Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22338 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22338 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 25008 – 2019 R.G. proposto da:
SOCIETA’ di RAGIONE_SOCIALE c.f./p.i.v.a. 02508160989 -in persona del legale rappresentante pro tempore , RAGIONE_SOCIALEc.f./p.i.v.a. 02314580347 -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME e dell’avvocato NOME COGNOME che hanno indicato i rispettivi indirizzi di p.e.c. e che disgiuntamente e congiuntamente li rappresentano e difendono in virtù di procure speciali su fogli allegati in calce al ricorso.
RICORRENTI
contro
R.M. di COGNOME RAGIONE_SOCIALE. -c.f./p.i.v.a. 02900510179 – in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato NOME COGNOME la rappre-
senta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Brescia n. 850/2019, udita la relazione nella camera di consiglio del 27 marzo 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con provvedimento prot. n. CAL -20070900004 del 20.7.2009 la ‘RAGIONE_SOCIALE affidava alla ‘Società di RAGIONE_SOCIALE l’esercizio dei poteri espropriativi ai fini della realizzazione del collegamento autostradale tra le città di Brescia, Bergamo e Milano (cfr. ricorso, pag. 3) .
La ‘RAGIONE_SOCIALE, a sua volta, affidava al ‘Consorzio RAGIONE_SOCIALE‘, quale general contractor , la progettazione e la costruzione della suddetta infrastruttura e lo abilitava al compimento delle attività necessarie per l’acquisizione degli immobili occorrenti per il compimento dell’opera (cfr. ricorso, pag. 3) .
La progettazione dell’opera co ntemplava l’acquisizione di taluni terreni, in Comune di Travagliato, di proprietà della ‘ R.M. di RAGIONE_SOCIALE
Con decreto in data 16.9.2011 veniva disposta l’occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione per strade complementari di mq. 173 del mappale n. 25 del fol. 2. Con decreto in data 18.5.2012 veniva disposta l’occupazione d’urgenza preordinata all’ espropriazione per strade complementari di mq. 90 del mappale n. 25 del fol. 2. C iascun decreto recava indicazione dell’indennità provvisoria all’uopo offerta e non accettata. Con decreto in data 7.11.2017 veniva
disposta l’espropriazione per strade complementari di mq. 273 del mappale n. 814 del fol. 2 (cfr. ricorso, pagg. 3 – 4) .
Con ricorso ex artt. 29 del d.lgs. n. 150/2011 e 702 bis cod. proc. civ. alla Corte d’Appello di Brescia depositato il 29.12.2017 la ‘ R.M. di COGNOME Giovanni & C. ‘ chiedeva farsi luogo alla determinazione dell’indennità di espropriazione e dell’indennità di occupazione (cfr. ricorso, pag. 4) .
Resistevano la ‘Brebemi’ ed il ‘Consorzio BBM’.
Espletata la consulenza tecnica d’ufficio, con ordinanza n. 8 50/2019 la Corte d’Appello di Brescia determinava in euro 285.462,24, oltre interessi legali, l’indennità di espropriazione , in euro 139.378,85, oltre interessi legali , l’indennità di occupazione temporanea, in euro 98.523,60, oltre interessi legali, l’indennità per ripristini; condannava parte convenuta alle spese di lite nonché a rifondere a controparte le spese di c.t.p. e a farsi carico delle spese di c.t.u.
Premetteva la Corte di Brescia che era da negare rilevanza ai fini del decidere al decreto di rettifica – emesso in data 19.7.2018, ovvero in corso di giudizio del decreto di espropriazione, decreto di rettifica ove si dava atto che per mero errore materiale il decreto di espropriazione non recava menzione della permanenza del diritto di transito mercé la costituzione di una servitù di passaggio a carico delle aree espropriate ed a favore delle aree residue (cfr. ordinanza impugnata, pag. 13) .
Premetteva in particolare che a segnare l’irrilevanza del decreto di rettifica e dunque della costituzione della servitù di passaggio concorrevano sia ragioni di ordine processuale sia ragioni di ordine sostanziale; più esattamente, quanto alle prime, l’impossibilità, nonostante le peculiarità del rito ex art. 29 d.lgs. n. 150/2011, di travalicare il limite costituito dalla definizione del thema deciden-
dum ; più esattamente, quanto alle seconde, il rilievo per cui l’indennità di espropriazione si determina ‘sulla base delle caratteristiche del bene (…) alla data dell’esproprio’ con susseguente irrilevanza delle variazioni successive ed il rilievo per cui non aveva rinvenuto riscontro probatorio l’asserito errore materiale inficiante il decreto di espropriazione in data 7.11.2017, sicché la costituzione della servitù di passaggio doveva intendersi avvenuta unicamente con il decreto in data 19.7.2018 (cfr. ordinanza impugnata, pag. 14) .
