Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23378 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23378 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 15413 del ruolo generale dell’anno 2020 , proposto da
COGNOME NOME COGNOME nata a Firenze il 22 aprile 1964, cf MRN CODICE_FISCALE), in proprio ed in qualità di amministratore di sostegno di COGNOME NOME , nato a Prato il 16 marzo 1970 (cf MRN NRC CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dagli Avv.ti NOME COGNOME del Foro di Roma (cf VRN CODICE_FISCALE, pec: EMAIL) e NOME COGNOME del Foro di Prato (cf CMP CODICE_FISCALE, pec: EMAIL), domiciliati presso lo Studio Verino in Roma, INDIRIZZO come da procura speciale in calce al ricorso.
Ricorrenti
contro
Città Metropolitana di Firenze – Codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Suo Sindaco metropolitano pro tempore NOME COGNOME ai sensi di quanto previsto dall’art. 16, co. 1 dello Statuto dell’Ente, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (cod. fisc. PLS CODICE_FISCALE) dell’Avvocatura della Città Metropolitana di Firenze come da procura in calce al controricorso, ed elettivamente
domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso e nello studio dello avv. NOME COGNOMEsi dichiara di voler ricevere le notifiche inerenti il presente procedimento all’indirizzo PEC EMAIL
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n° 2349 depositata il 7 ottobre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Dopo aver approvato, con deliberazione del 7 dicembre 2006, il progetto definitivo della realizzazione dell’asse stradale Firenze -Prato -Campi Bisenzio -Sesto Fiorentino, la Provincia di Firenze mediate atto dirigenziale del 4 settembre 2008 determinava in euro 72.072,00 (euro 13,00/mq) l’indennità provvisoria di esproprio di una parte, pari a mq 5.544, del terreno casamentivo denominato ‘ La RAGIONE_SOCIALE ‘ di proprietà di NOME, NOME ed NOME COGNOME, sito in Sesto Fiorentino ed esteso complessivamente mq 23.187.
Quindi, con atto dirigenziale del 27 gennaio 2009, la Provincia pronunciava l’esproprio della predetta parte di fondo.
La Commissione espropri, richiesta di quantificare l’esatto indennizzo, lo fissava in euro 94.248,00 (euro 17,00/mq).
2 .- I proprietari proponevano opposizione davanti alla Corte d’appello di Firenze, dolendosi della natura agricola attribuita al fondo e del mancato ristoro per la perdita di valore della proprietà residua.
La Corte definiva la causa con sentenza n° 516/2011.
Osservava che al momento dell’esproprio il fondo era gravato da un vincolo di carattere conformativo e che la liquidazione della
indennità andava, dunque, fatta in base alla natura agricola del predio.
Quanto al danno arrecato alla parte residua, riteneva di condividere la c.t.u., che per liquidare l’indennità aveva considerato il fabbricato rurale diroccato (avente una superficie calpestabile di mq 438) come completamente ristrutturato, assegnandogli il valore di euro 2.900,00/mq, per complessivi euro 1.270.200,00, al quale andava, nondimeno, applicato un coefficiente di deprezzamento dello 0,15.
Tuttavia, a giudizio della Corte, anche il risultato finale di tale stima era eccessivamente ottimistico date le condizioni del manufatto, ragion per cui la stima del c.t.u. andava ulteriormente ridotta del 30%, così giungendosi all’importo di euro 133.371,00, arrotondabile ad euro 133 mila.
3 .- L’Amministrazione provinciale proponeva ricorso per cassazione, lamentando l’assenza di unità economico-funzionale tra il suolo espropriato ed il resto del fondo e, dunque, l’illegittima liquidazione di un indennizzo per la perdita di valore della parte residua (primo mezzo), nonché l’illegittima valutazione della casa colonica, fatta in base alla sua possibile ristrutturazione e, dunque, senza tener conto dello stato fatiscente di essa (secondo mezzo).
I COGNOME proponevano ricorso incidentale in base a cinque motivi.
Con sentenza n° 24650/2016, questa Corte disattendeva il primo motivo ed accoglieva il secondo, rimettendo le parti davanti alla Corte d’appello di Firenze, affinché determinasse il valore venale della casa colonica, considerandone la fatiscenza e prescindendo dai mutamenti urbanistici e fattuali futuri.
Dichiarava inoltre assorbiti i motivi di ricorso incidentale.
4 .- Il giudizio veniva riassunto in sede di rinvio dagli ablati e la Corte d’appello, disposta nuova c.t.u., decideva la causa con la sentenza indicata in intestazione.
Per quanto qui ancora rileva, riteneva il giudice del rinvio di condividere la stima del consulente, il quale aveva stimato in euro 17,00/mq il valore del terreno ablato in base al metodo comparativo.
Tale valore non rappresentava in alcun modo il valore agricolo medio perché tale valore, riferito alla data del decreto di esproprio per la coltura a orto irriguo, era pari a lire 15.630/mq (pari ad euro 8,07/mq); d’altro lato, neppure i VAM 2017 e 2018 raggiungevano l’importo di euro 17,00/mq, ma erano pari ad euro 15,87/mq, nonostante gli anni decorsi dal decreto di esproprio.
La diversa prospettazione dei valori di mercato da prendere a riferimento, pretesa dagli attori, era stata correttamente disattesa dal perito, poiché essi avevano considerato come termine di comparazione contratti relativi a terreni edificabili, come tali inutilizzabili ai fini della comparazione, posto che nel caso di specie il consulente aveva confermato che si trattava di terreni agricoli.
Inoltre, nessuna utilizzazione intermedia era possibile sul fondo, essendo previsto un vincolo conformativo che vietava qualsiasi mutamento dell’uso agricolo in atto, permettendo solo la manutenzione degli edifici e dei manufatti esistenti.
Il consulente aveva poi correttamente ritenuto che il danno alla parte residua del predio fosse inesistente, ove riferito ai terreni, poiché il loro valore non era stato in alcun modo ridotto dall’ablazione della porzione oggetto di esproprio.
Essi, infatti, erano stati interessati in modo marginale (perimetrale) dalla nuova strada provinciale ed avevano beneficiato, anche grazie alla realizzazione del sottopasso e della relativa viabilità, di un collegamento migliore con la viabilità di uso pubblico rispetto a prima.
Il pregiudizio alla parte residua era, dunque, riferibile al solo fabbricato rurale.
Partendo dal valore medio di mercato del cespite nel 2008 (euro 2.350,00/mq, per complessivi euro 1.172.650,00), il perito aveva detratto i costi di ristrutturazione, le spese tecniche e gli oneri di deruralizzazione, attribuendo, dunque, al cespite di mq 499 lordi il valore di euro 342.150,00.
Applicando quindi un coefficiente di deprezzamento di 0,20 (in considerazione del penalizzante accesso alla proprietà COGNOME attraverso il sottopasso ad utilizzo promiscuo, della presenza dell’asse stradale ad una quota più alta del rudere, con conseguente immissione di rumori e gas di scarico e del preesistente stato dei luoghi sin da prima della costruzione dell’asse stradale, rappresentato da un’area industriale già compromessa dalla presenza di capannoni e dal traffico pesante) il c.t.u. aveva stimato il danno alla parte residua in euro 68.430,00 (342.150 x 0,20).
L’indennizzo complessivo era dunque pari ad euro 162.678,00 (pari alla somma tra quanto liquidato dalla Commissione espropri, euro 94.248,00, e l’indennizzo per il deprezzamento del fabbricato colonico accertato dal c.t.u., euro 68.430,00).
