Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4078 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4078 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19953/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
nei confronti di
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonchè
COMUNE DI L’AQUILA;
-intimato-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 1824/2019 depositata il 08/11/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 22.4.2014 la RAGIONE_SOCIALE, proprietaria di alcuni terreni siti in L’Aquila, località INDIRIZZO‘Elia – inseriti con decreto n. 3557/2009 del Commissario delegato tra le aree destinate alla realizzazione del ‘Progetto RAGIONE_SOCIALE‘, relativo alla costruzione dell’edilizia residenziale nelle aree site in L’Aquila colpite dagli eventi sismici del mese di aprile 2009 – ha convenuto in giudizio dinanzi alla Corte di Appello di L’Aquila la RAGIONE_SOCIALE e il Comune di L’Aquila chiedendo la determinazione giudiziale dell’indennità di occupazione d’urgenza (in € 285.791,12 per le aree retrocesse e in € 578.726,89 per le aree non retrocesse) e di espropriazione (in €1.465.573,82).
In particolare l’attrice ha esposto: a) che le indennità provvisorie (€365.806,00 quanto all’indennità di espropriazione, €65.013,67 quanto all’indennità di occupazione delle aree retrocesse ed €120.107,03 quanto all’indennità di occupazione delle aree non retrocesse), offerte tra il 21.8.2013 e l’11.3.2014, erano inadeguate, trattandosi di terreni edificabili (in quanto inseriti dal PRG in ‘zona di rispetto dell’abitato’) e, a seguito della realizzazione sugli stessi di complessi abitativi del Progetto RAGIONE_SOCIALE, assimilabili ad un confinante comparto PEEP; b) che il valore al mq dei terreni in questione era di € 63,74 .
Con ricorso del 19.4.2017, la RAGIONE_SOCIALE ha richiesto la condanna della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE e del Comune di L’Aquila al pagamento di €1.969.580,38 a titolo di indennità di esproprio, di €1.135.244,24 a titolo di indennità di occupazione temporanea delle aree espropriate, di €384.073,85 a titolo di
indennità di occupazione temporanea delle aree retrocesse, esponendo che: a) il 22.3.2017 le era stato notificato il decreto di esproprio n. 35/2016, concernente alcuni dei terreni di sua proprietà e recanti indicazione della sola indennità di esproprio in €453.505.53; b) nel giudizio precedentemente instaurato il CTU aveva determinato il valore venale dei terreni a suo tempo occupati in €85,66/mq, dovendosi pertanto far riferimento a tale ultimo valore ai fini del calcolo delle indennità.
La Corte d’Appello di L’Aquila , previa riunione dei due giudizi, con sentenza n. 1824/2019, ha determinato le indennità spettanti all’attrice in conseguenza della occupazione legittima e della espropriazione degli immobili in complessivi €591.801,25 (di cui €65.148,18 a carico della RAGIONE_SOCIALE ed €526.653,07 a carico del Comune), oltre interessi legali.
Il giudice d’appello, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che:
-in ossequio all’art. 2, co. 6, d.l. 39/2009, convertito in legge 77/2009, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione e di occupazione temporanea doveva tenersi conto delle destinazioni urbanistiche che i beni espropriati avevano alla data 6.4.2009 e non di quelle che essi avevano acquisito per il solo effetto della localizzazione dei moduli abitativi provvisori, pur dovendosi quantificare le indennità medesime con riferimento alla data del decreto di esproprio;
-anche dall’analisi dei lavori parlamentari in sede di conversione del d.l. 39/2009, emergeva che la ratio dell’inciso finale dell’art. 2, co. 6, d.l. 39/2009 (aggiunto dalla legge di conversione 77/2009) era quella di neutralizzare le variazioni urbanistiche dipendenti unicamente dall’evento sismico, onde evitare casuali ed irrazionali locupletazioni ed altrettante casuali e irragionevoli disparità di trattamento tra proprietari di aree inserite nei provvedimenti di localizzazione e proprietari di aree simili non inserite in quei provvedimenti;
-l’art. 2, co. 6, d.l. 39/2009 costituiva una parziale eccezione alla regola generale posta dall’art. 32 d.p.r. 327/2001, nella parte in cui quest’ultimo àncora la ricognizione legale del bene per la determinazione delle indennità espropriative all’epoca di realizzazione dell’effetto ablatorio, ma risponde alla stessa logica di fondo sottesa alla generale esclusione degli effetti del vincolo preordinato all’esproprio e di quelli connessi alla realizzazione dell’opera prevista, nonché all’ulteriore generale esclusione delle modifiche delle caratteristiche del bene sopravvenute all’avvio del procedimento espropriativo.
Avverso la predetta sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico articolato motivo. La RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Il Comune di l’Aquila non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
E’ stata dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 6, del d.l. n. 39/2009, nonché dell’art. 32 del DPR n. 327/2001.
Assume la ricorrente che la C orte d’Appello di l’Aquila ha errato laddove ha determinato le indennità di esproprio sulla base del valore dei terreni parametro alla destinazione che essi avevano in data 6.4.2009 in ossequio al disposto dell’art. 2, co. 6, del d.l. 39/2009, essendo tale la norma è inapplicabile al caso di specie.
Ad avviso della ricorrente, infatti, è pacifico che ai terreni di cui è causa sia stata attribuita natura edificatoria con il decreto commissariale n. 6 dell’11.5.2009; b) l’art. 2, co. 6 del d.l. 39/2009 è stato introdotto soltanto con la legge di conversione n. 77 del 24.6.2009.
Di conseguenza, essendo intervenuta la suddetta norma in data successiva sia al provvedimento amministrativo, sia all’immissione in possesso dei terreni da parte della PA (avvenuta il 15.5.2009), e non essendone stata disposta la retroattività dal legislatore, le indennità avrebbero dovuto essere calcolate secondo il principio generale ex art. 32 d.p.r. 327/2001, ovvero sulla base del valore di mercato delle aree considerate nella connotazione edificatoria loro impressa prima della entrata in vigore della novella normativa.
La ricorrente evidenzia, inoltre, che, anche se si ritenesse applicabile l’art. 2, co. 6, d.l n. 39/2009 al caso di specie, la determinazione dell’indennità andrebbe operata secondo i normali criteri (valore del bene espropriato alla data del decreto di esproprio) o, semmai, interpolando i due valori, atteso che la norma non impone l’applicazione tassativa del valore dei terreni alla data del 6.4.2009.
2. Il ricorso non è fondato.
Va osservato che, a seguito dell’udienza pubblica del 9.6.2023, questa Corte ha pronunciato la sentenza n. 20655/2023 (massimata) nonchè le sentenze nn. 24759/2023, n. 24746/2023, n. 24687/2023, n. 20673/2023, n. 20670/2023, n. 20669/2023, n. 20663/2023, n. 20662/2023, n. 20660/2023, n. 20382/2023, n. 20378/2023 (non massimate), con le quali è stato enunciato il seguente principio di diritto: ‘ In tema di interventi urgenti conseguenti al sisma nella Regione Abruzzo, ai fini della determinazione dell’indennità per le occupazioni d’urgenza e per le eventuali espropriazioni attuate in forza del piano approvato dal Commissario straordinario, l’art. 2, comma 6, del d.l. n. 39 del 2009, conv. con modif. in l. n. 77 del 2009, si interpreta nel senso che il momento rilevante per la determinazione del valore del bene immobile coinvolto va individuato nella data del sisma e non in quella, successiva, di emissione del decreto di esproprio, in quanto la disposizione – avente natura speciale e derogatoria rispetto alla
norma generale contenuta nell’art. 32 del d.p.r. n. 327 del 2001 retrodatando la determinazione di siffatto valore mira ad evitare che lo stesso possa essere influenzato, in aumento, proprio dalla eccezionale esigenza di unità abitative conseguenti al sisma e dalla decisione di destinare l’immobile al soddisfacimento di tale pubblico interesse, così evitando ingiuste locupletazioni’ .
Questo Collegio condivide pienamente il percorso argomentativo di tutte le sentenze sopra indicate -cui si riporta integralmente, che fa proprio e costituisce parte integrante della presente sentenza a norma dell’art. 118 comma 1° disp. att. cod. proc. civ. intendendo dare continuità all’indirizzo interpretativo, peraltro già affermatosi presso questa Corte di legittimità anche in occasione di precedenti eventi sismici.
In particolare, la giurisprudenza di questa Corte non ha mostrato dubbi in ordine alla coerenza della soluzione qui adottata anche con riferimento all’analoga previsione normativa contenuta nell’art.13 del citato d.l. 79 del 1968, in relazione alla quale è stato ripetutamente affermato che per le espropriazioni necessarie per la ricostruzione degli abitati colpiti dal terremoto del Belice del gennaio 1968, l’art. 13 del decreto legge 27.2.1968 n. 79, convertito con modificazioni nella legge 18.3.1968 n. 241, l’indennità di esproprio è determinata «nei modi previsti dalla legge 25.6.1865 n. 2359, con riferimento al valore venale di mercato delle aree alla data dell’evento sismico», con ciò intendendo evitare che nella stima dei terreni espropriati si potesse tener conto delle fluttuazioni di valore causate dal predetto evento calamitoso, allo scopo di impedire agli espropriati, in conformità del principio fondamentale espresso dall’art. 41 della legge n. 2359 del 1865, di approfittare degli aumenti di valore avuti dai loro terreni per effetto della stessa espropriazione e dei fatti per i quali è stata voluta (Cass. n. 5637/1983; n. 14562/2000; n. 6195/1981; n. 1311/1980).
Infine, norma di contenuto analogo -avente natura speciale e derogatoria rispetto alla norma generale contenuta nell’art. 32 del d.p.r. n. 327 del 2001 – a quello della norma di cui è causa, di cui la ricorrente denuncia l’errata interpretazione, è l’art.10, comma 4 del d.l. 83 del 22.6.2012 ( in relazione all’evento sismico che ha colpito l’Emilia -Romagna nel 2012), laddove è stato parimenti disposto che l’indennità di provvisoria occupazione o di espropriazione dovessero essere determinate dai Commissari delegati entro dodici mesi dalla data di immissione in possesso, tenuto conto delle destinazioni urbanistiche antecedenti la data del 29.5.2012.
La coerenza del legislatore nel disciplinare nello stesso modo situazioni omogenee va di pari passo con l’uniformità dell’indirizzo interpretativo seguito da questa Corte.
Va, inoltre, osservato che la prima censura formulata dalla ricorrente nel ricorso – relativa alla dedotta inapplicabilità, al caso di specie, dell’art. 2, co. 6, del d.l. 39/2009 (norma introdotta dalla legge di conversione n. 77 del 24.6.2009), per essere tale norma successiva sia al provvedimento amministrativo che ha impresso la destinazione edificatoria agli immobili di cui è causa, sia all’immissione in possesso dei terreni da parte della PA (avvenuta il 15.5.2009), né retroattiva -si appalesa come nuova e come tale inammissibile.
Posto che nel provvedimento impugnato non vi è traccia di tale questione -che comunque non è di puro diritto, implicando accertamenti in fatto – la ricorrente non ha neppure dedotto di averla posta all’esame del giudice di merito, né, a maggiore ragione, ha quindi allegato ‘ come’ e ‘dove’ la stessa questione sarebbe stata sollevata nel giudizio di appello.
In proposito, è principio consolidato di questa Corte che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del
precedente grado del giudizio, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio ( Cass. n. 22886/2022; Cass. n. 32804/2019; Cass., 17/01/2018, n. 907; Cass., 13/06/2018, n. 15430; Cass. n. 28060/2018;.Cass., 09/07/2013, n. 17041). Ne consegue che, ove nel ricorso per cassazione siano prospettate questioni non esaminate dal giudice di merito, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, nonché il luogo e modo di deduzione, onde consentire alla Suprema Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione.
Va, altresì, osservato che dalla stessa ricostruzione della ricorrente della vicenda processuale, contenuta a pag. 2 del ricorso per cassazione, emergono elementi nettamente confliggenti con la deduzione secondo cui sia il provvedimento amministrativo sia l’immissione in possesso dell’amministrazione nelle aree di cui è causa sarebbero successivi all’entrata in vigore dell’art. 2, co. 6, del d.l. 39/2009. In particolare, nel punto a) del paragrafo del ricorso denominato ‘il giudizio in unico grado davanti alla Corte di Appello di l’Aquila’ , la ricorrente ha allegato che ‘ i suddetti terreni erano stati (tra altri) inseriti tra le aree destinate alla realizzazione di moduli abitativi e delle connesse opere di urbanizzazione e servizi dal decreto n. 3557 emesso l’1.7.2009 dal Commissario delegato.. ‘ e nel punto b) dello stesso paragrafo ha allegato che ‘ il 2.7.2009 era stata eseguita dal Commissario delegato l’occupazione d’urgenza dei terreni suindicati ed erano stati redatti i verbali di immissione in possesso ‘. Tali dati fattuali sono stati
riportati dalla sentenza impugnata a pag. 2 ed autonomamente accertati a pag. 6 in cui ha precisato che ‘ le occupazioni de quibus hanno avuto inizio il 2.7.2009….’.
An che alla luce di tali considerazioni, l’odierna censura della ricorrente è inammissibile.
Nei soli rapporti tra la ricorrente e RAGIONE_SOCIALE, le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, delle spese processuali che liquida in € 4.200, 00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 24.1.2024