Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8725 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8725 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 10238 -2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE – COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE – elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato NOME COGNOME li rappresenta e difende in virtù di procura speciale allegata in calce al ricorso.
RICORRENTI
contro
RAGIONE_SOCIALE c.f. P_IVA -in persona dell’avvocato NOME COGNOME giusta procura per notar NOME COGNOME del 29.1.2018, rappresentata e difesa disgiuntamente e congiuntamente in virtù di procura speciale allegata in calce al controricorso dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME.
CONTRORICORRENTE avverso la sentenza n. 2190/2017 della Corte d’Appello di Bologna,
udita la relazione nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024 del AVV_NOTAIO NOME COGNOME,
RILEVATO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in data 20.10.2008 innanzi alla Corte d’Appello di Bologna ‘RAGIONE_SOCIALE
Esponevano che con decreto in data 7.10.2003 il Prefetto di Bologna aveva disposto l’occupazione d’urgenza fino alla data del 18.6.2008 -di alcune aree in Comune di Crespellano di proprietà, per la quota di ½ ciascuno, di essi istanti e che in data 27.11.2003 si era fatto luogo alla redazione del verbale di immissione in possesso e dello stato di consistenza (cfr. ricorso, pag. 5) .
Esponevano che con atto notificato in data 19/23.11.2007 avevano ricevuto comunicazione della quantificazione in euro 7.712,00 dell’indennità di espropriazione, in euro 3.000,00 dell’indennità per la perdita dei manufatti ed in euro 2.868,00 dell’indennità di occupazione temporanea (cfr. ricorso, pag. 6) .
Esponevano che non avevano inteso accettare, siccome incongrue, le indennità offerte e che in data 30.5.2008 il Prefetto di Bologna aveva provveduto ad emettere il decreto di espropriazione (cfr. ricorso, pag. 6) .
Esponevano segnatamente che l’espropriazione aveva comportato la diminuzione di valore della porzione residua con particolare riguardo ai fabbricati che vi insistevano, fabbricati che, a seguito dell’ampliamento della sede autostradale, risultavano posizionati alla distanza di m. 10 dal confine, inferiore a quella legale (cfr. ricorso, pagg. 6 – 7) .
Chiedevano, peraltro, farsi luogo alla liquidazione delle indennità tutte ad essi spettanti pur in relazione alla diminuzione di valore della porzione residua (cfr. ricorso, pag. 6) .
Si costituiva ‘RAGIONE_SOCIALE
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
Espletata la c.t.u., c on sentenza n. 2190/2017 la Corte d’Appello di Bologna determinava in euro 22.478,00 l’indennità di espropriazione ed in euro 6.218,33 l’indennità di occupazione tempor anea; condannava parte opposta alle spese di lite e di c.t.u.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME; ne hanno chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Del pari, ha depositato memoria la controricorrente.
CONSIDERATO CHE
C on il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40 della legge n. 2359/1865.
Deducono che, contrariamente agli assunti della Corte di Bologna, il riscontro della qualità edificatoria o meno dell’area, ai fini della determinazione del suo valore di mercato, va operato non già in relazione alla data del decreto di espropriazione bensì in relazione alla data dell’occupazione d’urgenza dei terreni e della relativa presa in consegna (cfr. ricorso, pag. 13) .
Deducono che del resto l’art. 40 della legge n. 2365/1865 contiene espresso riferimento all’ ‘occupazione’ non già all’ ‘espropriazione’ (cfr. ricorso, pag. 13) .
Deducono che in questi termini ha errato la corte d’appello a ritenere, sulla scorta degli strumenti urbanistici del Comune di Crespellano vigenti alla data del
decreto di espropriazione, che i fabbricati insistenti sulla porzione residua potessero essere demoliti e ricostruiti all’esterno della fascia di rispetto stradale (cfr. ricorso, pag. 14) .
Il primo motivo di ricorso va respinto.
È sufficiente il rinvio all’elaborazione di questa Corte.
Ovvero all’insegnamento secondo cui, a i fini della determinazione dell ‘ indennità di esproprio, la ricognizione della qualità edificatoria o meno dell ‘ area va operata con riferimento alla data del decreto di esproprio (cfr. Cass. 14.2.2006, n. 3146; Cass. (ord.) 20.2.2018, n. 4100; Cass. (ord.) 14.3.2023, n. 7393) .
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e/o del principio di non contestazione.
