Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2505 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2505 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31696/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -controricorrente- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2318/2018 depositata il 18/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con una prima citazione dell’anno 2008, l’RAGIONE_SOCIALE sulla premessa che il decreto di esproprio dei suoi terreni, in data 10 dicembre 2007, era stato emesso quando la competente Commissione provinciale non ne aveva ancora stimata l’indennità definitiva, ma solo reso una stima provvisoria, ha chiesto alla Corte d’appello la determinazione del valore del bene, come area edificabile anziché agricola. La causa è stata poi riunita con altra, promossa con citazione del 2009, con la quale la RAGIONE_SOCIALE NOME, premesso di avere saputo solo nel corso della consulenza disposta nel primo giudizio che la Commissione provinciale aveva redatto la propria stima definitiva fin dal 15 ottobre 2007 (vale a dire prima della citazione) e che la convenuta ne era a conoscenza sin dal 6 giugno 2008, aveva eccepito la decadenza della azienda consortile dal diritto di contestarla per non averla opposta nel termine di 30 giorni.
La Corte d’appello, in via preliminare, esamina la questione se la convenuta avesse o meno accettato la stima definitiva della Commissione provinciale (seconda citazione) sulla quale la convenuta aveva eccepito la propria carenza di legittimazione passiva per effetto del conferimento, in data 29 dicembre 2008, del proprio ramo aziendale ferroviario ad altra società.
La Corte d’appello, pur ritenendo fondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva perché a quella data la RAGIONE_SOCIALE non era più titolare dei rapporti compresi nel ramo aziendale ferroviario, la qualifica ‘vana’, perché la questione dell’accettazione o meno della stima appartiene essenzialmente alla lite sulla determinazione della indennità di esproprio (prima citazione). La Corte esamina quindi il merito, considerando la lite unica e il contraddittorio correttamente instaurato e osserva
che non può dirsi che la ACT abbia accettato la stima definitiva (50 € al metro quadro) perché la conoscenza della valutazione della Commissione è avvenuta quando ormai pendeva il giudizio per la determinazione dell’indennità e in questo giudizio la convenuta si era già costituita, resistendo. La Corte esclude quindi che vi sia stato esproprio parziale e afferma che la condizione urbanistica al momento dell’esproprio non dava ai terreni altra edificabilità che quella relativa all’opera pubblica, né conferivano edificabilità le norme urbanistiche anteriori; rileva che l’edificabilità prevista dalla variante per le zone dove erano inclusi i terreni di cui si discute è solo pubblica, per la natura infrastrutturale e di servizio delle opere edificabili FB1.b e FB1.c (infrastrutture ferroviarie), sottratta all’iniziativa privata e limitata alle opere per le quali è stato disposto l’esproprio. Di conseguenza, il giudice d’appello ritiene non condivisibile la stima del consulente né quella della Commissione provinciale, poiché ragionata sull’edificabilità, e quindi provvede con sentenza parziale dichiarando la carenza di legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE, limitatamente alla citazione del 21 maggio 2009, accertando e dichiarando l’inedificabilità dei terreni in questione e dispone una nuova consulenza.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE affidandosi a tre motivi. Si è costituita con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE. Entrambe le parti hanno depositato memoria. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 14 dicembre 2023.
RITENUTO CHE
1. -Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione degli artt.111 c.p.c. e 2560 c.c.. La ricorrente deduce che la ACT non poteva essere considerata non legittimata
passivamente nella seconda controversia perché l’alienante dell’azienda non è liberato dai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento. Nel caso di specie si tratta di un debito per indennità di espropriazione antecedente alla intervenuta cessione.
2. -Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art 54 del DPR 816 del 2001 e dell’art. 29 del D.lgs. n. 150 del 2011. La parte ricorrente premette che in questo caso non si applica la giurisprudenza della Suprema Corte secondo la quale la stima definitiva intervenuta in corso di causa è irrilevante, perché la Commissione ha effettuato la stima prima che la causa di opposizione alla indennità provvisoria fosse instaurata e che almeno dal 30 maggio 2008 la ACT conosceva la stima definitività, non opponendola, sicché l’indennità così stimata non era più contestabile.
-I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.
Per quanto sia corretto il rilievo che ai sensi dell’art.2560 c.c. in caso di trasferimento di azienda l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito, e pertanto deve ritenersi sussistente la legittimazione passiva della ACT anche nel secondo giudizio, l’effettiva ragione decisoria esposta dalla Corte d’appello è un’altra, e cioè che la questione sia irrilevante; in quanto tale, è indifferente che sia fondata o meno.
La Corte di merito basa la propria decisione sul rilievo che, proposta l’opposizione alla stima, anche se provvisoria, si è instaurato un giudizio diretto alla determinazione della indennità e del quantum definitivamente dovuto all’espropriato. Questo rilievo è conforme al principio espresso nella giurisprudenza di
questa Corte, secondo il quale il giudizio di opposizione alla stima davanti alla corte d’appello, qualora si tratti di stima provvisoria, serve a far dichiarare giudizialmente l’indennità dovuta, senza necessità di dovere attendere la determinazione definitiva della stima (Cass. n. 13405 del 28/04/2022; Cass. n. 5518 del 06/03/2017).