Il danno da svalutazione monetaria reclamato dagli attori non poteva essere riconosciuto, non essendovi colpevole ritardo della Provincia nel pagamento dell’indennizzo, mentre l’allegazione attorea dell’investimento in titoli maggiormente redditizi rispetto al tasso legale era ipotesi meramente affermata (oltretutto in modo contraddittorio) ma indimostrata.
5 .- Ricorrono per cassazione i soggetti indicati in intestazione, affidando il gravame a tre motivi, illustrati da memoria.
Resiste la Città metropolitana di Firenze, subentrata alla Provincia, che con controricorso illustrato da memoria conclude per la reiezione dell’impugnazione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6 .- Col primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 39 della legge n° 2359/1865 e dell’art. 5, commi secondo, nono e quattordicesimo, del regolamento edilizio del Comune di Sesto Fiorentino, nonché violazione dell’art. 384 cod. proc. civ. per mancata applicazione del principio di diritto affermato da Cass. n. 24650/2016.
In sostanza, i ricorrenti lamentano che la Corte non abbia tenuto conto delle possibilità di utilizzo intermedio del suolo e criticano la c.t.u. che avrebbe liquidato l’indennizzo in base a valori agricoli (euro 17,00/mq) tenuto conto di un vincolo conformativo stradale irrilevante, ignorato la natura unitaria del terreno e del fabbricato colonico, ignorato la destinazione industriale della zona, disatteso le previsioni urbanistiche che consentivano la ristrutturazione, omesso di considerare gli atti negoziali segnalati dal c.t.p. attoreo (indicanti euro 23,41/mq).
In altri termini, la Corte fiorentina avrebbe determinato il valore dei terreni secondo il criterio tabellare (VAM – orto irriguo) prescindendo dalle caratteristiche intrinseche ed estrinseche della zona e dei terreni e dalle possibili utilizzazioni dei medesimi.
7 .- Il motivo è inammissibile, essendo privo di autosufficienza.
Nel corso del giudizio di rinvio è stata, infatti, disposta una c.t.u. e la rel azione ha tenuto conto delle ‘ osservazioni dei periti di parte ‘ (sentenza pagina 8).
Tanto premesso, è fin troppo noto ( ex multis : Cass., sez. I, 17 luglio 2024, n° 19775) che la parte che in sede di legittimità intenda censurare l’adesione del giudice di merito alle conclusioni del c.t.u. è tenuta, in ossequio alla natura del ricorso per cassazione, quale mezzo di impugnazione a critica vincolata, ad indicare specificamente le lacune di accertamento e gli errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia fatto proprio l’operato, trascrivendo nel ricorso almeno i passaggi salienti
della relazione, e riportando il contenuto specifico delle critiche mosse alla stessa, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del vizio lamentato.
Peraltro, è pure noto che il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza applicata al caso concreto, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta conclusione, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso, che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (Cass., sez. III, 11 dicembre 2023, n° 34395).
In conclusione, il mezzo va dichiarato inammissibile.
8 .- Col secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione o la falsa applicazione dell’art. 33 del d.P.R. n° 327/2001 e, ancora, la violazione dell’art. 384 cod. proc. civ., per la mancata osservanza del principio di diritto enunciato da Cass. n. 24650/2016.
In sostanza, i ricorrenti lamentano che la sentenza non abbia tenuto conto del pregiudizio patrimoniale subito dai terreni rimasti in loro proprietà, essendo rimasti, a loro dire, interclusi e tra loro collegati solo grazie ad un sottopasso, penalizzante rispetto al precedente accesso a cielo aperto e comunque di uso promiscuo.
9 .- Il mezzo appare inammissibile per le stesse ragioni indicate in sede di scrutinio del primo motivo.
Anche questo motivo, infatti, tende a rimettere in discussione l’operato del c.t.u. recepito dalla sentenza, ma senza indicarne la devianza dalle nozioni correnti della scienza applicata al caso concreto.
10 .- Col terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione degli artt. 1224 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., per avere la Corte escluso la rivalutazione monetaria della somma liquidata.
In particolare, allegano che la Corte non abbia tenuto conto di alcuni elementi fattuali pacifici, ossia l’offerta da parte della Provincia di euro 13,00/mq quale unica indennità definitiva, senza riconoscere nulla per il deprezzamento degli immobili residui: circostanza che dimostrerebbe il colpevole inadempimento dell’Amministrazione.
In ogni caso, secondo i COGNOME, « anche a voler qualificare il debito dell’ Ente espropriante quale ‘debito di valuta’, non per questo è escluso il diritto dell’espropriato al ristoro del “maggior danno” da svalutazione monetaria ».
Essi avrebbero assolto all’onere di domandare il risarcimento del maggior danno, ex art. 1224, secondo comma, cod. civ., e ne avrebbero anche offerto la prova, allegando di essere imprenditori, soci della s.p.aRAGIONE_SOCIALE Jersey, oltre che investitori in valori mobiliari, essendo poi noto che il mercato mobiliare avrebbe avuto un rendimento del 4,5%, quello immobiliare del 4,3% (per le case) e del 6% (per i negozi), mentre il tasso del Btp a dieci anni sarebbe pari al 2,6%.
11 .- Il motivo è inammissibile, in quanto da un lato oppone alla ratio decidendi della sentenza (la quale ha escluso un maggior danno sul rilievo della mancanza di un inadempimento colpevole della Provincia) una tesi contraria basata su elementi fattuali che sono già stati liberamente apprezzati dal giudice del merito e dei quali chiede in sostanza una rivalutazione; dall’altro, introduce elementi di giudizio del tutto nuovi (in quanto non risultanti dalla sentenza impugnata).
Giova, infine, aggiungere che -per costante giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. I, 17 luglio 2024, n° 19775) -l’indennità di espropriazione costituisce un debito di valuta, in relazione al quale il tempo trascorso tra la maturazione del credito e la decisione non giustifica l’adeguamento automatico dell’importo liquidato alle variazioni intervenute nel potere di acquisto della moneta, ma
solo il riconoscimento degli interessi legali, di natura compensativa, con decorrenza dalla data di emissione del decreto di esproprio e fino a quella del deposito, nonché il risarcimento del maggior danno, ai sensi dell’art. 1224, secondo comma, cod. civ.
Quest’ultimo postula, peraltro, la proposizione di una specifica domanda, non desumibile da quella di condanna del debitore al pagamento del capitale e della rivalutazione monetaria, nonché la prova del pregiudizio derivante dal ritardo nel pagamento, che può essere ritenuto esistente anche in via presuntiva, purché il creditore alleghi che, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi è risultato superiore al saggio degli interessi legali, e sempreché, in relazione alle dimensioni dell’impresa e all’entità del credito, sia effettivamente presumibile che il ricorso al credito esterno sia stato conseguenza dell’inadempimento, ovvero che l’adempimento tempestivo avrebbe comportato la destinazione della somma a parziale estinzione del debito assunto verso il finanziatore (Cass., sez. I, 9 agosto 2021, n° 22512).
La mancata considerazione di tali elementi rende il mezzo in esame del tutto inammissibile.
Da ultimo, un’ulteriore ragione di inammissibilità è data dalla mancanza di autosufficienza del mezzo, dato che i ricorrenti non hanno specificato il luogo ed il tempo processuale in cui essi avrebbero allegato la loro qualità di imprenditore nel giudizio di merito.
12 .- Alla soccombenza dei ricorrenti segue la loro condanna solidale alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore della Città metropolitana, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 162 mila) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Re-
pubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale dei ricorrenti, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibili i tre motivi di ricorso e condanna in solido i ricorrenti alla rifusione delle spese della presente fase processuale in favore della Città metropolitana di Firenze, che liquida in euro 6.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale dei ricorrenti, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 12 giugno 2025, nella camera di consi-