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Indennità di frequenza: spese legali per ritardo Ente

Un cittadino ha citato in giudizio un ente previdenziale per il mancato pagamento dell’indennità di frequenza a favore del figlio minore, nonostante il diritto fosse stato accertato. Poiché l’ente ha pagato solo dopo l’inizio della causa, il Tribunale ha dichiarato cessata la materia del contendere, condannando però l’ente al pagamento delle spese legali per il ritardo, applicando il principio di soccombenza virtuale.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di Frequenza e Ritardo dell’Ente: Chi Paga le Spese Legali?

Ottenere il riconoscimento di un diritto è solo il primo passo. Spesso, la vera sfida è vederselo concretamente erogato, specialmente quando si ha a che fare con la burocrazia pubblica. Una recente sentenza del Tribunale di Roma affronta un caso emblematico: il ritardo nel pagamento dell’indennità di frequenza per un minore, che ha costretto una famiglia a ricorrere al giudice. Anche se l’ente previdenziale ha saldato il dovuto a causa già iniziata, è stato comunque condannato a pagare le spese legali. Vediamo perché.

I Fatti del Caso: Dalla Riconoscimento del Diritto al Ricorso in Tribunale

Il caso ha origine dalla richiesta, da parte di un genitore per il proprio figlio minore, di ottenere l’indennità di frequenza, una prestazione economica destinata a sostenere l’inserimento scolastico e sociale di minori con disabilità. Il diritto a tale prestazione era stato formalmente accertato tramite un Accertamento Tecnico Preventivo (ATP), il cui decreto di omologa era stato regolarmente notificato all’ente previdenziale responsabile del pagamento.

Successivamente, il genitore aveva trasmesso tutta la documentazione amministrativa necessaria (il cosiddetto modello AP70) per sbloccare la liquidazione. Tuttavia, nonostante il rispetto di tutti gli adempimenti, i pagamenti non arrivavano. Di fronte a questo silenzio e al mancato versamento dei ratei maturati, al genitore non è rimasta altra scelta che avviare una causa in tribunale per ottenere quanto spettava al figlio.

La Decisione del Tribunale: Cessazione della Materia del Contendere e il Ruolo della Soccombenza Virtuale

Durante il processo, è accaduto un fatto che ha cambiato le carte in tavola: l’ente ha finalmente provveduto al pagamento. A questo punto, l’interesse a proseguire la causa per ottenere il pagamento è venuto meno. In termini giuridici, si è verificata una “cessazione della materia del contendere”.

Ma una questione rimaneva aperta: chi doveva pagare le spese legali sostenute dalla famiglia? Per risolvere questo dilemma, il Giudice ha applicato il principio della “soccombenza virtuale”. In pratica, ha valutato chi avrebbe avuto torto se il processo fosse continuato fino alla fine. L’analisi si è concentrata sulla causa che ha dato origine al contenzioso: il ritardo dell’ente.

Le Motivazioni: Il Termine di 120 Giorni per l’Indennità di Frequenza

Il cuore della decisione risiede nella tempistica prevista dalla legge. La normativa stabilisce che l’ente previdenziale ha un termine di 120 giorni dalla notifica del decreto di omologa dell’ATP per completare tutte le verifiche amministrative e avviare la liquidazione della prestazione.

Il Principio di Causalità

Nel caso specifico, era incontestabile che l’ente avesse superato ampiamente questo termine. Il ritardo ha reso necessario il ricorso legale, che altrimenti non sarebbe stato avviato. Il Tribunale ha quindi stabilito che, poiché l’azione giudiziaria è stata una conseguenza diretta dell’inadempienza dell’ente, quest’ultimo doveva essere considerato la parte “virtualmente soccombente”. Di conseguenza, le spese del processo sono state poste interamente a suo carico.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale a tutela del cittadino: chi causa un processo a causa della propria inadempienza deve farsi carico dei relativi costi. Per le famiglie che lottano per ottenere l’indennità di frequenza, ciò significa che il ritardo della pubblica amministrazione oltre i 120 giorni previsti dalla legge non è senza conseguenze. Se per sbloccare il pagamento si è costretti a rivolgersi a un avvocato, le spese legali dovranno essere rimborsate dall’ente inadempiente. Si tratta di una garanzia importante che scoraggia l’inerzia burocratica e tutela i diritti, soprattutto quelli delle fasce più deboli della popolazione.

Se l’Ente previdenziale paga l’indennità di frequenza dopo l’inizio della causa, devo comunque pagare le spese legali?
No. Secondo questa sentenza, se il pagamento avviene in ritardo (oltre 120 giorni dalla notifica del decreto di omologa) e tale ritardo ha reso necessario l’avvio del processo, l’Ente è tenuto a rimborsare le spese legali, anche se la materia del contendere viene dichiarata cessata.

Qual è il termine massimo per l’Ente per liquidare l’indennità di frequenza dopo il riconoscimento del diritto?
La legge prevede un termine di 120 giorni dalla notifica del decreto di omologa dell’accertamento tecnico preventivo (ATP) per esaurire le verifiche e procedere alla liquidazione della prestazione.

Cosa significa ‘soccombenza virtuale’?
È un criterio con cui il giudice, in caso di cessazione della materia del contendere, decide chi deve pagare le spese processuali. Il giudice valuta quale delle parti avrebbe perso la causa se questa fosse proseguita fino alla sentenza finale, condannando tale parte al pagamento delle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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