Premetteva altresì la corte d’appello – che i decreti di occupazione e di espropriazione avevano interessato una porzione, o ssia mq. 173, dell’area pertinenziale del compendio immobiliare sito in Comune di Travagliato -alla INDIRIZZO -compendio immobiliare avente ‘una prevalente, se non esclusiva, vocazione produttiva-artigianale, che si attua mediante impiego del capannone produttivo e delle aree asfaltate adiacenti fabbricato adiacente (…) inizialmente adibito soltanto ad uso ufficio , (…) in seguito parte di esso (il primo piano), previa (…) CILA per mutamento di destinazione d’uso, (…) adibito ad uso abitativo’ (così ordinanza impugnata, pag. 16) .
Indi la corte evidenziava che, in considerazione del difetto di autonomia dell’area espropriata rispetto alla residua superficie asfaltata, ‘per essere quest’ultima tutta destinata al passaggio, alla sosta ed al carico e scarico di automezzi industriali’ (così ordinanza impugnata, pag. 16) , si era senz’altro al cospetto di un’espropriazione parziale di un bene unitario.
Evidenziava dunque su tale scorta che il c.t.u. aveva determinato in euro 13.420,00 il valore venale dell’area espropriata (cfr. ordinanza impugnata, pag. 18) e aveva determinato, con riferimento alla porzione residua, nella misura del 40% il deprezzamento del capannone e delle aree pertinenziali e nella misura
del 20% il deprezzamento degli uffici e dell’abitazione (per il complessivo importo di euro 274.087,86) e che a siffatte conclusioni, ancorché non totalmente persuasive, ‘in assenza di specifica contestazione di parte attrice’ (così ordinanza impugnata, pag. 18) , vi era margine per aderire.
Evidenziava al contempo che alla ricezione degli esiti della c.t.u. non ostava ‘la considerazione della preesistenza di vincoli derivanti da pregresse servitù di elettrodotto o da fascia di rispetto correlata allo sviluppo della strada statale n. 11’ (così ordinanza impugnata, pag. 18) .
Evidenziava altresì che irrilevante doveva reputarsi il venir meno, asseritamente a seguito della vicenda ablativa, ‘ del vincolo di elettrodotto ed anche della presenza di un traliccio AT per il passaggio della corrente elettrica’ , siccome non ne derivava alcun beneficio una ‘volta che l’immobile, concepito per l’utilizzo quale apparato produttivo, risulti poi utilizzabile soltanto quale deposito o magazzino’ (così ordinanza impugnata, pag. 19) .
Evidenziava inoltre che irrilevante era pur l’addotta irregolarità dell’ iter amministrativo seguito per la variazione della destinazione d’uso del primo piano, siccome, seppur ne fosse stata rilevata l’illegittimità, non ne sarebbe derivata la demolizione di opere aggiuntive ma eventualmente il ripristino della pregressa destinazione ad uso ufficio, destinazione per la quale il c.t.u. aveva riconosciuto un valore a mq. superiore rispetto a quello ad ‘uso abitativo’ (cfr. ordinanza impugnata, pag. 19) .
Evidenziava infine che erano da riconoscere le indennità invocate per il valore dei soprassuoli demoliti e per le opere di ripristino -per le quali il c.t.u. aveva riconosciuto il complessivo importo di euro 98.523,60 -trattandosi di voci estranee al deprezzamento del compendio immobiliare e correlate all’esigenza di ri-
mediare ai danni arrecati, viepiù che le parti opposte non avevano provato di aver provveduto ai dovuti ripristini a proprie spese (cfr. ordinanza impugnata, pag. 19) .
Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso la ‘RAGIONE_SOCIALE ed il ‘Consorzio RAGIONE_SOCIALE‘; ne hanno chiesto sulla scorta di dieci motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
La ‘ RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria la controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione de ll’ art. 32, 1° co., d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione de ll’art. 132 cod. proc. civ.; la carenza assoluta di motivazione in ordine ai criteri adottati ai fini della determinazione del valore venale dell’immobile .
Deducono che la Corte di Brescia, in conformità alla relazione di c.t.u. , ‘ non ha considerato nella stima del valore venale del bene la fascia di rispetto stradale preesistente relativa alla SS 11 pur avendone accertato la presenza (…) e neppure i vincoli derivanti dagli elettrodotti’ (così ricorso, pag. 9) .
Deducono invero che la corte d ‘appello senza alcuna motivazione ‘ha esaminato tali circostanze esclusivamente per valutare la sussistenza o meno del deprezzamento ‘ (così ricorso, pag. 10) .
Deducono quindi che la corte di merito nella stima del valore venale a mq. dell’area espropriata non ha considerato né l’incidenza dei vincoli conformativi preesistenti (cfr. ricorso, pag. 11) – dalla cui considerazione non può prescindersi pur allorché l’area espropriata costituisca la pertinenza di un edificio (cfr. ricorso, pag. 12) -né l’incidenza dei campi elettromagnetici, dipendente dalla circostanza che l’intero compendio immobiliare di proprietà della ‘R.M.’ era ricompreso tra due elettrodotti con relativi tralicci poi rimossi nel corso della procedura espropriativa de qua , incidenza che invero il c.t.u. ha reputato ininfluente (cfr. ricorso, pagg. 13 – 14) .
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 1° co., e 33, 1° co., d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i., dell’art. 29 d.lgs. n. 150/2011 e degli artt. 702 bis e ss. cod. proc. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione de ll’art. 132 cod. proc. civ. ovvero la carenza assoluta di motivazione; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Deducono che ha errato la Corte di Brescia, allorché, in aderenza alle risultanze della c.t.u., ha determinato il deprezzamento dell’area residua dipendente dalla presunta riduzione degli accessi senza tener conto della limitata incidenza dell’espropriazione, concernente un’estensione, posta ai margini della proprietà, di appena mq. 273,00 su una superficie complessiva di mq. 3.190,00.
Deducono ulteriormente al riguardo che l’immobile della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha mantenuto i due accessi preesistenti, l’uno inalterato l’altro ridotto (cfr. ricorso, pag. 15) . Deducono altresì che ha errato la corte d ‘appello , allorché, in aderenza alle risultanze della c.t.u., ha determinato il deprezzamento dell’area residua senza
tener conto dell’avvenuta costituzione con il decreto di espropriazione, rettificato con decreto del 19.7.2018, di una servitù di passaggio su parte delle aree espropriate a vantaggio delle residue porzioni del compendio (cfr. ricorso, pagg. 15 – 16) .
Deducono segnatamente che la corte di merito avrebbe dovuto tener conto, per ragioni e processuali e sostanziali, del decreto di rettifica del decreto di espropriazione benché intervenuto in corso di causa (cfr. ricorso, pag. 17) .
Deducono, in ordine alle ragioni processuali, che nel giudizio di opposizione alla stima la c.t.u. ha natura percipiente, il che abilita senz’altro l’ausiliario all’acquisizione dei documenti in qualunque momento si siano formati (cfr. ricorso, pag. 18) .
Deducono, in ordine alle ragioni sostanziali, che il decreto di rettifica ha inciso sul decreto di espropriazione, sicché dal medesimo decreto di rettifica non poteva prescindersi in sede di determinazione dell’indennità dovuta (cfr. ricorso, pag. 19) .
Deducono, infine, che la servitù di passaggio, benché non prevista per mero errore materiale nell’iniziale decreto di espropriazione, ‘di fatto era già costituita ed esercitata, senza alcuna opposizione’ (così ricorso, pag. 20) .
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazio ne dell’art. 33, 1° co., d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.
Deducono che ha errato la Corte di Brescia, siccome ha computato il deprezzamento della proprietà residua, né espropriata né occupata, in relazione non già alla perdita di valore dell’immobile oggetto dell’espropriazione bensì, in aderenza agli esiti della c.t.u., in relazione all’ ‘asserito pregiudizio che
avrebbe subito per non potervi ulteriormente svolgere la precedente o altre attività industriali o commerciali’ (così ricorso, pag. 23) .
Deducono invero che ‘l’indennità di espropriaz ione non si estende al valore dell’azienda organizzata dall’imprenditore’ (così ricorso, pag. 23) .
Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ., la carenza assoluta di motivazione; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 33, 1° co., d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.
Deducono che la Corte di Brescia ha in maniera del tutto immotivata e senza tener conto dei rilievi formulati computato in euro 48.977,40 -ovvero nella misura del 20% del loro valore il deprezzamento degli uffici e dell’abitazione (cfr. ricorso, pag. 24) .
Deducono altresì che difetta qualsiasi concreto pregiudizio, sicché mancano i presupposti per il riconoscimento del deprezzamento (cfr. ricorso, pag. 25) .
Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l ‘omesso es ame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deducono in ogni caso che in sede di computo del deprezzamento degli uffici e dell’abitazione nessuna indagine è stata compiuta dal c.t.u. alla luce dei contratti di locazione che hanno riguardato l’immobile, onde esplicitare la discrepanza tra il valore del 2012 e quello del 2017 (cfr. ricorso, pag. 26) .
Deducono segnatamente che il contratto di locazione del 2012 dà ragione dell’assenza del deprezzamento, quanto meno nei termini esorbita nti ritenuti dall’ausiliario d’ufficio e dalla corte d’appello (cfr. ricorso, pag. 26) .
Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazio ne dell’art. 33, 2° co., d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.
Deducono che la Corte di Brescia ha reputato inconferente l’eliminazione del traliccio dell’alta tensione.
Deducono viceversa che l’eliminazione dei due preesistenti elettrodotti costituisce un vantaggio speciale ed immediato per l’immobile di proprietà della ‘R.M.’, atteso che la presenza degli elettrodotti influisce negativamente sul valore di qualsiasi compendio immobiliare (cfr. ricorso, pag. 28) .
Con il settimo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 2° co., 33, 37, 3° co., e 38, 2° co., d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i. nonché dell’art. 3, 7° co., d.lgs. n. 190/2002 (trasfuso nell’art. 165, 7° co., d.lgs. n. 163/2006 ) ; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l ‘omesso es ame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Premettono che il compendio immobiliare di pr oprietà della ‘R.M.’ ha subito modifiche sia prima che dopo l’approvazione in data 29.7.2005 -del progetto preliminare dell’opera pubblica (cfr. ricorso, pag. 28) .
Premettono segnatamente che, così come evidenziato nelle osservazioni del proprio consulente, la ‘R.M.’ ha in data 25.9.2003 presentato una D.I.A. per il cambio di destinazione d’uso da ufficio ad abitazione di una parte del fabbricato e che per la parte abitativa non è mai stato acquisito il certificato di abitabilità (cfr. ricorso, pag. 28) .
Premettono segnatamente che, così come del pari evidenziato nelle osservazioni del proprio consulente, la ‘R.M.’ ha in data 18.6.201 5 presentato una
C.I.L.A. per la sostituzione del rivestimento dei capannoni senza premunirsi dell’attestazione di compatibilità tecnica della ‘C.A.L.’ (cfr. ricorso, pag. 28) .
Premettono che la Corte di Brescia ha reputato che la mancanza del certificato di abitabilità avrebbe al più comportato il ripristino della precedente destinazione ad uso ufficio, destinazione alla quale il consulente aveva correlato un valore a mq. superiore.
Premettono che la Corte di Brescia nulla ha reputato per il difetto dell’attestazione di compatibilità tecnica con riferimento agli interventi oggetto della C.I.L.A.
Indi d educono, in primo luogo, che il cambio di destinazione d’uso non può reputarsi legittimo ovvero assentito sol perché l’amministrazione comunale non lo ha inibito a seguito della presentazione della D.I.A. (cfr. ricorso, pag. 30) e che al riguardo non esplicano valenza i regolamenti locali che nulla dispongono in ordine al mutamento della destinazione d’uso (cfr. ricorso, pag. 31) , viepiù che unicamente con la sopravvenuta -rispetto agli interventi in esame – prefigurazione dell’art. 65 -bis , 1° co., del d.l. n. 50/2017 il mutamento della destinazione d’uso ricade nel novero degli interventi di restauro e risanamento (cfr. ricorso, pag. 31) .
Deducono po i che il mutamento della destinazione d’uso, contrariamente all’assunto della corte d istrettuale, non è affatto irrilevante, siccome ‘la porzione non conforme sul pianoedilizio urbanistico (…) non va per nulla considerata’ (così ricorso, pag. 32) .
Indi deducono, in secondo luogo, che ha errato il c.t.u. – le cui conclusioni la corte territoriale ha pedissequamente recepito -a tener conto degli interventi
eseguiti dopo la comunicazione di avvio del procedimento e senza l’attestazione di compatibilità tecnica (cfr. ricorso, pag. 33) .
Deducono po i che l’attestazione di compatibilità tecnica è da riferire pur agli interventi soggetti a C.I.L.A., viepiù che nella specie l’intervent o oggetto della C.I.L.A. che la ‘R.M.’ ha presentato in data 18.6.201 5, non è indennizzabile in quanto ‘migliori a opportunistica ‘ (cfr. ricorso, pag. 34) .
