Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7887 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7887 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 9412 del ruolo generale dell’anno 2023 , proposto da
COGNOME NOME , (C.F. CODICE_FISCALE, nato a Roma il 12/01/1965 e residente in Pontinia (LT), INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALEEMAIL), con studio in Latina alla INDIRIZZO ed elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale del predetto avvocato estratto dai registri di giustizia EMAIL, giusta delega in calce al ricorso. Ai sensi delle vigenti disposizioni normative in materia il difensore dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni e notifiche al seguente indirizzo di posta elettronica EMAIL -fax NUMERO_TELEFONO.
Ricorrente
contro
Comune di Pontinia (C.F.: 80004270593), in persona del Sindaco p.t. Dott. NOME COGNOME, con sede in Pontinia INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Latina (C.F.: CODICE_FISCALE (pec: EMAIL) ed
elettivamente domiciliato presso lo Studio della stessa in Latina, INDIRIZZO giusta procura speciale in atti del pct.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n° 6370 depositata il 13 ottobre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Il Comune di Pontinia convenne in giudizio NOME COGNOME davanti al tribunale di Latina onde ottenerne la condanna alla restituzione di euro 17.747,05, pari alla metà degli emolumenti che l’Ente territoriale gli aveva pagato quando aveva esercitato la funzione di Sindaco, ossia dal 27 maggio 2003 al 27 dicembre 2005 e dal 21 aprile al 21 maggio 2006.
Sostenne al riguardo il Comune che il compenso doveva essere corrisposto nella misura della metà, ai sensi dell’art. 82, primo comma, del d.lgs. n° 267/2000, in quanto il COGNOME era un lavoratore dipendente e non aveva chiesto di essere collocato in aspettativa.
2 .- Nella contestazione del convenuto, il tribunale adito rigettò la domanda sul duplice assunto della mancata prova dell’avvenuto versamento, in favore del convenuto, delle somme richiestegli in restituzione e della indeterminatezza dell’ammontare delle somme versate e dei criteri di quantificazione di quelle richieste in restituzione.
3 .-Proposta impugnazione da parte del Comune, la Corte d’appello di Roma l’ha accolta, rigettando l’appello incidentale condizionato proposto dal COGNOME.
Per quello che qui ancora interessa, la Corte ha osservato che i compensi dei Sindaci, nel contesto temporale il cui il COGNOME aveva ricoperto tale carica, erano disciplinati dall’art. 82, primo ed undicesimo comma, del TUEL, nella formulazione vigente ratione
temporis , il quale, a dire della Corte, stabiliva che ‘ tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano chiesto l’aspettativa ‘; mentre all’undicesimo comma, sempre a dire della Corte, prevedeva: ‘ le indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti con delibera di giunta e di consiglio per i rispettivi componenti ‘.
Osservava poi il giudice di merito che l’art. 4 del d.m. n° 119/2000 stabiliva l’ammontare dell’indennità di carica nell’importo tabellare indicato nell’allegato A, prevedendo la possibilità di dimezzare gli importi per i Comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 50.000 abitanti.
Il Comune aveva applicato entrambe le riduzioni mediante la delibera n° 32/2000, confermata con la successiva delibera n° 110/2005.
Pertanto -essendo incontestato che il COGNOME avesse svolto lavoro dipendente presso la Azienda sanitaria locale nei periodi in cui aveva ricoperto l’ufficio di Sindaco e che non avesse richiesto aspettativa -il convenuto andava condannato a restituire l’importo domandato dal Comune, essendo pure pacifico che egli lo avesse percepito con una sola decurtazione.
4 .-Ricorre per cassazione il COGNOME affidando l’impugnazione ad un unico motivo.
Resiste il Comune, che conclude per il rigetto.
Dopo che il Consigliere delegato ha formulato una Proposta di definizione accelerata della lite, ai sensi dell’art. 380 -bis del cod. proc. civ., il ricorrente ha chiesto la decisione dell’impugnazione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Solo il COGNOME ha depositato una memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5 .- Col primo ed unico motivo -intitolato ‘ Erronea declaratoria di legittimità della disposta riduzione degli emolumenti riconosciuti a NOME COGNOME quale Sindaco pro-tempore del Comune di Pontinia, operata ai sensi di quanto previsto dall’art. 82, I comma, del D. Lgs. n. 267/2000, sul presupposto della ritenuta efficacia retroattiva della Delibera di G.M. n.110 del 10.11.2015 ‘ -il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto alla Delibera di Giunta Municipale n° 110/2005 (‘ Determinazione dell’indennità di Funzione del Sindaco, del Vice Sindaco e degli Assessori Comunali per l’anno 2005 ‘), una decorrenza retroattiva.
I compensi percepiti dal ricorrente in base alla precedente delibera n° 32 del 21 febbraio 2000 dovevano ritenersi legittimi sino alla successiva approvazione della delibera n° 110 dell’11 ottobre 2005, non avendo quest’ultima efficacia retroattiva.
6 .- Come già prospettato dal Consigliere delegato in sede di Procedimento per la definizione accelerata, il mezzo è inammissibile.
La Corte d’appello ha premesso che l’indennità per la funzione di sindaco era stata fissata dalla giunta municipale con delibera n° 32 del 21 febbraio 2000, mediante applicazione di una doppia riduzione: ossia quella discrezionale, prevista per esigenze di bilancio del comune, e quella obbligatoria per legge, a causa del lavoro subordinato svolto dal COGNOME.
Nonostante i riferimenti normativi indicati dalla Corte d”appello non siano del tutto corretti (in quanto la previsione di incremento o riduzione dell’indennità sindacale era disciplinata dall’art. 23, undicesimo comma, della legge n° 265/2000, e non dall’art. 82, undicesimo comma, del TUEL; del pari, l’art. 4 del d.m. n° 192/2000 non prevede alcun dimezzamento dell’indennità predetta, ma fissa le indennità spettanti ai vicesindaci ed agli assessori), è nondimeno corretto il risultato finale cui la Corte è pervenuta.
Essa, infatti, è partita dalla constatazione che con la delibera n° 32 del 21 febbraio 2000 la giunta municipale applicò sia la riduzione discrezionale dell’indennità sindacale, sia la dimidiazione obbligatoria in ragione del lavoro subordinato svolto dal COGNOME.
Ne è derivato che il COGNOME, avendo ammesso di aver percepito un’indennità con una sola decurtazione, era tenuto a restituire quanto illegittimamente percepito.
Tale percorso logico è condiviso anche dallo stesso ricorrente, che, infatti, parte dalla constatazione che la delibera della giunta municipale n° 32 del 21 febbraio 2000 (‘ Conferimento Indennità di Carico agli Amministratori Comunali -Anno 2000 ‘) aveva provveduto a determinare l’indennità di carica mensile, che, per quanto attiene al Sindaco, era stata fissata in lire 3 milioni, in perfetta coerenza con il dettato normativo.
Senonché, dato che la dimidiazione obbligatoria discende direttamente dalla legge, è evidente che essa dovesse essere applicata a far tempo dall’entrata in vigore dell’art. 82, primo comma, ultimo periodo, del d.lgs. n° 267/2000, che, per l’appunto, l’ha introdotta e la prevede.
E, posto altresì che la disposizione predetta (‘ Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa ‘) è stata in vigore dal 13 ottobre 2000 sino al 31 dicembre 2006, coprendo anche i periodi di svolgimento delle funzioni sindacali da parte del Mochi, è evidente che essa dovesse essere applicata indipendentemente dalla previsione contenuta nella delibera di giunta n° 110 dell’11 ottobre 2005, alla quale, dunque, la Corte non ha affatto attribuito un’efficacia retroattiva, come vuole il ricorrente.
In conclusione, per quanto il percorso motivazionale non sia stato ineccepibile, la conclusione cui è giunta la Corte d’appello appare conforme a diritto.
7 .- Alla reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del resistente, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 17 mila) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Segue l’applicazione dell’art. 96, terzo e quarto comma, del cod. proc. civ.
Il ricorrente va pertanto condannato a pagare alla controparte una somma equitativamente determinata in misura pari alle spese di lite ed al pagamento di euro 2.000,00 a favore della cassa delle ammende.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 2.200,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Condanna il ricorrente a pagare a favore del resistente la somma equitativamente determinata di euro 2.200,00. Condanna il ricorrente a pagare euro 2.000,00 a favore della cassa delle ammende. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 12 marzo 2025, nella camera di consiglio della prima sezione.
Il presidente NOME COGNOME