Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18674 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18674 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
sul ricorso 11596/2019 proposto da:
CARDINALE IMMACOLATA, COGNOME NOME e COGNOME elettivamente domiciliati in Roma , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 5838/2015 depositata il 08/10/2018;
udita la relazione della causa svolta all’adunanza non partecipata del 30/05/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1.1. La Corte d’Appello di Roma, con l’ordinanza riportata in epigrafe, in accoglimento dell’opposizione spiegata dal Comune di Fondi a mente degli artt. 54 TUE e dell’art. 29 d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150 avverso la stima dell’indennità ai sensi dell’art. 21 TUE, rigettate le eccezioni preliminari in punto di legittimazione attiva dell’istante, nonché di disapplicazione del decreto di esproprio, ha proceduto a rideterminare l’indennità anzidetta sulla scorta di una propria precedente ordinanza che aveva negato, in relazione alla medesima procedura, la natura edificabile del fondo interessato, giudicando di conseguenza inconferente la questione se, per effetto delle varianti intervenute, il bene fosse gravato da un vincolo conformativo o espropriativo.
Ricorrono ora per la cassazione di detta ordinanza i soccombenti COGNOME sulla base di sei mezzi, seguiti da memoria e resistiti avversariamente da controricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -a tenore del quale si dubita della legittimazione attiva del Comune di Fondi, in quanto l’art. 54 TUE, che disciplina il potere di opposizione, non contempla tra i soggetti legittimati l’ente espropriante, né la posizione dell’ente espropriante, come divisato invece dal decidente, sarebbe assimilabile a quella del terzo, atteso che anche nel procedimento ex art. 21 TUE è sempre l’ente espropriante che procede alla stima -non ha pregio e può pertanto essere disatteso.
Ancorché sul punto non possa aderirsi all’obiezione del resistente -essere il Comune di Fondi, oltre che autorità espropriante, anche promotore, beneficiario e “pagatore” dell’espropriazione -perché
riflettente una valutazione di fatto estranea al ragionamento decisorio, è bene inizialmente avvertire, come già ricordato dalla giurisprudenza costituzionale, da ultimo con sentenza 135 del 2014 e come, in relazione all’analogo interrogativo postosi rispetto all’impugnazione della determinazione della stima in via di urgenza a mente dell’art. 22 TUE, si e ribadito anche da questa Corte (Cass., Sez. I, 23/07/2014, n. 16748) -che, peraltro, anche in passato non aveva mostrato dubbi al riguardo (Cass., Sez. I, 11/06/1991, n. 6618) -che il principio del giusto indennizzo deve ritenersi operante, in base all’art. 42 Cost., comma 3, non soltanto nei confronti dei soggetti passivi dell’espropriazione, ma anche dei soggetti che la promuovono e che, di conseguenza, hanno un interesse a che l’indennizzo non travalichi la giusta misura prescritta dalla norma costituzionale.
Tanto precisato va poi aggiunto che la tesi ricorrente non gode del riscontro delle fonti, giacché alla luce della disciplina del procedimento fissata dall’art. 21 TUE per la determinazione definitiva dell’indennità di esproprio, nonché dell’inquadramento sistematico dell’istituto, va escluso che nell’operato del collegio incaricato di effettuare la stima sia riconoscibile l’operato di un organo direttamente riconducibile all’autorità espropriante. L’autonomia del collegio dei tecnici incaricati a mente dell’art. 21 TUE è comprovata, infatti, tanto da puntuali indici testuali che si rinvengono nel testo della norma -ossia, più in dettaglio, dal fatto che, pur se la nomina compete all’autorità espropriante, questa nomina solo due tecnici, uno dei quali se sia stato da lui designato deve essere quello del proprietario, che il terzo tecnico è nominato dal presidente del tribunale tra i professori universitari di estimo o tra i periti iscritti all’apposito albo, che le spese di nomina sono liquidate in funzione degli esiti della procedura, che la relazione è depositata presso
l’autorità espropriante ed, in ultimo, a conclusivo suggello della indiscutibile terzietà dell’organo, che trovano applicazione “le norme del codice di procedura civile per quanto riguarda le operazioni peritali e le relative relazioni” -quanto dalla funzione che nel disegno legislativo il procedimento in parola -significativamente disciplinato dopo che alla determinazione provvisoria di essa abbia proceduto l’autorità espropriante -è chiamato ad assolvere promuovendo, anche in chiave di deflazione del possibile contenzioso, un accertamento dei valori in gioco che, per il fatto di essere operato da un organo terzo ed imparziale quale è un collegio di periti, si mostri almeno tendenzialmente in grado di assicurare la condivisibilità dei risultati.
4. Il secondo motivo di ricorso -a tenore del quale si dubita che il decreto di esproprio, in quanto illegittimo per essere stato emanato quando i termini della dichiarazione di pubblica utilità erano scaduti, non potesse essere disapplicato perché come affermato dal decidente la disapplicazione può avere luogo solo nelle liti tra privati, quantunque nella specie l’eccezione fosse stata sollevata solo in funzione di contestare l’esperibilità dell’opposizione -è inammissibile per difetto di specificità.
Per vero, osservato previamente che l’assunto decisorio si vale anche di un ulteriore ratio -segnatamente consistente nel rivendicare l’estraneità del procedimento di determinazione giudiziale dell’indennità da ogni questione afferente alla legittimità del decreto -che è rimasta inattaccata, il motivo -che si espone anche all’ulteriore rilievo preclusivo giacché sul tema da esso attinto il decidente si è attenuto allo stabile insegnamento di questa Corte, in relazione al quale non offre argomenti per una sua revisione -si mostra inutilmente reiterativo dell’argomento già disatteso dal decidente facendo rilevare -appunto in linea con la giurisprudenza
di questa Corte -che l’istituto della disapplicazione non opera nella lite che oppone un privato alla pubblica amministrazione adottante, né la sua illustrazione lumeggia comprensibilmente, a fronte della graniticità del principio in questione, come esso possa rendersi operante in funzione di contestare la legittimità della proposta opposizione.
5. Il terzo motivo di ricorso -a tenore del quale si dubita che la lite potesse trovare definizione sulla scorta di un pregresso pronunciamento della medesima Corte relativo alla stessa vicenda espropriativa in ragione del fatto che, allorché la circostanza era emersa in corso di giudizio, non era stato contestato che i fondi a confronto non godessero la medesima condizione giuridica, quando al contrario dell’ordinanza richiamata si era presa visione fugacemente e non si erano così potute evidenziare le diversità correnti tra le due fattispecie -è inammissibile perché versato palesemente in fatto.
È noto infatti che il giudizio di cassazione non costituisce un’istanza di terzo grado in cui porre riparo alla pretesa ingiustizia della decisione impugnata chiedendo che la Corte, procedendo alla rinnovazione del giudizio merito, adotti una pronuncia sostitutiva di quella adottata dal giudice della cui sentenza si discute, giacché la Corte di Cassazione non è giudice del fatto sostanziale, ma è tenuta solo ad accertare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, la legittimità della decisione impugnata.
6. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso -a tenore dei quali, rispettivamente, si dubita che fosse priva di valore ai fini di causa la ventilata distinzione tra vincoli conformativi e vincoli espropriativi e che ai medesimi fini potesse essere omesso l’esame dei documenti comprovanti la natura espropriativa del vincolo gravante sul bene -si sottraggono al richiesto scrutinio in quanto presupponenti la
fondatezza del terzo motivo di ricorso, sicché ne va perciò dichiarato l’assorbimento.
Il sesto motivo di ricorso -a tenore del quale si dubita che nella determinazione del valore di stima si potesse prescindere dal pregiudizio inferto alla restante parte del fondo non oggetto di ablazione quantunque nel precedente da essa richiamato il valore qui liquidato fosse stato fatto oggetto di separata determinazione -è inammissibile perché versato palesemente in fatto.
Ricusando il punto la Corte d’Appello ha fatto considerare che «l’opponente (sarebbe stato) onerato della compiuta allegazione di tutti gli elementi fattuali non bisognevoli di una CTU, come ad es. l’estensione del fronte (della residua porzione) confinante con la strada, nonché l’estensione della porzione medesima, sì da porre in condizioni la Corte di valutare se disporre CTU al fine degli accertamenti di natura tecnica ovvero di ritenerla superflua (come ad es. nel caso di estensione scarsamente apprezzabile del detto fronte o della porzione residua). In difetto di tanto le allegazioni dell’opponente si appalesano generiche e la CTU assumerebbe i contorni di uno strumento di indagine essenzialmente esplorativo».
Anche nella declinazione di tale giudizio si riflette l’esito di un apprezzamento condotto sulle risultanze fattuali della vicenda in disamina che non si presta a possibili rimeditazioni in questa sede.
Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in
euro 3200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 30.05.2024.
Il Presidente NOME COGNOMENOME COGNOME