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Indennità di esproprio: l’ente può opporsi?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18674/2024, ha stabilito che anche l’ente pubblico espropriante ha il diritto di contestare l’importo dell’indennità di esproprio se lo ritiene eccessivo. La decisione si basa sul principio del ‘giusto indennizzo’ che tutela sia il privato che la pubblica amministrazione. La Corte ha inoltre ribadito che un giudice civile non può disapplicare un decreto di esproprio in una causa contro l’ente che lo ha emesso. Il ricorso dei proprietari è stato respinto.

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Indennità di Esproprio: Anche l’Ente Pubblico Può Contestare l’Importo?

In materia di espropriazione per pubblica utilità, è noto il diritto del proprietario a ricevere un giusto ristoro economico. Ma cosa succede se è l’ente pubblico a ritenere eccessiva la somma stabilita? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, chiarendo la portata della legittimazione attiva dell’ente nel contestare l’indennità di esproprio e i limiti del sindacato del giudice civile sugli atti amministrativi.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dall’opposizione promossa da un Comune avverso la stima dell’indennità dovuta per l’espropriazione di alcuni terreni. La Corte d’Appello, accogliendo le ragioni del Comune, aveva proceduto a rideterminare in diminuzione l’importo, basandosi su una precedente pronuncia relativa alla medesima procedura espropriativa che aveva escluso la natura edificabile dei fondi.

I proprietari dei terreni, soccombenti in secondo grado, hanno quindi proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni giuridiche.

L’Opposizione dell’Ente e i Motivi del Ricorso

I ricorrenti hanno articolato il loro ricorso su sei motivi principali, tra cui:

1. Il difetto di legittimazione del Comune a opporsi alla stima, sostenendo che l’art. 54 del Testo Unico Espropriazioni non contempla l’ente espropriante tra i soggetti abilitati a tale azione.
2. L’illegittimità del decreto di esproprio, emesso a loro dire dopo la scadenza dei termini di pubblica utilità, chiedendone la disapplicazione da parte del giudice civile.
3. L’erronea applicazione di una precedente ordinanza come precedente giudiziario, senza considerare le differenze tra le fattispecie.
4. L’omessa considerazione del danno causato alla porzione residua del fondo, non colpita dall’espropriazione.

L’Analisi della Corte sulla Legittimità dell’Opposizione sull’Indennità di Esproprio

La Corte di Cassazione ha respinto il primo e fondamentale motivo di ricorso. I giudici hanno chiarito che il principio del “giusto indennizzo”, sancito dall’articolo 42 della Costituzione, non è una garanzia unilaterale a favore del solo soggetto espropriato. Esso opera anche nei confronti dei soggetti che promuovono l’espropriazione, i quali hanno un interesse concreto a che l’indennizzo non superi la “giusta misura” prescritta dalla norma costituzionale.

Pertanto, l’ente espropriante, in qualità di soggetto che sopporta l’onere economico dell’esproprio, è pienamente legittimato a contestare in giudizio una stima che ritenga incongrua o eccessiva.

I Limiti alla Disapplicazione degli Atti Amministrativi

Anche il secondo motivo, relativo alla richiesta di disapplicazione del decreto di esproprio, è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ribadito un suo consolidato orientamento: l’istituto della disapplicazione di un atto amministrativo da parte del giudice ordinario non può essere invocato in una lite che vede contrapposti il privato e la stessa Pubblica Amministrazione che ha emanato l’atto. Tale potere è esercitabile in contesti diversi, ad esempio in controversie tra privati in cui l’atto amministrativo illegittimo incide su diritti soggettivi.

Le Motivazioni

La Corte ha dichiarato inammissibili anche gli altri motivi di ricorso, in quanto tendenti a un riesame del merito dei fatti, precluso in sede di legittimità. In particolare, la Cassazione ha sottolineato che la valutazione sull’applicabilità di un precedente giudiziario e la quantificazione del danno alla parte residua del fondo costituiscono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito. Su quest’ultimo punto, la Corte ha evidenziato come i ricorrenti non avessero fornito allegazioni specifiche e concrete per dimostrare il presunto danno, rendendo la richiesta di una consulenza tecnica (CTU) meramente esplorativa e, come tale, inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre due importanti principi di diritto:

1. Legittimazione dell’Ente Espropriante: Viene confermato senza equivoci che l’ente pubblico ha il diritto e l’interesse a contestare l’indennità di esproprio, al pari del privato, per garantire il rispetto del principio costituzionale del “giusto indennizzo”.
2. Separazione delle Giurisdizioni: Si ribadisce la netta distinzione tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa. Il giudice civile, nel determinare l’indennità, non può sindacare la legittimità degli atti del procedimento espropriativo in una causa contro l’ente che li ha emanati. Tale contestazione deve essere sollevata nelle sedi competenti, ovvero davanti al giudice amministrativo.

L’ente pubblico che espropria un bene può contestare l’importo dell’indennità?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il principio del “giusto indennizzo”, previsto dall’art. 42 della Costituzione, opera sia a favore del soggetto espropriato sia dell’ente espropriante. Quest’ultimo ha quindi un interesse legittimo a opporsi a una stima che ritenga eccessiva.

Un giudice civile può annullare o “disapplicare” un decreto di esproprio se lo ritiene illegittimo?
No, non in una causa contro la stessa amministrazione che ha emesso l’atto. La Corte ha ribadito che l’istituto della disapplicazione non opera nelle liti che oppongono un privato alla pubblica amministrazione autrice dell’atto, ma è destinato ad altri contesti, come le liti tra privati.

Perché la richiesta di risarcimento per il danno alla parte residua del terreno è stata respinta?
La richiesta è stata ritenuta inammissibile perché versata palesemente in fatto e generica. La Corte d’Appello aveva evidenziato che i proprietari non avevano fornito elementi fattuali specifici e compiuti (come l’esatta estensione della porzione residua e del fronte strada) per dimostrare il danno, rendendo una consulenza tecnica (CTU) un mero strumento di indagine esplorativo, non ammissibile nel processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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