Deducono che né in comparsa di costituzione né nelle memorie ex art. 183 cod. proc. civ. controparte ha contestato che i manufatti insistenti sulla porzione residua avessero subito un deprezzamento e che l’intervento di risanamento conservativo con cambio di destinazione d’uso, dapprima possibile, risultasse precluso dall’avvicinamento alla sede stradale (cfr. ricorso, pag. 17) .
Deducono quindi che in difetto di tempestiva contestazione la Corte di Bologna avrebbe dovuto reputar ammesse e fuor di discussione le riferite circostanze e far senz’altro luogo alla valutazione in termini economici del deprezzamento (cfr. ricorso, pag. 19) .
Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.
I profili surriferiti -deprezzamento del fabbricato, preclusione all’intervento di risanamento conservativo non costituiscono propriamente
delle circostanze di fatto bensì si risolvono in postulati valutativi di ben precise prospettazioni dell’iniziale parte istante.
Cosicché, al riguardo, sovviene l’insegnamento di questa Corte alla cui stregua il principio di ‘ non contestazione ‘ di cui all’art. 115 cod. proc. civ. ha per oggetto i fatti storici sottesi alle domande ed eccezioni e non concerne le conclusioni ricostruttive desumibili dal materiale probatorio (cfr. Cass. 5.3.2020, n. 6172; Cass. sez. lav. (ord.) 1.2.2019, n. 3126, secondo cui l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non le prove assunte, la cui valutazione opera in un momento successivo alla definizione dei fatti controversi ed è rimessa all’apprezzamento del giudice ) , alla cui stregua, cioè, l’onere di contestazione attiene alle circostanze di fatto e non anche alla loro componente valutativa (cfr. Cass. (ord.) 21.12.2017, n. 30744) .
12. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l ‘omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio.
Deducono che l’impugnata statuizione non reca alcuna motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei requisiti per cui fossero consentite dalla normativa urbanistica vigente alla data del decreto di espropriazione la demolizione e la ricostruzione all’esterno della fascia di rispetto autostradale dei fabbricati esistenti nella porzione residua (cfr. ricorso, pag. 20) .
Deducono ben vero che il p.r.g. vigente alla data del decreto di espropriazione prevede per gli interventi di demolizione e di ricostruzione il preventivo parere vincolante della RAGIONE_SOCIALE e circoscrive tali possibilità agli immobili ad uso abitativo (cfr. ricorso, pag. 21) .
Deducono segnatamente che controparte per nulla ha dimostrato che gli interventi di demolizione-ricostruzione avrebbero avuto i requisiti per conseguire il parere favorevole della RAGIONE_SOCIALE anzidetta (cfr. ricorso, pag. 22) ; e che controparte non ha contestato che gli immobili esistenti nella porzione residua da abitativi sono stati, a seguito e per effetto della espropriazione parziale e della conseguente perdita dell’abitabilità, declassat i a deposito di scorte morte (cfr. ricorso, pagg. 22 – 23) .
13. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40 della legge n. 2359/1865.
Deducono che la Corte di Bologna, con motivazione apparente ed irriducibilmente contraddittoria, ha escluso il nesso di funzionalità tra il provvedimento ablativo e la diminuzione di valore della porzione residua (cfr. ricorso, pagg. 28 – 29) .
Deducono che il vizio motivazionale, oltre a comportare la nullità della sentenza, si è tradotto nell’erronea applicazione dell’art. 40 della legge n. 2359/1865, postulante, in ipotesi di espropriazione parziale, che la porzione residua sia intimamente collegata a quella espropriata -cosiddetto ‘nesso di funzionalità’ – e che il distacco abbia oggettivamente inciso in maniera negativa sulla porzione residua (cfr. ricorso, pag. 29) .
Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. e/o del principio di non contestazione.
Deducono che controparte giammai ha contestato la sussistenza dei presupposti che, ex art. 40 della legge n. 2359/1865, legittimano l’erogazione dell’indennità di espropriazione per la perdita di valore della porzione residua, ossia che la porzione espropriata e la porzione residua fossero intimamente collegate e che il distacco della porzione espropriata abbia in termini oggettivi inciso negativamente sulla porzione residua (cfr. ricorso, pag. 35) .
Deducono quindi che alla Corte di Bologna risultava preclusa qualsivoglia valutazione al riguardo (cfr. ricorso, pag. 36) .
Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano -subordinatamente al mancato accoglimento dei precedenti motivi ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l ‘omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio.
