Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32652 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32652 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
nel ricorso n. 8926/2019 R.G.
promosso da
Comune di Vetralla , in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio COGNOME, in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME ) e NOME COGNOME ), elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 38/2019, pubblicata l’08/01/2019 e notificata in pari data ;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Cons. NOME COGNOME letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Comune di Vetralla proponeva opposizione alla stima definitiva dell’indennità di esproprio , determinata in riferimento al decreto di esproprio n. 330 /2010, avente ad oggetto un’area di mq. 14.119 di proprietà di COGNOME NOME e di COGNOME PieroCOGNOME ritenendo eccessivo l’importo liquidato dalla Commissione tecnica ai sensi dell’art. 21 d.P.R. n. 327 del 2001.
I proprietari del terreno, nel costituirsi, chiedevano, in via riconvenzionale, che la stima fosse rideterminata in aumento.
Espletata C.T.U. , cui è seguito un supplemento dell’indagine peritale, la Corte d’appello, disattendendo l’eccezione di inammissibilità della domanda riconvenzionale dei proprietari dell’area, formulata dal Comune, determinava l’indennità di esproprio in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME in complessivi € 624.091,18, disponendo il deposito delle somme eccedenti rispetto a quelle già depositate dal Comune (pari ad € 331.527,90) presso la C assa Depositi e Prestiti e disponendo altresì il pagamento degli interessi legali di natura compensativa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune, affidato a quattro motivi di doglianza.
Gli intimati si sono difesi con controricorso ed hanno anche depositato istanze di sollecita trattazione del ricorso, nonché memoria difensiva unitamente alla nota spese.
Anche il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 32, 37 e 40 d.P.R. n. 327 del 2001, nonché
dell’art. 47 delle N .T.A. al P.R.G. di V etralla, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto edificabile la porzione di area espropriata ricadente nella zona F, sottozona F6, destinata all’uso meramente pubblicistico di servizi pubblici , ai sensi dell’art. 47 N .T.A. al P.R.G. del Comune di Vetralla, la quale, ad avviso del ricorrente, non poteva essere edificata dai privati e doveva essere stimata secondo il valore agricolo.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 32, 37 e 40 d.P.R. n. 327 del 2001, nonché dell’art. 4 6 delle N.T.A. al P.R.G. di Vetralla, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto edificabile la porzione di area espropriata ricadente nella zona F, sottozona F5, destinata alla realizzazione di spazi pubblici riservati alle attività collettive, a verde pubblico e a parcheggi , ai sensi dell’art. 4 6 N.T.A. al P.R.G. del Comune di Vetralla, la quale, pertanto, non poteva essere considerata edificabile dai privati e doveva essere stimata secondo il valore agricolo.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 32, 37 e 40 d.P.R. n. 327 del 2001, nonché degli artt. 46 e 47 delle N.T.A. al P.R.G. del Comune di Vetralla, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello applicato l ‘aumento del 10% dell’indennità, ai sensi dell’art. 37, comma 2, d.P.R. n. 327 del 2001, con riferimento alle aree ricadenti nelle zone F5 ed F6, mentre, invece, trattandosi di aree che dovevano essere considerate non edificabili, non avrebbe potuto operare detta maggiorazione, prevista solo per i terreni edificabili.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 d.P.R. n. 327 del 2001, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere la Corte d’appello considerato che, nella specie, si trattava di espropriazione parziale e che il
procedimento di esproprio aveva comportato ai signori COGNOME un notevole aumento di valore dell ‘area rimasta in loro proprietà, su cui vi era una costruzione a forma rettangolare allungata, che, al momento dell’esproprio , era destinata a laboratorio artigiano e magazzino, poiché , come sin dall’inizio affermato dall’Ing. NOME COGNOME – componente della Commissione tecnica nominato dal Comune e, poi, C.T.P. dell’ente nel giudizio di opposizione alla stima – la vicinanza al parcheggio, realizzato a seguito della trasformazione dell’area espropriata , consentiva di sfruttare al meglio l’edificabilità della proprietà rimasta ai signori COGNOME, ricadente in parte nella zona C1 e in parte nella zona F6, tant’è che, p er tale motivo, aveva proposto un decremento dell’indennizzo nella misura del 10%.
Sempre in riferimento al quarto motivo di ricorso, il ricorrente, per il caso in cui questa Corte ritenga che l’applicazione dell’art. 33 d.P.R. cit. dipenda da un’eccezione in senso stretto, e non possa operare in base a un rilievo d’ufficio, ha prospettato la censura appena illustrata anche ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c., ovvero ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, riferito alla circostanza che il procedimento ablatorio aveva avuto ad oggetto la frazione di una proprietà originariamente unitaria.
Il primo, il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, tenuto conto della intima connessione tra loro esistente, e si rivelano tutti inammissibili.
2.1. P arte ricorrente ha, in sintesi, dedotto che la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare che le porzioni di area espropriata ricadenti nelle zone F6 e F5 non avrebbero potuto essere edificate da privati e, pertanto, avrebbero dovuto essere stimate in base al valore agricolo (primo e secondo motivo di ricorso), per il quale non è previsto l’aumento del 10% dell’indennità , stabilito solo per le aree edificabili,
ai sensi de ll’art. 37, comma 2, d.P.R. n. 327 del 2001 (terzo motivo di ricorso).
2.2. Questa Corte ha più volte affermato che, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 28480 del 22/12/2005; Cass., Sez. L, Sentenza n. 6656 del 05/04/2004).
2.3. Nel caso di specie, nella sentenza impugnata si legge quanto segue: «il CTU nominato ha acclarato che l’area oggetto di stima di complessivi mq 14.119 è edificabile in quanto ricade in parte in zona destinata ad espansione residenziale C sottozona C1 ‘ con densità comprensoriale di 80 abitanti per ettaro comprensorio n. 16’, in parte tra le zone destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale zona F sottozona F6 ‘servizi pubblici’, in parte in sottozona F7 destinata a servizi privati e in parte a ‘viabilità e parcheggio’ (vedi CTU arch. NOME COGNOME pag. 9). Risulta ex actis che l’area ricadente nel comprensorio 16 ha un indice territoriale di 0,8 mc/mq ed è estesa mq 6879; quella ricadente in zona F7 ha un indice volumetrico di mc 1,6/mq ed è estesa mq 1600; quella ricadente in zona F6 ha un indice fondiario di mc 1,5/mq ed è estesa mq 5640. Non vi sono contrasti tra le parti in merito alla destinazione urbanistica dell’area, risultando invece contestati i criteri di stima ed i valori unitari attribuiti dal CTU all’area con il metodo sintetico comparativo (relazione di stima del
luglio 2013) e, indi, a seguito di ordinanza collegiale di rimessione sul ruolo deliberata con il precedente relatore , anche mediante il metodo analitico o di trasformazione (relazione del marzo 2017).»
La Corte territoriale ha, quindi, espressamente escluso che vi fosse contestazione sulla edificabilità delle aree espropriate, sia pure ricadenti in zone aventi diverse destinazioni urbanistiche.
D’altronde, nel riportare, nel ricorso per cassazione, i motivi di opposizione alla stima, il ricorrente non ha fatto alcun riferimento alla ritenuta non edificabilità delle aree sopra menzionate e alla conseguente necessità di procedere alla stima secondo il valore agricolo, emergendo soltanto critiche ai criteri di stima in concreto adottati.
