Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7976 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7976 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23271-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
nonché contro
PROCURA RAGIONE_SOCIALE REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA, WANG XIAO QUI;
– intimata –
Per la cassazione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 28/02/2020;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le memorie RAGIONE_SOCIALE ricorrente.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE, essendo stata nominata custode giudiziario di merce varia costituita da 850.872 articoli, occupanti una superficie di mc. 110.070 in area chiusa, proponeva opposizione avverso il decreto con il quale il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva determinato i compensi spettantile per l’attività svolta, riducendo la somma richiesta ad € 8.716,00.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in sede di opposizione, con ordinanza del 28 febbraio 2020, ha parzialmente accolto le censure RAGIONE_SOCIALE‘opponente, rideterminando l’indennità dovuta nella somma di € 38.268,90.
Ad avviso del giudice, una volta ricostruite le vicende relative alla misura RAGIONE_SOCIALEe indennità di custodia di beni diversi da quelli di cui al DM n. 265/2006, le tariffe RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, che parte opponente invocava per la liquidazione del dovuto, non potevano ritenersi corrispondere ad un uso locale, essendo intervenute varie liquidazioni in difformità da tali tariffe, specialmente a seguito RAGIONE_SOCIALE‘emanazione del Protocollo
a firma congiunta da parte del Presidente del Tribunale e del Procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
Pur dovendo escludersi che tale protocollo potesse avere valore giuridico, in assenza di usi locali, occorreva procedere alla liquidazione del compenso secondo la regola residuale di cui all’art. 2233 c.c.
In assenza di convenzione tra le parti, le tariffe RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE potevano costituire un primo parametro di riferimento per la valutazione di proporzionalità ed adeguatezza del compenso, ma tenuto conto RAGIONE_SOCIALEo scarso valore commerciale RAGIONE_SOCIALE merce custodita, avuto riguardo al lavoro normalmente necessario per la loro custodia, la liquidazione poteva essere compiuta provvedendo alla decurtazione di un terzo RAGIONE_SOCIALEe tariffe stabilite dall’RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi, illustrati da memorie.
Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa fase.
Il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 59, co. 2 e 3, all’art. 5 del D.M. 2 settembre 2006, n. 265, nonché all’art. 8 RAGIONE_SOCIALEe preleggi, quanto all’affermazione circa l’inesistenza di usi locali per la determinazione RAGIONE_SOCIALE‘indennità di custodia per beni diversi dai veicoli.
Si ricorda che sulla questione questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi in diverse occasioni, avendo reputato che
siano proprio le tariffe approvate dall’RAGIONE_SOCIALE, a configurarsi alla stregua di usi locali, idonei a determinare il calcolo RAGIONE_SOCIALE‘indennità di custodia per beni come quelli oggetto di causa.
La ricorrente aveva altresì prodotto numerosi decreti emessi dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, anche in epoca successiva all’approvazione del Protocollo di intesa tra Presidente del Tribunale e Procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con i quali si ribadiva l’applicazione RAGIONE_SOCIALEe dette tariffe, attesa anche l’illegittimità del Protocollo, affermata in numerosi precedenti RAGIONE_SOCIALEo stesso Tribunale.
Ne consegue che è erronea l’affermazione circa l’assenza di usi locali.
Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2225 c.c., nella parte in cui l’ordinanza ha fatto riferimento a tale norma al fine di giustificare una riduzione del compenso calcolato in base alle tariffe RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, valorizzando il criterio del valore commerciale dei beni, che però non risulta incidere sul quantum RAGIONE_SOCIALE‘indennità che è invece correlato, come da tariffe citate, unicamente all’ingombro cagionato dalla merce in custodia.
I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati.
A tal fine deve ricordarsi che il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 58, prevede che al custode, diverso dal proprietario o avente diritto, di beni sottoposti a sequestro penale probatorio e preventivo, e, nei soli casi previsti dal codice di procedura civile, al custode di beni sottoposti a sequestro penale conservativo e a sequestro giudiziario e conservativo,
spetta un’indennità per la custodia e la conservazione, da determinarsi sulla base RAGIONE_SOCIALEe tariffe contenute in tabelle, approvate ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 59 (con decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE giustizia, di concerto con il Ministro RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE finanze, ai sensi RAGIONE_SOCIALE L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, commi 3 e 4), e, in via residuale, secondo gli usi locali.
Il D.M. 2 settembre 2006, n. 265, art. 5, per la determinazione RAGIONE_SOCIALE‘indennità di custodia e conservazione relativa ad altre categorie di beni, diversi da veicoli e natanti, dispone di far riferimento, in via residuale, agli usi locali, come previsto dall’art. 58, comma 2, del Testo Unico Spese di RAGIONE_SOCIALE.
Nella fattispecie, deve reputarsi pacifica la non diretta riconducibilità dei beni oggetto di causa nel novero di quelli per i quali è intervenuta la disciplina di cui al citato DM, risultando quindi altrettanto pacifica la non applicabilità RAGIONE_SOCIALEe corrispondenti previsioni.
La mancata adozione di tariffe per la tipologia dei beni oggetto di causa impone, quindi, di dover far ricorso agli usi locali, dovendo escludersi il ricorso a criteri alternativi ovvero il richiamo all’equità.
Reputa il Collegio di dover assicurare continuità alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 11553/2019), che ha ritenuto ad esempio condivisibile il ricorso alle tariffe approvate dall’RAGIONE_SOCIALE, in quanto ritenute corrispondenti agli usi locali cui la norma fa richiamo.
Ed, infatti, una volta ribadito che l’art. 8 disp. prel. c.c., prevede che nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi
richiamati ( consuetudo secundum legem ), situazione che ricorre nella fattispecie in forza RAGIONE_SOCIALE‘espresso richiamo operato agli usi da parte del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58 e dal D.M. n. 296 del 2006, art. 45, non ignora il Collegio come nella giurisprudenza di questa Corte sia del tutto consolidato il principio, fondato sull’obbligo del giudice di conoscere la legge, ma non anche gli usi, che questi ultimi, ove il giudice non ne sia a conoscenza, debbono essere provati (anche per quanto riguarda l’elemento RAGIONE_SOCIALE‘ opinio iuris ac necessitatis ) a cura RAGIONE_SOCIALE parte che li allega, e la relativa prova non può essere fornita per la prima volta nel giudizio di legittimità (ad esempio: Sez. 1, 01/03/2007, n. 4853 con ampi richiami: Cass. 18/6/1956 n. 2158; 4/10/1956 n. 3348; 17/10/1961 n. 2183; 30/10/1963 n. 2909; 4/5/1965 n. 795; 19/5/1965 n. 980; 18/2/1967 n. 406;17/4/1968 n. 1131; 18/4/1969 n. 1229; 9/6/1972 n. 1823; 21/11/2000 n. 15014; nonché più di recente Cass. n. 2507/2022; Cass. n. 2789/2023; Cass. n. 10309/2023; Cass. n. 19301/2023).
Deve però ritenersi che nell’applicazione ex art. 58 del DPR n. 115/2002 possa attribuirsi valore di uso anche a criteri determinativi dei compensi connotati in fatto dalla loro osservanza abituale, che ben può riconoscersi nel fatto che le Prefetture locali ne fanno uso abituale per compensare i custodi di beni sequestrati in via amministrativa.
Quanto all’obiezione secondo cui l’esistenza degli usi presuppone la loro osservanza da parte RAGIONE_SOCIALE collettività nella convinzione RAGIONE_SOCIALE loro cogenza, sicché sarebbe necessario anche accertare tale elemento, la cosiddetta opinio juris ac necessitatis , che implica la ripetizione abituale RAGIONE_SOCIALE condotta
da parte dei consociati nella convinzione di adempiere ad un obbligo giuridico, va ricordato che secondo un orientamento giurisprudenziale di questa Corte, che si va consolidando e di cui è espressione proprio Cass. n. 11553/2019 citata, in tema di liquidazione RAGIONE_SOCIALE‘indennità spettante al custode di beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale, a seguito RAGIONE_SOCIALE‘emanazione del D.M. n. 265 del 2006, la determinazione RAGIONE_SOCIALE‘indennità di custodia per i beni diversi da quelli ivi espressamente contemplati va operata, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 del citato D.M. e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58, comma 2, sulla base degli usi locali, senza che, per questi, occorra verificare la ricorrenza del requisito RAGIONE_SOCIALE opinio iuris ac necessitatis , ossia dalla convinzione, comune ai consociati, RAGIONE_SOCIALE‘obbligatorietà RAGIONE_SOCIALE‘osservanza RAGIONE_SOCIALEe tariffe, poiché il recepimento e la legittimazione RAGIONE_SOCIALEe prassi dei corrispettivi applicati nella pratica commerciale deriva direttamente dal rinvio operato dalla disciplina legale.
Infatti, poiché sono le stesse norme di legge e di regolamento a rinviare alla pratica commerciale, il rinvio vale, di per sé, a recepire e a legittimare, ai fini RAGIONE_SOCIALE determinazione RAGIONE_SOCIALE‘indennità di custodia, la prassi dei corrispettivi applicati dalle imprese del settore, senza che occorra che l’elemento materiale RAGIONE_SOCIALE‘uso, inteso come costante ripetizione del comportamento tariffario, sia anche assistito dalla opinio iuris (Sez. 6-2, 18/01/2016, n. 752, e le pronunce conformi in pari data n. 753, 755 e 756, nonché 19/1/2016, n. 775 e 776; poi, in seguito: Sez. 2, 4/5/2018 n. 10622; Sez. 2, 7/7/2017 n. 21649; Sez. 2, 15/9/2017 n. 21388).
Nella specie, la ricorrente aveva avanzato la propria richiesta facendo riferimento alle tariffe emanate dall’RAGIONE_SOCIALE, sicché, una volta esclusa la correttezza del riferimento all’equità, il giudice adito avrebbe dovuto verificare se, pur in assenza di tariffe validamente approvate ai sensi del citato articolo 58, alle tariffe de quibus potesse attribuirsi il carattere di usi locali, secondo le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata.
L’ordinanza ha escluso tale valenza, pur nella consapevolezza dei precedenti di questa Corte, che avevano invece reputato di attribuire alle tariffe invocate dalla ricorrente il carattere di usi locali ai fini che qui interessano, in quanto ha contraddittoriamente, da un lato, negato valore giuridico precettivo al Protocollo che nelle more era stato concordato tra il Presidente del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ed il Procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso il medesimo Tribunale (osservando correttamente che non può unilateralmente il debitore determinare il compenso spettante al proprio creditore), e, dall’altro, ha reputato che proprio l’erronea applicazione, in chiave precettiva di tale Protocollo, da parte di alcuni giudici che invece si erano reputati vincolati, avesse fatto perdere alle tariffe RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE il carattere di usi locali. L’erroneo convincimento, da parte solo di alcuni giudici RAGIONE_SOCIALE‘ufficio di appartenenza, del carattere vincolante di un Protocollo, di cui in ogni caso si afferma l’illegittimità, non può condurre a reputare venuta meno la natura di usi locali per le dette Tariffe, risultando quindi erroneo il riferimento al criterio sussidiario di determinazione del compenso di cui all’art. 2233
c.c., per effetto del quale è stata poi data anche surrettiziamente attuazione alla previsione contenuta nel Protocollo che prevede una riduzione del compenso ove la merce custodita sia di scarso valore commerciale (e ciò sebbene per il custode l’ingombro fisico sia identico a quello imposto da merce avente invece valore commerciale reputato apprezzabile).
Il ricorso deve pertanto essere accolto, ed il provvedimento impugnato cassato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in persona di diverso magistrato, che provvederà