Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2490 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2490 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20297/2018 R.G. proposto da:
NOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO REGGIO CALABRIA n. 304/2017 depositata il 24/05/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
I ricorrenti hanno proposto opposizione alla stima dell’indennità definitiva di esproprio e di occupazione relativa ad una porzione di terreni di loro proprietà (circa 600 mq), oggetto di procedura di esproprio per la costruzione di una strada; hanno dedotto che la stima resa dalla Commissione provinciale non tiene conto della edificabilità del terreno e della sua vocazione edificatoria, nonché la circostanza che il bene residuo è privo di reddito per la sua scarsa consistenza e quindi la Commissione avrebbe dovuto tener conto anche della diminuzione di valore della parte non espropriata.
La Corte d’appello di Reggio Calabria osserva che il terreno può considerarsi edificabile solo se è così classificato nello strumento urbanistico e se l’edificazione -anche se a tipologia vincolata -sia permessa all’iniziativa privata. Ciò premesso, si richiama alle conclusioni della consulenza d’ufficio che ha accertato che l’area non è edificabile e calcola l’indennità totale in euro 3.631, 98 osservando che la realizzazione dell’opera pubblica non ha inciso, modificando in peggio la preesistente destinazione urbanistica; anzi per effetto del nuovo strumento urbanistico l’area è divenuta edificabile a dispetto della precedente zonizzazione di tipo agricolo e quindi il terreno residuo può essere utilizzato per fini edificatori.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso gli NOME affidandosi a due motivi. Ha resistito con controricorso il Comune, che ha anche depositato memoria.
La causa è stata trattata alla udienza camerale non partecipata del 14 dicembre 2023.
RITENUTO CHE
1. -Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5 violazione e falsa applicazione della sentenza della
Corte costituzionale n. 181 del 2011 e dei criteri legali di valutazione della natura edificatoria o meno delle aree espropriate secondo quanto disposto dalla legge n. 359 del 1992 e dal DPR n. 327 del 2001, nonché il difetto di motivazione.
I ricorrenti deducono che ha errato la Corte d’appello a non tenere conto delle osservazioni del consulente tecnico di parte e cioè che le particelle 414 e 415 (oggetto di causa) sono di natura edificatoria, cosa di cui peraltro dà atto il decreto di esproprio, che scrive trattarsi di aree mobili del perimetro del centro edificato; l’area deve intendersi di natura edificatoria in quanto la sua destinazione trova collocazione negli standard urbanistici e fa parte di un vasto territorio con spiccata vocazione edificatoria poiché il terreno ricade in gran parte in area classificata come zona territoriale omogenea . Il terreno quindi possiede i requisiti, secondo i ricorrenti, per essere classificato come edificabile sia di fatto che di diritto.
Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 33 del DPR 327/2001. I ricorrenti deducono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, il Comune dovrà essere condannato al risarcimento del danno conseguenti alla circostanza che all’esito dell’esproprio l’intero fondo è stato smembrato e diviso in due tronconi, uno dei quali destinati a viabilità e l’altro di ridotta estensione da considerarsi un relitto.
-I motivi possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi e sono infondati.
In punto di diritto, la sentenza si è correttamente richiamata al principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale nessun rilievo ha il criterio della c.d. edificabilità di fatto, qui invocato, perché le particelle oggetto di esproprio sono incluse in un comprensorio a vocazione edificabile.
L’indennità di espropriazione va infatti determinata in relazione al valore venale, distinguendo tra suoli edificabili e non edificabili in ragione del criterio dell’edificabilità legale, escluse le possibilità legali di edificazione qualora lo strumento urbanistico dell’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale abbia concretamente vincolato la zona ad un utilizzo meramente pubblicistico; ma deve tenersi conto delle possibilità di utilizzazione intermedia tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti, ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente, sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative (Cass. n. 3168 del 01/02/2019; Cass. n. 6527 del 06/03/2019; Cass. n. 27960 del 04/10/2023).
Sono quindi infondate tutte le censure che si richiamano al criterio della edificabilità di fatto, né può farsi valere, dopo la riforma dell’art 360 n. 5 c.p.c. il difetto di motivazione se non nei limiti in cui essa non si adegui al c.d. minimo costituzionale, qui rispettato, poiché la Corte di merito, pur sinteticamente, si richiama ai principii di diritto correttamente applicabili alla fattispecie e, in punto di fatto, alla classificazione urbanistica delle aree, accertata tramite consulenza tecnica.
La Corte d’appello ha infatti escluso le possibilità edificatorie per essere le aree concretamente vincolate da utilizzo meramente pubblicistico dallo strumento urbanistico vigente, rilevando che è divenuta edificabile invece la particella 413, rimasta nella disponibilità dei ricorrenti. Ciò corrisponde a quanto esposto dal Comune, il quale rileva che le particelle 414 e 415 (oggetto di esproprio) hanno rispettivamente destinazione, la prima, in parte ‘F1 – Attrezzature Pubbliche esistenti’ e in parte con destinazione ‘Viabilità di Piano’; la seconda -destinazione ‘F1 – Attrezzature Pubbliche esistenti’;
mentre la destinazione a Zona di Completamento B2 è impressa a una porzione di mq 650 della particella 413 (non espropriata). Di contro, i ricorrenti sulla specifica destinazione urbanistica delle singole particelle espropriate si limitano ad affermare che ‘ il terreno per mq 650 ricade in area classificata nello strumento urbanistico anno 1986 zona territoriale omogenea B2 …. mentre per metri quadri 5 ricade in zona ZTOF1’.
Le censure mancano di chiarezza, specificità e univocità, perché a fronte dell’affermazione resa dalla Corte di merito sulla circostanza che le particelle 414 e 415 sono vincolate da un utilizzo meramente pubblicistico (dallo strumento urbanistico vigente) e a fronte della specifica indicazione contenuta nel controricorso e nella memoria del Comune che richiama la consulenza d’ufficio, non si trascrive, come sarebbe stato necessario, quella parte di consulenza da cui si ricaverebbe -in ipotesi -che l’aera di mq 650 ricadente in zona di completamento (B2), è la parte espropriata (particelle 414 -415) anziché quella relitta.
Parimenti inammissibili le ulteriori censure, generiche, sul deprezzamento dell’area residua, perché non si specifica quali sarebbero le ragioni per cui la parte residua di terreno è un relitto non più utilizzabile in termini produttivi, posto che in sentenza si afferma invece che detto terreno è divenuto edificabile.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in euro 5.000,00 per compensi, oltre euro 200,00 per spese non documentabili, spese forfettarie nella misura del 15 per cento, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14/12/2023 nella camera di consiglio