Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21877 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21877 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17860-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 343/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/03/2023 R.G.N. 1215/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
Retribuzione rapporto privato
R.G.N. 17860/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/05/2024
CC
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 343/2023 la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede che aveva accolto la domanda proposta dal lavoratore in epigrafe indicato, capotreno alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE, diretta al riconoscimento del diritto a percepire l’indennità di euro 2,00 per ogni regolarizzazione effettuata a bordo treno o a terra che prevedeva l’applicazione della esazione suppletiva, indipendentemente dalla effettiva riscossione, ai sensi dell’art. 54.2.lett. a) del CCA 1 1.3.2015, per un complessivo importo di euro 908,00 in relazione al periodo luglio 2015 -dicembre 2020.
I giudici di seconde cure hanno richiamato un precedente della stessa Corte territoriale e hanno precisato che l’interpretazione della norma contrattuale aziendale, che riconosceva l’indennità di esazione fissa di due euro con riferimento ad una previsione di esazione e non anche nelle sole ipotesi di esazione delle sanzioni suppletive riscosse come, invece, previsto nelle fattispecie disciplinate dalle lettere b) e c) della medesima disposizione contrattuale; hanno, quindi, ribadito il diritto del ricorrente ad ottenere la indennità di regolarizzazione per i verbali di accertamento emessi nel lasso temporale in questione a carico dell’utente, ingiustificatamente senza biglietto, con applicazione della esazione suppletiva non riscossa; hanno specificato che, vertendosi in una questione di diritto, non era necessaria alcuna attività istruttoria.
Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso l’intimato.
Le parti hanno depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 cc, con riferimento
all’interpretazione dell’art. 54.2.2., così come modificato dall’Accordo dell’11.3.2015, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere sostenuto la Corte territoriale, con argomentazioni apodittiche, contraddittorie e comunque errate, che il riconoscimento della indennità in questione non fosse correlata alla riscossione della esazione suppletiva quando, invece, una lettura letterale e sistematica di tutte le previsioni della norma contrattuale deponevano, per la corresponsione, solo la presenza dell’ult eriore attività di riscossione ed incasso delle somme. La società evidenzia che il corretto significato del termine ‘esazione’ era quello di ‘riscossione’ e che l’intenzione delle parti, che sarebbe emersa anche dalla prova testimoniale non ammessa dai giudici di merito, era quella finalizzata alla possibilità, da parte di essa società, di corrispondere l’indennità in questione solo in caso di effettivo incasso delle some dovute a titolo di esazione suppletiva, sovratassa e sanzioni.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cc e 115, 116, 134, 420, 421 e 437 cpc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale immotivatamente escluso la istruttoria testimoniale al fine di permettere alla società di dimostrare quanto sostenuto ovvero per non avere la Corte territoriale attivato i propri poteri officiosi sul punto esegetico controverso.
Il primo motivo è inammissibile.
Va ribadito il principio affermato da questa Corte (Cass. n. 4460/2020) secondo cui il sindacato di legittimità sui contratti collettivi aziendali di lavoro può essere esercitato soltanto con riguardo ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ovvero ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, per violazione delle norme di cui agli artt. 1362 e segg. c.c., a condizione, per detta ipotesi, che i motivi di ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del provvedimento gravato, ma prospettino, sotto molteplici profili, l’inadeguatezza della motivazione anche con riferimento alle norme del codice civile di
ermeneutica negoziale come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e congruità della motivazione stessa.
Nella fattispecie la Corte territoriale, con una motivazione esente dai vizi di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, ratione temporis vigente, ha congruamente motivato sul perché il termine ‘esazione’, contenuto nella nuova formulazione dell’art. 54.2.2 del Contratto Aziendale dell’11.3.2015, non potesse essere identificato nella ulteriore attività di riscossione ed incasso delle somme, ma, come emergeva dal dato letterale della disposizione, nel solo compito di verificare che per quella opera di regolarizzazione era prevista una esazione suppletiva e quindi era prevista una sanzione.
L’interpretazione adottata dalla Corte di merito risulta, per quanto detto, adeguata e plausibile e rispetto ad essa non emergono vizi di violazione dei criteri ermeneutici; laddove i rilievi mossi da parte ricorrente, specificamente sulla portata del termine “esazione” contenuta nella disposizione del Contratto aziendale sopra indicato e sulla finalità del citato art. 54.2.2. si esauriscono nella contrapposizione di una diversa lettura rispetto a quella fatta propria dalla Corte d’appello, come tale inammissibile.
Il secondo motivo è infondato.
Il mancato esercizio, da parte del giudice di appello, del potere discrezionale di invitare le parti a produrre la documentazione mancante o di ammettere una prova testimoniale non può essere sindacato in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori assunti dal giudice ai sensi dell’art. 356 cod. proc. civ., salvo che le ragioni di tale mancato esercizio siano giustificate in modo palesemente incongruo o contraddittorio.
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha affermato che la questione interpretativa ad essa sottoposta era di mero diritto per cui non vi era ragione che giustificasse il primo giudice a dare ingresso alla istruttoria testimoniale anche avvalendosi dei poteri di ufficio.
La sentenza impugnata non è censurabile perché, con motivazione congrua, esente dai vizi di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc e in applicazione dei criteri esegetici letterali e logico-sistematici e
conformemente al principio secondo cui le clausole contrattuali si interpretano le une per mezzo delle altre, ha ritenuto inutile dare ingresso sia alla istruttoria testimoniale che alla attivazione di poteri istruttori di ufficio.
La statuizione è corretta in punto di diritto in quanto si verte in ipotesi di interpretazione di un documento che la Corte distrettuale ha ritenuto di potere fornire, in virtù dei propri poteri discrezionali non sindacabili in sede di legittimità, sulla base dei soli canoni ermeneutici legali sopra indicati.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 1.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente che dichiarato di essere antistatario. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 maggio 2024