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Indennità di esproprio: il deprezzamento va pagato

Un privato cittadino ha contestato l’indennità di esproprio offerta da un Comune per un terreno utilizzato per costruire una strada. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione della Corte d’Appello, ha stabilito che l’indennizzo deve coprire anche il deprezzamento della porzione di proprietà residua, se questa diventa inutilizzabile o perde valore a causa della divisione. La Corte ha inoltre confermato che il valore dell’opera pubblica realizzata è escluso dal calcolo dell’indennità.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di Esproprio: la Cassazione tutela il proprietario per il deprezzamento dell’area residua

Quando la Pubblica Amministrazione espropria un terreno per realizzare un’opera pubblica, l’indennità di esproprio deve ristorare il proprietario della perdita subita. Ma cosa accade se l’esproprio riguarda solo una parte del fondo, rendendo il resto inutilizzabile o di minor valore? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un principio fondamentale: anche il deprezzamento dell’area residua deve essere indennizzato.

I Fatti di Causa

Un proprietario terriero si opponeva alla stima dell’indennità offerta da un Comune per l’acquisizione di alcuni suoi terreni, utilizzati per la costruzione di una strada tangenziale. Il proprietario riteneva l’importo insufficiente, soprattutto perché non teneva conto di due aspetti cruciali: la perdita di valore della porzione di terreno rimasta di sua proprietà e la corretta qualificazione urbanistica di una parte dell’area.

La Corte d’Appello aveva respinto le richieste del cittadino, confermando la stima del Comune. Secondo i giudici di secondo grado, l’importo offerto era comunque superiore a quello calcolato dal consulente tecnico d’ufficio (CTU). Inoltre, avevano negato l’indennizzo per il deprezzamento dell’area residua per un presunto difetto di argomentazione da parte del proprietario.

Insoddisfatto della decisione, il proprietario ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni di diritto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato i vari motivi del ricorso, accogliendone uno di fondamentale importanza e rigettando gli altri. La decisione finale ha portato alla cassazione della sentenza d’appello, con rinvio a un nuovo giudice per una valutazione più approfondita.

L’indennità di esproprio deve includere il deprezzamento dell’area residua

Il punto centrale della pronuncia riguarda il terzo motivo di ricorso. Il proprietario lamentava che la Corte d’Appello avesse illegittimamente negato il risarcimento per la superficie residua di circa 2.365 mq, divenuta di fatto inutilizzabile a seguito della realizzazione della strada.

La Cassazione ha dato ragione al ricorrente, affermando che la Corte d’Appello ha commesso un errore. Il proprietario, infatti, aveva chiaramente allegato e provato i fatti costitutivi del suo diritto: la divisione del fondo e l’inutilizzabilità della parte residua. Tali circostanze, confermate anche dalla consulenza tecnica, non potevano essere ignorate. Il giudice di merito ha il dovere di considerare tutti gli elementi che emergono nel corso del giudizio per determinare la giusta indennità, compresa la perdita di valore della proprietà non espropriata ma funzionalmente collegata a quella acquisita dall’ente pubblico.

Altri motivi di ricorso respinti

La Corte ha invece ritenuto infondati gli altri motivi. In particolare, ha confermato due principi consolidati:

1. Impossibilità di ridurre l’offerta: Nel giudizio di opposizione alla stima, se il proprietario è l’unico a fare causa, il giudice non può liquidare un’indennità inferiore a quella già offerta dall’ente, anche se le perizie tecniche suggeriscono un valore più basso. Per ottenere una riduzione, l’ente pubblico dovrebbe presentare una specifica domanda riconvenzionale.
2. Esclusione del valore dell’opera pubblica: L’indennità di esproprio deve essere calcolata sul valore venale del bene al momento del provvedimento, senza considerare l’incremento di valore derivante dalla costruzione dell’opera pubblica stessa.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio secondo cui il giudizio di opposizione alla stima non è un semplice controllo di legittimità di un atto amministrativo, ma un giudizio pieno sul rapporto tra espropriante ed espropriato. In questo contesto, il giudice deve determinare il “quantum” effettivamente dovuto, tenendo conto di tutti i danni patrimoniali subiti dal proprietario.

L’errore della Corte d’Appello è stato quello di non considerare adeguatamente le allegazioni del ricorrente riguardo all’inutilizzabilità dell’area residua. La Suprema Corte sottolinea che quando un immobile costituisce un’unica unità economica e funzionale, il distacco di una parte può influire negativamente sul valore della porzione rimanente, generando un danno che merita di essere indennizzato. Il giudice non può ignorare questi elementi, soprattutto quando sono supportati da prove e consulenze tecniche, ma deve procedere a una valutazione completa per garantire un ristoro giusto ed equo.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del diritto di proprietà nei procedimenti di esproprio. Stabilisce chiaramente che l’indennità di esproprio non può limitarsi al solo valore del terreno sottratto, ma deve estendersi a coprire anche il pregiudizio economico subito dalla parte residua della proprietà. I proprietari che si trovano in situazioni simili hanno il diritto di chiedere e ottenere un indennizzo completo, a condizione di allegare e provare in modo puntuale il danno subito, ossia il nesso funzionale tra le aree e la perdita di valore della porzione non espropriata. La sentenza viene quindi cassata e il caso rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo esame che tenga conto di questo fondamentale principio.

L’indennità di esproprio deve comprendere anche il deprezzamento della parte di terreno non espropriata?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, l’indennità deve comprendere anche il danno derivante dalla perdita di valore o dall’inutilizzabilità dell’area residua, a condizione che il proprietario fornisca la prova del collegamento funzionale tra la parte espropriata e quella residua e del conseguente deprezzamento.

Nel calcolare l’indennità per acquisizione sanante, si deve considerare il valore dell’opera pubblica costruita sul terreno?
No, la giurisprudenza consolidata, confermata in questa ordinanza, stabilisce che il valore venale del bene deve essere determinato senza tener conto dell’incremento di valore generato dall’opera pubblica realizzata dalla Pubblica Amministrazione.

Se in un giudizio di opposizione alla stima, il consulente tecnico del giudice (CTU) calcola un’indennità inferiore a quella offerta dall’ente pubblico, il giudice può ridurre l’importo?
No, il giudice non può determinare un importo inferiore a quello offerto dall’ente se il giudizio è stato promosso solo dal proprietario. Per ottenere una riduzione, l’ente espropriante dovrebbe presentare un’apposita domanda riconvenzionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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