Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14744 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14744 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25601/2021 R.G . proposto da:
NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
PROVINCIA AUTONOMA DI RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 77/2021 depositata il 19.3.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11.4.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 23.9.2001, ha determinato l’indennità dovuta dal Comune di RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME e a NOME, NOME, NOME e NOME, per l’espropriazione di un terreno di loro proprietà, ubicato nel territorio comunale (censito in catasto alle particelle 919,920,921/1 e 923), in complessivi € 1.458.957,75, oltre accessori.
La causa era stata promossa dai signori COGNOME e COGNOME nei confronti del Comune di RAGIONE_SOCIALE, opponendosi alla determinazione dell’indennità effettuata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che era stata chiamata in causa per iniziativa del Comune di RAGIONE_SOCIALE, che tuttavia non si era opposto alla sua successiva richiesta di estromissione.
La Corte di appello ha affermato:
che doveva trovare applicazione il nuovo regime introdotto dalla legge prov. n.1 del 2008,in quanto la controversia alla data della sua entrata in vigore non era stata definita ed era pendente in sede giurisdizionale per la rideterminazione dell’indennità;
che il terreno aveva destinazione edificatoria, essendo ubicato in zona G, destinata ai servizi di quartiere, e perciò non compresa in alcuna delle tipologie inedificabili qualificate dall’art.11 della nuova legge;
che il terreno era collocato in un contesto compreso tra aree del centro storico (a sud), dal valore di € 500 -550 mq., aree agricole (ad est e nord) dal valore di € 45 -50 mq e aree residenziali B1 e B2, e di conseguenza gli poteva essere attribuito un valore di € 402,50 mq., mediando quello delle aeree residenziali con quello di € 258,00, a sua volta mediato tra aree del centro storico ed aree agricole.
Il Comune di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, e gli espropriati hanno resistito, formulando altresì ricorso incidentale con un motivo.
Con sentenza del 6.4.2017 n. 8898 questa Corte, preso atto della rinuncia ai primi due motivi di ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale, ha accolto il terzo motivo del ricorso principale, cassando di conseguenza la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione.
4. Secondo la Cassazione:
la legge provinciale trentina n.6 del 1993 è rivolta ad attenuare le possibili sperequazioni fra proprietari di terreni che la zonizzazione comunale abbia sminuito, assoggettandoli a utilizzazioni pubblicistiche, e quelli di immobili inclusi in zone qualificate edificatorie dai medesimi strumenti urbanistici, che, per effetto di questa scelta in luogo di quella opposta, si trovano ad essere beneficiari di valori e rendite assai più elevati di quelli sacrificati;
la predetta legge ha adottato (art.12) un parametro di ricognizione diverso e più favorevole ai proprietari espropriandi, incentrato sulla enumerazione e tipizzazione dei terreni inedificabili, suddivisi in sole quattro categorie, di ciascuna delle quali sono stati enunciati caratteri e presupposti identificativi;
le aree edificabili (fra cui pacificamente rientra quella degli attori) costituiscono una categoria generale e atipica nella quale
sono incluse tutte quelle aventi una destinazione urbanistica diversa dalle quattro tipologie di aree inedificabili;
la relativa distinzione vale esclusivamente ai fini dell’indennità di espropriazione ed è ininfluente sulla disciplina legislativa ed amministrativa degli interventi sul territorio;
poiché l’attribuzione di mere possibilità legali di edificazione al solo fine di determinare l’indennità di espropriazione rischiava di non aver alcuna incidenza sul mercato immobiliare, influenzato invece dalle vicende urbanistiche della zona e delle relative aree, l’art.14 della legge provinciale per le aree destinate a servizi e attrezzature di interesse generale, onde sottrarle al valore venale proprio delle aree inedificabili, ha opportunamente dettato gli elementi aggiuntivi ritenuti più congrui ad elevarne il valore ai fini perequativi enunciando così tre criteri: « caratteristiche dei terreni », « loro inserimento nel tessuto urbanistico », « destinazione urbanistica dei terreni circostant i»;
di conseguenza il giudice di merito non può prescindere da nessuno di detti criteri per la stima del valore venale dell’immobile corrispondente all’indennità di esproprio e non può neppure sostituirli con altri, pur se ritenuti più favorevoli all’espropriato, quali la ricerca delle (sole) aree edificabili vicine, ovvero delle zone con più elevato indice territoriale di fabbricabilità.
Secondo la Cassazione, nel caso concreto la Corte di merito, dopo avere accertato che il terreno espropriato ricadeva per mq.3471 (su mq.3590) in zona destinata a servizi, aveva errato:
dapprima, nel trascurare in radice il primo dei criteri (caratteristiche dei terreni) che secondo la Consulta è proprio quello che mantiene il legame con il valore di mercato, prescritto dall’art.42 Cost., nonché dalla Convenzione Edu;
poi nell’omettere qualsiasi esame anche del secondo criterio (inserimento nel tessuto urbanistico), soltanto menzionato e poi dimenticato, che la obbligava a valutare non certamente la
maggiore o minore distanza del terreno espropriato dal centro storico nonché dagli agglomerati periferici sparsi nell’ambito di alcune zone B, bensì il grado del suo insediamento e della relativa integrazione con i vari elementi urbanistici, abitativi, ambientali ed economici, che ne costituiscono il tessuto stratificato ormai nel tempo; criterio questo che conseguentemente spazia da un valore massimo corrispondente a un’interazione completa ed attuata con riguardo a tutti gli elementi che lo caratterizzano, a una vasta gamma di condizioni intermedie fino alla situazione opposta e più sfavorevole all’espropriato in cui l’immobile risulti del tutto avulso dal contesto del tessuto comunale;
infine, nell’applicare erroneamente anche l’unico criterio realmente preso in esame (destinazione urbanistica dei terreni circostanti) sia perché non li aveva apprezzati tutti, trascurando esemplificativamente quelli destinati a viabilità specificamente indicati dal Comune, circostanti al loro immobile; sia perché seppure la relativa nozione non può esaurirsi in quella di terreno strettamente confinante, il tenore letterale della norma finisce per limitarne l’estensione alle sole aree che stanno intorno a quella da valutare; sia perché l’indice in questione oltre a divenire criterio esclusivo di stima, privo di qualsiasi collegamento con il valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali, era stato interamente travisato nella sua reale funzione parametricavalutativa (ai fini indennitari), anche dell’influenza -positiva o negativa – della destinazione urbanistica delle aree circostanti, sostituita con quella assolutamente estranea alla norma, di estenderne (in tutto o in parte) il valore commerciale ad immobili affatto disomogenei.
Riassunta la causa, la Corte di appello ha disposto nuova consulenza tecnica, mandando al Consulente tecnico d’ufficio (C.t.u.) di determinare il valore del terreno alla stregua dei criteri indicati dalla sentenza della Corte di Cassazione.
Espletato l’incombente, con sentenza del 19.3.2021 la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha determinato nella somma di € 1.068.470,00 l’indennità complessiva spettante agli attori, con gli interessi legali dalla presa di possesso al pagamento e ha condannato gli attori a restituire le somme ricevute in eccedenza con gli interessi legali dalla data della percezione, il tutto a spese del giudizio integralmente compensate.
Avverso la predetta sentenza del 19.3.2021 con atto notificato il 11.10.2021 hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, con unico motivo.
Con atto notificato il 22.11.2021 ha proposto controricorso il Comune di RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
La RAGIONE_SOCIALE non si è costituita in giudizio.
I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7 . Con il motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., i ricorrenti denunciano violazione o erronea applicazione dell’art.14 della legge prov. trentina n.6 del 1993 e dell’art.3 del decreto del Presidente della RAGIONE_SOCIALE 26.10.2009 n. 24-26, in tema di determinazione della indennità espropriativa anche in relazione a quanto precedentemente statuito dalla Corte di Cassazione con sentenza n.8898/2017.
7.1. Secondo i ricorrenti, mentre secondo la decisione della Cassazione, si sarebbe dovuto considerare tutti e tre i parametri per determinare l’indennità di esproprio delle aree destinate a servizi e attrezzature di interesse generale, il consulente d’ufficio, alle cui conclusioni ha aderito la Corte del rinvio, aveva proposto quale indennità per l’area interessata dal vincolo a servizi pubblici
un dato risultante dalla mediazione tra il valore residenziale delle aree e il valore delle aree agricole, che teneva conto dei lati dei loro terreni confinanti con le aree agricole: criterio questo assolutamente incongruo per l’introduzione di valori appartenenti a segmenti di mercato diversi e dimezzando il valore dell’area su cui è stata edificata la scuola sol perché fronteggiante terreni agricoli.
Aggiungono ancora i ricorrenti, a pag.10 del ricorso, con ciò chiarendo definitivamente il loro pensiero, che « Quando la legge dice che nella determinazione della indennità di esproprio occorre tener conto della destinazione dei terreni circostanti non sta a significare che occorre-come fatto erroneamente dal consulentemediare il valore dell’area con quella dei terreni contermini ma semplicemente attribuire alla area un valore che venga determinato anche in base alla situazione di fatto e urbanistica dei terreni limitrofi. In altri espliciti termini il valore di un’area residenziale che confina con una zona destinata ad allevamenti zootecnici sarà certamente inferiore rispetto a quello di un’area che confina con un parco pubblico ma non per questo sarà pari alla media tra il valore della zona residenziale e quello della zona destinata ad allevamenti. »
Ed ancora (pag.14): « Il CTU a nostro sommesso avviso operando la mediazione tra valore di mercato del terreno edificabile e valore di mercato del terreno agricolo ancorché non tabellare non ha operato nel solco che aveva delineato questa Suprema Corte in quanto il valore venale del terreno edificabile se può essere condizionato dalla vicinanza con aree agricole non viene perciò stesso mediato nella sua valutazione dal valore delle aree agricole .»
In altre parole, i ricorrenti si dolgono del fatto che sia stato conferito, per effetto della adozione del metodo della mediazione, un peso eccessivo al secondo e soprattutto al terzo criterio (destinazione dei terreni circostanti) in pregiudizio del primo, ritenuto evidentemente prevalente.
7.2. I ricorrenti denunciano la violazione dell’art.14 della legge della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE 19.2.1993 n. 6, che dopo aver adottato una
nozione estesa di area edificabile e aver così definito all’art.12 ai fini dell’indennità di espropriazione aree edificabili tutte quelle aventi una destinazione urbanistica diversa da quella indicata dal comma 1, lettere a) e d), nonché quelle diverse dalle aree soggette ai vincoli indicati dal comma 1, lettere b) e c), prevede che per le aree destinate a servizi e attrezzature di interesse generale il valore di mercato debba essere determinato tenendo conto delle caratteristiche dei terreni, del loro inserimento nel tessuto urbanistico, della destinazione urbanistica dei terreni circostanti.
La norma non indica affatto un ordine di preferenza dei tre criteri e impone solamente di tener conto di ciascuno di essi.
D’altro canto, i ricorrenti neppure indicano per quale ragione dovrebbe prevalere il primo criterio e gli altri potrebbero essere utilizzati solo per correggere, ma con minor incidenza, gli effetti della sua applicazione.
Né si può dimenticare che la disciplina provinciale in questione corregge a fini perequativi gli effetti che deriverebbero dalla legge nazionale, che sancisce la considerazione in termini di inedificabilità dei terreni assoggettati a usi meramente pubblicistici.
7.3. La pretesa violazione dell’art.3 del decreto del Presidente della RAGIONE_SOCIALE 26.10.2009 n. 24-26 (recante il regolamento di attuazione della legge 6 del 1993) è sfornita di qualsiasi supporto argomentativo.
L’art.3, comma 2, del citato regolamento attuativo si limita peraltro a ribadire che ai sensi dell’articolo 14, comma 3, della legge provinciale n. 6 del 1993, se la destinazione urbanistica dell’area oggetto di espropriazione è quella di aree destinate a servizi e attrezzature di interesse generale il valore venale del bene è determinato tenendo conto delle caratteristiche dei terreni, del loro inserimento nel tessuto urbanistico, della destinazione urbanistica dei terreni circostanti.
7.4. Resta da valutare se, come lamentano i ricorrenti, la decisione impugnata abbia violato i principi della sentenza 8898/2017.
Così non è, visto che questa Corte ha affermato dapprima che il giudice di merito non può prescindere da nessuno di detti criteri per la stima del valore venale dell’immobile corrispondente all’indennità di esproprio e che non gli è consentito neppure sostituirli con altri; quindi ha chiarito che tale operazione muove dall’effettivo prezzo commerciale del suolo destinato a servizi o ad attrezzature di interesse generale, ma senza arrestarsi a quello commerciale del terreno secondo il regime inedificabile attribuitogli dallo strumento urbanistico, che deve essere corretto e completato, dall’assegnazione di un’edificabilità di fatto ricavata mediante la combinazione degli indici specificamente individuati, dei quali è postulata l’applicazione contestuale, coniugata e congiunta.
Non sussiste quindi alcuna violazione del principio di diritto coniato dalla Corte.
spese,
Al rigetto del ricorso consegue l’attribuzione delle liquidate come in dispositivo a carico dei ricorrenti soccombenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dar atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidate nella somma di € 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione