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Indennità di espropriazione: il deprezzamento residuo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8725/2024, ha cassato una sentenza della Corte d’Appello sul calcolo dell’indennità di espropriazione. Il caso riguardava l’esproprio di un’area per l’ampliamento di un’autostrada, che aveva causato un deprezzamento della porzione residua della proprietà. La Suprema Corte ha stabilito che la Corte d’Appello ha errato nel non considerare tale deprezzamento, fornendo una motivazione apparente e contraddittoria. È stato ribadito che, in caso di espropriazione parziale, l’indennizzo deve tenere conto della diminuzione di valore della parte non espropriata, se esiste un nesso di funzionalità tra le due porzioni.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di espropriazione: la Cassazione sul deprezzamento della proprietà residua

Quando una parte della nostra proprietà viene espropriata per un’opera pubblica, come un’autostrada, abbiamo diritto a un giusto compenso. Ma cosa succede se l’esproprio, pur riguardando solo una porzione del terreno, rende meno vivibile o meno sfruttabile l’intera proprietà? La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 8725 del 3 aprile 2024, affronta proprio questo tema, offrendo chiarimenti cruciali sul calcolo della corretta indennità di espropriazione in caso di deprezzamento della porzione residua.

I Fatti del Caso

Due proprietari di un’area in provincia di Bologna si sono visti espropriare una parte del loro terreno per l’ampliamento di una sede autostradale. A seguito dell’esproprio, i fabbricati presenti sulla porzione di proprietà rimasta a loro disposizione si trovavano a una distanza dall’autostrada inferiore a quella legale. Questo, a loro dire, non solo diminuiva il valore commerciale degli immobili, ma precludeva anche futuri interventi di risanamento conservativo. I proprietari hanno quindi contestato l’indennità offerta, ritenendola incongrua perché non teneva conto della perdita di valore della loro proprietà residua.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Bologna, pur riconoscendo una certa indennità, aveva escluso il risarcimento per il deprezzamento dei fabbricati. Secondo i giudici di secondo grado, la perdita di valore era dovuta all’aumento del traffico e del conseguente inquinamento acustico e ambientale, fattori che si sarebbero verificati comunque, indipendentemente dall’esproprio specifico di quella porzione di terreno. Inoltre, la Corte aveva ritenuto che i fabbricati potessero essere demoliti e ricostruiti altrove, al di fuori della fascia di rispetto stradale, annullando di fatto il deprezzamento.

L’indennità di espropriazione e il nesso di funzionalità secondo la Cassazione

I proprietari hanno impugnato la decisione in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, una motivazione illogica e contraddittoria da parte della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha accolto il loro ricorso su questo punto specifico, annullando la sentenza e rinviandola a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Il punto centrale della decisione della Cassazione ruota attorno al concetto di “nesso di funzionalità”. Quando un’espropriazione è solo parziale, l’indennità non deve coprire solo il valore della striscia di terra sottratta, ma deve anche compensare ogni diminuzione di valore che la parte residua subisce a causa del distacco. Se la parte espropriata e quella residua formavano un complesso unitario, il cui valore è stato compromesso dall’opera pubblica, il proprietario ha diritto a un indennizzo che tenga conto di questa perdita.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello “apparente” e “irriducibilmente disallineata”. Da un lato, i giudici d’appello escludevano il nesso di causalità tra l’esproprio e il deprezzamento; dall’altro, la stessa consulenza tecnica d’ufficio (CTU) su cui si basava la sentenza aveva quantificato questo deprezzamento nella misura del 25% del valore dell’immobile, proprio in conseguenza della vicinanza con la nuova opera. La motivazione della Corte territoriale risultava quindi contraddittoria, perché negava a parole un danno che era stato accertato nei fatti dalla perizia. La possibilità di demolire e ricostruire, inoltre, non era stata adeguatamente provata come una soluzione concretamente praticabile e non poteva essere usata per negare il danno attuale e concreto subito dai proprietari.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale a tutela della proprietà privata: l’indennità di espropriazione deve essere completa e ristorare il proprietario di ogni pregiudizio diretto e immediato causato dall’azione della pubblica amministrazione. In caso di espropriazione parziale, non si può ignorare la perdita di valore della proprietà residua se questa è funzionalmente collegata a quella sottratta. La motivazione di un giudice deve essere logica, coerente e basata su un’analisi concreta dei fatti, senza rifugiarsi in argomentazioni apparenti o contraddittorie. La causa torna ora alla Corte d’Appello di Bologna, che dovrà ricalcolare l’indennità tenendo conto dei principi espressi dalla Cassazione.

In caso di espropriazione parziale, l’indennità deve coprire anche la perdita di valore della parte di proprietà che resta al privato?
Sì. La Corte di Cassazione ha ribadito che, quando la vicenda ablativa investe parte di un complesso immobiliare unitario, l’indennizzo deve comprendere ogni ipotesi di diminuzione di valore della parte non interessata dall’espropriazione, se l’esecuzione dell’opera pubblica influisce negativamente su di essa.

Quando si può parlare di ‘nesso di funzionalità’ tra la parte espropriata e quella residua?
Si parla di ‘nesso di funzionalità’ quando la parte espropriata e quella rimasta al proprietario costituiscono un complesso immobiliare con una destinazione economica unitaria. In questo caso, il distacco di una parte incide negativamente sulla funzionalità e sul valore della porzione residua, giustificando un indennizzo per il deprezzamento.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ e perché ha portato all’annullamento della sentenza?
Per ‘motivazione apparente’ si intende una motivazione che, pur essendo presente nel testo della sentenza, è talmente contraddittoria, illogica o generica da non permettere di comprendere il ragionamento seguito dal giudice. Nel caso specifico, ha portato all’annullamento perché la Corte d’Appello ha escluso il nesso tra esproprio e deprezzamento in modo contraddittorio rispetto alle stesse risultanze della consulenza tecnica che aveva, invece, quantificato tale danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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