Deducono che la Corte di Bologna è incorsa in un’ulteriore contraddizione (cfr. ricorso, pagg. 36 – 37) .
Deducono segnatamente che la corte d’appello, benché abbia dato atto che il c.t.u. avesse quantificato in euro 14.730,00 l’indennità di espropriazione in dipendenza dell’acclarato valore venale delle aree espropriate, in euro 22.748,00 l’indennità per i soprassuoli ed in euro 6.218,33 l’indennità di occupazione -per un totale di euro 43.426,33 -ha nondimeno immotivatamente determinato in euro 22.478,00 l’indennità di espropriazione evidentemente confondendola con l’indennità per i soprassuoli – ed in euro 6.218,33 l’indennità di occupazione (cfr. ricorso, pag. 37) .
16. Il quarto motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento; il suo buon esito assorbe la disamina del terzo, del quinto e del sesto motivo (non può non rimarcarsi, tuttavia, che i rilievi di cui alle pagg. 4/5 dell’impugnata statuizione -ove è riferimento ad euro 14.730,00, quale indennità di
espropriazione, ad euro 22.748,00, quale indennità per i soprassuoli, e ad euro 6.218,33, quale indennità di occupazione danno ragione dell’incongruenza denunciata con il sesto motivo) .
17. La Corte di Bologna ha premesso -nel quadro della disciplina di cui agli artt. 39 e 40 della legge n. 2359/1865 applicabile ratione temporis – che il c.t.u. aveva formulato due ipotesi di stima, os sia con riferimento all’ eventualità in cui fosse stata da applicare la variante al piano regolatore generale vigente nel 2008, alla data -30.5.2008 -di emanazione del decreto di espropriazione e con riferimento all’ eventualità in cui fossero stati da applicare gli strumenti urbanistici vigenti alla data -7.10.2003 – di apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione, individuato nella dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) .
La corte d’appello ha premesso altresì il seguente duplice riscontro.
Con riferimento alla prima ipotesi il c.t.u. aveva escluso in toto il deprezzamento della proprietà residua, siccome l’edificio (più esattamente, la sentenza impugnata riferisce di un fabbricato rurale a due piani e di un fabbricato accessorio ad un piano: cfr. pag. 2) che vi insisteva ‘poteva essere demolito e ricostruito al di fuori della fascia di rispetto stradale’ (così sentenza impugnata, pag. 4) .
Con riferimento alla seconda ipotesi il c.t.u. aveva in aggiunta alle voci indennitarie computato il deprezzamento del valore venale del fabbricato principale collocato nelle aree di proprietà di NOME e NOME in prossimità della porzione oggetto di espropriazione nella misura del 25% in ragione della minore commerciabilità del bene conseguente alla vicinanza dell’opera pubblica (cfr. sentenza impugnata, pagg. 4 – 5) .
Ovviamente va ribadita l’elaborazione di questa Corte secondo cui nel caso di espropriazione parziale – che si configura quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare caratterizzato da una destinazione economica unitaria e da un nesso di funzionalità tra ciò che è stato oggetto del provvedimento ablativo e ciò che è rimasto nella disponibilità dell ‘ espropriato l’indennizzo riconosciuto al proprietario dall’art. 33 del d.P.R. n. 327 del 2001 non può riguardare soltanto la porzione espropriata ma anche la compromissione o l’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione del bene rimasta nella disponibilità del proprietario, in tutti i casi in cui il distacco di una parte del fondo e l ‘ esecuzione dell ‘ opera pubblica influiscano negativamente sulla parte residua (cfr. Cass. 7.10.2016, n. 20241; Cass. sez. un. 8.4.2008, n. 9041, secondo cui nell’espropriazione parziale regolata dall’art. 40 della legge 25.6.1865, n. 2359, va compresa ogni ipotesi di diminuzione di valore della parte non interessata dall’espropriazi one, con necessario riferimento al concetto unitario di proprietà ed al nesso di funzionalità tra ciò che è stato oggetto del provvedimento ablativo e ciò che è rimasto nella disponibilità dell ‘ espropriato) .
In questo quadro non possono che formularsi i rilievi che seguono.
19.1. In primo luogo -ferma la puntualizzazione per cui la ricognizione della qualità edificatoria o meno dell ‘ area va operata in relazione alla data del decreto di esproprio il deprezzamento del valore venale del ‘ complesso immobiliare ‘ ubicato in prossimità dell’area espropriata è destinato ad acquisire significato e dunque è da computare in ogni caso (non già con esclusivo riguardo alla seconda ipotesi di stima formulata dal c.t.u.) .
