Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14176 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14176 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10777/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende ex lege ; -controricorrente-
nonchè
contro
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI -intimata-
avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di NAPOLI depositata il 4/11/2022, r.g.n. 5973/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (già società RAGIONE_SOCIALE di Antignano RAGIONE_SOCIALE) ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli depositata il 4 novembre 2022, che ha rigettato l’opposizione fatta valere dalla ricorrente. La ricorrente aveva proposto opposizione avverso il decreto che le aveva liquidato, in qualità di custode giudiziario, la somma di euro 827,00, per il prelievo, il trasporto, la conservazione e la custodia di trenta colli contenenti lampadine led, faretti led, drive di accensione e luci notturne per un totale di 9.000 pezzi, occupando uno spazio di circa 2,50 metri quadri dal 17 luglio 2017 al 27 settembre 2021; la ricorrente aveva lamentato l’erronea utilizzazione da parte del giudice del criterio dell’equità.
Resiste con controricorso il Ministero della giustizia.
L’intimata Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli non ha proposto difese.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso contesta:
violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 59 del d.P.R. 115/2002 e 5 del d.m. 265/2006, per avere il Tribunale deciso la controversia applicando il criterio dell’equità pura, estraneo sia alla previsione dell’art. 58 del d.P.R. 115/2002 e sia alla previsione dell’art. 5 del d.m. 265/2006;
violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 59 del d.P.R. 115/2002, 5 del d.m. 265/2006, 1374 c.c., 1 e 14 delle preleggi, anche in relazione all’art. 112 c.p.c., per avere il Tribunale omesso l’esame circa l’utilizzabilità del criterio generale dell’equità
analogica in base alla similitudine fisica dei beni ovvero l’utilizzabilità delle tabelle prefettizie come parametro oggettivo.
Il ricorso è fondato. Correttamente il Tribunale ha rilevato che il d.m. n. 265/2006 non contiene una regolamentazione della tariffa per tutti i beni, ma soltanto per i veicoli a motore e per i natanti, che sono i beni nei cui confronti viene disposto più frequentemente il sequestro, e che per gli altri beni trova applicazione l’art. 5 del medesimo decreto, il quale stabilisce che ‘per la determinazione dell’indennità di custodia e conservazione relativa ad altre categorie di beni si fa riferimento in via residuale agli usi locali’. Il Tribunale ha poi osservato che nel caso in esame la custodia ha riguardato beni per i quali non vi sono tariffe previste da alcun decreto ministeriale. Non è però possibile – ha proseguito il Tribunale condividere la richiesta della ricorrente di applicare analogicamente le tabelle prefettizie, in quanto la medesima non ha dato prova che tali tariffe siano in concreto applicate per la liquidazione di casi analoghi e che costituiscano pertanto usi locali o che siano tariffe normalmente praticate nel territorio. In assenza di tali prove, che dovevano essere fornite dall’opponente, la liquidazione -ha concluso il Tribunale – non può che essere eseguita in base a un criterio equitativo puro, basato sul prudente apprezzamento del giudice e va così ritenuta congrua la liquidazione operata.
La conclusione del Tribunale non è corretta. Nella fattispecie, la non diretta riconducibilità dei beni oggetto di causa nel novero di quelli per i quali è intervenuta la disciplina di cui al citato d.m. impone il ricorso agli usi locali, dovendo escludersi il ricorso a criteri alternativi ovvero il richiamo all’equità. Reputa il Collegio di dovere assicurare continuità alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 11553/2019 e Cass. n. 2507/2022), che ha ritenuto ad esempio condivisibile il ricorso alle tariffe approvate dall’Agenzia del Demanio di Roma, in quanto ritenute corrispondenti agli usi locali cui la norma fa richiamo. Una volta ribadito che l’art. 8 disp. prel.
c.c. gen. prevede che nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati ( consuetudo secundum legem ), situazione che ricorre nella fattispecie in forza dell’espresso richiamo operato agli usi da parte del d.P.R. n. 115/2002, art. 58 e dal d.m. n. 296/2006, art. 45, non ignora il Collegio come nella giurisprudenza di questa Corte sia consolidato il principio dell’obbligo del giudice di conoscere la legge, ma non anche gli usi, così che questi ultimi, ove il giudice non ne sia a conoscenza, debbono essere provati (anche per quanto riguarda l’elemento dell’ opinio iuris ac necessitatis ) dalla parte che li allega (v., ad esempio, Cass., n. 4853/2007). Deve però ritenersi che nell’applicazione ex art. 58 del d.P.R. n. 115/2002 possa attribuirsi valore di uso anche a criteri determinativi dei compensi connotati in fatto dalla loro osservanza abituale, che ben può riconoscersi nel fatto che le Prefetture locali ne facciano uso abituale per compensare i custodi di beni sequestrati in via amministrativa. Quanto all’obiezione secondo cui l’esistenza degli usi presuppone la loro osservanza da parte della collettività nella convinzione della loro cogenza, sicché sarebbe necessario anche accertare tale elemento, la c.d. opinio juris ac necessitatis , che implica la ripetizione abituale della condotta da parte dei consociati nella convinzione di adempiere ad un obbligo giuridico, va ricordato che secondo un orientamento giurisprudenziale di questa Corte, che si va consolidando e di cui è espressione proprio Cass. n. 11553/2019 citata, in tema di liquidazione dell’indennità spettante al custode di beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale, a seguito dell’emanazione del d.m. n. 265/2006, la determinazione dell’indennità di custodia per i beni diversi da quelli ivi espressamente contemplati va operata, ai sensi dell’art. 5 del citato d.m. e del d.P.R. n. 115/2002, art. 58, comma 2, sulla base degli usi locali, senza che, per questi, occorra verificare la ricorrenza del
requisito della opinio iuris ac necessitatis , poiché il recepimento e la legittimazione delle prassi dei corrispettivi applicati nella pratica commerciale deriva direttamente dal rinvio operato dalla disciplina legale (in questi termini Cass. n. 2507/2022, sopra richiamata).
Nella specie, la ricorrente aveva avanzato la propria richiesta facendo riferimento alle tariffe emanate dalla Prefettura nel cui territorio opera la società sicché, una volta esclusa la correttezza del riferimento all’equità, il giudice adito avrebbe dovuto verificare se, pur in assenza di tariffe validamente approvate ai sensi del citato art. 58, alle tariffe de quibus potesse attribuirsi il carattere di usi locali, secondo le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata.
Il ricorso deve pertanto essere accolto e il provvedimento impugnato deve essere cassato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Napoli in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione