Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23358 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23358 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
sul ricorso 10200/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
REGIONE PUGLIA rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale nonché contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso l’ordinanza della CORTE DI APPELLO di BARI n. 1499/2018 depositata il 16/01/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bari, con l’ordinanza riportata in epigrafe, ha accolto il ricorso dell’Agricola RAGIONE_SOCIALE di Panzano RAGIONE_SOCIALE volto a conseguire la determinazione delle indennità dovutele dalle convenute Regione Puglia, nella sua veste di soggetto beneficiario della procedura, e RAGIONE_SOCIALE nella sua veste di soggetto promotore della procedura, per l’espropriazione dell’area di sua proprietà da destinarsi, secondo quanto previsto dagli enti esproprianti, alla realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Nel dettaglio il decidente, preso atto della legittimazione passiva della Regione Puglia, in ragione della qualità rivestita in relazione alla procedura, ha, quanto al merito, ritenuto di aderire, facendole proprie, alle determinazioni di stima operate dal CTU, considerando in principalità, a conforto di esse, che non erano sussistenti vincoli ostativi alla edificabilità intermedia dei suoli ablati, ed escludendo, altresì, che vincoli di tale sorta fossero argomentabili, come pure invece prospettato da NOME, dal certificato di destinazione urbanistica, attestando infatti il predetto documento che «in base alle previsioni di PPTR le particelle non ricadono in zona oggetto di Tutela Ambientale e Paesaggistica». Né, ancora, le condivise risultanze di perizia trovavano opposizione nella contestazione della metodologia adottata, avendo il CTU preso in esame ai fini della stima operata anche l’atto di compravendita prodotto dalla NOME, avente ad oggetto terreni agricoli pienamente compatibili con la destinazione dei fondi ablati; e nella considerazione che l’indennità di deprezzamento non avesse tenuto conto dell’intera estensione dell’area residua, in quanto, come rettamente
riferito dal CTU, le ulteriori porzioni di terreno risultano separate da quelle ablate da tratturi.
Per la cassazione di detta ordinanza si erge ora, in via INDIRIZZO, la Margherita con quattro mezzi, seguiti da memoria, ed in via incidentale la Regione Puglia con due mezzi ed ancora in via incidentale l’Agricola del Sud con due mezzi e memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il primo motivo del ricorso principale -con cui si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 40 TUE, in quanto la stima operata dalla Corte barese sarebbe frutto «dell’integrale acritica ricezione di criteri valutativi utilizzati dalla CTU, palesemente devianti dai canoni fondamentali di estimo del bene espropriato», non avendo essa «fornito i presupposti per una corretta, effettiva e documentata valutazione del mercato», atteso che il CTU «non ha espletato alcuna indagine di mercato per stabilire il corretto valore del terreno oggetto di stima», in particolare non avendo provveduto «a ricercare e a comparare alcun atto di acquisto coevo ed omogeneo» relativo a terreni similari, fondando la propria stima su soli due atti di compravendita «palesemente incompatibili», a fronte viceversa del più consistente campione estimativo offerto dalla deducente, attestante un prezzo medio perfettamente in linea con la stima operata dall’autorità espropriante -è inammissibile.
Laddove la deducente si duole dell’adesione della Corte territoriale alle risultanze del CTU, si formula, invero, una censura che si sottrae per definizione al sindacato di questa Corte, posto che -pur in disparte dal fatto, già rilevante in questa direzione, che la doglianza di che trattasi non trova riscontro negli atti, stanti le osservazioni con cui, come riferito in narrativa, l’ordinanza in parola ha inteso replicare ai rilievi critici delle parti -, come è ampiamente noto, non è censura-
bile la decisione impugnata che aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, senza che sia perciò necessario per il decidente soffermarsi sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili e che si risolvono, ove riproposte, in mere argomentazioni difensive liberamente valutabili dal giudice ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 16/11/2022, n. 33742). Il che porta a concludere che la formulata doglianza rifluisce nel solco di una contestazione di puro merito, che si sottrae al giudizio di questa Corte in quanto rientrante nell’arco delle valutazioni condotte in punto di fatto che sono di esclusiva pertinenza di chi è chiamato a valutare il fatto in senso sostanziale.