Il che rende vani i passaggi motivazionali per cui, giacché in virtù della disciplina urbanistica vigente alla data del decreto di esproprio ‘il fabbricato
poteva essere demolito e ricostruito all’esterno della fascia di rispetto stradale’ (così sentenza impugnata, pag. 8) , siffatta s uscettibilità ‘demolitoria -ricostruttiva’ aveva indotto il c.t.u. a ravvisare – rilievo evidentemente condiviso dalla corte distrettuale -‘un deprezzamento della proprietà residua pari a zero’ (il che, al contempo, dà ragione dell’assorbimento della disamina del terzo motivo di ricorso nell’accoglimento del quarto motivo di ricorso ) .
19.2. In secondo luogo, la Corte di Bologna ha, sì, assunto che nelle valutazioni dell’ausiliario d’ufficio (oltre che nelle considerazioni degli espropriati) la perdita di valore del fabbricato era destinata a scaturire dalla ‘vicinanza della sede autostradale in conseguenza degli effetti del (maggior) inquinamento acustico ed ambientale che ne deriverebbe’ (così sentenza impugnata, pag. 11).
Cosicché – ha soggiunto la corte – la causa diretta ed immediata della diminuzione di valore commerciale del fabbricato era da scorgere nell’aumento dell’inquinamento connesso al maggior traffico veicolare . Ragion per cui il pregiudizio si sarebbe prodotto egualmente pur se non fosse stata necessaria l’adozione del provvedimento ablativo (cfr. sentenza impugnata, pag. 11) .
E, tuttavia, la Corte di Bologna ha anticipato che l’ausiliario d’ufficio aveva determinato nella misura del 25% il quantum della minore commerciabilità dell’immobile ubicato nella porzione residua in dipendenza della vicinanza dell’opera pubblica, ‘con la precisazione che, pur essendo stato l’edificio in passato abitato, senza una conoscenza esatta dell’entità dell’inquinamento acustico ed ambientale antecedente alla realizzazione della quarta corsia autostradale , non è possibile addivenire ad una maggiore svalutazione’ (così sentenza impugnata, pag. 5) .
Più esattamente, il postulato della corte di merito, secondo cui ‘viene a mancare, perciò, il nesso di funzionalità tra ciò che è stato oggetto del provvedimento ablativo e ciò che è rimasto nella disponibilità dell’espropriato’ (così sentenza impugnata, pag. 11) , risulta irriducibilmente disallineato rispetto al riscontro comunque -tout court -operato dall’ausiliario d’ufficio della minore commerciabilità del bene.
20. Si giustifica perciò la denuncia -veicolata dal quarto mezzo -di ‘inconciliabilità degli argomenti’ e di ‘apparente motivazione’ (cfr. ricorso, pag. 28. La motivazione è solo apparente, quando, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento: cfr. Cass. sez. un. 3.11.2016, n. 22232 (Rv. 641526-01) .
E, ben vero, il vizio motivazionale viepiù si prospetta alla luce dell’elaborazione di questa Corte a tenor della quale, in tema di determinazione dell ‘ indennità di espropriazione per pubblica utilità, lo spostamento della fascia di rispetto autostradale all’interno dell’area residua rimasta in proprietà degli espropriati, pur traducendosi in un vincolo assoluto di inedificabilità, di per sé non indennizzabile, può rilevare nella determinazione dell’indennizzo dovuto al privato, in applicazione estensiva dell’art. 33 del d.P.R. n. 327/2001, mediante il computo delle singol e perdite conseguenti al deprezzamento dell’area residua, qualora risultino alterate le possibilità di utilizzo della stessa, ed anche per la perdita di capacità edificatoria realizzabile sulle più ridotte superfici rimaste in proprietà (cfr. Cass. 2.7.2020, n. 13598; Cass. 30.6.2020, n. 13203; Cass. 5.6.2020, n. 10747) .
In accoglimento del quarto motivo di ricorso la sentenza n. 2190/2017 della Corte d’Appello di Bologna va cassata con rinvio a lla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
In dipendenza del buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perché, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del 1° co. bis dell’art. 13 d.P.R. cit.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti il terzo motivo, il quinto motivo ed il sesto motivo di ricorso, cassa in relazione al motivo accolto la sentenza n. 2190/2017 della Corte d’Appello di Bologna e rinvia a lla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
rigetta il primo motivo ed il secondo motivo di ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte