Inoltre, ha compensato le spese legali dell’intero processo, riconoscendo la particolarità della questione giuridica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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