Si legge, infatti, alle pagine 3 e 4 del ricorso per cassazione quanto segue: «1.1. In particolare, il Comune di Vetralla, nell’oppos izione alla stima, ha richiamato le osservazioni critiche dell’Ing. COGNOMEcomponente dissenziente del Collegio peritale), il quale aveva indicato come ‘la definizione dei valori attraverso il metodo sintetico del valore di mercato non fosse quella in grado di fornire risposte adeguate secondo la prassi estimativa’. Infatti, a fronte del valore di E/mc 85,00 assunto dal Collegio peritale -corrispondente alla semplice media aritmetica dei valori riportati dalla camera di commercio di Viterbo per il primo semestre 2010 (80/90 €/mc) -la banca dati delle quotazioni immobiliari tenuta dall’Agenzia delle Entrate Ufficio Provinciale di Viterbo porta valori che, riferiti alla specifica zona interessata dall’esproprio e al medesimo periodo storico (I semestre 2010), sono pari ad €/mc 60. sostanzialmente coincid enti con quanto proposto dal Comune di Vetralla (cfr. pag. 8 dell’atto di citazione- doc. n. 3.A cit.). 1.2. – In secondo luogo, la determinazione collegiale opposta è stata contestata dal Comune per non aver tenuto conto che, trattandosi di espropriazione parziale di un bene unitario. ai sensi dell’art. 33, co. 2,
d.P.R. n. 327/2001, l’indennità riconosciuta per l’ ablazione del diritto di proprietà avrebbe dovuto essere corrispondentemente diminuita in ragione del vantaggio immediato e speciale goduto dagli espropriati per l’aumento di valore della ‘ costruzione rettangolare allungata”, non oggetto di esproprio, “che insiste sul residuo terreno di loro proprietà e che, attualmente, è destinala a laboratorio artigiano e magazzino”, specialmente in ragione dell ‘ opera (parcheggio e servizi) realizzata sull’area espropriata (cfr. pag. 9 dell ‘ atto di citazione- doc. n. 3.A cit.). 1.3. – In terzo luogo – con riferimento alle parti di terreno ricadenti nelle aree F6 ed F7 -l’Amministrazione comunale ha contestato il procedimento di stima collegiale nella parte in cui ha inteso ricavare il valore di mercato per comparazione con realtà commerciali assolutamente non assimilabili con il Comune di Vetralla, come, ad esempio, il ben più popoloso capoluogo di Viterbo (cfr. pagg. 9-10 dell’atto di citazione- doc. n. 3.A cit.). Nello specifico, l’area ricadente in zona F6 (servizi pubblici) di PRG, regolata dall’art. 47 delle NTA al PRG di Vetralla (cfr. doc. n. 10 del fascicolo del precedente grado – doc. n. 3.10), è destinata a servizi pubblici o gestiti da Enti Pubblici», sicché, data tale limitazione, le aree così regolate non hanno un mercato di riferimento. Ciò è tanto più vero alla luce della tendenza attuale, volta alla ‘so ppressione degli uffici pubblici nel territorio per concentrarli nel capoluogo della provincia» (cfr. pag. 10 dell ‘ atto di citazione- doc. n. 3.A cit.). Anche il valore attribuito all’area ricadente nella sottozona F7 (art. 48 delle NTA al PRG di Vetralla- doc. n 10 cit. del fascicolo del precedente grado) non è stato condiviso dall ‘ Autorità espropriante, non potendo questo essere equiparato al valore di mercato della sottozona C1 (cfr. pagg. 10-11 de ll’atto di citazione – doc. n. 3.A cit.).»
In sintesi, il ricorrente, nel proporre impugnazione davanti a questa Corte, non ha dedotto di avere fondato l’opposizione alla stima sulla ritenuta non edificabilità delle aree espropriate, ricadenti nelle zone F6
ed F5, contestazione esplicitamente esclusa dalla Corte d ‘appello, sicché, per i motivi sopra evidenziati, le censure contenute nel primo e nel secondo motivo devono ritenersi inammissibili.
2.4. Per le stesse ragioni anche il terzo motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile.
Questa Corte ha precisato che l’aumento del 10% dell’indennità di espropriazione, ai sensi dell’art. 37, comma 2, d.P.R. n. 327 del 2001, trova applicazione indipendentemente dalla riduzione – prevista dal comma 1 -dell ‘ indennità del 25 %, stabilita per le ipotesi in cui l’espropriazione sia finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, e va riconosciuto in via automatica dal giudice, anche ove ciò comporti il superamento del tetto del valore di mercato nella quantificazione dell’indennizzo, allorché emerga dagli atti, per le aree edificabili, la presenza di uno dei presupposti previsti dalla norma (ossia quando l’amministrazione abbia offerto un’indennità provvisoria inferiore agli otto decimi di quella definitiva), mirando ad incentivare la definizione del procedimento espropriativo in via consensuale e non giudiziale, così stimolando comportamenti virtuosi della P.A., la quale ha la possibilità di evitare di pagare tale maggiorazione, offrendo una somma non inferiore agli otto decimi di cui sopra (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 12058 del 16/05/2017).
Nella specie, il ricorrente ha censurato la decisione della Corte, nella parte in cui ha disposto tale aumento, ritenendo che la norma sopra richiamata non fosse applicabile alle aree appartenenti alle zone F6 e F5, poiché si trattava di aree non edificabili.
Tuttavia, come sopra evidenziato, il ricorrente non ha dimostrato, e neppure dedotto, di avere sottoposto al giudice di merito la questione della non edificabilità delle aree nel corso del giudizio di merito, risultando, anzi, dalla sentenza impugnata, che la Corte d’appello aveva ritenuto non contestata la destinazione edificabile delle aree,
sicché, fondandosi il motivo su una questione da ritenersi nuova, la censura è anch’essa inammissibile .
Il quarto motivo è in parte inammissibile e in parte infondato per le seguenti plurime ragioni.
3.1. Parte ricorrente ha dedotto che, nella specie, si è trattato di espropriazione parziale e che la trasformazione dei beni espropriati aveva comportato un notevole aumento di valore nell’area rimasta in proprietà ai privati, ove al momento dell’esproprio vi era una costruzione a forma rettangolare allungata, destinata a laboratorio artigiano e magazzino, poiché, come sin dall’inizio affermato dall’Ing. COGNOME – componente della Commissione tecnica nominato dal Comune e, poi, CTP nel giudizio di opposizione alla stima – la vicinanza al parcheggio realizzato a seguito della trasformazione dell’area espropriata, avrebbe consentito di sfruttare al meglio la menzionata area ancora in proprietà dei signori COGNOME, ricadente in parte nella zona C1 e in parte nella zona F6, tant’è che, per questo, aveva proposto, un decremento dell’indennizzo nella misura del 10% (così arrivando a determinare l’indennità nella misura di € 299.410,63 ).
La stessa parte ha dedotto di avere in via principale richiamato, in sede di precisazione delle conclusioni definitive, la relazione del consulente tecnico del Comune, dissenziente rispetto alla relazione di stima impugnata, che aveva ritenuto giusta l’indennità determinata nell’importo sopra indicat o , con l’effettuazione , dunque, della riduzione del 10% per i motivi sopra evidenziati (p. 21 del ricorso per cassazione).
3.2. Com’è noto, l’art. 33, ai comma 2, d.P.R. n. 327 del 2001 stabilisce quanto segue: «Se dall’esecuzione dell’opera deriva un vantaggio immediato e speciale alla parte non espropriata del bene, dalla somma relativa al valore della parte espropriata è detratto l’importo corrispondente al medesimo vantaggio.»
3.3. Nella sentenza impugnata si legge quanto segue: «…Vanno invece esclusi, per quanto sopra già detto, la riduzione del 25% e altresì l’abbattimento cautelativo del 10%, operato dal CTU, in quanto la stima è stata effettuata applicando il metodo sintetico-comparativo, che si avvale di indicazioni di mercato concernenti il prezzo pagato per immobili omogenei e mediante accorgimenti già finalizzati ad adeguare i valori alla situazione specifica.»
3.4. La Corte d’appello ha, dunque valutato la situazione in concreto e ha ritenuto che la stima, come operata, tenesse conto della situazione specifica, senza ravvisare la necessità di operare alcun abbattimento.
La censura, attiene, dunque ad una valutazione di merito, operata dalla Corte territoriale, insindacabile in sede di legittimità.
3.5. La parte, peraltro, avrebbe dovuto dedurre il vantaggio specifico in tesi conseguito solo dalle aree dei ricorrenti, e non anche da tutte le aree confinanti all’opera pubblica realizza ta per effetto della trasformazione, sicché la censura, con cui si allega un mero vantaggio aspecifico derivante dalla vicinanza all’opera pubblica, è generica e, dunque, inammissibile per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c..
3.6. Deve altresì escludersi la violazione dell’art. 112 c.p.c., tenuto conto che la Corte territoriale non ha omesso di statuire sulla richiesta di abbattimento del 10% dell’indennità di esproprio, in ragione della dedotta espropriazione parziale, avendo esaminato tale richiesta, ma ha ritenuto di non accoglierla, per i motivi sopra evidenziati.
3.7. Né può ritenersi che la Corte di merito abbia omesso di esaminare un fatto, ossia il vantaggio arrecato ai fondi rimasti in proprietà ai ricorrenti dall’esecuzione dell’opera pubblica sui terreni espropriati, tenuto conto che, come sopra evidenziato, la Corte ha affermato di avere valutato la situazione specifica e ha escluso di dover
ridurre l’indennità in difetto di uno specifico e particolare vantaggio apportato alle aree rimaste in proprietà dei privati, che, come sopra evidenziato, il Comune non ha neppure dedotto nei termini richiesti dall’art. 33, comma 2, d.P.R. cit..
In conclusione, il ricorso deve essere complessivamente respinto.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
I controricorrenti, nelle conclusioni del controricorso, hanno chiesto la distrazione delle spese in favore dei loro difensori, NOME COGNOME e NOME COGNOME che si sono dichiarati antistatari.
Con nota ex art. 372 c.p.c., depositata il 25/01/2024, le stesse parti hanno chiesto liquidarsi le spese della procedura incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, depositando gli atti della procedura.
Nella memoria difensiva, depositata il 05/09/2024, i medesimi controricorrenti hanno reiterato la richiesta di distrazione nei seguenti termini: «Con vittoria di spese e compensi professionali anche della fase incidentale, come da relativa istanza di liquidazione depositata con nota ex art. 372 c.p.c., in data 25/30 gennaio 2024 da distrarsi a favore dei sottoscritti procuratori, dichiaratisi antistatari.»
In via generale, nel giudizio in cassazione la richiesta di distrazione delle spese è dalla giurisprudenza ritenuta tempestivamente presentata nella memoria difensiva che precede l’adunanza in camera di consiglio (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 4294 del 18/02/2021).
Per quanto riguarda, in particolare, le spese del sub-procedimento di cui all’art. 373 c.p.c., questa Corte ha precisato che, con esclusione del caso di accoglimento del ricorso con rinvio al giudice di merito competente alla liquidazione delle spese anche per la fase del giudizio di cassazione – può essere chiesta alla Corte di cassazione anche la liquidazione delle spese sostenute davanti al giudice di appello, per lo
svolgimento della procedura di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, fermo restando che tale richiesta, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio, può essere esaminata a condizione che l’interessato produca, nei termini di cui all’art. 372, secondo comma, c.p.c., una specifica e documentata istanza, comprensiva dei relativi atti, in modo da offrire alla controparte la possibilità di interloquire sul punto (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 6792 del 14/03/2024; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3341 del 11/02/2009).
In applicazione dell’art. 35, comma 6, d.lgs. n. 149 del 2022, al presente procedimento si applica il testo novellato dell’art. 372 c.p.c., trattandosi di giudizio già pendente alla data del 01/01/2023, senza che fosse stata ancora fissata l’adunanz a ( «Gli articoli 372, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 380-bis, 380-bis.1, 380-ter, 390 e 391-bis del codice di procedura civile, come modificati dal presente decreto, si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio» ).
Pertanto, il termine di cui all’art. 372, comma 2, c.p.c. è quello stabilito dalla nuova formulazione della disposizione, che prevede il deposito della documentazione, ivi menzionata, «fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio ».
Nella specie, la richiesta, corredata della relativa documentazione, risulta tempestiva e, pertanto, va accolta, sia per le spese del presente giudizio di legittimità sia per quelle del sub-procedimento ex art. 373 c.p.c., avente natura cautelare (cfr. Cass., Sez. 3, n.30615/2024). Dette spese sono liquidate come in dispositivo in base allo scaglione di valore indicato in ricorso e, quanto alle spese del sub-procedimento ex art.373 c.p.c., con esclusione della fase istruttoria.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dai controricorrenti nel presente giudizio di legittimità , che liquida in € 12.000,00 per compenso, oltre € 200 ,00 per esborsi ed accessori di legge;
condanna il ricorrente alla rifusione in favore dei controricorrenti delle spese di lite relative al sub-procedimento svoltosi ex art.373 c.p.c. innanzi la Corte d’appello di Roma, che liquida in € 4.000,00 per