15. Con l’ottavo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione de ll’art. 33, 1° co., d.P.R. n. 327/2001; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, co d. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Premettono che la Corte di Brescia, in accoglimento della avversa richiesta, in conformità agli esiti della c.t.u., ha in aggiunta al deprezzamento accordato alla ‘R.M.’ un ulteriore indennizzo -del complessivo importo di euro 98.523,60 – per il valore dei soprassuoli demoliti e per le opere di ripristino dello stato dei luoghi, ossia per il ripristino del cancello e della recinzione e per il ripristino del muro di cinta e della pavimentazione del cortile (cfr. ricorso, pag. 35) .
Deducono nondimeno che in ipotesi di espropriazione parziale deve essere corrisposta un’unica indennità, giacché il riconoscimento di ulteriori voci indennitarie dà luogo ad inammissibili duplicazioni (cfr. ricorso, pag. 36) .
Deducono in ogni caso che la stima dei soprassuoli e delle opere di ripristino non ha tenuto conto dell’effettivo stato dei luoghi e ha considerato esborsi per interventi eseguiti da esse ricorrenti (cfr. ricorso, pag. 37) .
16. Con il nono motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 22bis e 50 d.P.R. n. 327/2001; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la viola-
zione e falsa applicazione de ll’art. 132 cod. proc. civ., ovvero la carenza assoluta di motivazione in ordine ai criteri seguiti per la quantificazione dell’indennità di occupazione.
Deducono che la Corte di Brescia ha erroneamente computato l’indennità di occupazione d’urgenza , ossia si è pedissequamente uniformata alle indicazioni di cui alla relazione di c.t.u., ove a base di computo dell’indennità di occupazione era stata assunta l’indennità di espropriazione nella sua interezza (cfr. ricorso, pag. 38) .
Deducono invero che l’indennità di occupazione non va calcolata tenendo conto pur dell’indennità riconosciuta per il deprezzamento della proprietà residua (cfr. ricorso, pag. 38) .
Deducono in ogni caso che l’indennità di occupazione è stata erroneamente computata in dipendenza dell’erroneo computo dell’indennità di espropriazione (cfr. ricorso, pag. 39) .
17. Con il decimo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione de ll’art. 91 cod. proc. civ. Premettono che la Corte di Brescia ha liquidato le spese di lite alla stregua dei valori medi relativi allo scaglione compreso tra euro 520.000,01 ed euro riconosciuto è di importo
1.000.000,00, siccome ha ritenuto che l’indennizzo prossimo al massimo dello scaglione.
Indi deducono che la motivazione in parte qua dell’impugnato dictum è senza dubbio illogica, giacché l’indennizzo nel complesso liquidato è di poco superiore al minimo dello scaglione di riferimento (cfr. ricorso, pag. 40) .
Deducono comunque che il buon fondamento degli esperiti motivi di ricorso giustifica la riforma del capo dell’impugnata ordinanza concernente la regolamentazione delle spese di lite (cfr. ricorso, pag. 40) .
Si impone, previamente, la delibazione del terzo motivo di ricorso; il terzo mezzo, infatti , involge un profilo del tutto preliminare, attinente all’oggetto dell’espropriazione per pubblica utilità; in ogni caso, il terzo motivo è, alla stregua degli argomenti che seguono, meritevole di accoglimento.
Sovviene la pr efigurazione del 1° co. dell’art. 1 del d.P.R. n. 327/2001, nella parte in cui identifica l’oggetto dell’espropriazione negli ‘immobili’ e nei ‘diritti relativi ad immobili’.
Sovviene l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale l’indennità di espropriazione non può superare in nessun caso il valore determinabile con l’applicazione del criterio legale, senza che abbia rilievo il reale pregiudizio che il proprietario od altro titolare di minore diritto di godimento risentono come effetto dal non potere ulteriormente svolgere, mediante l’uso dello stesso immobile, la precedente attività; con la conseguenza che, estinto il diritto di proprietà, ove risulti impedito sul luogo l’ulteriore svolgimento dell’impresa che utilizzava gli immobili per fornire i propri servizi, l’espropriazione non si estende al diritto dell’imprenditore su di essi, sì che il valore del bene espropriato debba comprendere quello dell’azienda in sé considerata, quale complesso funzionale organizzato, risultante da una pluralità di elementi (cfr. Cass. 31.12.2008, n. 2424; altresì Cass. (ord.) 31.5.2022, n. 17564, secondo cui, estinto il diritto di proprietà, ove risulti impedito, sul luogo, l’ulteriore svolgimento dell’impresa, che utilizzava l’immobile per fornire i propri servizi, l’espropriazione non si
estende al diritto dell’imprenditore su di essi, né all’azienda da quest’ultimo organizzata).
Ebbene, non risultano linea e con il parametro legislativo e con l’esplicitazione che ne ha dato la riferita condivisibile elaborazione giurisprudenziale, gli assunti sulla cui scorta la Corte di Brescia ha determinato il ‘deprezzamento’ dell’area residua , assunti ancorati ai rilievi dell’officiato c.t.u., a loro volta correlati alla connotazione strutturale del compendio immobiliare ‘in funzione del possibile esercizio in esso di un’attività produttiva a carattere artigianale, qualunque essa sia’ (così ordinanza impugnata, pag. 17) e correlati altresì al mutamento -susseguente a ll’espropriazione – della situazione dei luoghi in misura tale ‘ da rendere addirittura impossibile la permanenza, nei suoi elementi significativi, dell’attitudine del compendio in oggetto all’impiego produttivo ‘ (così ordinanza impugnata, pag. 17) .
In questi termini si configura senza dubbio l’ ‘ error in iudicando ‘, sub specie di falsa applicazione del 1° co. (‘nel caso di esproprio parziale di un bene unitario, il valore della parte espropriata è determinato tenendo conto della relativa diminuzione di valore’) del l’art. 33 d.P.R. n. 327/2001, denunciato con il motivo di ricorso in disamina.
Né, ben vero, ad escludere il denunciat o ‘ error ‘ esplica valenza il rilievo della controricorrente secondo cui ‘risulta dalla c.t.u. (…) come fosse affittato da R.M. a terzi (quantomeno) già dal 2003, ovvero ben prima dell’inizio dell’espropriazione’ (così controricorso, pag. 24) .
Parimenti è meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso.
Questa Corte spiega che il vincolo di inedificabilità ricadente sulle aree situate in fascia di rispetto stradale o autostradale non deriva dalla pianificazione
e dalla programmazione urbanistica, ma è sancito nell ‘ interesse pubblico da apposite leggi che rendono il suolo ad esso soggetto legalmente inedificabile, trattandosi di vincolo dettato per favorire la circolazione e offrire idonee garanzie di sicurezza a quanti transitano sulle strade o passano nelle immediate vicinanze, o in queste abitano ed operano, sicché tale vincolo non ha né un contenuto propriamente espropriativo, né può qualificarsi come preordinato all’espropriazione; dunque, di esso deve tenersi conto nella determinazione dell ‘ indennità di esproprio, non essendo l ‘ area in questione suscettibile di edificazione in nessun caso, dato che vige il divieto assoluto di costruire su di essa (cfr. Cass. (ord.) 25.1.2022, n. 2127; Cass. 13.4.2012, n. 5875) .
Ebbene, nell’enunciata prospettiva non può non darsi atto dell’ ‘ error in iudicando ‘ (sub specie di falsa applicazione del 1° co. -‘(…) valutando l’incidenza dei vincoli di qualsiasi natura non aventi natura espropriativa (…)’ -dell’art. 32 d.P.R. n. 327/2001 ) , in cui la Corte di Brescia è incorsa, allorché ha ritenuto che all’operata quantifica zione del valore venale dell’area espropriata non ostassero i vincoli derivanti ‘da fascia di rispetto correlata allo sviluppo della strada statale n. 11′ (così ordinanza impugnata, pag. 18) .
Ben vero, l’ ‘ error in iudicando ‘ de quo agitur viepiù rileva, giacché si raccorda all’ ‘ error in iudicando ‘ denunciato con il terzo mezzo.
Difatti, la corte d’appello ha assunto che i limiti che all’esercizio dei diritti dominicali derivavano peraltro dalle fasce di rispetto stradali, risultavano del tutto irrilevanti, ‘posto che il pregiudizio subito dall’espropriazione non riguarda la capacità edificatoria dell’a rea bensì la persistente -o meno -idoneità del compendio immobiliare (…) ad essere utilizzato per quei fini produ ttivi per i quali era stato realizzato’ (così ordinanza impugnata, pag. 18) .
Tal ultimo rilievo, al quale la corte distrettuale ha ino ltre correlato l’ ininfluenza dei preesistenti ‘vincoli derivanti da pregresse servitù di elettrodotto’, dà ragione al contempo dell’ ‘ error in iudicando ‘ denunciato con il primo mezzo pur con riferimento all’addotta ‘pacifica incidenza dei campi elettro magnetici sul prezzo di mercato di un immobile’ (così ricorso, pag. 14) .
Il secondo motivo di ricorso è, viceversa, meritevole di accoglimento nei limiti che seguono.
Non riveste valenza in questa sede la doglianza a tenor della quale la Corte di Brescia non avrebbe tenuto conto, in sede di determinazione del deprezzamento dell’area residua co rrelato alla riduzione degli accessi (uno inalterato, l’altro ridotto) , della circostanza per cui ‘l’esproprio ha interessato solo 273,00 mq. (su un totale di 3.190,00 mq. (…) posti a margine della proprietà’ (così ricorso, pag. 15) .