La giurisprudenza di questa Corte ha anche affermato che nel giudizio introdotto dall’espropriato per la determinazione della indennità di espropriazione, il giudice deve procedere alla determinazione del “quantum” dell’indennità sulla base dei parametri normativi vigenti e ritenuti applicabili, indipendentemente non solo dalle deduzioni delle parti al riguardo, ma anche dai criteri seguiti dall’espropriante nel formulare l’offerta dell’indennità provvisoria, nonché da quelli adottati nel compiere la stima da parte della Commissione provinciale; ne consegue che la stima ad opera di tale Commissione, ove intervenuta nel corso del giudizio, è inidonea ad influenzare l’azione giudiziaria già intrapresa e non può acquistare carattere definitivo -per cui non abbisogna della proposizione di alcuna opposizione -né incidere sulle autonome determinazioni da operarsi in sede giudiziaria, e che lo stesso giudice può liquidare l’indennità in misura inferiore a quella pretesa (o con criteri meno favorevoli) senza incorrere nel vizio di ultrapetizione. (Cass. n. 1701 del 27/01/2005; in senso conforme Cass. n. 4369 del 10/02/2022).
Vero è che in questo caso la stima definitiva non è intervenuta in corso di causa ma era stata determinata in data anteriore alla proposizione dell’odierno giudizio; il fatto sopravvenuto è la conoscenza, acquisita in corso di causa dall’odierna ricorrente, della determinazione della stima definitiva. Tuttavia, diversamente da quanto deduce la parte
ricorrente, questa circostanza non rende inapplicabile al caso di specie i principi sopra richiamati. Deve infatti considerarsi che questi principi sono stati espressi in ragione di quella che è la natura del giudizio di opposizione alla stima, sia essa provvisoria che definitiva. Con detto giudizio, infatti, si instaura una controversia diretta non già all’annullamento dell’atto con il quale la stima provvisoria o definitiva è stata determinata, ma all’accertamento e quantificazione dell’indennità dovuta al soggetto espropriato.
Per questa ragione è irrilevante che la stima definitiva intervenga in corso di causa, poiché è già pendente controversia, che, pur se denominata opposizione alla stima provvisoria, ha per oggetto il diritto e non l’atto, e conduce ad una decisione che supera anche la determinazione della stima definitiva. Di conseguenza, è irrilevante anche che la stima definitiva sia stata determinata prima nella instaurazione del giudizio di opposizione alla stima provvisoria, perché comunque un giudizio diretto a determinare il quantum è già stato radicato davanti al giudice ordinario, la cui decisione prevarrà in ogni caso sulla quantificazione resa dalla Commissione; ed è con riferimento alle difese spiegate in questo giudizio dall’ente espropriante che deve valutarsi se esso si è opposto e in che termini alla quantificazione della indennità pretesa dal soggetto espropriato.
3.1. -La pendenza del giudizio di opposizione alla stima provvisoria assorbe dunque la questione della stima definitiva – sia che essa intervenga in corso di causa, sia che sia intervenuta anteriormente -con la conseguenza che l’atto di stima definitiva non esige (specifica ed ulteriore) opposizione da parte dell’ente espropriante, se esso, costituendosi nel già pendete giudizio di opposizione alla stima provvisoria, ha già
manifestato le sue ragioni di opposizione alle pretese avanzate dal soggetto espropriato.
La decisione della Corte d’appello resiste dunque alle prime due censure.
4. -Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art.32 del DPR 327/2001 (TUE). Il ricorrente deduce che il vincolo apposto ai terreni era conformativo e non espropriativo e che le costruzioni del polo logistico potevano essere fatte anche da privati.
Il motivo è fondato.
Sul punto la Corte d’appello si è limitata apoditticamente ad affermare che l’edificabilità prevista dalla variante per le zone dove erano inclusi i terreni di cui si discute è solo pubblica, per la natura infrastrutturale e di servizio delle opere edificabili FB1.b e FB1.c e per la collocazione nelle immediate vicinanze della linea ferroviaria. Tuttavia la circostanza che il terreno sia destinato alla realizzazione di infrastrutture di interesse pubblico (nella fattispecie, come esposto in atti, ad opere a potenziamento dello scalo merci Dinazzano, tra cui anche edifici e servizi) non è idonea ad escludere, di per sé, che le opere possano essere realizzate dall’iniziativa privata, ma occorre verificare in concreto se effettivamente quel tipo di infrastruttura poteva anche essere realizzata dai privati.
Deve qui ricordarsi che, ove la previsione urbanistica introduca una destinazione realizzabile anche ad iniziativa privata, non può parlarsi di vincolo e, dunque, non può escludersi la vocazione edificatoria del suolo (Cass. n. 11729/2003); rimangono perciò inclusi nella categoria dei terreni a vocazione edificatoria legale quelli in cui l’edificazione, sia pure a tipologia vincolata, sia consentita all’iniziativa privata, in base alla concreta disciplina e destinazione urbanistica
attribuita all’area (Cass. n. 404/2010, si veda anche in tema di piastre logistiche Cass. n. 7328 del 14/03/2023).
Ne consegue, in accoglimento del terzo motivo del ricorso, respinti il primo e il secondo, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso, respinti il primo e il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima