Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11658 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11658 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2433/2024 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco, elettivamente rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 42/2021 depositata il 10/11/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME ha proposto opposizione alla stima della indennità per l’acquisizione sanante disposta ai sensi dell’art. 42 -bis del DPR 327/2001 di terreni di sua proprietà utilizzati per la
realizzazione di una strada tangenziale tra Nicotera e Rosarno. La Corte d’appello ha escluso il valore dell’opera dal computo dell’indennità, e ritenuto i terreni non edificabili alla data dell’acquisizione, ha rilevato che tanto il valore accertato dal CTU che quello invocato dal CTP risultano in ogni caso inferiori a quello offerto in sede amministrativa. Ha pertanto confermato l’importo della stima già offerto, in difetto di domanda riconvenzionale del Comune. Inoltre la Corte d’appello ha escluso la valutazione del deprezzamento del residuo terreno ritenendo il difetto di puntuale argomentazione di parte, non chiarita la unitarietà del fondo e comunque la natura non edificabile dell’area.
Avvero la predetta sentenza ha proposto un ricorso per cassazione COGNOME affidandosi a cinque motivi; il Comune ha svolto difese con controricorso, sollevando eccezione di tardività. Le parti hanno depositato memorie
RILEVATO CHE
1.- Preliminarmente è da respingere la eccezione del Comune secondo cui il ricorso sarebbe tardivo, in quanto il procedimento sarebbe da equipararsi ‘ ad un secondo grado per i procedimenti semplificati di cognizione’ e avrebbe dovuto quindi essere proposto entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza impugnata da parte della cancelleria della Corte d’appello di Catanzaro oppure entro trenta giorni dalla notifica eseguita dal difensore del Comune di Limbadi. Secondo il Comune sarebbero applicabili al presente ricorso le norme di cui ai (previgenti) artt. 702 e segg. c.p.c. Il Comune erroneamente equipara procedimenti tra di loro diversi, posto che il ricorso per cassazione mantiene le sue caratteristiche e la sua disciplina processuale anche quando rivolto avverso provvedimento pronunciato in unico grado. Il termine del ricorso per cassazione, come stabilito dall’art. 325 c.p.c. è di giorni sessanta decorrenti dalla notifica, in questo caso rispettati, posto c he lo stesso Comune afferma che l’ordinanza è
stata notificata ai procuratori costituiti in data 15.11.2023, mentre il ricorso per cassazione è stato notificato il 13.01.2024
12.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione ed erronea applicazione degli artt. 54 e 42-bis del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 per la omessa quantificazione indennità.
2.1- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. la nullità della ordinanza impugnata per omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia.
Il ricorrente lamenta l’errore della Corte d’appello che omettendo di pronunciarsi sulla stima avrebbe violato il principio secondo cui l’opposizione alla stima è un giudizio sul rapporto e non sull’atto e avrebbe dovuto quindi determinare in ogni caso la giusta stima e non limitarsi a rilevare che l’importo offerto dal Comune è maggiore di quello determinato in sede di consulenza. La censura è fatta valere sia sotto il profilo della violazione di legge che sotto il profilo della nullità della sentenza per omessa pronuncia.
2.2.- I motivi sono infondati.
La Corte d’appello non si è sottratta al dovere di procedere ad un giudizio sul rapporto (sul tema v. Cass. n. 4388/2006 e Cass. n. 7154/2018), avendo accertato che il terreno è agricolo e non edificabile; questa è la valutazione essenziale che era rimessa alla Corte d’appello da cui discende poi anche la quantificazione della indennità. La Corte di merito ha reso note le ragioni per le quali non ha quantificato una indennità diversa da quella che era stata offerta dal Comune, in quanto il consulente tecnico d’ufficio ed anche il consulente tecnico di parte erano arrivati ad un computo inferiore e la domanda non consentiva di liquidare una stima minore, dal momento che era proposta dal privato e non era stata proposta alcuna domanda da parte del Comune.
La Corte d’appello si è quindi attenuta al principio secondo il quale il giudizio di opposizione alla stima dell’indennità non si configura come un giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo ma introduce un ordinario giudizio sul rapporto, che non si esaurisce nel mero controllo delle determinazioni adottate in sede amministrativa, ma è diretto a stabilire il “quantum” dell’indennità, effettivamente dovuto, nel quale il giudice compie la valutazione in piena autonomia, va coordinato con quello della domanda, per cui, in presenza di stima definitiva, il giudizio di opposizione può concludersi con una statuizione più favorevole all’opponente, ma non può determinare un importo minore, a meno che non vi sia domanda in tal senso da parte dell’espropriante, il quale, ove convenuto nel giudizio, deve osservare le forme e i termini della domanda riconvenzionale, in quanto aziona una contropretesa che va oltre il rigetto della domanda principale. (Cass. n. 4388/2006; Cass. n. 716/2011).
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 32 comma 1 e 2, dell’art. 33, dell’art. 40 comma 1, dell’art. 50 comma 1, del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.. Il ricorrente lamenta l’illegittimità della ordinanza impugnata, per avere la Corte illegittimamente rigettato la domanda relativa al riconoscimento del deprezzamento delle aree residue per effetto della riduzione conseguente al provvedimento di acquisizione atteso che, alla luce del contenuto del ricorso introduttivo ed alla luce della CTU espletata nel giudizio di merito, la Corte d’Appello avrebbe dovuto fondata la domanda; egli aveva infatti dedotto che gli era stata restituita una superficie di 2365 mq divenuta inutilizzabile e comunque deprezzata e aveva chiesto di procedere attraverso consulenza alla determinazione dell’indennizzo dovuto a causa della inutilizzabilità dell’area residua. Nonostante l’esito favorevole delle indagini devolute al consulente la Corte ha respinto la domanda.
4.- Il motivo è fondato.
Il ricorrente ha allegato l’inutilizzabilità dell’area residua facendo puntualmente riferimento ai fatti costitutivi del diritto cioè la restituzione di una parte dell’area e deducendone la sua inutilizzabilità; aveva peraltro chiesto consulenza tecnica e da quanto trascrive alle pagine 14/15 del ricorso da questa consulenza è emerso sia che la parte residua del fondo era collegata strettamente a quella espropriata da un vincolo strumentale obiettivo sicché l’intero immobile aveva il carattere di una unità economica e funzionale, sia che il distacco di una parte di esso aveva influito oggettivamente in modo negativo sulla parte residua determinando quindi una indennità. Il deficit di allegazione, che si ascrive al ricorrente, attinge circostanze che rientrano nel giudizio sul rapporto cui il giudice del merito è tenuto, anche a mezzo di CTU. Ha quindi errato la Corte d’appello a non considerare questi elementi.
5.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta in relazione all’art. 360, c. 1, n . 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 -bis del D.P.R., n. 327/2001 e la violazione dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 181 del 2011, applicabili in tema di determinazione del valore di mercato dei terreni oggetto di acquisizione sanante. Il ricorrente lamenta che ingiustamente la Corte abbia disconosciuto il valore del certificato di destinazione urbanistica, dal quale si evince che il terreno interessato ricadeva per mq 869 in ‘aree soggette alla ricomposizione degli isolati’ e dunque in zona edificabile asserendo – illegittimamente ed illogicamente – che anche la predetta area di quasi 900 mq. e che i terreni in questione si trovano all’interno di una zona urbanistica edificabile è in funzione della stessa sono stati e vengono utilizzati (come strada) di conseguenza liquidando secondo il criterio dei valori agricoli medi così riducendo l’indennizzo che invece spetterebbe al ricorrente.
6.- Il motivo è inammissibile.
Si tratta di censure di merito con la quale si chiede in sostanza la revisione del giudizio di fatto operato dalla Corte d’appello la quale ha ritenuto che il terreno non fosse edificabile in concreto data l’esiguità della porzione 900 m quadri che ricade in zona di aree soggette alla ricomposizione degli isolati, la tipologia di opera pubblica realizzata e per la necessità di tenere conto delle fasce di rispetto. Di conseguenza la Corte distrettuale ha bene esplicato le ragioni per le quali ha qualificato le aree come agricole, qualificazione dalla quale poi discende la stima, nel rispetto del criterio della determinazione del valore di mercato, dal momento che il valore di mercato delle aree agricole è inferiore al valore di mercato delle aree edificabili
7.- Con il quinto motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 42-bis e 33 del D.P.R., n. 327/2001 nonché dell’art 934 c.c. in relazione all’art. 360, c. 1, n . 3, c.p.c.. Il ricorrente deduce che erroneamente è stato escluso il valore dell’opera pubblica realizzata sul suolo.
8.- Il motivo è infondato.
La Corte di merito si è attenuta alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in tema di liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante, ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, il valore venale del bene va determinato senza considerare quello dell’opera pubblica realizzata dalla P.A. (Cass n. 25707/2024; Cass. n. 9871/2023).
Si è affermato al riguardo che in tema di indennizzo ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, ai fini della determinazione del valore venale del bene oggetto del provvedimento di c.d. “acquisizione sanante”, alla data della adozione dello stesso, non deve computarsi – alla luce del tenore del citato articolo, nonché del richiamo operato da quest’ultimo all’art. 37, comma 4, del predetto D.P.R., che fa salva la disposizione del precedente art. 32,
comma 1 – anche il valore dell’opera pubblica che sullo stesso bene sia stata, anche solo parzialmente, realizzata dalla pubblica amministrazione. (Cass. n. 9871 del 13/04/2023).
Ne consegue, in accoglimento del terzo motivo del ricorso, respinti gli altri la cassazione sul punto del provvedimento impugnato e il rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso respinti gli altri cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10/04/2025.