3. Il secondo motivo del ricorso principale -con cui si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo in quanto nel procedere alla stima richiestale la Corte barese avrebbe «completamente mancato di prendere in considerazione il “fatto” di segno decisivo e univoco rappresentato dall’esistenza (e dalla produzione in giudizio) di ben 12 contratti di compravendita prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE perfettamente in grado di attestare la correttezza dell’indennizzo determinato dalla Regione Puglia» ed avrebbe «omesso di esaminare una parte di fondamentale rilevanza della CTU svolta nell’ambito di un diverso procedimento» da cui discenderebbe l’inutilizzabilità dei rogiti a cui si era invece riportato il CTU -è inammissibile.
Come asserisce espressamente la stessa deducente, allorché sintetizzando il proprio pensiero sul punto, riferisce che, se non avesse omesso l’esame delle predette «circostanze fattuali», la Corte di appello sarebbe potuta addivenire ad una ben diversa conclusione, quelli, della cui omessa considerazione il motivo si duole, non sono fatti nel senso mentovato dal parametro cassatorio richiamato, ma meri ele-
menti istruttori -e così, infatti, ancora si esprime la deducente a pag. 41 del ricorso -, sì che a dare conto della rilevata loro non scrutinabilità in questa sede sarà sufficiente ricordare che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato, come qui è inequivocamente avvenuto, comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie ( ex plurimis , Cass., Sez. II, 20/06/2024, n. 17005).
4. Il terzo motivo del ricorso principale -con cui si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 40 TUE in quanto la Corte barese avrebbe liquidato a titolo indennitario le somme in contestazione sebbene l’ablata non «avesse dato prova» di possibili utilizzazioni intermedie, sì che, in difetto di ciò, la CTU espletata rivestiva carattere «meramente esplorativo» e a diverso approdo avrebbero dovuto condurre i dati eccerpibili dai due atti di compravendita utilizzati dal CTU e da una precedente CTU redatta in occasione di altro giudizio -è inammissibile.
In disparte, per vero, da ogni riserva sulla pertinenza della censura, dato che la destinazione dei suoli ablati alla realizzazione di un impianto fotovoltaico attesta proprio quell’uso intermedio che si vorrebbe vedere disatteso da questa Corte, è vero in ogni caso che la doglianza, in rapporto al parametro codicistico asseritamente violato, è sicuramente mal posta, dato che la violazione dell’art. 2697 c.c. si rende notoriamente configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni ( ex plurimis , Cass., Sez. V, 15/10/2024, n. 26739); e dunque è un fuor d’opera asserirne la violazione se la parte che è gravata dal rela-
tivo onere non lo assolva. Il che semmai è ragione per ridare alla doglianza, anche dove essa si riporta all’art. 40 TUE, la sua giusta sostanza di censura di fatto, di censura che si incentra sul sindacato probatorio che ha portato il giudice di merito a ritenere raggiunta la prova dei fatti dedotti dall’attore a fondamento di quanto da esso preteso, sindacato che, nei termini qui denunciati della violazione o falsa applicazione di legge, vieppiù se essa si faccia consistere nella violazione del 2697 cod. civ., non è opinabile in questa sede.
5. Il quarto motivo del ricorso principale -con cui si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 33 TUE, in quanto la Corte barese avrebbe proceduto a liquidare l’indennità di deprezzamento dovuta per il pregiudizio sofferto dalla parte residua del fondo rimasto in proprietà dell’ablata sebbene «nel caso di specie il soggetto espropriato non avesse dimostrato l’esistenza di alcuno dei presupposti per il riconoscimento dell’indennità aggiuntiva» e la circostanza fosse stata espressamente contestata da essa deducente -è inammissibile.
Per quanto occorrer possa valgono qui le ragioni ostative al richiesto scrutinio di cui si è già dato conto dichiarando inammissibile il terzo motivo di ricorso. Di più si deve aggiungere che la doglianza non concreta i vizi denunciati, giacché, come si insegna abitualmente, la violazione di legge consiste nel negare o nell’affermare erroneamente che una norma di legge esiste o non esiste o nell’attribuire ad essa un significato che non possiede, mentre a sua volta la falsa applicazione di legge si rende riconoscibile quando si assume la fattispecie concreta sotto una norma che non le si addice perché la fattispecie astratta non è idonea a regolarla o quando si faccia dire alla norma ciò che essa non dice. Ora, nel caso che ne occupa non si può dire né che l’art. 33 TUE sia inidoneo a regolare la fattispecie concreta dell’espropriazione parziale né che nel farne applicazione alla fattispecie concreta la Corte
territoriale abbia tratto delle conseguenze incompatibili con il suo dettato. Ed allora se i vizi denunciati non si rendono ravvisabili nel caso in parola, si rende applicabile il diverso e riflesso comando che si ritrae dalle regole qui richiamata, ovverosia che si è in presenza di un’erronea ricognizione di fatto, il che porta a ribadire che non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 14/01/2019, n. 640).
6. Il primo motivo del ricorso incidentale della Regione Puglia -con cui si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 12, commi 1, 3 e 4, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 e del d.m. 10 settembre 2010 in quanto la Corte barese, nel riconoscere la legittimazione passiva di essa deducente, sarebbe incorsa in errore poiché, potendo in base alle norme rubricate disporre solo il rilascio delle autorizzazioni necessarie alla realizzazione dell’opera, con esclusione di qualsiasi procedura concessoria, la Regione Puglia non si poteva ritenere beneficiaria della procedura, le qualità di promotore e di beneficiario di questa coincidendo al contrario nel soggetto privato a favore del quale l’iter autorizzatorio aveva avuto svolgimento -è inammissibile.
La censura è frutto infatti di una prospettazione incoerente rispetto alla fattispecie decisa dalla Corte di appello, posto che questa, pur prendendo atto che la Regione si era limitata nella specie ad avviare l’ iter autorizzatorio alla realizzazione dell’impianto, ha tuttavia rettamente ricondotto la vicenda ablatoria -cui il procedimento di autorizzazione, onde poter sortire l’effetto di precostituire le condizioni perché l’insediamento programmato potesse essere realizzato, doveva necessariamente condurre -nell’appropriato quadro di diritto che si
indentifica nelle norme del TUE. Diversamente, è evidente, il rilascio delle autorizzazioni in difetto della disponibilità di un’area su cui realizzare l’intervento sarebbe stato improduttivo di qualsiasi effetto, mentre l’acquisizione di essa in forma coattiva postulava -e non poteva essere altrimenti, giacché anche nell’ipotesi più estrema della concessione traslativa il promotore delegato alla procedura fa sempre uso di poteri di imperio -la spendita di una potestà di ablazione di cui solo un soggetto pubblico può ritenersi titolare. E dunque la censura, per come declinata, “vede” solo una parte della fattispecie, sì che essa si rivela, in definitiva, estranea al decisum .
7. Il secondo motivo del ricorso incidentale della Regione Puglia -con cui si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 54 TUE e dell’art. 29 d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150 in quanto la Corte barese, nel riconoscere la legittimazione passiva di essa deducente, sarebbe incorsa in errore poiché aveva identificato nella Regione l’ente beneficiario della procedura, quando nella specie le qualità di promotore e di beneficiario della fattispecie potevano far capo solo al soggetto in favore del quale era disposto l’esproprio -è inammissibile.
La censura si rivela infatti meramente reiterativa dell’analogo motivo di opposizione già portato al vaglio del giudice del merito e da questo sconfessato con motivazione puntuale e coerente (cfr. pagg. 2 e 3 della motivazione). Sicché essa manca perciò di contenuto specifico come richiesto dall’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., come è invece stabilmente raccomandato dalla giurisprudenza di questa Corte ricordandosi che è necessario che «nell’esposizione del motivo trovino espressione le ragioni del dissenso che la parte intende marcare nei riguardi della decisione impugnata, formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato proprie del mezzo azionato e, insieme, da costituire una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni
che ne hanno indotto l’adozione» (così in motivazione ex plurimis, Cass., Sez. I, 24/04/2024, n. 11164), caratteri che qui fanno manifestamente difetto e che, mancando, giustificano appunto la prognosi di cui sopra.
Il ricorso incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE in quanto tardivo, essendo stato proposto con atto notificato il 19.6.2020, oltre quindi il termine scadente il 29.5.2020 decorrente dalla notifica dell’ordinanza in data 27.1.2020, tenuto conto della sospensiva COVID, dichiarandosi inammissibile il ricorso principale, va dichiarato inefficace ai sensi dell’art. 334, comma 2, cod. proc. civ.
Le spese, attesa la reciproca soccombenza, possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il ricorso principale ed il ricorso incidentale della Regione Puglia ed inefficace il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE; compensa integralmente le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e della Regione Puglia, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione ci-