Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23237 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 23237  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 201/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, NOME CONCETTA, elettivamente domiciliati  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dallo avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale rappresentante    elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME  (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati  COGNOME  NOME  (CODICE_FISCALE),  COGNOME  NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente- avverso l’ORDINANZA della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI n. 3885/ 2019 depositata il 17/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Gli odierni ricorrenti, dopo la notifica di un decreto di occupazione di urgenza dei terreni di loro proprietà, con determinazione della indennità provvisoria, seguito da due decreti di asservimento, hanno adito la Corte d’appello per la determinazione dell’indennità dovuta  da  RAGIONE_SOCIALE  per  l’occupazione,  l’espropriazione  e  l’asservimento (elettrodotto) dei terreni de quo , facenti parte di un’azienda agricola destinata a coltivazione associata all’allevamento di animali.
La  Corte  d’appello  ha  respinto  l’opposizione  alla  stima,  rilevando che non vi è stato un deprezzamento del fondo residuo, non potendosi configurare una espropriazione parziale, poiché non risulta provato che i fondi residui siano collegati con quelli asserviti o espropriati da un vincolo strumentale, tale da conferire all’immobile unità economica funzionale, dal momento che l’elettrodotto non limita né l’utilizzo del fondo come pascolo né lo svolgimento di attività lavorativa al di sotto di essa.
I proprietari hanno proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi. NOME si è difesa con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione dell’art. 54 del D.P.R. n. 327/2011 (testo unico espropri, TUE). I ricorrenti deducono di avere proposto ricorso per ottenere la determinazione della indennità non determinata in sede amministrativa e che la Corte d’appello non poteva rigettare la domanda, ritenendo congrua l’indennità provvisoria, ma doveva  procedere  autonomamente  alla  determinazione  della  sud-
detta indennità. I proprietari, infatti, non avevano proposto opposizione  alla  stima,  mai  avvenuta,  ma  domanda  di  determinazione dell’indennità. Deducono che la opposizione alla stima e la domanda di determinazione di indennità sono due azioni diverse e che in difetto  di  determinazione  della  indennità  l’azione  si  configura  non come opposizione alla stima, ma come domanda di determinazione della indennità.
-Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dello art. 360 n. 4 c.p.c. la mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. I ricorrenti deducono di non aver proposto un giudizio di opposizione alla stima provvisoria ma un giudizio di determinazione dell’indennità. Deducono che è stato notificato un decreto di occupazione di urgenza con determinazione l’indennità provvisoria e successivamente i decreti di asservimento, con avviso di deposito dell’indennità provvisoria, ed essi hanno chiesto che venisse determinata la indennità definitiva.
-I  motivi  possono  esaminarsi  congiuntamente  e  sono inammissibili.
Le censure sono generiche e non si confrontano con la ragione decisoria.
3.1. -E’ stato instaurato innanzi alla Corte il procedimento in unico grado di opposizione alla stima, ex art. 54 TUE, ammissibile anche qualora sia stata effettuata solo la stima provvisoria, giudizio che ha per oggetto la determinazione della indennità (v. Cass.  n. 13405/2022 e Cass. n. 3891/2021).
3.2. -La Corte ha ritenuto di non dover eseguire una consulenza tecnica per determinare una indennità diversa da quella già offerta, in quanto ha ritenuto congrua la valutazione dei terreni già effettuata in sede amministrativa sulla base dei documenti prodotti, in particolare sul listino dei valori immobiliari dei terreni agricoli, e ha ritenuto altresì non fondate le deduzioni della parte relative non
alla non utilizzabilità dei terreni una volta realizzata la servitù di elettrodotto. La Corte d’appello ha quindi preso atto delle deduzioni del perito di parte e ha, con un proprio giudizio basato sugli atti ed i documenti di causa, ritenuto congrua una indennità pari nel suo ammontare a quella già offerta, ritenendo non condivisibili i rilievi di parte (segnatamente quelli sulla inutilizzabilità del fondo residuo) sui quali si fondava la pretesa di una maggiore indennità. Non può dirsi quindi che la indennità non sia stata determinata né che vi sia stata una acritica adesione alla stima provvisoria, quanto piuttosto che siano state ritenute prive di fondamento le ragioni addotte per utilizzare altri parametri di calcolo. Con questa ragione decisoria le censure non si confrontano adeguatamente.
3.3. -La Corte di merito si è attenuta al principio già enunciato da questa Corte di legittimità, secondo il quale in materia di imposizione di servitù nel corso della procedura espropriativa, l’applicabilità del procedimento previsto dall’art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001 non dipende dalla circostanza che la realizzazione dell’opera pubblica comporti l’ablazione del diritto di proprietà sul fondo, anziché l’imposizione di un vincolo suscettibile di menomare le facoltà di godimento e disposizione del proprietario, bensì dal coinvolgimento di quest’ultimo nel procedimento espropriativo, reso possibile dalla diretta incidenza del vincolo sul bene che, consentendo d’identificare immediatamente l’avente diritto all’indennità, impone all’espropriante di procedere alla determinazione della stessa in via provvisoria, dando in tal modo l’avvio al subprocedimento disciplinato dagli artt. 20 e ss. del d.P.R. n. 327 del 2001, ed è proprio la previsione di una precedente fase amministrativa di liquidazione a giustificare l’assoggettamento della domanda giudiziale di determinazione dell’indennità alla disciplina speciale dettata dall’art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001 e dall’art. 29 del d.lgs. n. 150 del 2011, imperniata sull’attribuzione della competenza alla corte d’appello in
unico  grado  e  sull’applicabilità  del  rito  sommario  di  cognizione (Cass. n. 3891 del 16/02/2021).
4. -Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 del testo unico espropri e dell’art. 2555 c.c. I ricorrenti deducono che la Corte d’appello, pur dando atto che terreni espropriati costituiscono porzione di un’azienda agricola e che rappresentano il 16% dell’intera superficie e pur richiamando le mappe catastali da cui risulta che la fascia asservita lo attraversa longitudinalmente, non abbia ravvisato una ipotesi di espropriazione parziale; ciò è in contrasto con le disposizioni del testo unico, in quanto l’azienda costituisce per definizione un complesso unitario e quindi ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 33 del TUE.
5. -Il motivo è inammissibile.
La ragione per cui  la  Corte  d’appello  ha  ritenuto  non  sussistente espropriazione parziale è chiaramente esplicata nella motivazione  dell’ordinanza,  in  quanto  si  è  dato  atto  che  l’elettrodotto attraverso il fondo in via aerea e quindi non limita l’utilizzo del fondo. Si tratta di giudizio in punto di fatto, fondato sulla valutazione degli atti e dei documenti di causa di cui non si può sollecitare la rivisitazione in sede di legittimità.
Deve qui ricordarsi che la valutazione delle prove è rimessa al prudente apprezzamento del giudice ed è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. S.U. n. 20867 del 30/09/2020; Cass. n. 27847 del 12/ 10/2021) Il giudice del merito non è peraltro tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, in-
dichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze  che,  sebbene  non  menzionati  specificamente,  sono  logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 12751 del 18/10/2001; Cass. n. 16056 del 02/08/2016; Cass. n. 29404 del 07/12/2017).
Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in euro 2.500,00 per compensi oltre euro 200,00 per spese non documentabili e accessori.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00, euro 200,00 per spese non documentabili, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/05/2025.