Sovviene al riguardo l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404) .
Riveste valenza in questa sede, viceversa, la doglianza a tenor della quale la Corte di Brescia avrebbe dovuto tener conto, in sede di determinazione del deprezzamento dell’area residua, ‘della rettifica al decreto di esproprio ‘ (così ricorso, pag. 17) .
Questa Corte spiega che nel giudizio di opposizione alla stima dell ‘ indennità di espropriazione (la produzione del decreto di esproprio, che sia interve-
nuto dopo la definizione del procedimento d ‘ appello o dopo la proposizione del ricorso per cassazione, può essere validamente effettuata nel giudizio di legittimità, non trovando ostacolo nell ‘ art. 372 cod. proc. civ., poiché) il provvedimento ablatorio ha natura giuridica di condizione dell ‘ azione, la cui sopravvenienza è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, fino al termine della discussione orale (cfr. Cass. 26.2.2016, n. 3817; Cass. 17.6.2009, n. 14080) .
Ovviamente, le condizioni dell’azione sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cass. 18.2.1972, n. 483) .
Su tale scorta non può che postularsi quanto segue.
29.1. Non si prospettava alcun ostacolo di ordine sostanziale all’acquisizione del decreto in data 19.7.2018, pur ad opinare nel senso che il medesimo decreto fosse stato adottato ex novo e non già a correzione d ell’ errore materiale asseritamente inficiante il decreto di espropriazione in data 7.11.2017.
E tanto giacché il decreto del 19.7.2018 comunque si correla al decreto di espropriazione ( condizione dell’azione, a sua volta rilevabile in ogni stato e grado del giudizio) .
D’altra parte, la corte di merito ha, in fondo, opinato con motivazione ‘apparente’ motivazione ‘apparente’ oggetto di specifica denuncia (‘(…) precisando incomprensibilmente che non rileverebbe la rettifica al decreto di esproprio’: così ricorso, pag. 17) -nel senso che era ‘carente di riscontro probatorio l’assunto, espresso nel decreto di rettifica del luglio 2018 (…), secondo cui soltanto per mero errore materiale si sarebbe pretermessa, nel decreto di esproprio del 7/11/2017 (…), ogni indicazione in ordine alla prevista costituzione di servitù di passaggio carraio a carico del lotto espropriato ed a vantaggio dell’area adia-
cente non espropriata’ (così ordinanza impugnata, pagg. 14 -15. Cfr. Cass. (ord.) 30.5.2019, n. 14762, secondo cui, in tema di valutazione delle prove ed in particolare di quelle documentali, che il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti) .
29.2. Non si prospettava alcun ostacolo di ordine processuale all’acquisizione del decreto in data 19.7.2018.
L’anzidetto decreto è stato acquisito nella pendenza delle operazioni di c.t.u. e nel corso delle operazioni di c.t.u. è stato vagliato in contraddittorio dai c.t.p. dell’una e dell’altra parte (cfr. ricorso, pag. 18; controricorso, pag. 18) .
Cosicché soccorre l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte a tenor del quale, i n materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico – tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. sez. un. 1.2.2022, n. 3086 (Rv. 663786-03)) .
30. Il buon fondamento del terzo, del primo e, nei termini anzidetti, del secon do motivo di ricorso assorbe senz’altro la disamina del quarto, del quinto e del sesto motivo di ricorso.
Il settimo motivo di ricorso va respinto.
Il primo profilo di doglianza, concernente la mancata acquisizione del certific ato di abitabilità in esito al cambio di destinazione d’uso del primo piano dell’immobile da ufficio ad abitazione, è senza dubbio formulato in termini ipotetici e generici, siccome i ricorrenti prospettano che la mancanza del certificato di agibilità avrebbe dovuto indurre il c.t.u. e la corte d’appello a verificare ulteriormente la conformità edilizia e urbanistica dell’immobile (cfr. ricorso, pag. 30) .
Beninteso, il mancato esame -da parte della corte territoriale – delle contestazioni della ricorrente (cfr. ricorso, pag. 30) non ha precipua valenza, poiché l’ art. 360, 1° co., n. 5, cod. pro. civ. (come riformulato dall’art. 54 del dec. leg. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012) ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (cfr. Cass. 14.6.2017, n. 14802; Cass. (ord.) 18.10.2018, n. 26305) .
Per altro verso, il primo profilo di doglianza non reca puntuale compiuta censura dell’affermazione della Corte di Brescia secondo cui il riscontro di eventuali ragioni di illegittimità avrebbe comportato, ‘non essendovi stata alcuna costruzione aggiuntiva’ , ‘ semmai il ripristino della precedente destinazione ad uso ufficio’ (così ordinanza impugnata, pag. 19) .
Per altro verso ancora, il primo profilo di doglianza, allorché si adduce che ‘l’assenza di agibilità (…) incide negativamente sul valore dell’immobile’ (cfr. ricorso, pag. 33) , si risolve, in fondo, in una censura ‘di merito’, inammissibile in questa sede. Per giunta, siffatta censura è del tutto ingiustificata, siccome la corte distrettuale ha puntualizzato che l’ausiliario d’ufficio aveva quantificato il valore a mq. in un importo superiore a quello degli immobili ad uso abitativo (cfr. ordinanza impugnata, pag. 19) .
33. Il secondo profilo di doglianza, concernente la mancata previa acquisizione dell’attestazione di compatibilità tecnica in occasione della presentazione della C.I.L.A. per la sostituzione del rivestimento dei capannoni, del pari ridonda in una del tutto generica censura ‘di merito’, dunque a doppio titolo destinata a sottrarsi al vaglio di questa Corte.
Si prospetta a tal proposito un vizio di omesso esame di fatto decisivo (cfr. ricorso, pag. 33) . E tuttavia il generico assunto per cui avrebbe dovuto ridursi il valore di stima del capannone, incide sulla ‘decisività’ del fatto la cui cognizione è stata asseritamente omessa (cfr. Cass. sez. lav. 2.4.1999, n. 3183, secondo cui, affinché la decisività richiesta dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. sia rilevabile in sede di legittimità di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., non è sufficiente che sussista un elemento trascurato dal giudice di merito e potenzialmente idoneo a condurre a diversa decisione, ma è necessario che tale elemento sia integralmente e adeguatamente descritto, nel suo contenuto e nella sua decisività, dallo stesso ricorso) .
L’ottavo motivo di ricorso è meritevole di accoglimento.
È sufficiente il riferimento all’elaborazione di questa Corte.
Ovvero all’insegnamento secondo cui nell ‘ espropriazione parziale va compresa ogni ipotesi di diminuzione di valore della parte non interessata dall ‘ espropriazione, con necessario riferimento al concetto unitario di proprietà ed al nesso di funzionalità tra ciò che è stato oggetto del provvedimento ablativo e ciò che è rimasto nella disponibilità dell’espropriato (cfr. Cass. sez. un. 8.4.2008, n. 9041; Cass. (ord.) 11.10.2021, n. 27555, secondo cui, in tema di espropriazione parziale, il pregiudizio alla porzione di fondo rimasta in proprietà all’espropriato derivante dall’opera pubblica realizzata è suscettibile di indennizzo ai sensi dell’art. 33 d.P.R. n. 327 del 2001, poiché l’indennità di espropri azione comprende l’intera diminuzione patrimoniale subita dal destinatario del provvedimento ablativo) .
I n questi termini nell’unitaria indennità di espropriazione, comprensiva della diminuzione di valore pur della parte non espropriata, è ricompresa qualsivoglia diminuzione di valore che la parte non espropriata subisce.
Non vi è margine, quindi, per l’autonoma considerazione dei ‘soprassuoli demoliti ‘ e delle ‘opere di ripristino stato dei luoghi’.
La disamina del nono e del decimo motivo di ricorso resta assorbita nel buon fondamento, altresì, del l’ottavo motivo di ricorso.
In accoglimento del terzo motivo, del primo motivo, del -in parte -secondo motivo e dell’ottavo motivo di ricorso l ‘ordinanza n. 850/2019 della Corte d’Appello di Brescia va cassata con rinvio a lla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
All’enunciazione, in ossequio alla previsione dell’art. 384, 1° co., cod. proc. civ., dei principii di diritto -ai quali ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può
farsi luogo per relationem , nei medesimi termini espressi dalle massime desunte dalle pronunce di questa Corte in precedenza menzionate in sede di disamina dei motivi accolti.
In dipendenza del (parziale) buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perché, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
accoglie il terzo motivo, il primo motivo, in parte i l secondo motivo e l’ottavo motivo di ricorso, cassa in relazione e nei limiti dell’accoglimento dei medesimi motivi l ‘ordinanza n. 850/2019 della Corte d’Appello di Brescia e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
rigetta il settimo motivo di ricorso ed in parte il secondo motivo;
dichiara assorbiti il quarto motivo, il quinto motivo, il sesto motivo, il nono motivo ed il decimo motivo di ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte